Spirito
Mons. Viganò contro le celebrazioni anglicane alla Basilica di San Bartolomeo a Roma: «dovrà essere riconsacrata»
L’arcivescovo Carlo Maria Viganò attacca l’uso da parte degli anglicani di una basilica cattolica a Roma avvenuta nel corso della cosiddetta settimana dell’unità dei cristiani.
L’ex nunzio apostolico a Washington si spinge a dire che, in seguito alla concessione da parte del pontefice del rito anglicano, l’edificio dovrà essere riconsacrato.
«Bergoglio fa celebrare una “messa” eretica da falsi ministri (gli Anglicani non hanno Ordini validi) profanando la Basilica di San Bartolomeo, che dopo questa celebrazione dovrà essere riconsacrata assieme alla Basilica di San Pietro già profanata dall’idolo immondo della Pachamama» scrive l’arcivescovo lombardo su Twitter.
«Allo stesso tempo proibisce a veri sacerdoti la celebrazione del Santo Sacrificio secondo il rito apostolico, e a chi gliene chiede il motivo si limita a rimandare alla lettura di Traditionis custodes» continua monsignor Viganò, citando il caso, riportato da Renovatio 21, del giornalista di LifeSite che l’altro giorno in un incontro con la stampa ha osato chiedere a Bergoglio il perché delle restrizioni alla Santa Messa in rito antico.
«Siamo dinanzi al sovvertimento del Papato, e nessun Cardinale ha nulla da obiettare» conclude amaramente monsignore.
Bergoglio fa celebrare una “messa” eretica da falsi ministri (gli Anglicani non hanno Ordini validi) profanando la Basilica di San Bartolomeo, che dopo questa celebrazione dovrà essere riconsacrata assieme alla Basilica di San Pietro già profanata dall’idolo immondo della… https://t.co/7xYm4fCbjB
— Arcivescovo Carlo Maria Viganò (@CarloMVigano) January 22, 2024
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L’arcivescovo anglicano di Canterbury Justin Welby celebrerà la sua messa a San Bartolomeo il 25 gennaio.
Come riportato da Renovatio 21, l’intesa tra il controverso Welby e Bergoglio si è cementata anche durante un recente viaggio congiunto in Africa. Nella conferenza aerea di ritorno i due, assieme, hanno espresso condanna nei confronti dei Paesi africani che hanno leggi anti-sodomia, politica portata avanti con ferrea volontà dallo Welby e concretizzatasi drammaticamente sul versante bergogliano con l’emanazione della dichiarazione Fiducia Supplicans, contro la quale il clero africano si è rivoltato con estrema veemenza.
Polemiche sui riti anglicani nelle basiliche romane si erano registrati anche in precedenza.
Ad aprile 2023 era giunta notizia di una «messa» anglicana sarebbe stata celebrata a San Giovanni Laterano, una basilica papale, sotto la conduzione di un vescovo anglicano iniziato alla framassoneria e sposato due volte.
Il celebrante, Johnathan Baker di Fulham, aveva ottenuto il ruolo di «venerabile maestro» alla loggia Apollo, una congrega massonica dell’Università di Oxford. Successivamente, Baker ricoperto la posizione di Vice Gran Cappellano nella Gran Loggia Unita d’Inghilterra, la più grande loggia dei Paesi del Commonwealth che fa risalire le sue origini alla prima loggia della Storia, quella fondata in una taverna di Londra nel 1717.
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Lo scandalo interconfessionale di San Giovanni Laterano, finito in tanti siti cattolici del mondo, aveva cagionato scuse da parte di monsignor Guerino di Tora, vescovo ausiliare di Roma per l’area settentrionale e vicario del capitolo di San Giovanni in Laterano: «il Capitolo Lateranense, nella persona di Sua Eccellenza monsignor Guerino di Tora, vicario capitolare, esprime profondo rammarico per quanto avvenuto martedì scorso, 18 aprile, all’interno della basilica di San Giovanni a Roma» scriveva in apertura la nota diffusa il 20 aprile da monsignor Di Tora.
