Salute
Miocardite sportiva globale. Quando sarà abbastanza?
Gli Stati Uniti sono ancora scioccati per Damar Hamlin. Con il caso del 24enne giocatore di football dei Buffalo Bills qualcosa sembra essersi rotto per sempre.
Il 2 gennaio 2023 Hamlin è collassato in campo nella partita del lunedì sera contro i Cincinnati Bengals. I giornali ora stanno ripetendo – per dei motivi che diremo più avanti – che il ragazzo è crollato dopo un placcaggio.
Se guardate le drammatiche immagini potete vedere che non è esattamente così. Hamlin si rialza e poi cade al suolo. Non c’entrano le botte ricevute dagli avversari.
Damar Hamlin fell exactly like others who have #DiedSuddenly
The NFL should be sued for their pressure campaign to force the ???? pic.twitter.com/JDdPCOhjrJ
— Adam Thompson (@IamAdamThompson) January 3, 2023
Secondo la squadra, Damar era andato in arresto cardiaco. Soccorso nel giro di pochi secondi, gli è stata praticata rianimazione cardiopolmonare e colpi di defibrillazione per dieci minuti, mentre è steso sul campo di gioco davanti a decine di migliaia di persone che guardano attonite.
Si è percepito quasi subito che qualcosa si era rotto. I commentatori della telecronaca, senza dire di più, hanno parlato di «uncharted waters», acque sconosciute. Non era mai successo nella storia del football americano che un atleta crollasse in campo in quel mondo. No, non così. Un ragazzo ventenne, al massimo della sua forma fisica, che ha un infarto? No, mai visto.
La NFL è troppo importante, troppo esposta, per ignorare questa cosa. Anche perché rappresenta qualcosa di unico per gli USA: uno sport interamente americano, meno noioso del baseball, e soprattutto un mondo che prende i ragazzi più forti e determinati fin da quando sono a liceo e insegna loro spirito di squadra e disciplina. Vedere Damar Hamlin collassare su un campo di Football è quindi come vedere uno dei pezzi migliori del Paese (per dedizione, per fedeltà, per persistenza) andare perduto. È il collasso di una Nazione. È un colpo al cuore agli USA, una miocardite del futuro collettivo.
Dopo pochi minuti Twitter era già impazzito. Essendo che la NFL, cioè la federazione del football americano, aveva messo l’obbligo vaccinale, capite bene cosa ha cominciato a pensare, e scrivere la gente.
Anche i giornalisti, tuttavia, stavolta hanno cominciato ad osare. Tucker Carlson, ovviamente – che è arrivato a portare in trasmissione il dottor Peter McCullough, il quale ha detto che a questo punto è dovere della squadra e pure della famiglia dare delle spiegazioni. Ma anche mezzibusti vaccinati, come la bella Megyn Kelly, che a questo punto slatentizza tutti i suoi dubbi sulle siringhe mRNA. E ancora, commentatori sportivi, più o meno sottovoce, a cominciare a dirlo, come era successo per certi esperti di calcio: è stato… il vaccino?
Molti di noi di dubbi non ne hanno. Perché abbiamo già visto tutto con il calcio.
????????????????????????????????#plandemic #NoCovidPassports #nogreenpaas #NoCovidID pic.twitter.com/5KGkqjAoby
— Theodosius 402 (@TheodosiusTG) December 13, 2021
Abbiamo visto il numero «insolito» diciamo così, di giocatori crollati allo stadio.
Abbiamo visto l’anno con il più alto numeri di morti sul campo.
Abbiamo visto i primi casi di campioni giovanissimi con queste improvvise miocarditi, con i medici di squadra alle prese con la curiosità di certi giornalisti.
Abbiamo visto i compagni di squadra piangere come bambini.
Algerian football player Sofiane Lokar dies of heart attack during match https://t.co/ZzL8d2f58Y #Algeria pic.twitter.com/nPhAnoPwju
— Gulf Today (@gulftoday) December 25, 2021
Abbiamo, ad un certo punto, perfino scherzato sul fenomeno.
