Spirito
Monaci di Kiev, cosa accadrà ora alla Lavra?
Renovatio 21 ripubblica questa traduzione comparsa sul sito della Parrocchia ortodossa San Massimo di Torino (Patriarcato di Mosca) dello scritto di Konstantin Shemljuk apparso l’11 marzo sul sito dell’unione dei giornalisti ortodossi (UOJ).
Il governo ha dichiarato che la Chiesa ortodossa ucraina dovrebbe «liberare» la Lavra delle Grotte di Kiev. Questo è già accaduto negli anni ’20 e ’60 in epoca sovietica. Cosa ci attende ora?
Il 10 marzo 2023, il ministero della Cultura ha pubblicato un documento in cui si afferma che i monaci della Chiesa ortodossa ucraina devono lasciare la Lavra delle Grotte di Kiev entro il 29 marzo 2023. Tutto ha portato a questo evento, ma sembrava ancora incredibile.
Il metropolita Kliment, commentando questo documento, ha affermato che non ci sono motivi legali per liberare la Lavra. Pertanto, è possibile che i monaci del monastero vengano espulsi senza questi motivi legali, utilizzando il solito schema: con la forza.
Poco dopo, lo studioso religioso tedesco Nikolaj Mitrokhin ha osservato che negli ultimi cento anni la Chiesa ortodossa ucraina è stata espulsa dalla Lavra due volte: alla fine degli anni ’20 e poi sotto Khrushchev nel 1961.
«Ogni volta che la Lavra è stata restituita alla Chiesa, si è scoperto che alcuni di coloro che erano stati espulsi l’ultima volta erano ancora vivi – e sono tornati a viverci, a differenza di coloro che avevano espulso i monaci usando il potere e la forza», ha scritto Mitrokhin.
Allora, cosa attende la Lavra se in meno di un mese le autorità obbligheranno i monaci a lasciare questo luogo santo? Per rispondere a questa domanda, passiamo alla storia. Tanto più che i nostri avversari non la conoscono.
La Lavra dopo la rivoluzione
Dopo la rivoluzione del 1917, il primo martire e confessore ucciso dai senza Dio fu il metropolita Vladimir (Bogojavlenskij) di Kiev e Galizia, fucilato il 25 gennaio (calendario giuliano) 1918, vicino alle mura della Lavra delle Grotte di Kiev.
Dopo il 1919, la comunità monastica continuò ad esistere come laboratorio artistico. Dall’inizio del 1924, la Lavra era sotto la diretta supervisione del patriarca Tikhon.
Ma alle autorità questo non piaceva molto (il patriarca Tikhon era sottoposto a sanzioni), quindi al cosiddetto incontro pre-conciliare pan-ucraino (rinnovazionista) tenutosi a Kharkov dall’11 al 15 novembre 1924, sulla base del rapporto del metropolita rinnovazionista di Kiev Innokentij (Pustynskij), fu adottata una risoluzione sulla necessità di trasferire la Lavra alla giurisdizione del Santo Sinodo pan-ucraino (rinnovazionista), in data 15 dicembre 1924.
Cioè, gli scismatici dell’epoca esigevano che la Lavra fosse trasferita a loro, cosa che le autorità, che avevano scommesso proprio su di loro, fecero immediatamente (letteralmente entro un mese).
Il 29 settembre 1926, il Comitato esecutivo centrale pan-ucraino e il Consiglio dei commissari del popolo della Repubblica socialista sovietica ucraina adottarono una risoluzione: “«Riconoscimento dell’ex Lavra delle Grotte di Kiev come riserva statale storica e culturale e sua trasformazione in una città museo pan-ucraina».
Il graduale spostamento della comunità monastica dal museo fu completato all’inizio del 1930 con la completa liquidazione del monastero. Parte dei fratelli fu portata via e fucilata, mentre il resto fu imprigionato o esiliato. La Lavra fu saccheggiata.
Cosa succederà ora?
Possiamo presumere che presto la Lavra diventerà ancora un museo. Perché? Diversi fattori giocheranno qui un ruolo:
I fedeli non andranno alla Lavra per il culto dagli scismatici. Proprio come adesso non vanno quasi mai nei monasteri di san Michele, Vydubitskij e di san Teodosio. E se le autorità riusciranno a costringere alcuni monaci a rimanere nella Lavra delle Grotte di Kiev, non potranno far andare i fedeli nelle chiese di Dumenko per il culto. Così come non riescono a farlo nemmeno con i bus gratis delle regioni, con panini e ore pagate. Coloro che sostengono il trasferimento della Lavra alla «Chiesa ortodossa dell’Ucraina» non hanno nulla a che fare con la Chiesa e non andranno alle funzioni, così come non ci vanno ora.
