Spirito
Mons. Viganò e il 60° anniversario del Concilio Vaticano II

Renovatio 21 pubblica questo scritto di Monsignor Carlo Maria Viganò. Le opinioni degli scritti pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21.
REPETITA JUVANT
Come con la propria autoreferenzialità la «chiesa conciliare»
si ponga di fatto fuori dal solco della Tradizione della Chiesa di Cristo
Con la prosopopea che contraddistingue la propaganda ideologica, il recente panegirico bergogliano (qui) in occasione del sessantesimo anniversario dell’Apertura del Concilio Ecumenico Vaticano II non ha mancato di confermare, al di là della vuota retorica, la totale autoreferenzialità della «chiesa conciliare», ossia di quella organizzazione eversiva nata in modo quasi impercettibile dal Concilio e che in questi sessant’anni ha quasi totalmente eclissato la Chiesa di Cristo occupandone i vertici e usurpandone l’autorità.
La «chiesa conciliare» si considera erede del Vaticano II prescindendo dagli altri venti Concili Ecumenici che l’hanno preceduto nel corso dei secoli: questo è il fattore principale della sua autoreferenzialità. Essa vi prescinde nella Fede, proponendo una dottrina contraria a quella insegnata da Nostro Signore, predicata dagli Apostoli e trasmessa dalla Santa Chiesa; essa vi prescinde nella Morale, derogando ai principi in nome della morale situazionale; essa vi prescinde infine nella Liturgia, che in quanto espressione orante della lex credendi si è voluto adattare al nuovo magistero, e allo stesso tempo si è prestata essa stessa come potentissimo strumento di indottrinamento dei fedeli.
La Fede del popolo è stata corrotta scientificamente tramite l’adulterazione della Santa Messa operata con il Novus Ordo, grazie al quale gli errori contenuti in nuce nei testi del Vaticano II hanno preso corpo nell’azione sacra e si sono diffusi come un contagio.
Ma se da un lato la «chiesa conciliare» ci tiene a ribadire di non voler aver nulla a che fare con la «vecchia Chiesa», e tantomeno con la «vecchia Messa», dichiarando l’una e l’altra lontane e improponibili proprio perché incompatibili con il fantomatico «spirito del Concilio»; dall’altro essa confessa impunemente il venir meno di quel vincolo di continuità con la Traditio che è il necessario presupposto – voluto da Cristo stesso – per l’esercizio dell’autorità e del potere da parte della Gerarchia, i cui membri, dal Romano Pontefice al più ignoto Vescovo in partibus, sono Successori degli Apostoli e come tali devono pensare, parlare, agire.
Questo taglio radicale con il passato – evocato a tinte fosche dal primitivo eloquio di chi conia neologismi come «indietrismo» e scaglia anatemi contro «i merletti della nonna» – non si limita ovviamente alle forme esterne – con tutto che esse siano appunto forma di una ben precisa sostanza, non a caso manomessa – ma si estende ai fondamenti stessi della Fede e della Legge naturale, giungendo ad un vero e proprio sovvertimento dell’istituzione ecclesiastica, tale da contraddire la volontà del divino Fondatore.
Alla domanda «Mi ami tu?», la chiesa bergogliana – ma prima ancora quella conciliare, con meno spudoratezza, ma sempre giocando su mille distinguo – «si interroga su se stessa», perché «lo stile di Gesù non è tanto quello di dare risposte, ma di fare domande». Verrebbe da chiedersi, a prendere seriamente queste parole inquietanti, in cosa consistano la divina Rivelazione e il ministero terreno di Nostro Signore, il messaggio del Vangelo, la predicazione degli Apostoli e il Magistero della Chiesa, se non nel rispondere alle domande dell’uomo peccatore, che è egli stesso a fare domande, ad avere sete della Parola di Dio, bisogno di conoscere le Verità eterne e di sapere come conformarsi alla Volontà del Signore per conseguire la beatitudine in Cielo.
Il Signore non fa domande, ma insegna, ammonisce, ordina, comanda. Perché Egli è Dio, Re, sommo ed eterno Pontefice. Egli non ci chiede chi sia la Via, la Verità, la Vita, ma indica Sé stesso come Via, Verità e Vita, come Porta dell’ovile, come Pietra angolare. E a Sua volta sottolinea la propria obbedienza al Padre nell’economia della Redenzione, mostrandoci la Sua santa sottomissione come esempio da imitare.
