Spirito
Mons. Lefebvre e i vescovi: osservazioni tecniche sulle consacrazioni senza mandato e lo stato di necessità

Renovatio 21 pubblica questo articolo comparso su FSSPX.news, sito di attualità della Fraternità San Pio X, in merito agli attacchi ricevuti recentemente dalla FSSPX da parte di un sito di matrice ciellina. Renovatio 21 aveva già pubblicato una risposta della Fraternità e un saggio scritto da Don Mauro Tranquillo nel 2013 che, con largo anticipo, rispondeva ai punti dell’aggressione bussolina, anche perché si tratta sempre delle solite questioni, e quando d’improvviso riemergono, come in queste settimane, ci sarebbe, per prima cosa, da domandarsi il perché.
La Nuova Bussola Quotidiana ha dedicato alle consacrazioni episcopali del 1988 e alla situazione della Fraternità San Pio X una serie di articoli, con argomenti in realtà già molte volte confutati, che però a qualche lettore avranno potuto sembrare inediti. Dedichiamo qui una risposta «tecnica» ad alcune di queste osservazioni, rimandando poi a studi più completi.
La consacrazione episcopale contro la volontà del Papa è sempre uno scisma?
Cominciamo a chiarire quello che la Bussola, seguendo i suoi maestri, confonde. Citando due documenti papali «preconciliari» (che a breve esamineremo) essi sostengono non solo che il Papa ha in esclusiva e per diritto divino il potere di conferire la giurisdizione (1) episcopale (e infatti, come essi stessi ammettono, Mons. Lefebvre non pretese mai usurpare tale prerogativa), ma avrebbe anche per diritto divino il potere di designare in esclusiva i candidati a un’ordinazione episcopale, in qualsiasi caso. (2)
Secondo la Bussola, che qui riprende in parte la dottrina conciliare sull’episcopato ed in parte le teorie dei Padri Bisig e de Blignières (3), sarebbe impossibile separare il potere sacro dell’Ordine episcopale dal potere di governo, cosicché ordinare un vescovo senza consenso papale (anche escludendo la pretesa di assegnargli un potere di governo) sarebbe sempre uno scisma. Tale tesi è semplicemente contraria alla dottrina insegnata dalla Chiesa fino al Vaticano II, che separa nettamente l’origine del potere dell’ordine episcopale da quella del potere di governo (4). Per i Papi fino a Pio XII (5), la consacrazione episcopale da sola non può produrre alcun potere di governo.
La Chiesa, a differenza della Bussola, non ha mai del resto confuso lo scisma con la consacrazione episcopale senza mandato pontificio. Consideriamo qui il diritto canonico, visto nella sua natura magisteriale: esso è infallibile nel senso che non potrà mai esprimere qualcosa che vada contro il dogma, quindi è locus theologicus, come noi ben sappiamo malgrado le insinuazioni della Bussola.
Ebbene, il diritto ha sempre distinto le pene per il peccato di scisma dalle pene per la consacrazione episcopale fatta senza mandato apostolico. Se lo scisma è sempre stato punito di scomunica, la consacrazione episcopale fino a Pio XII era punita di una semplice sospensione a divinis (cfr. la vecchia redazione del canone 2370 [6], che tra l’altro addolciva la stessa sospensione con l’inciso «fino a che la Santa Sede li dispensi»).
Tale atto non era visto come quella sorta di «trauma ecclesiologico» descritto dalla Bussola, ma come un delitto nell’amministrazione dei Sacramenti. Infatti il titolo XVI della terza parte del codice, dove stava il canone 2370, era intitolato De delictis in administratione vel susceptione ordinum aliorumque sacramentorum, ben distinto dai delitti contra fidem et unitatem Ecclesiae, tra i quali appunto lo scisma, catalogati al titolo X (7).
L’inasprimento della pena voluto da Pio XII nel 1951 (ed entrato nel nuovo codice) non fa comunque coincidere la consacrazione episcopale con lo scisma, visto che rimangono in vigore due scomuniche per delitti ben distinti tra loro.
Questo argomento basta da solo a far crollare il castello di carte della Bussola e di Bisig e de Blignières, che fanno coincidere ogni consacrazione senza mandato con un atto di scisma. L’amministrare i sacramenti oltre i canoni per necessità (ordine episcopale compreso) è sempre possibile ed in alcuni casi doveroso per diritto divino, ed il diritto positivo stesso lo prevede anche in modo esplicito. Infatti è il diritto a scusare dalle pene chi agisce per necessità (can. 2205), e perfino da colpa purché l’atto non sia intrinsecamente malvagio (un’ordinazione episcopale non essendo tale, a meno di tenere la tesi per cui conferisca automaticamente quanto riservato al Papa, anche se il consacrante negasse di volerlo fare).
In tal caso, si potrà consacrare un vescovo lecitamente anche senza il permesso del Papa: perché, se c’è realmente la necessità, c’è anche la facoltà di amministrare i sacramenti, proprio per il diritto della Chiesa e non contro di essa. Se il Papa proibisse a un sacerdote senza giurisdizione ordinaria di confessare un moribondo, adducendo come ragione che, secondo lui, il soggetto è sano e può aspettare il parroco, il sacerdote assolverebbe comunque in modo valido e lecito: l’errore del Papa (in buona o mala fede) sulla situazione del malato non cambia il fatto che una tale facoltà non può essere negata in quella circostanza, perché la Chiesa non può andare contro il suo proprio fine (8).