La «Chiesa ortodossa dell’Ucraina», che attualmente sta vivendo una grave carenza di personale, semplicemente non ha nessuno con cui popolare la Lavra. Pertanto, molto probabilmente, i nuovi “proprietari” del monastero cercheranno di convincere i fratelli a restare. È del tutto possibile che ad alcuni di loro venga promesso il rango di «vescovo» (soprattutto perché è prevista un’ulteriore interdizione della Chiesa ortodossa ucraina, il che significa che saranno assolutamente necessari nuovi «vescovi»).
Se la Lavra si svuota, la «Chiesa ortodossa dell’Ucraina» dovrà cercare fondi per pagare le enormi bollette della Lavra. Probabilmente, alcuni dei locali del monastero saranno semplicemente chiusi, alcuni saranno affittati e altri saranno trasferiti allo Stato.
Cosa succederà con queste premesse? Cadranno in rovina. E poi entrerà in gioco «l’effetto della finestra rotta»: se non si sostituisce immediatamente un vetro rotto, l’intero edificio potrebbe essere gradualmente distrutto. Pertanto, se alcuni dei locali della Lavra vengono trasformati in magazzini/musei/caffè, l’intera Lavra diventerà gradualmente un museo.
L’unica via d’uscita è trovare fondi per mantenere il monastero. Ci sono diverse opzioni.
1. Lo sponsor principale della «Chiesa ortodossa dell’Ucraina», Matsola, rifiuterà di finanziare il monastero di san Michele e dirigerà i suoi fondi alla Lavra. Ma capite la differenza di scala? Il finanziamento per il sostegno di Dumenko al monastero delle cupole d’oro e il denaro per il mantenimento della Lavra non sono la stessa cosa.
2. Cercheranno da soli fondi per il monastero. Sappiamo esattamente come la «Chiesa ortodossa dell’Ucraina» cerca denaro per sostenere i suoi luoghi di culto. Per esempio, nel monastero Vydubitskij, confiscato negli anni ’90, offrono corsi di yoga. Al monastero di san Teodosio (proprio di fronte alla Lavra), affittano semplicemente stanze come in un albergo. È possibile che trasformino la stessa Lavra in un complesso alberghiero e turistico con centri termali e sale massaggi, lezioni di yoga e centri fitness.
3. Trasferiranno la Lavra al bilancio statale. In realtà, appartiene già allo stato. Da quando i bolscevichi hanno nazionalizzato i beni ecclesiastici, nulla è cambiato al riguardo. Lo stato dovrà cercare fondi per mantenere la Lavra. Ma è improbabile che lo Stato se ne occupi meglio di quanto abbia fatto la Chiesa.
Chiesa e potere: lezioni dalla storia
C’è un quarto fattore che indica che i rappresentanti della «Chiesa Ortodossa dell’Ucraina» non dovrebbero cantare vittoria troppo presto e che è improbabile che il monastero della Lavra rimanga a loro. Questo fattore è l’illusione del sostegno alla «Chiesa ortodossa dell’Ucraina» da parte delle autorità.
Va ricordato che il periodo in cui i bolscevichi sostennero gli interessi dei rinnovazionisti è stato molto breve, solo circa 9 anni. Non appena il governo sovietico si rese conto che poteva costruire il suo stato senza i «popi», cambiò immediatamente la sua politica nei confronti degli scismatici.
I complici del regime sovietico del giorno prima furono fucilati, mandati in prigione e costretti a rinunciare agli ordini sacri. Certo, non con la stessa intensità, ma furono comunque repressi. Il criterio con cui una persona era identificata come nemica era il solo fatto che indossasse una tonaca. Pertanto, tutti coloro che avevano qualche legame con la religione furono presi di mira dai senza Dio.
E se capiamo che le autorità di oggi sono gli stessi comunisti di ieri, non è difficile capire che per loro le parole «Chiesa», «sacerdote» e «Ortodossia» sono parole offensive. Ci sono molte prove. Ricordate l’episodio dello show «Quartiere 95» [Kvartal 95, trasmissione comica televisiva che rese famoso Zelens’kyj, trasmessa nel canale TV dell’oligarca Kolomojskij, ndr]? Pertanto, molto presto inizieranno a combattere contro l’Ortodossia come fenomeno a sé, non solo da un punto di vista di «opportunità politica».