Abbiamo teorizzato, ad un certo punto, che le squadre avrebbero cominciato a mentire sulle vaccinazioni ai giocatori: perché essi sono, innanzitutto, investimenti.
Di fatto, è andata così. Ricordate gli ultimi Europei? Si aprirono con un calciatore danese, Christian Eriksen, che si accascia al suolo in campo. Ricordate gli ultimi campionati, le coppe, etc.? Casi di campioni con la mano sul cuore, e non per l’inno, ne abbiam veduti a go-go.
Unfortunately I think this is what just happened to the Bengals player who just collapsed in the Bengals v Bills game. This happened to Christian Eriksen at the 2020 Euros. pic.twitter.com/3PMbvVfJAp
— JBush (@Jamalbvariant) January 3, 2023
Un anno dopo, miracolosamente, ai mondiali corrotti e maledetti del Qatar non un giocatore ha malori: iniziano, tuttavia, ad averli i giornalisti sportivi, categoria che, a differenze di allenatori e direttori sportivi, non hanno ancora cominciato a capire cosa sta succedendo (anzi, i loro colleghi di redazione sono di fatto pagati per non capirlo, e non farlo capire). Eccovi tre giornalisti morti, uno dopo l’altro: una strage, mai testimoniato una cosa del genere ad un mondiale, non sono reporter di guerra in Medio Oriente, sono tranquilli scrittori di calcio…
Per il ciclismo, abbiamo cominciato a vedere cose simili, specie fra i dilettanti, dove magari i direttori sportivi non sono così saggi – anche se le voci circolano. Per le maratone pure. In realtà, un po’ tutti gli sport. Basket. Cricket. Tennis. Hockey. Mountain Bike. Di mezzo, certo, ci sono finiti dei campioni. Storie tragiche, queste improvvise miocarditi. Carriere distrutte. Esistenze spezzate definitivamente.
Il problema è che questa storia continua, e nell’intero universo sportivo.
Ieri a Las Vegas è morta una 16enne che giocava anche lei a Football. Sedici anni.
Tre giorni fa è mancata una stella nascente delle arti marziali miste (MME), Victoria Lee. 18 anni. Diciotto.
E via così. Sono solo gli ultimi giorni. È incredibile.
La domanda è quanto sarà abbastanza prima che qualcuno alzi la testa e faccia finire questa ecatombe. Quando gli dèi di questo nuovo sacrificio umano saranno sazi?
Difficile dirlo, perché la sete di sangue dei demoni non ha fine. Tuttavia, abbiamo realizzato che parliamo proprio di questo: di un sacrificio umano.
Non uso le parole a caso – e sapete come questo concetto sia centrale nel discorso di Renovatio 21. Bisogna ricordare anni fa, negli USA cominciò una campagna mediatica martellante contro il Football americano. Il tema erano le concussions, il trauma cranico che, per quanto ricoperti di elmi ed armature imbottite, subiscono gli atleti di questo sport. Il New York Times cominciò a scrivere che quello a cui assistevamo, andando a vedere il football negli stadi, era un «sacrificio umano».
Ebeti, imbecilli giornalisti. Il sacrificio umano, quello vero, globale, quello spinto da forze oscure, lo hanno provocato proprio loro, i giornalisti, spingendo la menzogna che sta uccidendo questa quantità sempre più imbarazzante di giovani sportivi. E mica solo loro. Ne parliamo perché crollano davanti a tutti – perché sono la parte visibile, appunto, la punta dell’iceberg. Sotto c’è la quantità ancora maggiore di malori che colpiscono tutti, dai ragazzi agli anziani, il grande massacro che sta sballando le statistiche mondiali delle morti (cosa che i padroni del vapore stanno facendo fatica ad aggiustare…). È il trionfo del calamaro della morte. È la Rapture mRNA di cui vi abbiamo scritto.
