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Geopolitica

Missili ucraini su Donetsk: il numero di soldati russi «morti e feriti è di molte centinaia»

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L’Ucraina ha bombardato l’area di Makivka, vicino Donetsk, con sei razzi HIMARS, provocando una strage di soldati della Federazione russa. I sistemi di difesa aerea russi sono riusciti ad abbattere due dei missili.

 

«A seguito del bombardamento dell’unità di schieramento temporaneo da parte di quattro missili con testate altamente esplosive, 63 militari russi sono stati uccisi. Tutta l’assistenza e il supporto necessari saranno forniti alle famiglie e ai parenti del personale militare deceduto» dichiara in un comunicato il Ministero della Difesa russo.

 

Si tratterebbe del colpo più drammatico subito da Mosca nel corso dell’operazione militare speciale. Si tratta di una delle poche volte in cui le forze russe danno conferma delle vittime tra le file dei propri soldati.

 

Sebbene sia stato rivelato solo per la prima volta lunedì, l’attacco sarebbe avvenuto poco dopo la mezzanotte di domenica, il giorno di Capodanno. Alcune fonti russe suggeriscono che un deposito di munizioni fosse accanto alla struttura presa di mira, il che probabilmente ha provocato un’esplosione più mortale e più estesa.

 

L’Ucraina nel frattempo afferma che il numero reale tra i morti russi è molto più alto, con l’esercito del regime di Kiev che afferma che circa 400 sono stati uccisi e altri 300 feriti, anche se Kiev non si è assunta direttamente la responsabilità subito dopo.

 

I media occidentali non sono stati in grado di verificare il numero di morti. Tuttavia, Igor Girkin, un ex ufficiale del servizio di sicurezza federale che ha aiutato la Russia ad annettere la penisola di Crimea nel Mar Nero nel 2014 e poi a organizzare forze separatiste filo-russe nell’est dell’Ucraina, avrebbe detto che «il numero di morti e feriti è di molte centinaia».

 

Il blog militare russo Rybar ha affermato che c’erano circa 600 persone nell’edificio e che le munizioni erano state immagazzinate nella stessa struttura.

 

 

È interessante notare che il ministero della Difesa ucraino lo stesso giorno dell’attacco ha pubblicato filmati di quello che sembra essere il sistema HIIMARS che lancia un attacco nell’oscurità.

 

«Sorpresa!» dice la didascalia.

 

 

È ora incandescente il dibattito sulla possibile partecipazione all’attacco da parte degli USA.

 

Come riportato da Renovatio 21,  la fornitura di HIMARS da parte di Washington è stata spudorata. Due mesi fa funzionari di Kherson hanno dichiarato che la diga idroelettrica di Kakhovskaja nella regione era stata bombardata con i missili americani.

 

Come scrive Zerohedge, al momento non ci sono conferme o prove evidenti che gli HIMARS forniti dagli Stati Uniti siano stati effettivamente utilizzati, come sostengono i russi. Tuttavia il fatto che la struttura colpita si trovasse significativamente dietro le linee del fronte potrebbe indicare che è stata utilizzata un’arma a più lungo raggio, come quella fornita dalle potenze occidentali.

 

L’amministrazione Biden sta in questi giorni finalizzando i piani per inviare batterie di missili Patriot in Ucraina. mentre la settimana scorsa l’ex generale della NATO Breedlove in un’intervista ha premuto affinché l’Ucraina sia in grado di colpire in profondità la Russia, cosa che si è realizzata con gli attacchi a base di droni sulla base aerea di Engels.

 

Tuttavia, analizzando la storia recentissima, vediamo l’emergere di un possibile pattern: all’indomani dell’attentato al ponte di Crimea di cui si vantò Kiev, la risposta russa fu una fitta pioggia di missili di precisione sulle infrastrutture in ogni regione ucraina. Fu l’innesco della fase 2 dell’operazione militare speciale di Mosca, con un uso martellante di missili e droni esplosivi che non ancora si è arrestato. «Per i nemici della Russia il buongiorno non inizia con il caffè» disse il generale Surovikin, appena promosso ai vertici dell’operazione.

 

Ora, quindi, ci chiediamo: quale sarà, domani, la reazione di Mosca?

 

Vedremo finalmente lanci di paracadutisti?

 

Vedremo quei 65 chilometri di carrarmati in fila che calano dal Nord su Kiev?

 

Vedremo la mobilisatsija prendere Kharkov? Vedremo un’operazione su Odessa?