Tuttavia, alla fine, perderanno comunque. La Chiesa è infatti colonna e fondamento della verità, e i suoi persecutori scompaiono in disgrazia dall’arena della storia.
Tuttavia, come ha giustamente affermato Mitrokhin, «quelli che pensavano che la Chiesa potesse essere chiusa a chiave, derubata e trasformata in un museo, e che questo potesse essere pubblicizzato sui giornali come una decisione del popolo, non hanno imparato nulla dalla storia. Soprattutto se la storia non la conoscono».
Konstantin Shemljuk
Immagine screenshot da YouTube
Spirito
Il Vaticano rifiuta di formulare un «giudizio definitivo» sulle donne diacono
Una commissione vaticana ha negato la possibilità di un «diaconato femminile» sacramentale, ma senza esprimere un «giudizio definitivo».
A dicembre, il Vaticano ha pubblicato il rapporto della Commissione Petrocchi, presieduta dal cardinale Giuseppe Petrocchi, che ha escluso l’ammissione delle donne al diaconato come grado sacramentale degli Ordini sacri, ma ha suggerito che potrebbe essere possibile una forma di «diaconato femminile».
«Lo status quaestionis intorno alla ricerca storica e all’indagine teologica, considerati nelle loro mutue implicazioni, esclude la possibilità di procedere nella direzione dell’ammissione delle donne al diaconato inteso come grado del sacramento dell’ordine», ha affermato la commissione. «Alla luce della Sacra Scrittura, della Tradizione e del Magistero ecclesiastico, questa valutazione è forte, sebbene essa non permetta ad oggi di formulare un giudizio definitivo, come nel caso dell’ordinazione sacerdotale».
La commissione è stata istituita nel 2021 da papa Francesco per esaminare la possibilità che le donne vengano ordinate diacono. Il rapporto finale di sette pagine della commissione è stato presentato il 18 settembre a Papa Leone XIV ed è stato ora pubblicato pubblicamente dal Vaticano.
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All’interno della commissione, alcuni sostenevano che impedire alle donne di essere ordinate diaconesse minasse la «l’uguale dignità di entrambi i generi, basata su questo dato biblico» e la dichiarazione per cui «non c’è più giudeo e greco, schiavo e libero, maschio e femmina, perché tutti voi siete “uno” in Cristo Gesù (Galati 3,28)».
Questo gruppo ha espresso la speranza che le donne possano diventare diaconesse, poiché sosteneva che l’ordinazione di un diacono è per il ministero e non per il sacerdozio.
Tuttavia, secondo il Catechismo della Chiesa Cattolica , il diaconato è uno dei tre gradi dell’Ordine Sacro, non solo un ministero o una funzione.
Alcuni membri della commissione lo hanno sottolineato e hanno insistito «sull’unità del sacramento dell’Ordine, insieme al significato nuziale dei tre gradi che lo costituiscono». Questo gruppo ha respinto l’ipotesi di un «diaconato femminile», osservando «se fosse approvata l’ammissione delle donne al primo grado dell’ordine risulterebbe inspiegabile la esclusione dagli altri».
Il gruppo ortodosso ha inoltre sottolineato che «La mascolinità di Cristo, e quindi la mascolinità di coloro che ricevono l’ordine, non è accidentale, ma è parte integrante dell’identità sacramentale, preservando l’ordine divino della salvezza in Cristo. Alterare questa realtà non sarebbe un semplice aggiustamento del ministero ma una rottura del significato nuziale della salvezza».
Questa tesi è stata votata dalla commissione ma non è stata approvata poiché ha ricevuto cinque voti a favore e cinque contrari. Allo stesso tempo, mentre la commissione si è pronunciata contro l’ordinazione delle donne come diaconi, i membri hanno votato 9 a 1 a favore dell’ampliamento del ruolo delle donne nella Chiesa.
La Commissione ha espresso l’auspicio che venga ampliato «l’accesso delle donne ai ministeri istituiti per il servizio della comunità (…) assicurando così anche un adeguato riconoscimento ecclesiale alla diaconia dei battezzati, in particolare delle donne. Questo riconoscimento risulterà un segno profetico specie laddove le donne patiscono ancora situazioni di discriminazione di genere».
In conclusione, la Commissione Petrocchi ha chiesto di proseguire l’esame del ruolo del diaconato «sull’identità sacramentale e sulla sua missione ecclesiale, chiarendo alcuni aspetti strutturali e pastorali che attualmente non risultano interamente definiti».