Ma torniamo in quello stadio.
Il proseguo di quanto accaduto al giovane Hamlin non è stato meno importante. Mentre rianimavano il ragazzo, entrambe le squadre, panchinari e personale vario incluso, si sono ammassati al lato del campo, in ginocchio. A pregare.
Proprio così: preghiere. Non le mani in testa, o le camminate di disperazione che fanno gli atleti stravolti quando perdono una finale. Qui, invece, abbiamo visto l’unione – perfino con gli avversari. L’unione per fare qualcosa che non sia solo disperarsi – rispondere nel modo più rapido e sincronico possibile, più moralmente giusto: la preghiera collettiva.
Bisogna avere il cuore di pietra per non essere commossi da questo momento.
The Jaguars and Titans gather together in a moment of prayer for Damar Hamlin before the game. pic.twitter.com/iHJy6bOQBr
— Citizen Free Press (@CitizenFreePres) January 8, 2023
Prayers For Damar Hamlin ???????? #BuffaloBills pic.twitter.com/pwO1cjaLeA
— DreeyahDreaDrea (@Dreeyah3) January 3, 2023
Queste immagini ci danno tanta, tanta speranza. È un mondo terribile, ma non tutto è perduto. Damar è uscito dal coma, ha chiesto se avevano vinto la partita, ora sembra pure che mangi regolarmente.
Siano state le preghiere dei suoi colleghi o meno, non ho dubbi che quella sia stata la cosa giusta da fare. Lo sappiamo anche perché il New York Times, sempre lui, ha appena pubblicato un articolo che nota come la scena di cui vi stiamo parlando indichi come il Football si ancora qualcosa di molto «christian» in America, e non si tratta di una parola che si usa per dire una cosa bella.
Quindi, accetto questa lezione dei giocatori NFL. I quali probabilmente sanno anche meglio di me, visto che si sono sottomessi al siero genico, cosa sta accadendo.
È arrivato, anche nel loro mondo fatto di ori e di allori, il Male. Anche se danneggiati, anche se ingannati, hanno capito come combatterlo.
Bravi ragazzi. Forza ragazzi.
Sconfiggeremo quei bastardi che vi hanno fatto del male.
Roberto Dal Bosco
Salute
Studio rivela che l’inchiostro dei tatuaggi si accumula nei linfonodi
Un nuovo studio pubblicato su Proceedings of the National Academy of Sciences of the United States of America (PNAS) dimostra che l’inchiostro dei tatuaggi viene drenato nel sistema linfatico e si accumula nei linfonodi, riducendo l’efficacia delle cellule immunitarie. Questo accumulo di pigmento innesca un’infiammazione sia locale che sistemica che persiste per mesi.
«Nonostante le preoccupazioni sulla sicurezza relative alla tossicità dell’inchiostro per tatuaggi, nessuno studio ha riportato le conseguenze del tatuaggio sulla risposta immunitaria. In questo lavoro, abbiamo caratterizzato il trasporto e l’accumulo di diversi inchiostri per tatuaggi nel sistema linfatico utilizzando un modello murino», ha scritto la ricercatrice Arianna Capucetti nello studio.
«Dopo un rapido drenaggio linfatico, abbiamo osservato che i macrofagi catturano principalmente l’inchiostro nel linfonodo (LN)» scrive la scienziata. «Una reazione infiammatoria iniziale a livello locale e sistemico segue la cattura dell’inchiostro. In particolare, il processo infiammatorio si mantiene nel tempo, poiché abbiamo osservato chiari segni di infiammazione nel LN drenante 2 mesi dopo il tatuaggio. Inoltre, la cattura dell’inchiostro da parte dei macrofagi è stata associata all’induzione di apoptosi sia nei modelli umani che murini. Infine, l’ inchiostro accumulato nel LN ha alterato la risposta immunitaria contro due diversi tipi di vaccini».