Era stato notato che in quei giorni i fedeli di Fulham avevano dovuto accolto nella loro «messa crismale» un nuovo vescovo anglicano, una donna – una «vescova» di nome Sarah Mullally, la «vescova di Londra» nominata direttamente da Re Carlo, che, come lo era sua madre e tutti i regnanti che lo hanno preceduto sin dai tempi di Enrico VIII e dello scisma, è il vero capo della Chiesa d’Inghilterra.
Rimane la questione della profanazione sistematica dei luoghi più sacri di Roma.
Tuttavia, dopo la pachamama, e la messa in rito maya, cosa c’era da aspettarsi?
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Immagine di Ben Skála, Benfoto via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 3.0 Unported, 2.5 Generic, 2.0 Generic e 1.0 Generic
Spirito
«Siamo stati creati per la gloria»: omelia nella festa di Ognissanti di mons. Viganò
Vos, purpurati martyres, Vos candidati præmio Confessionis, exsules Vocate nos in patriam.
Rabano Mauro Inno Placare, Christe
Dopo la solenne celebrazione della Regalità di Nostro Signore Gesù Cristo, nell’ultima Domenica di Ottobre, il primo Novembre è dedicato a coloro che con Cristo hanno combattuto il bonum certamen, meritando di trionfare con Lui nella vittoria sfolgorante sul demonio. Il giorno seguente, 2 Novembre, viene ricordato un altro sterminato esercito di anime sante: quelle di coloro che il fuoco del Purgatorio purifica, come l’oro nel crogiuolo, per renderle degne di essere ammesse alla gloria della contemplazione della Maestà divina.Iscriviti alla Newslettera di Renovatio 21
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Spirito
Lo stile di Leone XIV: conservare il vero senza rigettare il falso?
In una Nota sullo stile di Papa Leone XIV del 1° giugno 2025, pubblicata sul suo blog e riproposta da Sandro Magister su Settimo Cielo il 2 giugno, Leonardo Lugaresi, esperto di Padri della Chiesa, si sforza di «cogliere un aspetto dello stile di pensiero e di governo di Papa Leone XIV, che mi sembra emergere chiaramente nei suoi primi discorsi; un tratto che merita la massima attenzione per il suo valore paradigmatico, non solo nei contenuti ma anche, e direi soprattutto, nel metodo».
Questo stile, secondo lo studioso italiano, equivale a fare «giusto uso» della tradizione: «raccogliere ciò che c’è di buono in ogni persona, in ogni discorso, in ogni evento, e filtrare ciò che è cattivo».
Spiega: «Ma oggi sarebbe altrettanto sbagliato pretendere che spetti al papa compiere una sorta di “controriforma”. Se posso azzardare una previsione, credo che questo comunque non accadrà. Penso invece che da Leone XIV possiamo attenderci non tanto delle correzioni esplicite o delle formali ritrattazioni di certi aspetti ambigui, confusi e in qualche caso problematici del precedente pontificato, quanto un loro “giusto uso” che, se così posso esprimermi, li “rimetta al loro posto”».
E illustra il suo punto con un esempio: «ad alcuni è dispiaciuto che nel discorso del 19 maggio ai rappresentanti delle altre chiese e di altre religioni papa Leone abbia citato la controversa Dichiarazione di Abu Dhabi».
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«È vero che quel documento contiene il passaggio forse più “problematico” del pontificato di Francesco, perché vi si trova un’affermazione circa la volontà divina che gli uomini aderiscano a religioni diverse dalla fede cristiana che è pressoché impossibile interpretare in modo compatibile con la dottrina cattolica».
