Geopolitica
Modi concede all’esercito indiano «piena libertà operativa» per vendicarsi del Pakistan
Il primo ministro indiano Narendra Modi ha convocato una riunione di alto livello sulla sicurezza il 29 aprile per discutere la risposta dell’India all’attacco terroristico del 22 aprile a Pahalgam, in Kashmir, in cui hanno perso la vita 26 turisti indiani.
Secondo l’agenzia di stampa PTI, Modi ha dichiarato: «Le forze armate hanno piena libertà operativa nella scelta dei mezzi, degli obiettivi e delle date delle misure di ritorsione dell’India… La nostra determinazione nazionale è quella di infliggere un duro colpo al terrorismo».
L’agenzia di stato russa TASS ha riferito che all’incontro hanno partecipato il ministro della Difesa indiano Rajnath Singh, il Consigliere per la Sicurezza Nazionale Ajit Doval e il capo di Stato Maggiore della Difesa, Generale Anil Chauhan.
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Modi ha anche tenuto un discorso intenso durante una manifestazione in Bihar: «dico al mondo intero che l’India identificherà, rintraccerà e punirà ogni terrorista e i suoi sostenitori. Li inseguiremo fino ai confini del mondo», ha affermato. «Sarà fatto ogni sforzo per garantire che giustizia sia fatta».
Martedì 29 aprile, l’India ha lanciato quattro operazioni antiterrorismo in diverse località dello stato del Jammu e Kashmir. Due operazioni erano già in corso, ma sono state ampliate, e altre due sono state aggiunte.
Da parte pakistana, il ministro dell’Informazione Attaullah Tarar aveva scritto su X martedì sera che «il Pakistan dispone di informazioni attendibili secondo cui l’India intende lanciare un attacco militare entro le prossime 24-36 ore, usando l’incidente di Pahalgam come falso pretesto… Qualsiasi atto di aggressione incontrerà una risposta decisa. L’India sarà pienamente responsabile di qualsiasi grave conseguenza nella regione».
La sospensione del Trattato sulle acque dell’Indo da parte dell’India continua a allarmare particolarmente il Pakistan. Il senatore pakistano Sehar Kamran ha dichiarato all’agenzia di stampa russa RIA Novosti: «dato che entrambi i Paesi sono rivali dotati di armi nucleari, la posta in gioco è estremamente alta. Un conflitto per l’acqua potrebbe degenerare in una guerra nucleare, dato che il Pakistan considera l’acqua un “interesse nazionale vitale” e l’India la usa strategicamente come leva»
«Questo sarà senza dubbio considerato una violazione del diritto internazionale e potrebbe provocare una forte reazione da parte del Pakistan, poiché è in gioco la sopravvivenza del Paese… Qualsiasi interruzione del regime idrico avrà conseguenze disastrose… [e] minaccia la stabilità e la pace regionale» e potrebbe provocare errori di calcolo o inasprire le ostilità esistenti, ha affermato Kamran, chiedendo un dialogo immediato.
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Alcuni toni retorici sono ancora più estremi. L’ex ministro degli Esteri pakistano Bilawal Bhutto-Zardari ha dichiarato: «l’Indo è nostro e rimarrà nostro. O la nostra acqua scorrerà attraverso di esso, o il loro sangue lo farà».
L’analista indiano M.K. Bhadrakumar ha adottato un tono più cauto nel suo blog Indian Punchline, intitolato «L’India dovrebbe procedere con cautela sul campo di battaglia», suggerendo che l’attribuzione di ogni responsabilità da parte di Modi ai militari potrebbe servire a moderare la spinta bellica, dato che ora sarebbero loro a dover rispondere delle conseguenze.
«In altre parole, chiunque rompa la porcellana sarà anche obbligato a ripararla», ha scritto Bhadrakumar. Ha anche osservato che, «in poche parole, nessun Paese, compresi la nostra amica “collaudata” Russia o il cosiddetto Sud del mondo, comprende i sentimenti espressi in India a favore di un’azione militare contro il Pakistan», e che anche il presidente degli Stati Uniti Trump si era espresso contro l’escalation militare.
