Geopolitica
Mons. Viganò e Mel Gibson contro il nuovo genocidio armeno
L’Arcivescovo Carlo Maria Viganò chiede alla comunità internazionale di assistere gli oltre 60.000 armeni in fuga dalla guerra del Nagorno-Karabakh, una regione autonoma e fortemente contesa nel Paese a maggioranza musulmana sciita dell’Azerbaigian, conquistata da quel paese all’inizio di questo mese.
Il messaggio di Viganò è stato sostenuto dall’attore cattolico tradizionale Mel Gibson, che ha descritto gli eventi come «pulizia etnica».
In un post su X del 27 settembre, monsignor Viganò ha espresso grande simpatia per il popolo armeno, notando l’ipocrisia della «comunità internazionale» che non fa di più per aiutare i cristiani in fuga ma che è «sempre» desiderosa di assistere i migranti musulmani.
«Il popolo armeno, da secoli perseguitato dall’Islam e dai Comunisti per la propria Fede, è nuovamente oggetto di una feroce sostituzione etnica. Migliaia di Armeni stanno lasciando il loro Paese, cacciati dalle loro case, considerati estranei nella loro Patria» scrive l’ex nunzio apostolico in USA nel suo post.
«Dov’è la comunità internazionale, sempre pronta ad accogliere migranti islamici in età militare, che fuggirebbero da zone di guerra o a finanziare un conflitto per procura in Ucraina col pretesto dell’invasione russa? Dov’è il petulante Bergoglio, secondo il quale non è in atto alcuna sostituzione etnica?»
«Faccio appello alle istituzioni di tutti i Paesi, perché agiscano tempestivamente dando aiuto e protezione agli Armeni, aprendo un corridoio umanitario per accoglierli e soprattutto intraprendendo immediate azioni diplomatiche perché gli esuli possano presto fare ritorno alle loro case».
«Invoco l’intercessione di San Gregorio Illuminatore, Patrono della Chiesa Apostolica armena, perché protegga i Cattolici perseguitati e li confermi nella eroica testimonianza di Fede che da secoli li anima».
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Il popolo armeno, da secoli perseguitato dall’Islam e dai Comunisti per la propria Fede, è nuovamente oggetto di una feroce sostituzione etnica. Migliaia di Armeni stanno lasciando il loro Paese, cacciati dalle loro case, considerati estranei nella loro Patria.
Dov’è la… https://t.co/vwPDmfGO0T
— Arcivescovo Carlo Maria Viganò (@CarloMVigano) September 27, 2023
Mel Gibson ha amplificato il messaggio di Viganò con un videomessaggio registrato che il presule ha postato su X. L’attore ha osservato le somiglianze tra il genocidio armeno della prima guerra mondiale e ha anche chiesto un «passaggio sicuro» per coloro che fuggono dalla regione.
«La storia si ripete tragicamente mentre assistiamo allo svolgersi di un genocidio moderno. Eppure il silenzio dei media su questo tema è assordante», ha affermato il grande artista. «Il popolo armeno, che ha sopportato secoli di persecuzioni a causa della sua fede, si ritrova nuovamente sottoposto ad una brutale campagna di pulizia etnica».
«Nella morsa dell’Azerbaigian e della Turchia, innumerevoli armeni stanno sopportando orrori indicibili: perdita di vite umane, sfollamenti forzati, fame e isolamento dai rifornimenti essenziali», ha continuato. «Questi sono gli stessi armeni le cui radici affondano in una terra che chiamano casa da generazioni».
Mel Gibson: appello per l'Armeniahttps://t.co/QCH1hzZaq0 pic.twitter.com/Ufl36FED11
— Renovatio 21 (@21_renovatio) September 30, 2023
«Imploro la comunità internazionale di tutte le nazioni di agire rapidamente, tendere una mano alla popolazione armena, offrire loro la protezione di cui hanno disperatamente bisogno e creare un corridoio umanitario per il loro passaggio sicuro».
«La cosa più importante è che impegniamoci in sforzi diplomatici immediati per garantire che queste persone in esilio vengano restituite alle loro legittime case senza indugio. Al popolo armeno che ancora soffre dico di non perdersi d’animo. Dio è con voi».
La Chiesa Apostolica Armena è la chiesa nazionale dell’Armenia e appartiene alla comunità ortodossa orientale. L’Armenia ospita numerose chiese e monasteri, alcuni dei quali risalgono al V secolo. La Chiesa armena cattolica di rito orientale è in comunione con Roma. Ha più di 600.000 membri in tutto il mondo. Entrambe le chiese riconoscono come loro protettore San Gregorio l’Illuminatore (c.257-c.328)
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Geopolitica
Washington considera l’UE una «forza impotente» dopo il fallito sequestro di asset russi
Il mancato raggiungimento di un accordo da parte dell’UE sul sequestro dei beni russi congelati per finanziare l’Ucraina rafforzerà la convinzione di Washington che il blocco europeo sia una forza irrilevante e «impotente». Lo ha scritto venerdì il settimanale britannico The Economist.
I leader dell’Unione Europea avevano lungamente discusso l’ipotesi di concedere a Kiev, in gravi difficoltà finanziarie, un cosiddetto «prestito di riparazione» garantito dagli asset della Banca Centrale Russa immobilizzati in Occidente, la maggior parte dei quali custoditi in Europa. Tuttavia, i Paesi membri non sono riusciti a trovare un’intesa sul piano durante la riunione di venerdì, scegliendo invece di ricorrere a un debito comune per erogare all’Ucraina fino a 90 miliardi di euro nei prossimi due anni, con un onere previsto per i contribuenti europei di 3 miliardi di euro annui a partire dal 2028.
«Il fallimento dell’UE nel concretizzare il prestito di riparazione dopo interminabili negoziati verrà visto a Washington come un’ulteriore conferma che il blocco è una forza impotente le cui opinioni divergenti possono essere serenamente ignorate», scrive l’Economist.
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Il presidente statunitense Donald Trump ha espresso giudizi analoghi in passato, dichiarando la settimana scorsa a Politico che si tratta di un insieme di Paesi «in decadenza» guidati da persone «deboli» incapaci persino di gestire i flussi migratori.
Secondo Politico, l’amministrazione Trump avrebbe di recente bypassato Bruxelles per concludere «accordi segreti» con singoli Stati membri, spingendo Italia, Bulgaria, Malta e Repubblica Ceca a opporsi al progetto di confisca dell’UE nel corso del vertice di venerdì.
Trump considera i fondi russi congelati una possibile leva negoziale con Mosca nell’ambito del suo piano di pace. Secondo una bozza iniziale visionata dai media, una clausola del piano prevede che gli asset vengano scongelati e destinati agli sforzi di ricostruzione in Ucraina guidati dagli Stati Uniti, nonché a progetti congiunti con la Russia, con Washington che incasserebbe il 50% dei profitti.
«Non importa cosa rubino, prima o poi dovranno restituirlo», ha detto il presidente russo Vladimiro Putin venerdì durante la conferenza stampa di fine anno, mettendo in guardia contro le conseguenze legali e i danni reputazionali per le istituzioni finanziarie occidentali.
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Immagine di pubblico dominio CC0 via Flickr
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