La negazione dello stato di necessità della Chiesa da parte del Papa, come vedremo, non smette di far esistere un tale stato, e non smette di conferire le facoltà previste in tal caso dal Papa stesso come promulgatore della legge divina, per la natura delle cose della Chiesa, finalizzata alla salus animarum. Di certo, essendo i papi post-conciliari la causa dello stato di necessità, è difficile che essi ne ammettano l’esistenza o l’estensione reale.
Lo stato di necessità
Abbiamo visto che, proprio per il diritto voluto da Dio e dai Pontefici (e non contro di esso), è lecito amministrare i sacramenti di fronte a una necessità estrema del singolo, o alla necessità grave generale[9]. Per quale motivo Mons. Lefebvre nel 1988 era di fronte a una simile situazione?
Nel 1988, come oggi, è impossibile ricevere l’ordinazione sacerdotale (e quindi amministrare poi i sacramenti) per le vie ordinarie senza accettare (almeno esternamente) delle dottrine contrarie all’insegnamento della Chiesa.
Per esempio:
- Dal Concilio Vaticano II in poi, nessun candidato agli ordini può negare che la libertà religiosa sia un diritto naturale, conformemente alle condanne di Gregorio XVI e Pio IX. La dottrina di Dignitatis humanae, oggi imposta a tutti, e pesantemente ribadita da Benedetto XVI (10), impone di credere che esista un diritto naturale, valido per individui e gruppi, di professare qualsiasi religione, anche in pubblico, e che deve essere riconosciuto dall’autorità. Se un cattolico, per restare tale, nega tale dottrina in quanto condannata dal Magistero, non sarà mai ordinato prete per le vie ordinarie.
- Dal Concilio in poi, nessun candidato agli ordini può affermare che la giurisdizione episcopale proviene solo dal Pontefice, conformemente a secoli di Magistero (vedi articoli citati sopra), o che solo il Pontefice è soggetto del potere supremo della Chiesa. Tali affermazioni definite dal Magistero anche in modo infallibile sono contraddette apertamente dalla dottrina di Lumen gentium, documento chiave del Concilio, e costantemente ribadite. Se un cattolico, per restare tale, nega apertamente tali nuove dottrine, non sarà mai ordinato prete per le vie ordinarie.
- Dal Concilio in poi, la prassi ecumenica domina le relazioni con le altre religioni, nonostante condanne papali (cfr. Pio XI, enciclica Mortalium animos). Ogni cattolico deve apertamente distanziarsi da tali atti, compiuti da tutti i Papi post-conciliari, da Assisi 1986 fino alla Pachamama. Però se lo fa, non riceverà mai il sacramento dell’Ordine.
- Dal 1970, il candidato agli ordini deve accettare per principio e generalmente anche celebrare un rito che «si allontana in modo impressionante» dalla dottrina cattolica sul Sacrificio della Messa, così come definito a Trento (cfr. Breve esame critico del Novus Ordo Missae, dei cardinali Ottaviani e Bacci), e che è in contraddizione palese con il significato del rito tradizionale. Come si può pensare (per fare solo un esempio elementare) che un rito in cui il sacerdote non disgiunge pollice e indice per non perdere alcun frammento dell’ostia consacrata abbia lo stesso significato di un rito che prevede la comunione in mano e i ministri straordinari? Non sono certo «due forme dello stesso rito».
La lista potrebbe ovviamente continuare, come sa anche la Bussola, con argomenti sui quali essi stessi hanno preso le distanze da questo ultimo Pontificato.
Forse la Bussola ritiene impossibile ammettere che la gerarchia (cioè il Papa e i Vescovi diocesani) si ritrovi in un simile stato nella sua interezza o nel suo capo?
Purtroppo contra factum non fit argumentum. Per capire come sia possibile e come spiegare questa situazione senza cadere in nessun errore sulla costituzione della Chiesa, suggeriamo la lettura del libro Parole chiare sulla Chiesa, a cura dei sacerdoti del nostro Distretto italiano (11). Una tale trattazione esula infatti da un articolo già troppo lungo.
Davanti a questo stato di fatto, la Chiesa ha in sé la possibilità di amministrare i sacramenti in modo straordinario, episcopato compreso, venendo in soccorso così alle anime che non vogliono mettere in pericolo la propria fede per ricevere i sacramenti.
Non basta l’ordinazione a fare il prete o il vescovo cattolico, dice la Bussola, e noi condividiamo; ci vuole anche di essere inseriti nell’ordinamento canonico visibile, ma in modo appropriato alla situazione, che può anche essere straordinario, come l’attuale (straordinario vuol dire legale secondo le leggi eccezionali, non selvaggio); ma per essere prete e vescovo cattolico ci vuole anche e soprattutto l’integrale professione della fede cattolica, compresa la condanna senza equivoci degli errori correnti: per salvare questo ultimo elemento Mons. Lefebvre poté ricorrere ad ordinazioni episcopali fuori dall’ordinario, ma del tutto lecite, legittime nella reale situazione della Chiesa.