La visione di Bergoglio capovolge i rapporti, li sovverte: il Signore pone a Pietro una domanda con la quale egli, rispondendo, sa bene cosa significhi nella pratica amare Nostro Signore. E la risposta non è facoltativa, né può essere negativa o sfuggente, come invece fa la «chiesa conciliare», che per non spiacere al mondo e non apparire fuori moda, dà maggiore importanza alle seduzioni delle ideologie caduche e ingannatorie, rifiutandosi di trasmettere nella sua integrità ciò che il Suo Capo le ha ordinato di insegnare fedelmente.
«Mi ami tu?», chiede il Signore ai Cardinali inclusivi, ai Vescovi sinodali, ai Prelati ecumenici; ed essi rispondono come gli invitati alle nozze: «Ho comprato un campo e devo andare a vederlo; ti prego, considerami giustificato» (Lc 14, 18). Ci sono impegni ben più pressanti, ben più remunerativi, dai quali ottenere prestigio e approvazione sociale. Non c’è tempo per seguire Cristo né tantomeno per pascere le Sue pecorelle, peggio ancora se ostinate nell’«indietrismo», qualsiasi cosa voglia significare.
Per questo non ci sono più altri Concili, se non il loro Vaticano II; il quale, per il fatto di essere l’unico a cui si appellano, si mostra contemporaneamente estraneo, se non del tutto opposto nelle forme e nei contenuti, a ciò che sono tutti i Concili Ecumenici: unica voce dell’unico Maestro, dell’unico Pastore. Se la voce del loro concilio non è compatibile con quella del Magistero che l’ha preceduto; se il culto pubblico non può esprimersi nella forma tradizionale perché lo considerano in contraddizione con la «nuova ecclesiologia» della «nuova chiesa», la spaccatura tra prima e dopo c’è ed è innegabile; ed anzi ne vanno fieri, presentandosi come innovatori di qualcosa che non est innovandum. E perché non si veda che vi è un’alternativa credibile e sicura, ecco che tutto ciò che rappresenta e ricorda il passato dev’essere denigrato, ridicolizzato, banalizzato e infine rimosso, applicando per primi quella cancel culture oggi fatta propria dall’ideologia woke. Da ciò si comprende l’avversione alla Liturgia antica, alla sana dottrina, all’eroismo della santità testimoniata con le opere e non enunciata in fatui proclami senz’anima.
Bergoglio parla di una «chiesa che ascolta»; ma proprio perché «per la prima volta nella storia, ha dedicato un Concilio a interrogarsi su sé stessa, a riflettere sulla propria natura e sulla propria missione» egli dimostra di voler fare da sé, di poter rinunciare all’eredità della Tradizione e a rinnegare la propria identità, «per la prima volta nella storia», appunto. Questa autoreferenzialità parte dal presupposto di un “meglio” da attuarsi rispetto a un “peggio” da correggere, e questo non riguarda le debolezze e le infedeltà dei suoi singoli membri, ma «la propria natura e la propria missione», che Nostro Signore ha stabilito una volta per tutte e che non sta ai Suoi Ministri mettere in discussione.
Eppure Bergoglio afferma: «Torniamo al Concilio per uscire da noi stessi e superare la tentazione dell’autoreferenzialità, che è un modo di essere mondano», mentre proprio il «tornare al Concilio» è la prova più sfrontata della sua autoreferenzialità e della rottura col passato.
Così i secoli di maggior espansione della Chiesa – durante i quali si è scontrata con gli eretici e ha reso più esplicita la dottrina che riguardava le verità che essi impugnavano – sono considerati una imbarazzante parentesi di «clericalismo» da dimenticare, perché quegli stessi errori li ritroviamo tutti nelle deviazioni del Concilio.
Il passato remoto – quello della presunta antichità cristiana, dei «secoli primitivi», delle «agapi fraterne» – nella narrazione conciliare è sostanzialmente un falso storico, che nasconde deliberatamente la virile testimonianza dei primi Cristiani e dei loro Pastori, perseguitati e martirizzati a causa della loro Fede, del loro rifiuto di bruciare incenso alla statua di Cesare, della loro condotta morale in contrasto con i costumi corrotti dei pagani.
Quella coerenza, anche di donne e di fanciulli, dovrebbe far vergognare coloro che profanano la Casa di Dio rendendo culto alla pachamama per assecondare i deliri amazzonici del green deal, dando scandalo ai semplici e offendendo la Maestà divina con atti idolatri.
Non è questa autoreferenzialità, giunta a violare il Primo Comandamento pur di inseguire i propri farneticamenti ecumenici?