«Tuttavia, da parte di chi è ben saldo nella certezza (scritturistica e tradizionale!) che tutti gli uomini sono chiamati a convertirsi a Cristo, perché ‘in nessun altro c’è salvezza; non vi è infatti, sotto il cielo, altro nome dato agli uomini, nel quale è stabilito che noi siamo salvati’ (At 4, 12), si può benissimo citare un altro passo, del tutto innocuo, di quello stesso documento, proprio nella logica che ho cercato di descrivere;»
«È anche in questo modo, io spero, che si realizzerà una sorta di ‘riassorbimento dell’eccezione bergogliana’ nel corpo vivo della tradizione»
«Ah! Con quanta galanteria vengono espresse queste cose!» [Molière, Il Misantropo, Atto I, Scena 2] Le affermazioni eretiche diventano “eccezioni” che devono essere «riassorbite”, diluite in affermazioni “innocenti” per renderle accettabili al «corpo vivo della tradizione»! Con un simile regime, c’è da temere che questo corpo non rimanga vivo a lungo! Ci si può accontentare di «filtrare» l’errore senza rifiutarlo esplicitamente?
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Leone XIV può accontentarsi di aggirare gli errori senza condannarli?
Nelle Res Novæ del 4 agosto, padre Claude Barthe scrive: «Leone XIV, è un fatto, è responsabile dell’eredità di Francesco. Questa eredità, fondamentalmente conciliare, se si escludono la sinodalità, che resiste a qualsiasi tentativo di definizione precisa, e l’impegno ecologico, può essere riassunta in tre testi: Amoris Laetitia e Fiducia Supplicans, sulla morale del matrimonio, e Traditionis Custodes sulla liturgia tradizionale».
Sulla moralità del matrimonio, prosegue, «tutta la difficoltà di Amoris Laetitia si concentra nel paragrafo 301, da cui si potrebbe ricavare la seguente proposizione: “Alcuni di coloro che vivono in adulterio, anche se conoscono la norma che stanno trasgredendo, potrebbero non essere in stato di peccato mortale”».
«Leone XIV dovrebbe abbracciare questo insegnamento bergogliano, che mina gravemente la santità del matrimonio. Aggirarlo abilmente, indirettamente, non sarà sufficiente per invalidarlo. Dovrà necessariamente approvarlo o annullarlo. La Chiesa, infatti, è custode del contenuto della Rivelazione e della dottrina di fede e morale a cui bisogna aderire per essere salvati. […]»
«Non ci si può accontentare, a difesa della fede, di dichiarazioni che mitighino tale eterodossia o la controbilancino con insegnamenti contrari che tuttavia lascino intatta la dottrina difettosa. È necessario, per la salvezza delle anime, sradicare la falsa dottrina».
Riguardo alla Messa tradizionale, padre Barthe osserva che «a causa di papa Bergoglio, la questione è diventata molto semplice: tutto l’approccio repressivo di Traditionis Custodes si basa, infatti, sul suo articolo 1: ‘I libri liturgici promulgati dai santi pontefici Paolo VI e Giovanni Paolo II, in conformità con i decreti del Concilio Vaticano II, sono l’unica espressione della lex orandi del Rito Romano (…)»
«Secondo Traditionis Custodes, a seguito della riforma conciliare, la liturgia romana precedente a questa riforma ha quindi perso il suo status di lex orandi. […] (Certamente) è estremamente auspicabile che il nuovo papa conceda a questa liturgia, direttamente o indirettamente, maggiore libertà. Ma, nonostante ciò, resta da insegnare nella Chiesa la seguente proposizione: “I libri liturgici in vigore prima della riforma di Paolo VI non esprimono la lex orandi del Rito Romano”»
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«La questione che il Magistero della Chiesa è ora chiamato a risolvere è questa: questa proposizione è vera o falsa? Se è falsa, deve essere condannata, con tutte le conseguenze che ne conseguono».
Pertanto, un uso sapiente della «tradizione vivente» per assorbire le «eccezioni bergogliane» sembra non solo insufficiente, ma soprattutto pericoloso. Anche in questo caso, solo il futuro potrà dirlo. E il futuro appartiene a Dio.
Articolo previamente apparso su FSSPX.News
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Immagine di Lula Oficial via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 4.0 International; immagine tagliata
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Filippine: le sette evangeliche riscuotono un successo clamoroso
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