Osserviamo infine che tale stato di necessità non è percepito solo soggettivamente dalla Fraternità San Pio X, ma si basa soprattutto sulla certezza che abbiamo dal Magistero papale della condanna del diritto alla libertà religiosa, della collegialità, dell’ecumenismo, e di tutto quanto di contrario alla dottrina definita ha fatto seguito al Concilio, oltre che della liturgia e delle prassi che di fatto negano una serie di articoli di fede in modo più o meno diretto. (12)
La Fraternità non nega l’esistenza della gerarchia, ma non dimentica che si tratta di una gerarchia modernista. In quanto tale, non si può far finta di considerarne gli atti come «normali», e di valutarli come se si fosse in uno stato di ordine (del resto, nemmeno la Bussola sembra farlo per molti atti del presente pontificato). Ecco perché, pur di trasmettere e conservare la Fede cattolica come definita dai Papi, si ricorre a mezzi eccezionali.
Due documenti citati a sproposito
Ad Apostolorum Principis
Veniamo ora ad esaminare il primo documento citato contro Monsignor Lefebvre, cioè la lettera con cui Pio XII condanna le ordinazioni dei vescovi della «chiesa patriottica» in Cina (1958), destinati a formare una gerarchia parallela fedele al governo comunista. Può sembrare curioso che i conservatori, che accettano la dottrina erronea di Lumen gentium sull’origine sacramentale del potere di governo dei vescovi, citino un documento che condanna (sulla base di Mystici Corporis e mille altri documenti dottrinali) proprio quella teoria conciliare.
In effetti è proprio il Concilio (in questo totalmente confermato dai documenti di Giovanni Paolo II e Benedetto XVI) a sostenere che la giurisdizione episcopale non venga dal Papa ma dalla stessa ordinazione sacramentale, proponendo così una dottrina già ampiamente condannata. Non sappiamo a che dottrina credano i conservatori, ma evidentemente vogliono mettersi sul terreno dei cattolici fedeli al Magistero tradizionale per cercare di porli in difficoltà.
In realtà ci sarebbe anzitutto da chiedersi, qualora costoro credano alla dottrina esposta da Pio XII, come facciano a non vedere che già dal Concilio si tenta di costruire una nuova religione che sovverte il cattolicesimo, e di imporla a tutti i fedeli; se invece non ci credono, ci si chiede perché usare strumentalmente una lettera che non potrebbero intendere in quel senso letterale, secondo quanto impone la Nota praevia di Lumen gentium.
Veniamo però al merito dell’obiezione: si sostiene che non solo la lettera insegni che per diritto divino è il Papa solo a conferire la giurisdizione ai vescovi residenziali, ma anche che solo la Santa Sede possa determinare chi deve ricevere l’episcopato. Facciamo anzitutto notare che si parla di candidati all’episcopato residenziale in una situazione ordinaria, cioè di candidati che insieme all’ordinazione dovranno appunto ricevere la giurisdizione dal Pontefice. Nessuno dubita che in tale caso solo alla Santa Sede spetti di giudicare i candidati idonei a tali nomine, senza altre ingerenze (il riferimento immediato della lettera è al governo comunista cinese).
Non si capisce però come questo possa inficiare la liceità morale dell’ordinazione episcopale in caso di grave necessità generale, senza pretesa di conferimento di alcuna giurisdizione: Pio XII parla della scelta di vescovi che dovranno ricevere missione canonica ordinaria dal Papa, il che niente ha a che vedere con il caso dei vescovi della FSSPX. La cosa sarà ancora più chiara con il commento al documento seguente.
Quartus supra
Viene portata un’obiezione che dovrebbe basarsi sulla lettera con cui Pio IX interviene in una querela suscitata dal patriarcato armeno cattolico (nel 1873). Era infatti successo che, nonostante il privilegio della chiesa armena di presentare a Roma una terna di candidati all’episcopato, tra i quali il Papa scegliesse chi nominare, il Papa avesse in alcuni casi rigettato i tre nomi per un quarto, direttamente scelto da lui.
Pio IX ovviamente risponde che i privilegi dei patriarcati o delle chiese locali sono norme di diritto ecclesiastico, che in nulla possono inficiare la pienezza del potere pontificio, che per diritto divino può andare oltre e nominare in altri modi i vescovi. Nessun cattolico mai metterebbe in dubbio una tale verità.
Tuttavia nemmeno questo ha nulla a che vedere con il caso di Monsignor Lefebvre: non si stabilisce qui un principio, come vorrebbero i nostri obiettanti, per cui conferire un’ordinazione episcopale (senza pretesa di conferire una sede, ma per una mera necessità sacramentale) sia per diritto divino impossibile senza una designazione papale; si dice invece che il Papa può per diritto divino nominare senza vincoli canonici chi vuole alle sedi vescovili.
Quanto alla citazione delle lettere di Papa sant’Innocenzo I (13), esse parlano dell’episcopato residenziale, cioè con la concessione della giurisdizione. I discorsi di queste lettere e dei Papi antichi vanno sempre letti nell’ottica dell’istituzione di vescovi residenziali, non della semplice collazione del sacramento dell’Ordine che, come abbiamo visto, resta possibile quando inevitabilmente necessario. Trattano infatti della situazione ordinaria e del caso comune di nomina episcopale a una sede.
Qualche ultima considerazione
Come si vede, la Fraternità San Pio X basa le sue scelte sulla considerazione della natura giuridica della Chiesa, che non è senza mezzi per le situazioni eccezionali. Che la gerarchia intera si sia separata dalla professione della vera Fede, o sia silente sull’apostasia, è un fatto enorme che non fa riflettere la Bussola. Per la Bussola in questa situazione occorrerebbe rapportarsi alle autorità come in periodo normale, ignorando tale generale apostasia (salvo poi qualificare i vescovi italiani del titolo di «usurpatori» quando toccano qualche novità dottrinale che la Bussola non ha digerito per il momento: infatti, perché supporre che i conservatori non accetteranno mai l’omosessualismo, se hanno accettato già collegialità e libertà religiosa?).