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Come riportato da Renovatio 21, cinque mesi fa si notò l’insistenza del cardinale progressista Gualtiero Kasper che arrivò a definire le diaconesse come «utili dal punto di vista pastorale». Contestualmente era emersa la sollecitudine del vescovo tedesco Franz-Josef Overbeck ha chiesto una «nuova risposta» per il ruolo delle donne nella Chiesa, aggiungendo di aver incaricato le donne nella sua diocesi di «predicare» e fornire «guida» ai fedeli come un modo per affrontare le lotte per adempiere ai doveri dei sacerdoti. L’anno passato il prefetto per il Dicastero della Dottrina della Fede Victor Manuel «Tucho» Fernandez dichiarò che, nonostante l’opposizione esplicitata da lui stesso, la questione delle diaconesse non era chiusa.
Nel frattempo, gli insegnamenti della Chiesa cattolica riservano la vocazione al sacerdozio agli «uomini battezzati». Il Catechismo della Chiesa Cattolica (1577) spiega:
«Riceve validamente la sacra ordinazione esclusivamente il battezzato di sesso maschile [“vir“]. Il Signore Gesù ha scelto uomini [“viri“] per formare il collegio dei dodici Apostoli, e gli Apostoli hanno fatto lo stesso quando hanno scelto i collaboratori che sarebbero loro succeduti nel ministero. Il collegio dei Vescovi, con i quali i presbiteri sono uniti nel sacerdozio, rende presente e attualizza fino al ritorno di Cristo il collegio dei Dodici. La Chiesa si riconosce vincolata da questa scelta fatta dal Signore stesso. Per questo motivo l’ordinazione delle donne non è possibile».
Renovatio 21 ribadisce la sua analisi secondo cui che l’attuale via scelta dal Vaticano per scardinare gerarchia cattolica – e sessualità naturale – non passa per il sacerdozio femminile (reso sempre più improbabile anche da episodi come quello delle recenti «ordinazioni» di donne sul Tevere), ma attraverso l’accettazione del transessualismo.
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Immagine di Chiesadilaquila via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 4.0 International; immagine tagliata
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Papa Leone XIV inaugura il suo magistero aereo
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Mons. Viganò: «chi non riconosce Maria Santissima come Regina e Signora, non riconosce Gesù Cristo come Re»
Renovatio 21 pubblica questo testo dell’arcivescovo Carlo Maria Viganò apparso su X.
Salve, Regina. Con queste parole inizia una delle preghiere più dense di dottrina e di spiritualità, e allo stesso tempo più care al popolo cristiano. È il saluto semplice, composto, reverente, di una schiera infinita di anime che da ogni parte del mondo – e dalle pene purificatrici del Purgatorio – si leva alla Augusta Vergine Madre, Nostra Signora, che onoriamo quale Regina in virtù della Sua divina Maternità, dei meriti della Corredenzione e degli specialissimi privilegi di cui, in vista dell’Incarnazione, Ella è stata insignita dalla Santissima Trinità.
Salve, Regina. Con queste parole inizia una delle preghiere più dense di dottrina e di spiritualità, e allo stesso tempo più care al popolo cristiano. È il saluto semplice, composto, reverente, di una schiera infinita di anime che da ogni parte del mondo – e dalle pene… pic.twitter.com/2fH1Ro36Oq
— Arcivescovo Carlo Maria Viganò (@CarloMVigano) December 1, 2025
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A quelle voci si uniscono quelle delle Gerarchie angeliche e dei Santi, che dalla loro dimora di gloria celebrano Colei che, sopra tutte le creature, è stata scelta per essere il Tabernacolo dell’Altissimo, l’Arca dell’Eterna Alleanza in cui è custodita la pienezza della Legge, il Pane della Vita, lo scettro del nuovo Aronne, l’olio dell’Unzione regale e sacerdotale.
Maria Santissima è anche Regina Crucis: la Sua Regalità, sul modello della Signoria di Cristo, è stata conquistata nella co-Passione e coronata nella Corredenzione, perché non vi può essere la gloria della vittoria senza prima salire il Calvario
Chi non riconosce Maria Santissima come Regina e Signora, non riconosce Gesù Cristo come Re, né può sperare di aver parte al banchetto del Sovrano chi non onora Sua Madre.
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Immagine: vetrata raffigurante l’Annunciazione originariamente installata nella Cattedrale di Santa Vibiana, Los Angeles, California, USA; ora si trova nel Mausoleo della Cattedrale di Nostra Signora degli Angeli, Los Angeles.
Immagine di via Flickr pubblicata su licenza CC BY-NC-ND 2.0
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