Non lasciamoci ingannare da queste parole seducenti, che non sono buttate lì a caso: la Chiesa di Cristo non è mai stata «autoreferenziale», ma cristocentrica, perché essa è il Corpo Mistico di cui Cristo è Capo, e senza Capo non può sussistere. È viceversa inesorabilmente autoreferenziale quella sua versione desolatamente mondana e priva di orizzonti soprannaturali che si definisce «chiesa conciliare» e che esercita il proprio potere sull’inganno di presentarsi come fautrice di un ritorno alla purezza delle origini dopo secoli in cui essa si sarebbe chiusa «nei recinti delle comodità e convinzioni», e contemporaneamente pretendere di poterne adulterare l’insegnamento che Cristo ha comandato di trasmettere fedelmente.
Quali «comodità» avrebbero contraddistinto la storia bimillenaria della Sposa dell’Agnello, guardando alla ininterrotta persecuzione che essa ha subito, al sangue versato dai Martiri, alle battaglie mosse dagli eretici e dagli scismatici, all’impegno dei suoi Ministri nella diffusione del Vangelo e della Morale cristiana?
E quali sarebbero le difficoltà di una chiesa che si interroga senza convinzioni, che si genuflette zelante alle istanze del mondo, che si accoda all’ideologia green e al transumanesimo, che benedice le unioni omosessuali, che si dice pronta ad accogliere i peccatori senza la pretesa di convertirli, che si accorda con i potenti della terra addirittura nella propaganda vaccinale sperando di sopravvivere a se stessa?
Vi è un qualcosa di terribilmente egocentrico, tipico dell’orgoglio luciferino, nel pretendersi migliori di chi ci ha preceduto, rimproverandogli a torto un autoritarismo cui si ricorre per primi e con scopi opposti alla salvezza delle anime.
Segno ulteriore di autoreferenzialità è il voler imporre alla Chiesa una struttura democratica che sovverte l’impianto essenzialmente monarchico (anzi, direi imperiale) voluto da Cristo.
Vi è infatti una Chiesa docente costituita dai Pastori sotto la guida del Romano Pontefice, e una Chiesa discente costituita dal popolo di Dio, i fedeli. La cancellazione dell’impostazione gerarchica – che Bergoglio definisce «il peccato brutto del clericalismo che uccide le pecore, non le guida, non le fa crescere» – mira ad un altro e ben più grave inganno, anzi ad una vera e propria eversione nel corpo ecclesiale: fingere di poter condividere la potestà di chi ha la responsabilità di trasmettere il Magistero autentico con coloro che, non ordinati e pertanto non assistiti dalla grazia di stato, hanno invece il diritto di esser condotti in pascoli sicuri.
La parola magister porta in sé la superiorità ontologica – magis – di chi insegna su chi apprende ciò che ancora ignora. E il pastore non può certo decidere con le pecore dove condurle, perché come gregge esse non sanno dove andare e sono esposte agli assalti dei lupi.
Far credere che l’interrogarsi «sulla propria natura e sulla propria missione» possa rappresentare un ritorno alle origini è una colossale menzogna: «voi siete miei amici, se farete ciò che vi comando» (Gv 15, 14), ha detto Cristo. E così devono comandare i Suoi Ministri, che in quanto tali, finché rimangono a Lui sottomessi, esercitano l’autorità vicaria del Capo del Corpo Mistico. Ministri (da minus, che indica l’inferiorità gerarchica) nel senso etimologico di servitori, soggetti all’autorità del loro padrone; sicché la Gerarchia cattolica è Magistra nell’insegnare solo ciò che come Ministra ha ricevuto da Cristo e gelosamente custodisce.
Abbiamo conferma di questa visione democratica e antigerarchica della «chiesa conciliare» anzitutto nella sua liturgia, in cui il ruolo ministeriale del celebrante è quasi negato, a vantaggio del «popolo sacerdotale» teorizzato da Lumen Gentium e messo nero su bianco nell’eretica formulazione dell’art. 7 della Institutio Generalis del Messale montiniano del 1969: «La cena del Signore, o messa, è la sacra sinassi o assemblea del popolo di Dio, presieduta dal sacerdote, per celebrare il memoriale del Signore. Vale perciò eminentemente per questa assemblea locale della Santa Chiesa, la promessa del Cristo: “Là dove due o tre sono radunati nel mio nome, io sono in mezzo a loro” (Mt. XVIII, 20)».