Un capitolo a parte meriterebbe l’uso strumentale e selettivo che la Bussola fa degli interventi romani in merito alla FSSPX, ignorando o minimizzando sistematicamente ogni concessione fatta nel tempo dai recenti Pontefici. Non insistiamo perché abbiamo voluto basarci su princìpi ben più elevati.
Facciamo però un esempio: la Bussola nega autorità alla risposta del presidente della Commissione Ecclesia Dei del 27 settembre 2002, che permetterebbe ai fedeli di assistere alla Messa e adempiere al precetto domenicale presso i sacerdoti della FSSPX.
Precisiamo anzitutto che la FSSPX chiede ai fedeli di venire a Messa presso le proprie cappelle proprio per manifestare il proprio rifiuto degli errori moderni e della nuova messa, partecipando a un culto corrispondente alla Fede romana, e non si basa su questi documenti (che al massimo sono stati usati come argomenti ad hominem).
Quello però che fa specie è che la Bussola spieghi pontificalmente che il diritto canonico dice che si assolve il precetto solo assistendo alla Messa domenicale in un «rito cattolico», dimenticandosi però che il nuovo canone 844§2, violando il diritto divino, permette ai cattolici impossibilitati di accedere a un ministro cattolico di ricevere i sacramenti da ministri non-cattolici validamente ordinati, «ogni volta che lo richieda la necessità o una vera utilità spirituale»; e che la Santa Sede, con diversi accordi con le «chiese» scismatiche orientali, ha permesso ai cattolici di assistere alla Messa presso tali comunità (compresa quella assira, dove la Messa non ha neppure le parole della consacrazione ed è perciò non solo illecita ma del tutto invalida). (14)
In conclusione, consigliamo al lettore la lettura degli articoli citati in nota, ricchi di apparati e di riferimenti, per tutte le questioni che potrebbero essere poco chiare o sospese. Non è infatti possibile in questo breve testo ritornare alla confutazione di ogni singolo sofisma o al chiarimento di ogni singolo concetto esposto.
Viviamo in un tempo eccezionale, molto più di quello che crede la Bussola, in cui l’intera gerarchia ha rinnegato l’integralità della fede romana. Forse è questo che la Bussola non capisce, e tira fuori dal cappello vecchi sofismi già più volte affrontati, senza chiedersi che cosa richieda oggi un’integrale professione di fede. Se però lo capisce e nega comunque la legittimità delle consacrazioni episcopali senza mandato in queste circostanze, è probabilmente la loro visione della Chiesa a far difetto di elementi giuridici indispensabili nelle situazioni eccezionali.
Ne va della natura della Chiesa, destinata a trasmettere la Fede integralmente e a salvare le anime, senza perdere nessuno dei suoi pezzi. C’è chi sacrifica la professione della Fede per salvare la gerarchia.
C’è chi sacrifica la gerarchia per salvare la professione della Fede, come i sedevacantismi vecchi e nuovi. La Fraternità San Pio X, al seguito delle scelte di Mons. Lefebvre, ha cercato una spiegazione e una strada che conservino tutti gli elementi costitutivi della Chiesa.
NOTE
1) Vi sono nella Chiesa due poteri, lasciati da Nostro Signore Gesù Cristo, e due gerarchie che ne derivano, le quali si incrociano e si sovrappongono in parte, ma che restano ben distinte nelle loro attribuzioni e nelle loro fonti. Questi due poteri sono: 1) la potestas sanctificandi, che si riceve e si esercita tramite il Sacramento dell’Ordine nei suoi vari gradi e che consiste principalmente nel potere di consacrare l’Eucaristia e mediante questa e gli altri Sacramenti dare la grazia alle anime. Poiché la fonte di questo potere è un Sacramento, l’autore diretto ne è Nostro Signore stesso, ex opere operato: i ministri ne sono solo gli strumenti. 2). La potestas regendi, o potere di giurisdizione, che comprende in sé il potere spirituale di governare e di insegnare. La Chiesa essendo una società deve avere un’autorità capace di legiferare e di guidare, oltre che di punire e correggere. Questo potere, che Nostro Signore ugualmente possiede al supremo grado, è da Lui trasmesso direttamente solo al Papa al momento dell’accettazione dell’elezione, e dal Papa in vari modi è trasmesso al resto della Chiesa. Non ha di per sé alcun legame con il potere d’ordine. In questo senso Vescovo è colui che ha ricevuto dal Papa il potere di governare una diocesi, indipendentemente dal fatto della sua consacrazione episcopale.
Per approfondire, si vedano gli articoli citati alla nota 4.
2) Notiamo preliminarmente che la maggior parte degli argomenti addotti dalla Bussola non sono affatto nuovi, come vedremo, e si trovano confutati globalmente nell’opuscolo La Tradizione scomunicate, ed Ichthys 2007.
3) Una radicale e completa confutazione di tali tesi si trova negli articoli apparsi sul Courrier de Rome, a firma di don Jean-Michel Gleize, apparsi nei numeri di ottobre e novembre 2022 (nn. 657-658). Ad essi rimandiamo il lettore che voglia approfondire ulteriormente.