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«Da un lato, abbiamo osservato una risposta anticorpale ridotta in seguito alla vaccinazione con un vaccino contro la sindrome respiratoria acuta grave coronavirus 2 (SARS-CoV-2) basato sull’acido ribonucleico messaggero (mRNA), che è stato associato a una ridotta espressione della proteina spike nei macrofagi nel linfonodo drenante».
«Al contrario, abbiamo osservato una risposta più efficace quando siamo stati vaccinati con il vaccino antinfluenzale inattivato dai raggi ultravioletti (UV)» dice lo studio.
«Considerata la tendenza inarrestabile dei tatuaggi nella popolazione, i nostri risultati sono fondamentali per informare i programmi di tossicologia, i decisori politici e il pubblico in generale in merito al potenziale rischio della pratica del tatuaggio associato a una risposta immunitaria alterata».
Molti inchiostri per tatuaggi contengono sostanze chimiche classificate come cancerogene dall’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro.
Mentre gli inchiostri neri per tatuaggi utilizzano il nerofumo, gli inchiostri colorati contengono pigmenti progettati per applicazioni industriali come plastica e vernici. Ancora più preoccupante, gli inchiostri per tatuaggi sono molto meno regolamentati rispetto ai prodotti farmaceutici.
Uno studio svedese del 2024 che ha monitorato circa 12.000 persone ha scoperto che gli individui con tatuaggi avevano un rischio del 21% più alto di linfoma maligno rispetto a quelli senza inchiostro.
Uno studio danese sui gemelli, pubblicato all’inizio di quest’anno, ha rilevato tendenze simili. I partecipanti tatuati hanno mostrato tassi più elevati di cancro alla pelle.
Come riportato da Renovatio 21, un recente studio ha rilevato che chi porta tatuaggi corre un rischio del 29% superiore di ammalarsi di una variante aggressiva di tumore cutaneo.
L’inchiostro tatuato è percepito dal corpo come un corpo estraneo, scatenando una reazione immunitaria: i pigmenti vengono racchiusi dalle cellule del sistema immunitario e convogliati ai linfonodi per lo stoccaggio.
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Secondo i dati disponibili, il numero di italiani tatuati sarebbe stimato intorno ai 7 milioni, pari a circa il 12,8-13% della popolazione over 12 anni. Questa cifra proviene principalmente da un’indagine condotta dall’Istituto Superiore di Sanità (ISS) nel 2015, su un campione di oltre 7.600 persone rappresentative della popolazione italiana dai 12 anni in su, e confermata in report successivi di altri enti. Se si includono gli “ex-tatuati” (chi ha rimosso il tatuaggio), la percentuale sale al 13,2%.
In Italia le donne sono leggermente più tatuate (13,8%) rispetto agli uomini (11,7-11,8%). I minorenni (12-17 anni) costituirebbero circa il 7,7-8% dei tatuati, con l’età media del primo tatuaggio intorno ai 25 anni. La fascia d’età in cui il tattoo è più diffuso è quella dei 35-44 anni (23,9% tra i tatuati).
Alcuni articoli e sondaggi parlano di un 48% della popolazione tatuata, che renderebbe l’Italia il paese più tatuato al mondo, prima di Svezia 47% e USA 46%. Tuttavia alcuni non ritengono questa cifra attendibile.
Secondo quanto riportato solo il 58,2% degli italiani è informato sui rischi (infezioni, allergie, ecc.). Il 17-25% dei tatuati vorrebbe rimuoverlo, per un totale di oltre 1,5 milioni di potenziali rimozioni.
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Essere genitori
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Salute
Le microplastiche potrebbero causare malattie cardiache
Le microplastiche causano la formazione di placche arteriose nei topi, una condizione che porta a malattie cardiache. Lo riporta un nuovo studio.
Uno studio pubblicato sulla rivista Environment International ha rilevato un marcato aumento dell’accumulo di placca nelle arterie di topi maschi esposti a microplastiche, a dosi paragonabili a quelle riscontrabili nell’ambiente reale.