Cos’è questa, se non autoreferenzialità nel giungere a modificare la definizione stessa della Messa sulla falsariga di quello «spirito del Concilio» e in contraddizione con i Canoni dogmatici del Tridentino e dell’intero Magistero precedente al Vaticano II?
La Chiesa non è e non può essere democratica, né «sinodale», come piace chiamarla eufemisticamente oggi: il popolo santo di Dio non «esiste per pascere gli altri, tutti gli altri», ma perché vi sia una Gerarchia che gli assicuri i mezzi soprannaturali per giungere alla meta eterna, e perché «tutti gli altri» – molti, ma non tutti – siano condotti nell’unico ovile sotto la guida dell’unico Pastore dalla Provvidenza di Dio. «E ho altre pecore che non sono di quest’ovile; anche queste io devo condurre» (Gv 10, 16).
La forte denuncia del Card. Mueller sulla minaccia che rappresenta l’impostazione ereticale della sinodalità – i cui infausti frutti si vedono già – è in tal senso quantomai motivata e testimonia il grave malessere di tanti Pastori combattuti tra la fedeltà all’ortodossia cattolica e l’evidenza del tradimento in atto da parte dei suoi indegnissimi, odierni custodi.
Costoro potevano forse non essere contro la «chiesa conciliare» e contro il «concilio» – tra virgolette – finché non era evidente la sua portata devastante sulla vita dei singoli fedeli, dell’intero corpo ecclesiale e del mondo; ma oggi, dinanzi all’evidenza del fallimento più completo e disastroso del Vaticano II e della scelta sciagurata di abbandonare la Sacra Tradizione, anche i più prudenti e moderati sono costretti a riconoscere lo strettissimo rapporto di correlazione tra scopo prefisso, mezzi adottati e risultato ottenuto.
Anzi, proprio nella considerazione dello scopo che si voleva raggiungere, dovremmo chiederci se quanto ci veniva entusiasticamente annunciato come «primavera conciliare»non fosse un pretesto, dietro cui in realtà si celava il piano inconfessabile contro la Chiesa di Cristo.
I fedeli non solo non partecipano con maggior consapevolezza ai Santi Misteri come si era loro promesso, ma sono arrivati a considerarli superflui, portando la frequenza alla Messa a livelli infimi. Né si può dire che i giovani trovino alcunché di entusiasmante o eroico nell’abbracciare il Sacerdozio o la Vita religiosa, dal momento che l’uno e l’altra sono stati banalizzati, privati della loro specificità, del senso di offerta e di sacrificio sull’esempio di Nostro Signore, che ogni azione davvero cattolica deve portare con sé.
La vita civile si è imbarbarita oltre ogni dire, e con essa la morale pubblica, la santità del matrimonio, il rispetto stesso della vita e dell’ordine della Creazione. E questi propagandisti del Vaticano II rispondono con le sfide della bioingegneria, del transumanesimo, vagheggiando esseri prodotti in serie e connessi alla rete globale come se mettere mano alla natura umana non fosse un’aberrazione satanica indegna di essere anche solo ipotizzata.
Li sentiamo pontificare che «l’esclusione dei migranti è schifosa, è peccaminosa, è criminale» (qui), mentre le ONG, le Caritas e le associazioni assistenziali lucrano sul traffico dei clandestini a spese dello Stato e rifiutano accoglienza agli stessi Italiani, abbandonati dalle istituzioni e vessati dalle crisi indotte dal Sistema. Esortano al disarmo le Nazioni «sovraniste» e portano a vergognarsi della propria identità i cittadini, ma teorizzano la liceità dell’invio di armi in Ucraina a un fantoccio del Nuovo Ordine Mondiale, finanziato dagli enti globalisti e dalle principali organizzazioni dell’élite.
Un altro gravissimo errore teologico che adultera la vera natura della Chiesa risiede nelle basi essenzialmente laiciste dell’ecclesiologia conciliare, non solo per quanto concerne la visione dell’istituzione e il suo ruolo nel mondo, ma anche per aver spezzato il vincolo di gerarchica complementarietà tra l’autorità spirituale della Chiesa e l’autorità civile dello Stato, che entrambe hanno la propria origine nella Signoria di Cristo.
Questo tema, apparentemente complesso nella sua trattazione quasi iniziatica da parte dei cultori del Vaticano II, è stato oggetto di un recente intervento di Joseph Ratzinger (qui) e mi ripropongo di affrontarlo separatamente.