4) Sull’argomento, due articoli consultabili on line: cfr. https://fsspx.it/it/news-events/news/episcopato-e-collegialita-84983 e https://www.slideshare.net/GedersonFalcometa/nuova-e-antica-dottrina-a-c…
5) Gli articoli citati alla nota 2 proveranno ad abundantiam quanto qui affermato. Ci piace aggiungere qui perfino una citazione di Giovanni XXIII (prima del Concilio) sull’argomento: dalla consacrazione episcopale «non può provenire assolutamente alcuna giurisdizione, se viene compiuta senza mandato apostolico» (Allocuzione concistoriale del 15 dicembre 1958, AAS 50, p.983). Anche Papa Giovanni ammetterebbe quindi che Mons. Lefebvre, secondo la dottrina tradizionale, non poteva compiere uno scisma senza pretesa di trasmettere ciò che solo il mandato apostolico può dare, la giurisdizione: questo perché di per sé la consacrazione sola non dà altro che il potere di ordine.
6) Tale impostazione proviene dal diritto tradizionale delle Decretali (C. 44, de electione et electi potestate, I, 6, in VI°).
7) Perfino nel nuovo Codice di diritto canonico (del 1983), nonostante l’ecclesiologia conciliare che lo pervade, la pena per la consacrazione episcopale senza mandato (nuovo canone 1382) non è inserita tra quelle per i delitti “contro l’unità della Chiesa” (Parte II tit. I), ma tra quelle per l’usurpazione di uffici ecclesiastici (tit. III).
8) Quanto alla citazione del Caietano sullo scisma fatta nell’ultimo articolo della Bussola, essa appare incompleta e tendenziosa. Il testo infatti letto per intero distingue molto bene lo scisma dalla disobbedienza (che può sempre giustificarsi di fronte a un ordine iniquo, come il richiedere la negazione della fede per accedere ai sacramenti o il proibirne ingiustamente l’amministrazione davanti a una vera necessità). Vedi il commento e la citazione integrale del Caietano negli articoli di don J.-M. Gleize sul Courrier de Rome dell’aprile 2018 e del novembre 2022.
9) A tal proposito, si veda lo studio completo a questo link: https://fsspx.it/it/news-events/news/l%E2%80%99apostolato-della-fsspx-e-…
10) https://www.vatican.va/content/benedict-xvi/it/messages/peace/documents/…
11) Parole chiare sulla Chiesa, a cura di don Daniele Di Sorco, ed. Radio Spada 2023.
12) Per misurare l’ampiezza dei cambiamenti dottrinali imposti alla coscienza dei cattolici dal Concilio in poi, consigliamo la lettura dei seguenti libri: Mons. M. Lefebvre, Lo hanno detronizzato, ed. Piane; R. Amerio, Iota unum, ed. Lindau; Padre M. Gaudron, Catechismo della crisi nella Chiesa, ed. Piane.
13) Sarebbe da discutere anche l’inesattezza della traduzione delle lettere abbozzata dalla Bussola. Il testo, reperibile nella Patrologia latina del Migne 20:583, visto il pronome quo, che la Bussola omette di tradurre correttamente, fa capire chiaramente che è l’Apostolo Pietro la fonte dell’ipse episcopatus (non di tutto l’episcopato qui, ma di quello romano) e della tota auctoritas nominis (il prestigio della sede romana).
14) Tale concessione, risalente al 2001, con Giovanni Paolo II e al Card. Ratzinger come Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, fece molto discutere e rimane un monumento di ecclesiologia e teologia sacramentale anti-cattoliche https://press.vatican.va/content/salastampa/it/bollettino/pubblico/2001/… . Si veda il commento a tale mostruosità in Sì Sì No No Anno XXVIII n. 1, del 15 gennaio 2002 (https://www.sisinono.org/agosto-2002.html?download=264:n-1).
Immagine di pubblico dominio CC0 via Wikimedia
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La sinodalità come sovversione. Mons. Viganò con i Figli del Santissimo Redentore

Renovatio 21 pubblica questa dichiarazione dell’arcivescovo Carlo Maria Viganò. La lettera di ripudio della chiesa sinodale da parte della comunità dei Figli del Santissimo Rendentore è stata pubblicata pochi giorni fa.
«Tolle Missam, tolle Ecclesiam»
Dichiarazione dell’Arcivescovo Carlo Maria Viganò a proposito della Comunità religiosa dei Figli del Santissimo Redentore
Verrà il giorno,
in cui non si sopporterà più la sana dottrina,
ma, per il prurito di udire qualcosa di nuovo,
gli uomini si circonderanno di maestri
secondo le proprie voglie,
rifiutando di dare ascolto alla verità.
2 Tim 4, 3
Pochi giorni or sono, dopo diciassette anni di tensioni con il Vaticano e con il vescovo di Christchurch in Nuova Zelanda, culminate con un ordine di espulsione dalla Diocesi confermato con un decreto dalla Santa Sede, la Comunità dei Redentoristi Transalpini ha diramato una Lettera Aperta nella quale denuncia i principali errori della chiesa conciliare-sinodale, la sua aperta ostilità nei riguardi della Messa Apostolica e le malversazioni di cui i Figli del Santissimo Redentore sono stati oggetto. Nella Lettera Aperta i padri Redentoristi affermano che «si è spezzata la catena di comando» all’interno della Gerarchia: «Quando un superiore si allontana dalla propria obbedienza a Cristo Re, il suo comando non è più il braccio di Cristo, ma il gesto di un uomo. (IIa IIæ, q. 104, a. 5)».