 

Un fulmineo decapitation strike, come lo chiamano gli americani, su Kiev?

 

Tutte queste cose insieme?

 

Non ne abbiamo idea. Ma siamo certi che la risposta russa, come ad ottobre, non si farà attendere.

 

 

 

 

 

 

Immagine di U.S. Army via Wikimedia pubblicato su licenza Creative Commons Attribution 2.0 Generic (CC BY 2.0)

 

 

 

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Geopolitica

Trump: Zelens’kyj deve essere «realista»

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Il presidente statunitense Donald Trump ha dichiarato che Volodymyr Zelens’kyj deve fare i conti con la realtà del conflitto contro la Russia e con l’urgenza di indire nuove elezioni.

 

Il mandato presidenziale quinquennale di Zelens’kyj è scaduto a maggio 2024, ma il leader ucraino ha sempre escluso il voto per via della legge marziale in vigore. Vladimir Putin ha più volte sostenuto che lo Zelens’kyj non può più essere considerato un interlocutore legittimo e che la sua posizione renderebbe giuridicamente problematico qualsiasi accordo di pace.

 

Mercoledì Trump ha affrontato la questione Ucraina in una telefonata con i leader di Regno Unito, Francia e Germania. «Ne abbiamo parlato in termini piuttosto netti, ora aspettiamo di vedere le loro risposte», ha riferito ai giornalisti alla Casa Bianca.

 

«Penso che Zelens’kyj debba essere realista. Mi domando quanto tempo passerà ancora prima che si tengano le elezioni. Dopotutto è una democrazia… Sono anni che non si vota», ha aggiunto Trump, sottolineando che l’Ucraina sta «perdendo moltissima gente».

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Il presidente americano ha poi sostenuto che l’opinione pubblica ucraina sia largamente favorevole a un’intesa con Mosca: «Se guardiamo i sondaggi, l’82 % degli ucraini vuole un accordo – è uscito proprio un sondaggio con questa cifra».

 

Trump ha insistito sulla necessità di chiudere rapidamente il conflitto: «Non possiamo permetterci di perdere altro tempo».

 

Secondo Axios e RBC-Ucraina, Kiev ha trasmesso agli Stati Uniti la sua ultima proposta di pace. Zelens’kyj , che fino a ieri escludeva elezioni in tempo di legge marziale, ha dichiarato mercoledì di essere disposto a indire il voto, a patto però che Stati Uniti e alleati europei forniscano solide garanzie di sicurezza.

 

Il consenso verso Zelens’kyj è precipitato al 20 % dopo uno scandalo di corruzione nel settore energetico che ha travolto suoi stretti collaboratori e provocato le dimissioni di diversi alti funzionari. Trump ha più volte invitato il leader ucraino a tornare alle urne, ribadendo che la corruzione endemica resta uno dei problemi più gravi del paese.

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Immagine di pubblico dominio CC0 via Flickr

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Geopolitica

Gli Stati Uniti sequestrano una petroliera al largo delle coste del Venezuela

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Il procuratore generale statunitense Pam Bondi ha annunciato il sequestro di una petroliera sospettata di trasportare greggio proveniente dal Venezuela e dall’Iran.   L’operazione, condotta al largo delle coste venezuelane, si inserisce in un’escalation delle attività militari americane nella regione, unitamente a raid contro quelle che Washington qualifica come imbarcazioni legate ai cartelli della droga.   «Oggi, l’FBI, la Homeland Security Investigations e la Guardia costiera degli Stati Uniti, con il supporto del Dipartimento della Difesa, hanno eseguito un mandato di sequestro per una petroliera utilizzata per trasportare petrolio greggio proveniente dal Venezuela e dall’Iran», ha scritto Bondi su X mercoledì.   Ha precisato che la nave era stata sanzionata «a causa del suo coinvolgimento in una rete di trasporto illecito di petrolio a sostegno di organizzazioni terroristiche straniere».   Nel video diffuso da Bondi si vedono agenti delle forze dell’ordine, pesantemente armati, calarsi dall’elicottero sulla tolda della nave. Secondo il portale di tracciamento MarineTraffic e vari media, l’imbarcazione è stata identificata come «The Skipper», che batteva bandiera della Guyana. Fonti come ABC News riportano che la petroliera, con una capacità fino a 2 milioni di barili di greggio, era diretta a Cuba.  