«Tu che ci ami – dice Bergoglio nell’omelia della “memoria di San Giovanni XXIII” – liberaci dalla presunzione dell’autosufficienza e dallo spirito della critica mondana. Liberaci dell’autoesclusione dall’unità. Tu, che ci pasci con tenerezza, portaci fuori dai recinti dell’autoreferenzialità. Tu, che ci vuoi gregge unito, liberaci dall’artificio diabolico delle polarizzazioni, degli “ismi”».
Parole di un’impudenza inaudita, quasi beffarde.
Ebbene, è giunto il momento in cui i chierici e i fedeli della «chiesa conciliare» si interroghino se essa non sia la prima a presumere di poter essere autosufficiente, ad alimentare la critica mondana deridendo i buoni Cattolici come rigidi e intolleranti, ad escludersi deliberatamente dall’unità nella Tradizione, a peccare orgogliosamente di autoreferenzialità.
+ Carlo Maria Viganò
Arcivescovo
26 Ottobre 2022
Evaristi Papæ et Martyris
Immagine di Lothar Wolleh via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-ShareAlike 3.0 Unported (CC BY-SA 3.0); immagine tagliata
Spirito
La messa tradizionale nuovamente autorizzata in San Pietro

Durante il 14° Pellegrinaggio ad Petri Sedem, organizzato dal Coetus Internationalis Summorum Pontificum, che si terrà a Roma e in Vaticano dal 24 al 26 ottobre, il Cardinale Raymond Leo Burke celebrerà una Messa pontificale secondo il rito tridentino presso l’Altare della Cattedra della Basilica di San Pietro sabato 25 ottobre.
Il presidente del Coetus Internationalis Summorum Pontificum ha annunciato l’autorizzazione di questa celebrazione, che fa parte del calendario degli eventi del pellegrinaggio, che da oltre un decennio riunisce fedeli provenienti da diversi Paesi attorno alla liturgia tradizionale latina.
Questo pellegrinaggio è stato fondato nel 2012. Negli ultimi anni, aveva subito le conseguenze delle restrizioni imposte dal motu proprio Traditionis Custodes di papa Francesco, che limitava l’uso della Messa tradizionale, una limitazione che aveva influenzato l’organizzazione del pellegrinaggio.
È tuttavia gratificante che, per la prima volta dall’entrata in vigore del Traditionis Custodes, la celebrazione della Messa tradizionale sia autorizzata presso l’altare della Cattedra di San Pietro nella Basilica Vaticana, mentre il rito tridentino era stato praticamente vietato. Questo va certamente attribuito a Papa Leone XIV, senza dubbio su richiesta del Cardinale Burke.
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Durante i primi pellegrinaggi ad Petri Sedem, la Messa tridentina veniva celebrata liberamente nella Basilica di San Pietro. Tuttavia, già nel marzo 2021, la Segreteria di Stato aveva vietato le Messe private secondo il rito tradizionale, autorizzandole solo nella piccola Cappella Clementina.
Dopo la pubblicazione di Traditionis Custodes, i pellegrinaggi non furono autorizzati a celebrare nella Basilica Vaticana per l’anno 2022, un divieto che fu mantenuto negli anni successivi. I pellegrini dovettero invece recarsi nella Chiesa della Trinità dei Pellegrini o al Pantheon. Quest’anno il divieto verrà revocato.
Speriamo che questo episodio non sia isolato, ma che le restrizioni assolutamente ingiuste, del tutto contrarie alla tradizione e al diritto, che gravano sulla celebrazione del cosiddetto Rito di San Pio V, vengano completamente revocate e che il rito tradizionale possa essere celebrato liberamente da tutti i sacerdoti che lo desiderano. Questo è ciò che la Fraternità Sacerdotale San Pio X ha sempre chiesto.
Sarebbe bene, a partire da Roma, che le direttive della Segreteria di Stato venissero abolite, che il rito tradizionale non fosse più confinato in una piccola cappella della Basilica Vaticana, ma che riacquistasse il suo giusto posto all’interno di questa basilica, che, va ricordato, è stata costruita per esso.