La crisi dell’Autorità nella Chiesa Cattolica è ormai palese. Nel piano degli eversori, essa deve condurre alla dissoluzione del corpo ecclesiale, per sostituire la Chiesa Cattolica Apostolica Romana con un surrogato di origine umana e di ispirazione massonica. Strumento principale di questo sovvertimento è la sinodalità, ossia l’applicazione dei principi rivoluzionari della democrazia e della rappresentatività popolare ad una istituzione di origine divina che il suo Fondatore Gesù Cristo ha voluto monarchica e gerarchica. In questo modo, spezzato il vincolo di obbedienza a Dio, l’Autorità diventa assoluta e tirannica, non dovendo rispondere delle proprie decisioni né a Nostro Signore Gesù Cristo né al popolo cristiano.
«Tolle Missam, tolle Ecclesiam»
Take away the Mass,
you destroy the Church!A few days ago, after seventeen years of tensions with the Vatican and with the Bishop of Christchurch in New Zealand, culminating in an order of expulsion from the Diocese confirmed by a decree from… pic.twitter.com/EEOX5GdHsP
— Arcivescovo Carlo Maria Viganò (@CarloMVigano) October 18, 2025
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Questa rivoluzione permette di manipolare i fedeli e far loro credere che le innovazioni e le eresie introdotte dalla Gerarchia siano richieste dalla base, mentre in realtà sono imposte da una lobby di deviati nella Fede e nella Morale.
Non posso che lodare il coraggio di questi Redentoristi, la cui denuncia si aggiunge alle altre che con sempre maggiore frequenza mostrano lo scandalo e il grande malessere del Clero e del popolo di Dio nei riguardi di una Gerarchia ribelle e apostata. Non siamo più all’ecumenismo conciliare verso le sette acattoliche (pur condannato dai Pontefici fino a Pio XII), ma all’accettazione e alla legittimazione di tutte le false religioni e idolatrie, e dei punti programmatici dell’Agenda globalista (pansessualismo LGBTQ+, immigrazionismo, ecologismo), ai quali la «chiesa sinodale» è totalmente allineata.
Questa crisi ha è di natura teologica e non canonica. Essa riguarda lo smantellamento sistematico della perenne Tradizione della Chiesa Cattolica Apostolica Romana e la dissoluzione del Depositum Fidei: è dunque con argomenti teologici che può essere affrontata. Giudicare i singoli casi individualmente alla luce del Diritto Canonico, senza correlarli tra loro nel contesto più vasto di un’azione eversiva pianificata da decenni e attuata con la cooperazione attiva e consapevole di gran parte dell’Episcopato, non fa che dare riconoscimento ufficiale ad un’Autorità deviata e deviante, a usurpatori che si avvalgono del potere di cui si sono impadroniti contro la volontà di Nostro Signore Gesù Cristo, Capo del Corpo Mistico, ai danni dei Fedeli, per scopi opposti a quelli che Nostro Signore ha stabilito per la Sua Chiesa.
Esorto i Figli del Santissimo Redentore e i loro fedeli con le parole di San Pietro: Resistete forti nella fede, sapendo che le medesime sofferenze affliggono i vostri fratelli sparsi nel mondo (Pt 5, 9). La Fondazione Exsurge Domine – con la quale i Redentoristi Transalpini hanno già relazioni di fraterna amicizia – io stesso come arcivescovo e successore degli Apostoli; insieme ai Chierici della Fraternità della Familia Christi, anch’essi perseguitati e «cancellati» dalla «chiesa bergogliana»; insieme ai tanti Sacerdoti e Religiosi sparsi nel mondo che seguo stabilmente, assicuriamo loro il nostro pieno sostegno, nella latitanza e nel silenzio complice dei Pastori pavidi e codardi.
Poiché sta scritto: Se questi taceranno, grideranno le pietre (Lc 19, 40).
+ Carlo Maria Viganò
Arcivescovo
17 Ottobre MMXXV
S.ctæ Margaritæ Mariæ Virg.
NOTE
1) Togliete la Messa, distruggete la Chiesa. È una citazione di Martin Lutero tratta dal suo libello De abroganda missa privata Martini Lutheri sententia del 1522.
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Papa Leone XIII sarebbe pronto a sciogliere l’Opus Dei

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Lettera aperta di un Congregazione tradizionalista: «ripudiare la Chiesa sinodale»

I Figli del Santissimo Redentore, una congregazione cattolica tradizionalista con sede a Papa Stronsay in Scozia, hanno pubblicato una lettera aperta «ai vescovi cattolici, ai sacerdoti, ai religiosi e ai fedeli» in seguito al loro Capitolo generale. Lo riporta LifeSite.
La comunità, spesso chiamata «Redentoristi Transalpini», è stata fondata da padre Michael Mary Sim nel 1987 sotto gli auspici dell’arcivescovo Marcel Lefebvre e della Fraternità San Pio X, su incoraggiamento del Cardinale Édouard Gagnon. Si è riconciliata con il Vaticano nel 2012 e opera negli Stati Uniti e in Nuova Zelanda.
Nel luglio 2024, il vescovo Michael Gielen ha ordinato ai Redentoristi di lasciare la diocesi di Christchurch entro 24 ore. La comunità ha negato le accuse di Gielen e intraprese azioni canoniche contro l’avviso di sfratto.