I ricercatori hanno inoltre osservato alterazioni a livello cellulare e nell’espressione genica direttamente associate alla formazione di placca.
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Va sottolineato che i topi non hanno sviluppato né obesità né ipercolesterolemia, fattori classicamente legati alla patologia aterosclerotica; del resto, l’«ipotesi lipidica-cardiaca» che attribuisce al colesterolo il ruolo di causa principale delle malattie cardiovascolari è stata largamente screditata fin dagli anni Cinquanta.
Curiosamente, le topi femmine non hanno mostrato lo stesso effetto in presenza delle microplastiche. Gli autori ipotizzano che l’ormone estrogeno, tipico dell’organismo femminile, possa svolgere un ruolo protettivo contro la formazione di placca.
«Questo studio mette in evidenza l’urgenza di ridurre drasticamente l’esposizione umana alle microplastiche e di adottare misure concrete per limitarne la produzione», ha dichiarato Timothy O’Toole, professore associato di medicina presso l’Università di Louisville.
«Sebbene le microplastiche siano state già rilevate nei vasi sanguigni e nei cuori di pazienti malati, e i loro livelli risultino correlati alla gravità della malattia e al rischio di eventi futuri, il loro ruolo diretto nello sviluppo delle patologie cardiovascolari è rimasto finora incerto», ha aggiunto.
Si calcola che tra il 1950 e il 2017 siano state prodotte oltre nove miliardi di tonnellate di plastica, più della metà delle quali dopo il 2004. La quasi totalità di questa plastica finisce prima o poi nell’ambiente, dove si frammenta – per azione degli agenti atmosferici, dei raggi UV e degli organismi viventi – in particelle sempre più piccole: microplastiche e, successivamente, nanoplastiche.
All’interno delle nostre case, le principali fonti di microplastiche sono le fibre sintetiche di abbigliamento, mobili e tappeti: si accumulano nella polvere domestica, restano sospese nell’aria e vengono inalate quotidianamente.
Nuovi studi continuano a uscire con regolarità e collegano l’esposizione alle microplastiche a pressoché tutte le principali malattie croniche: dalla sindrome dell’intestino irritabile all’obesità, dall’autismo al cancro, fino ad Alzheimer e infertilità.
Come riportato da Renovatio 21, il tema dell’infertilità, come quello del cancro, era stato toccato da altri studi che investigavano le microplastiche presenti nell’inquinamento atmosferico.
Gli scienziati stanno trovando tracce della plastica in varie parti del corpo umano, compreso il cervello. Un altro studio ha provato la presenza di plastica nelle nuvole della pioggia.
Come riportato da Renovatio 21, uno studio di mesi fa ha collegato l’esposizione a microplastiche alle nascite premature. Uno studio sottoposto a revisione paritaria, pubblicato sulla rivista Toxicological Sciences a inizio anno aveva trovato nella placenta umana microplastiche dannose, alcune delle quali sono note per scatenare l’asma, danneggiare il fegato, causare il cancro e compromettere la funzione riproduttiva.
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Come riportato da Renovatio 21, quantità di microplastica avrebbero raggiunto i polmoni umani con l’uso delle mascherine imposto durante il biennio pandemico.
La microplastica nell’intestino è stata correlata da alcuni studi a malattie infiammatorie croniche intestinali. Altre ricerche hanno scoperto che le microplastiche causano sintomi simili alla demenza.
Come riportato da Renovatio 21, un nuovo studio emerso mesi fa ha stabilito che le comuni bustine da tè realizzate in fibre polimeriche rilasciano enormi quantità di micro e nanoplastiche tossiche nel liquido durante l’infusione.
L’onnipresenza della microplastica è provata dalla presenza nei polmoni degli uccelli e persino strati di sedimenti non toccati dall’uomo moderno.
Secondo nuove ricerche, le microplastiche sarebbero in grado inoltre di rendere batteri come l’E.Coli più resistente agli antibiotici.
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