Articolo previamente apparso su FSSPX.News
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Immagine di Steven Zucker via Flickr pubblicata su licenza CC BY-NC-SA 2.0
Spirito
Trump posta gli auguri della Madonna in occasione dell’8 settembre

La Chiesa cattolica celebra la festa della Natività della Beata Vergine Maria l’8 settembre, esattamente nove mesi dopo la solennità dell’Immacolata Concezione, l’8 dicembre. Nelle elezioni presidenziali dello scorso anno, il 55% dei cattolici statunitensi ha votato per Trump. Nel 2020, Trump ha superato il cattolico Joe Biden con un margine del 50% contro il 49%. Tra il 2020 e il 2024, durante l’amministrazione Biden, il 7% degli elettori cattolici ha cambiato la propria affiliazione politica da democratica a repubblicana. Come riportato da Renovatio 21, l’anno passato Trump aveva pubblicato sui social la preghiera di San Michele Arcangelo, spingendo molti a dire che era «più cattolico dei vescovi». Due settimane fa Trump ha dichiarato di voler andare in paradiso.JUST IN – Trump: “Happy Birthday Mary, Queen of Peace!” pic.twitter.com/zfZXWchGvS
— Disclose.tv (@disclosetv) September 8, 2025
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Spirito
Mons. Viganò reagisce alla pellegrinaggio romano omotransessualista

L’arcivescovo Carlo Maria Viganò ha reagito al recente pellegrinaggio delle organizzazione LGBT a Roma per il giubileo citando le visioni della Beata Caterina Emmerich, datate 1820.
«Vidi una strana chiesa che veniva costruita contro ogni regola… Non c’erano angeli a vigilare sulle operazioni di costruzione. In quella chiesa non c’era niente che venisse dall’alto… C’erano solo divisioni e caos. Si tratta probabilmente di una chiesa di umana creazione, che segue l’ultima moda…»
«Vidi cose deplorevoli: stavano giocando d’azzardo, bevendo e parlando in chiesa; stavano anche corteggiando le donne. Ogni sorta di abomini vi venivano perpetrati. I sacerdoti permettevano tutto e dicevano la Messa con molta irriverenza. Vidi che pochi di loro erano ancora pii, e solo pochi avevano una sana visione delle cose. Tutte queste cose diedero tanta tristezza»
“Vidi una strana chiesa che veniva costruita contro ogni regola… Non c’erano angeli a vigilare sulle operazioni di costruzione. In quella chiesa non c’era niente che venisse dall’alto… C’erano solo divisioni e caos. Si tratta probabilmente di una chiesa di umana creazione, che… pic.twitter.com/t2MkhsEq4W
— Arcivescovo Carlo Maria Viganò (@CarloMVigano) September 7, 2025
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«Poi vidi che tutto ciò che riguardava il Protestantesimo stava prendendo gradualmente il sopravvento e la religione cattolica stava precipitando in una completa decadenza. La maggior parte dei sacerdoti erano attratti dalle dottrine seducenti ma false di giovani insegnanti, e tutti loro contribuivano all’opera di distruzione. In quei giorni, la Fede cadrà molto in basso, e sarà preservata solo in alcuni posti, in poche case e in poche famiglie che Dio ha protetto dai disastri e dalle guerre»
«Stavano costruendo una chiesa grande, strana, e stravagante. Tutti dovevano essere ammessi in essa per essere uniti ed avere uguali diritti: evangelici, cattolici e sette di ogni denominazione»
«Ho visto di nuovo la strana grande chiesa. Non c’era niente di santo in essa. Ho visto anche un movimento guidato da ecclesiastici a cui contribuivano angeli, santi ed altri cristiani. C’era qualcosa di orgoglioso, presuntuoso e violento in tutto ciò, ed essi sembravano avere molto successo.»
«Vidi quanto sarebbero state nefaste le conseguenze di questa falsa chiesa. L’ho veduta aumentare di dimensioni; eretici di ogni tipo venivano nella città [di Roma]. Il clero locale diventava tiepido, e vidi una grande oscurità… Allora la visione sembrò estendersi da ogni parte. Intere comunità cattoliche erano oppresse, assediate, confinate e private della loro libertà. Vidi molte chiese che venivano chiuse, dappertutto grandi sofferenze, guerre e spargimento di sangue. Una plebaglia selvaggia e ignorante si dava ad azioni violente. Ma tutto ciò non durò a lungo»
«Ho avuto un’altra visione della grande tribolazione. Mi sembrava che si pretendesse dal clero una concessione che non poteva essere accordata. Vidi molti sacerdoti anziani, specialmente uno, che piangevano amaramente. Anche alcuni più giovani stavano piangendo. Ma altri (e i tiepidi erano fra questi) facevano senza alcuna obiezione ciò che gli veniva chiesto. Era come se la gente si stesse dividendo in due fazioni».