La lettera aperta non indica se intendono ora riprendere a collaborare con la Fraternità Sacerdotale San Pio X o intraprendere un’altra strada. La dichiarazione e la sua introduzione sono riportate di seguito.
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Lettera aperta ai vescovi cattolici, ai sacerdoti, ai religiosi e ai fedeli
Cara anima cattolica,
Abbiamo appena concluso il nostro Capitolo Generale, in cui abbiamo preso in esame la nostra Congregazione e la sua vocazione nella Chiesa e nella Diocesi di Christchurch, Nuova Zelanda, dove il Vescovo ne aveva decretato l’espulsione.
La lettera allegata esprime le convinzioni della nostra Congregazione.
Questo non è un compito che accettiamo alla leggera. Abbiamo considerato la gamma di possibili punizioni che la gerarchia potrebbe usare contro di noi – tutte mentalmente terrificanti, in realtà, ma rafforzate dalla consapevolezza che la gerarchia ha infranto la catena di comando, rendendola umana e spiritualmente nulla. Ma quando è in gioco l’onore di Nostro Signore, il silenzio diventa una forma di tradimento.
Intraprendiamo quindi quest’opera con cuore tremante ma con ferma convinzione, desiderando solo difendere il Santo Nome di Gesù Cristo e la purezza della Sua Sposa, la Chiesa.
Aiuta Renovatio 21
CONGREGAZIONE DEI FIGLI DEL SANTISSIMO REDENTORE
REDENTORISTI TRANSALPINI
Lettera aperta ai vescovi cattolici, ai sacerdoti, ai religiosi e ai fedeli del Capitolo generale della Congregazione dei Figli del Santissimo Redentore che si tiene a Papa Stronsay, Scozia, Santa Teresa di Gesù Bambino, 3 ottobre – San Gerardo Maiella 16 ottobre 2025
Cari fedeli,
Viva Gesù nostro amore e Maria nostra speranza!
È con il cuore pesante e con grande tristezza che vi scriviamo. Ciò che ci unisce è il nostro grande amore per la nostra Santa Madre, la Chiesa Cattolica e Sposa di Gesù Cristo, per la quale i martiri hanno versato il loro sangue e i santi hanno dato la loro vita. È questo amore che ci spinge a esprimere una verità difficile, seppur essenziale. (Lc 12, 4-9)
Proprio come voi, anche noi abbiamo nutrito una grande speranza per molti anni. Credevamo che fosse possibile vivere come figli fedeli della Tradizione all’interno delle strutture della Chiesa moderna. Credevamo che le antiche e meravigliose tradizioni della nostra fede, in particolare la Messa latina di sempre, ci sarebbero state legittimamente restituite. Questo ci ha dato speranza, soprattutto durante il periodo di Benedetto XVI. Ci aspettavamo con fiducia di poter praticare liberamente la fede dei nostri Padri nella Chiesa. Non sapevamo quanto ci sbagliassimo!
Dopo anni di prove ed esperienze siamo giunti alla triste conclusione che la fede cattolica tradizionale, la fede di tutti i tempi e dei santi, è incompatibile con la nuova Chiesa moderna, frutto del Concilio Vaticano II. Semplicemente non possono coesistere in un unico corpo.
Poiché nutriamo e onoriamo profondamente la Messa latina tradizionale e non possiamo rinunciare alla Santa Messa dei secoli e dei santi, questa nuova Chiesa non ci vuole. A causa della nostra fedeltà, siamo stati considerati ostinati, difficili e ribelli; siamo stati incastrati e calunniati in un’acrimonia senza fine.
Questa lettera si rivolge a tutti coloro che avvertono che qualcosa non va nella Chiesa o che pensano che la nuova Chiesa e la Fede immutabile possano coesistere pacificamente. Ahimè! Permetteteci di affermare la triste verità: la nostra esperienza dimostra chiaramente che ciò è impossibile. Sicuramente questa nuova Chiesa sconvolgerebbe tutti i santi Papi che hanno ripetutamente dichiarato che l’indifferentismo religioso è un male gravissimo, assolutamente incompatibile con la fede cattolica.
Vi diciamo che non saremo complici del silenzio in questa continua distruzione della Chiesa. Dobbiamo parlare prima o poi, e quale momento migliore di questo? Dopo 17 anni come comunità all’interno delle strutture della Chiesa, siamo stati continuamente isolati e vessati. Soprattutto in questi ultimi anni il Vescovo di Christchurch ci ha ridotto a spazzatura o feccia della terra.
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Con i suoi numerosi Decreti e il ricorso a Roma ha cercato di espellere i nostri monaci dalla diocesi. Vuole che quindici vocazioni locali siano esiliate per sempre dalle loro famiglie e dalla loro patria. Vi diciamo ora che un dovere superiore lo proibisce. Finché ci sarà una sola anima che ci chiede il Santo Sacrificio della Messa, i Sacramenti o l’aiuto spirituale, con la grazia di Dio non la abbandoneremo. Il Buon Pastore ci esorta a dare la vita per le Sue pecore e a tenere a bada il lupo affamato. È nostro dovere nella carità, nella teologia e nel Diritto Canonico.