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Gli Stati Uniti avevano sanzionato la The Skipper già nel 2022, accusandola di aver contrabbandato petrolio a beneficio del Corpo delle Guardie della Rivoluzione Islamica iraniana e del gruppo militante libanese Hezbollah.   Un gruppo di parlamentari statunitensi ha di recente sollecitato un’inchiesta sugli attacchi condotti su oltre 20 imbarcazioni da settembre, ipotizzando che possano configurare crimini di guerra.   Il senatore democratico Chris Coons, intervistato martedì su MSNBC, ha accusato Trump di «trascinarci come sonnambuli verso una guerra con il Venezuela». Ha argomentato che l’obiettivo reale del presidente sia l’accesso alle risorse petrolifere e minerarie del paese sudamericano.   Il presidente venezuelano Nicolas Maduro ha rigettato le affermazioni di Trump sul presunto ruolo del suo governo nel narcotraffico, ammonendo Washington contro l’avvio di «una guerra folle».   Il Venezuela ha denunciato gli Stati Uniti per pirateria di Stato dopo che la Guardia costiera americana, coadiuvata da altre forze federali, ha abbordato e sequestrato una petroliera sanzionata nel Mar dei Caraibi.   Caracas ha reagito con durezza, definendo l’intervento «un furto manifesto e un atto di pirateria internazionale» finalizzato a sottrarre le risorse energetiche del Paese.   «L’obiettivo di Washington è sempre stato quello di mettere le mani sul nostro petrolio, nell’ambito di un piano deliberato di saccheggio delle nostre ricchezze», ha dichiarato il ministro degli Esteri Yvan Gil.   Il governo venezuelano ha condannato gli «arroganti abusi imperiali» degli Stati Uniti e ha giurato di difendere «con assoluta determinazione la sovranità, le risorse naturali e la dignità nazionale».   Da anni Caracas considera le sanzioni americane illegittime e contrarie al diritto internazionale. Il presidente Nicolas Maduro le ha definite parte del tentativo di Donald Trump di rovesciarlo e ha respinto come infondate le accuse di legami con i narcos, avvertendo che qualsiasi escalation militare condurrebbe a «una guerra folle».  

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Immagine screenshot da Twitter

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Geopolitica

Putin: la Russia raggiungerà tutti i suoi obiettivi nel conflitto ucraino

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La Russia porterà a compimento tutti gli obiettivi dell’operazione militare speciale in Ucraina, ha dichiarato il presidente Vladimir Putin.

 

Tra gli scopi principali enunciati da Putin nel 2022 vi sono la protezione degli abitanti delle Repubbliche popolari di Donetsk e Lugansk dall’aggressione delle forze di Kiev, nonché la smilitarizzazione e la denazificazione dell’Ucraina.

 

«Naturalmente porteremo a termine questa operazione fino alla sua logica conclusione, fino al raggiungimento di tutti gli obiettivi dell’operazione militare speciale», ha affermato Putin in videocollegamento durante la riunione del Consiglio presidenziale per i diritti umani di martedì.

 

Il presidente russo quindi ricordato che il conflitto è scoppiato quando l’esercito ucraino è stato inviato nel Donbass, regione storicamente russa che nel 2014 aveva respinto il colpo di Stato di Maidan sostenuto dall’Occidente. Questo, secondo il presidente, ha reso inevitabile l’intervento delle forze armate russe per porre fine alle ostilità.

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«Si tratta delle persone. Persone che non hanno accettato il colpo di Stato in Ucraina nel 2014 e contro le quali è stata scatenata una guerra: con artiglieria, armi pesanti, carri armati e aviazione. È lì che è iniziata la guerra. Noi stiamo cercando di mettervi fine e siamo costretti a farlo con le armi in pugno».

 

Putin ha ribadito che per otto anni la Russia ha cercato di risolvere la crisi per via diplomatica e «ha firmato gli accordi di Minsk nella speranza di una soluzione pacifica». Tuttavia, ha aggiunto la settimana scorsa in un’intervista a India Today, «i leader occidentali hanno poi ammesso apertamente di non aver mai avuto intenzione di rispettarli», avendoli sottoscritti unicamente per guadagnare tempo e permettere all’Ucraina di riarmarsi.

 

Mosca ha accolto positivamente il nuovo slancio diplomatico impresso dal presidente statunitense Donald Trump, che ha proposto il suo piano di pace in 28 punti come base per un’intesa.

 

Lunedì Trump ha pubblicamente invitato Volodymyr Zelens’kyj ad accettare le proposte di pace, lasciando intendere che il leader ucraino non abbia nemmeno preso in esame l’ultima offerta americana.

 

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Immagine di President of Russia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 4.0 International (CC BY 4.0) 

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