— Arcivescovo Carlo Maria Viganò (@CarloMVigano) September 7, 2025
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«Vidi un’apparizione della Madre di Dio, che disse che la tribolazione sarebbe stata molto grande. Aggiunse che queste persone devono pregare ferventemente…Devono pregare soprattutto perché la chiesa delle tenebre abbandoni Roma»
«Vidi la Chiesa di San Pietro: era stata distrutta ad eccezione del presbiterio e dell’altare maggiore».
«Vedo altri martiri, non ora ma in futuro… Vidi le sette segrete minare spietatamente la grande Chiesa. Vicino ad esse vidi una bestia orribile che saliva dal mare. (Ap 13,1). In tutto il mondo le persone buone e devote, e specialmente il clero, erano vessate, oppresse e messe in prigione».
Le visioni della beata sono state varie volte riprese negli ultimi anni.
Come riportato in un vecchio articolo pubblicato da Renovatio 21, la beata Anna Caterina Emmerick, suora tedesca, nacque il 250 anni fa, l’8 settembre 1774, a Coesfeld, e il 9 febbraio si è commemorato il 200° anniversario della sua morte a Dülmen, in Vestfalia. Un ventennio fa papa Giovanni Paolo II la beatificò, evidenziando nell’omelia del 3 ottobre 2004 come la mistica avesse vissuto e sofferto nella propria carne «il dolore amaro di nostro Signore Gesù Cristo».
La monaca agostiniana ricevette le stimmate dopo il suo tempo nel convento di Agnetenberg, chiuso nel 1811 a causa della secolarizzazione. Accolta nella casa parrocchiale di Dülmen, incontrò lo scrittore Clemens Brentano, che per cinque anni la visitò quotidianamente per trascrivere le sue visioni, poi pubblicate.
La sua opera principale, L’amara passione di Nostro Signore Gesù Cristo, narra in dettaglio gli eventi della Passione e della morte di Cristo. Queste visioni ispirarono Mel Gibson per il film La passione di Cristo.
Tuttavia, Anna Caterina non vide solo le sofferenze di Cristo di 2000 anni fa, ma anche quelle del Suo Corpo Mistico, la Chiesa, nel presente. Nelle sue visioni, descrisse profezie sul futuro della Chiesa, includendo con chiarezza l’attacco della massoneria, sia dall’esterno che dall’interno.
«Lo stato dell’intera Chiesa le fu mostrato, come sempre in tali visioni, nell’immagine della Chiesa di San Pietro, e della setta segreta che si ramificava in tutto il mondo in una guerra ininterrotta di distruzione contro di essa come regno dell’anticristo. La setta riceve la sua firma dalla bestia apocalittica che, essendo sorta dal mare, dimora con essa e la spinge a combattere contro il gregge di Cristo».
«Spesso giaceva in mezzo a loro mentre lavoravano; andavano anche da lei nella caverna dove a volte si nascondeva. Durante questo periodo, vidi molte persone buone e pie e specialmente ecclesiastici torturati, imprigionati e oppressi qua e là in tutto il mondo, e avevo la sensazione che un giorno sarebbero diventati nuovi martiri». Il piano ostile portò gli «abortisti a entrare nella chiesa con la bestia».
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La mistica descrisse molto chiaramente la giustapposizione delle due chiese: «ora mi è stato anche mostrato il paragone tra quel papa e questo e tra quel tempio e questo». Le è stato «detto e mostrato quanto debole nel numero e nel sostegno» l’uno fosse, «ma quanto forte nella volontà, avendo rovesciato così tanti dei».
Tuttavia, guardava all’altro con grande devozione, per cui «egli aveva l’unico vero Dio e l’unica vera devozione dissolti in così tanti dei e false devozioni» consentendo il falso tempio. Ciò portò all’adorazione di «mille idoli», ma non fu dato alcun posto al Signore. (4)
Nella descrizione, alla falsa chiesa venne dato un nome inequivocabile:
«Ho visto anche quanto sarebbero state gravi le conseguenze di questa chiesa post-cristiana. L’ho vista crescere, ho visto molti eretici di ogni rango trasferirsi nella città. (…) Ho avuto di nuovo l’immagine di come la chiesa di San Pietro sarebbe stata sistematicamente demolita dalla setta segreta e anche demolita dalle tempeste».