Perché? Perché la catena di comando è stata spezzata. L’autorità nella Chiesa è ministeriale (servire Nostro Signore), non assoluta (fare ciò che vuole): ci vincola perché è essa stessa vincolata a Cristo, al deposito della Fede, al Magistero costante. Quando un superiore si allontana dalla propria obbedienza a Cristo Re, il suo comando non è più il braccio di Cristo, ma il gesto di un uomo. (ST, IIa IIæ, q. 104, a. 5)
Questi ecclesiastici disobbediscono a Dio. E poi, avendo spezzato la catena del comando di Dio, tentano di invocare l’obbedienza religiosa per questioni che impoveriscono la Chiesa, e aboliscono la Santa Messa. Tolle Missam, Tolle Ecclesiam – Togliete la Messa, distruggete la Chiesa (Lutero). No! Dobbiamo obbedire a Dio prima che all’Uomo.
E perciò, aderendo con tutte le nostre forze alla nostra profonda comunione con la nostra Santa Madre Chiesa, il nostro dovere davanti al Signore Gesù Cristo e verso le anime esige che:
- Ripudiamo Amoris Laetitia che permette la Santa Comunione alle coppie che vivono nel peccato.
- Ripudiamo la persecuzione della Messa e dei cattolici da parte di Traditionis Custodes
- Ripudiamo Fiducia Supplicans che permette la benedizione delle coppie dello stesso sesso
- Ripudiamo «Il Documento sulla Fratellanza Umana» che afferma che Dio vuole tutte le religioni
- Ripudiamo la falsa teologia delle «Chiese sorelle» e della «comunione parziale»
- Ripudiamo i falsi pastori che hanno trionfalmente portato in processione l’idolo della Pachamama in San Pietro.
- Ripudiamo Francesco che si è scusato per l’eroico cattolico che ha gettato quell’idolo nel Tevere.
- Ripudiamo il flagello dell’indifferenza religiosa in Nuova Zelanda e in tutta la Chiesa.
- Ripudiamo gli atti dei vescovi neozelandesi di chiusura delle chiese e di negazione dei sacramenti in una codarda sottomissione all’oppressione del COVID-19.
- Ripudiamo il vescovo di Christchurch che ha ricevuto le sue ceneri il Mercoledì delle Ceneri dal vescovo anglicano di Christchurch.
- Ripudiamo la corruzione dei bambini e lo scandalo dato agli innocenti attraverso programmi catechetici malvagi.
- Ripudiamo l’insegnamento di Francesco secondo cui tutte le religioni sono lingue diverse e la domanda: «il mio Dio è più importante del tuo?».
- Ripudiamo il silenzio di quei vescovi che non si sono pronunciati contro quel tradimento della Fede.
- Ripudiamo la Chiesa sinodale come distinta dalla Chiesa cattolica divinamente costituita.
- Ripudiamo la continua distruzione e umiliazione della nostra Santa Madre Chiesa.
- Ripudiamo coloro che attaccano o minano la Chiesa nei suoi dogmi, nella sua morale, nei suoi sacramenti o nella sua disciplina con un nuovo culto dell’uomo.
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A tutti coloro che leggono questo: per quanto tempo durerà tutta questa assurdità? Qualunque cosa ci costi, con l’Apostolo dobbiamo dire: Anatema!
«Ma anche se noi stessi o un angelo del Cielo venisse ad annunziarvi [un Vangelo] diverso da quello che vi abbiamo annunziato noi, sia egli anàtema». (Gal 1, 8-9)
Non tacete! Difendete la fede dei nostri Padri!
«Anche se tutte le genti obbedissero al re Antioco, e tutti s’allontanassero dalla legge de’ padri loro per fare secondo il comando di lui; io ed i miei figli ed i miei fratelli obbediremo alla legge dei padri nostri». (1 Maccabei 2, 19-20)
«Al contrario, è scritto (At 5, 29): Dobbiamo obbedire a Dio piuttosto che agli uomini. Ora, talvolta le cose comandate da un superiore sono contro Dio. Pertanto, non si deve obbedire ai superiori in ogni cosa». — San Tommaso d’Aquino (ST, IIa IIæ, q. 104, a. 5)
Expecta Dominum, Viriliter Age et Confortetur cor tuum. Spera nel Signore: mostrati uomo e si conforti il tuo cuore, e confida nel Signore! (Sal, 26,14)
Gaude, Maria Virgo… Rallegrati, o Vergine Maria; tu sola hai schiacciato tutte le eresie nel mondo intero.
Firme:
Padre Michael Mary. F.SS.R.
Padre Anthony Mary, F.SS.R.
Fratel Nicodemo Maria, F.SS.R.
Fratel Paul Mary, F.SS.R.
Fratel Dominic Mary, F.SS.R.
Padre Magdala Maria, F.SS.R.
Padre Martin Mary, F.SS.R.
Fratel Xavier Maria, F.SS.R.
Fr. Alfonso Maria, F.SS.R.
Padre Seelos Maria, F.SS.R.
Padre Celestino Maria, F.SS.R.
Fratel Raffaele Maria, F.SS.R.
Fratel Maksymilian Maria, F.SS.R.
Fratel Charles-Marie, F.SS.R.
Fratel Damaso Maria, F.SS.R.
Fratel Bogumił Maria, F.SS.R.
Fratel Francisco Maria, F.SS.R.
Fratel Ernest Maria, F.SS.R.
Fratel Giacinto Maria, F.SS.R.
Fratel Gabriel Maria, F.SS.R.
Fratello Dysmas
Fratel George Marie
Fra Ignazio Maria
Fratel Aloysius Maria
Fratel Zaccheo Maria
Fratel Gerardo
Fratello William
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Immagine di Warpflyght via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 2.5 Generic
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