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Immagine di pubblico dominio CC0 via Wikimedia
Geopolitica
Orban: il piano dell’UE per rubare i beni russi costituisce una «dichiarazione di guerra»
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Geopolitica
Trump annuncia attacchi terrestri in Venezuela «presto»
Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha dichiarato che gli USA potrebbero avviare «molto presto» operazioni terrestri contro presunte reti di narcotraffico collegate al Venezuela, dopo aver quasi completamente interrotto i flussi di stupefacenti via mare. Caracas ha respinto con forza ogni accusa di legami con i cartelli della droga.
Parlando venerdì con i giornalisti alla Casa Bianca, Trump ha annunciato che il traffico di droga marittimo legato al Venezuela è calato del 92%, sostenendo che le forze americane stanno «eliminando la droga a livelli mai visti prima». «Abbiamo bloccato il 96% degli stupefacenti che arrivavano via mare», ha precisato, per poi aggiungere: «Presto le operazioni inizieranno anche sulla terraferma».
Il presidente statunitense non ha tuttavia fornito indicazioni su eventuali obiettivi o sull’estensione di tali azioni.
Da settembre le forze USA hanno intensificato sensibilmente la presenza militare nei Caraibi e nel Pacifico orientale, conducendo oltre 20 interventi contro imbarcazioni sospette di traffico di droga e causando la morte di decine di persone. Trump ha affermato che queste operazioni hanno salvato decine di migliaia di vite americane, impedendo l’ingresso di narcotici nel Paese.
Il presidente venezuelano Nicolas Maduro ha sempre rigettato le accuse di Trump su presunti rapporti tra Caracas e i narcocartelli, sostenendo che Washington utilizzi la campagna antidroga come pretesto per destabilizzare e rovesciare il suo governo.
Come riportato da Renovatio 21, Maduro, che avrebbe offerto ampie concessioni economiche agli USA per restare al potere, sarebbe stato oggetto di un tentativo di rapimento tramite il suo pilota personale.
Il Venezuela ha stigmatizzato il rinforzo militare come violazione della sovranità e tentativo di golpe. Il governo venezuelano starebbe cercando appoggio da Russia, Cina e Iran. Mosca ha di recente riaffermato la sua alleanza con Caracas, esprimendo pieno sostegno alla leadership del Paese nella difesa della propria integrità. Mosca ha accusato il mese scorso Washington di preparare il golpe in Venezuela.
Questa settimana le autorità statunitensi hanno sequestrato anche la petroliera Skipper al largo delle coste venezuelane, una nave cargo che secondo gli USA trasportava petrolio dal Venezuela e dall’Iran. Le autorità di Caracas hanno condannato l’operazione definendola «furto manifesto» e «pirateria navale criminale».
Come riportato da Renovatio 21, nel frattempo, la Russia – da tempo alleata stretta del Venezuela – ha rinnovato pubblicamente il suo sostegno a Maduro. Secondo il Cremlino, il presidente Vladimir Putin «ha espresso solidarietà al popolo venezuelano e ha ribadito il proprio appoggio alla ferma determinazione del governo Maduro nel difendere la sovranità nazionale e gli interessi del Paese dalle ingerenze esterne». I due leader hanno inoltre confermato l’impegno a dare piena attuazione al trattato di partenariato strategico siglato a maggio.
Trump nelle scorse settimane ha ammesso di aver autorizzato le operazioni CIA in Venezuela. Di piani CIA per uccidere il presidente venezuelano il ministro degli Interni del Paese aveva parlato lo scorso anno.
Come riportato da Renovatio 21, Maduro aveva denunciato l’anno scorso la presenza di mercenari americani e ucraini in Venezuela. «Gli UA finanziano Sodoma e Gomorra» aveva detto.
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Immagine di pubblico dominio CC0 via Flickr
Geopolitica
La Slovacchia «non sosterrà nulla» che contribuisca a prolungare il conflitto in Ucraina
Today I held an almost hour-long phone conversation with the President of the European Council, A. Costa. I fully respect him, but while he spoke about money for the war in Ukraine, I kept repeating the senseless daily killing of hundreds to thousands of Russians and Ukrainians.… pic.twitter.com/0f9JiitWjG
— Robert Fico 🇸🇰 (@RobertFicoSVK) December 12, 2025
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