La Emmerick vide l’impronta diabolica della chiesa successiva in una dimensione sconvolgente:
«Questa chiesa è piena di feci, di nulla, di piattezza e di notte. (…) È tutto vuoto concetto. I muri sono ripidi, è vuoto. Una sedia è un altare. Su un tavolo c’è un teschio, coperto, tra le luci. A volte è scoperto; nelle loro consacrazioni hanno bisogno di semplici spade. È tutto malvagio da cima a fondo, la comunità degli empi. Non posso dirvi quanto siano abominevoli, corrotte e vane tutte le loro attività, che molti di loro non conoscono nemmeno. Vogliono diventare un corpo in qualcosa di diverso dal Signore».
La mistica riconobbe questa spirale discendente fino alle ultime conseguenze, sottolineando che ciò che era pericoloso nell’agenda era «l’apparente innocenza» e l’innocuità ostentata per nascondere malizia, errore, bugie e ipocrisia.
«Nacque un corpo, una comunità separata dal corpo di Gesù, la Chiesa, una dopo-chiesa senza salvezza, il cui segreto è di non avere segreti, e perciò la sua attività è ovunque temporale, finita, arrogante, autoindulgente e quindi corrotta e (…) che conduce al disastro». (6)
Alla suora prescelta venne mostrato fino a che punto sarebbe arrivata la devastazione della chiesa: «riguardava solo il pavimento e il retro, il resto è stato tutto distrutto dalla setta segreta e dagli stessi ministri della chiesa».
La Beata Emmerick vide i «Dodici», che riconobbe come i «nuovi apostoli». «Portarono la chiesa in un altro luogo, e fu come se diversi palazzi crollassero davanti a loro come campi di grano».
La Emmerick fu profondamente colpita dall’entità della devastazione: «Quando vidi la chiesa di San Pietro nel suo stato di demolizione e come così tanti ecclesiastici stavano lavorando all’opera di distruzione, senza che nessuno di loro volesse farlo pubblicamente davanti agli altri, fui così rattristata che gridai con veemenza a Gesù di avere pietà di me».
Il Signore le diede la risposta alla sua supplica:
«E vidi il mio Sposo celeste davanti a me, come un giovane, e parlò a lungo con me. Disse anche che questo trasporto della Chiesa significava che apparentemente sarebbe affondata completamente, ma che si sarebbe appoggiata a questi portatori e sarebbe emersa di nuovo da loro; anche se fosse rimasto un solo cattolico, la Chiesa avrebbe potuto trionfare di nuovo, perché non era fondata nelle menti e nei consigli degli uomini. Ora mi mostrò come non mancassero mai persone che pregavano e soffrivano per la Chiesa. Mi mostrò tutto ciò che aveva sofferto per la Chiesa, e come aveva dato forza ai meriti e alle fatiche dei martiri, e come avrebbe sofferto di nuovo tutto se avesse potuto ancora soffrire. Mi mostrò anche in innumerevoli immagini tutte le miserabili vicende dei cristiani e del clero in cerchi sempre più ampi attraverso il mondo intero fino alla mia patria e mi ammonì di perseverare nella preghiera e nella sofferenza. Era un’immagine indescrivibilmente grande e triste che è impossibile esprimere. Mi fu anche mostrato che non c’erano quasi più cristiani anziani». (7)
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Tuttavia, nella sua più grande miseria, Anne Catherine Emmerick vide l’avvicinarsi della salvezza. Vide «una grande croce splendente in cielo, sulla quale pendeva il Salvatore, dalle cui ferite si diffondevano sul mondo fasci di raggi splendenti. (…) La chiesa ne fu completamente illuminata, e attraverso questo splendore vidi la maggior parte delle anime entrare nel Signore».
La beata suora riconobbe la posizione di rilievo della Beata Madre nel piano di salvezza del Redentore:
«Vidi anche un cuore rosso e luminoso sospeso nel cielo, dal quale un raggio bianco si dipartiva nella ferita del costato, e dal quale un altro raggio si diffondeva sulla Chiesa e su molte regioni; e questi raggi attiravano molte anime, che entravano nel costato di Gesù attraverso il cuore e il raggio di luce. Mi fu detto che questo cuore era Maria». (8)
Così, la vittoria alla fine della battaglia apocalittica è accompagnata da uno straordinario intervento della Beata Vergine e Regina Celeste. Il mistico vide la «donna maestosa camminare attraverso la grande piazza antistante la chiesa. Aveva stretto il suo ampio mantello con entrambe le braccia e fluttuava silenziosamente verso l’alto.
Stava sulla cupola e stendeva il suo mantello su tutto lo spazio della chiesa, che brillava come l’oro»
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Immagine screenshot da Twitter
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