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Medvedev: il segretario NATO Rutte «si è abbuffatto di funghi allucinogeni»

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L’ex presidente russo Demetrio Medvedev ha deriso il Segretario Generale della NATO Mark Rutte per aver insinuato che Pechino potrebbe chiedere a Mosca di attaccare il territorio NATO in Europa come diversivo qualora la Cina decidesse di attaccare Taiwan.

 

Rutte, parlando al New York Times sabato scorso aveva affermato che il presidente cinese Xi Jinping potrebbe dire alla sua controparte russa, Vladimir Putin: «lo farò io, e ho bisogno che tu li tenga occupati in Europa attaccando il territorio NATO». L’ex premier neerlandese anche sollecitato un rafforzamento delle difese della NATO, avvertendo che «se non lo faremo, dovremo imparare il russo».

 

«Il Segretario Generale Rutte si è chiaramente abbuffato di troppi dei funghi allucinogeni tanto amati dagli olandesi», ha dichiarato su X Medvedev, che attualmente è vicepresidente del Consiglio di Sicurezza russo. «Vede una collusione tra Cina e Russia su Taiwan, e poi un attacco russo all’Europa. Ma ha ragione su una cosa: dovrebbe imparare il russo. Potrebbe tornare utile in un campo siberiano», ha scherzato Medvedev, alludendo alle dure condizioni dei campi di prigionia remoti della regione.

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Pechino, che considera Taiwan un territorio indipendente in base alla sua politica «Una sola Cina», ha ripetutamente chiesto agli Stati Uniti e ai suoi alleati di smettere di interferire negli affari interni della Cina. Washington, tuttavia, continua a fornire armi a Taiwan.

 

La Russia sostiene la posizione cinese, condannando le vendite di armi occidentali e le visite diplomatiche sull’isola. Mosca ha anche ripetutamente respinto le affermazioni secondo cui intende attaccare la NATO, definendo tali dichiarazioni infondate e parte del terrorismo occidentale. Il Cremlino ha sostenuto che «si tratta semplicemente di tentativi di creare un nemico esterno artificiale per giustificare una linea così militarista per militarizzare l’Europa». Funzionari russi hanno anche sostenuto che i paesi europei della NATO stanno usando la presunta minaccia russa per distogliere l’attenzione dai propri problemi interni. Il portavoce del Cremlino Dmitrij Peskov ha definito la «vecchia storia dell’orrore sull’orso russo» una facile scusa alla luce della stagnazione economica e del calo del tenore di vita in Europa.

 

Al recente vertice, i membri della NATO hanno discusso di un aumento degli obiettivi di spesa per la difesa al 5% del PIL, sebbene non sia stato raggiunto alcun accordo formale. Alcune nazioni europee hanno espresso la preoccupazione che tale livello rappresenti un pesante onere finanziario, potenzialmente gravante sui bilanci nazionali e sul sostegno pubblico alle politiche di difesa.

 

I funghi allucinogeni non sono mai stati completamente legali nei Paesi Bassi, ma fino al 2008 erano tollerati in forma fresca e venduti nei cosiddetti «smart shop». La vendita di funghi freschi contenenti psilocibina era consentita, mentre quelli secchi furono dichiarati illegali nel 2002 a seguito di una sentenza della Corte di Cassazione olandese, poiché la psilocibina era già considerata una sostanza controllata.

 

Tuttavia, a partire dal 1° dicembre 2008, i funghi allucinogeni freschi e secchi sono stati ufficialmente vietati nei Paesi Bassi, sia per la vendita che per la coltivazione, a causa di incidenti legati al loro uso, come il caso di una turista francese nel 2007. La decisione è stata motivata dai rischi legati agli effetti psichedelici e ai comportamenti imprevedibili indotti dalla psilocibina.

 

Nonostante il divieto sui funghi, i tartufi magici (sclerotia), che contengono la stessa sostanza psicoattiva (psilocibina), rimangono legali nei Paesi Bassi. Questo perché i tartufi non sono tecnicamente considerati funghi secondo la legge olandese, creando una zona grigia che ne consente la vendita negli smart shoppi.

 

Sotto i governi di Rutte (guidati dal Partito Popolare per la Libertà e la Democrazia, VVD, di centro-destra), la politica di tolleranza per le droghe leggere è stata preservata, ma con misure per limitare il cosiddetto «turismo della droga». Ad esempio, nel 2012 è stato introdotto il wietpas (tessera per i coffeeshop) in alcune città, con l’obiettivo di limitare l’accesso ai soli residenti olandesi, anche se questa misura è stata poi abbandonata in molte aree a causa delle proteste e della sua inefficacia.

 

Nel 2019, il governo Rutte II ha avviato un esperimento di legalizzazione controllata della cannabis, permettendo la coltivazione regolamentata per rifornire i coffeeshop, con l’obiettivo di ridurre il mercato nero e migliorare la tracciabilità (ad esempio, controllando i livelli di THC e CBD). Questo esperimento, iniziato ufficialmente nel 2024, rappresenta un passo verso una regolamentazione più strutturata, ma non una legalizzazione totale.

 

Rutte non ha mai spinto per una legalizzazione completa della cannabis, come invece avvenuto in paesi come Uruguay o Canada. In un’intervista del 2016, ha dichiarato che una legalizzazione sul modello del Colorado (dove lo Stato regola e tassa la produzione e la vendita) renderebbe l’Olanda «lo zimbello d’Europa», suggerendo una preferenza per il mantenimento del sistema di tolleranza piuttosto che per una legalizzazione aperta.

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Immagine di pubblico dominio CC0 via Wikimedia; immagine modificata

 

 

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Venezuela, Trump scatena il secondo attacco contro i «narcoterroristi»

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Il presidente Trump ha scatenato l’inferno contro una seconda nave che trasporta droga dal Venezuela , confermando la sua determinazione a procedere con gli attacchi.   Le forze statunitensi «hanno condotto un SECONDO attacco cinetico contro cartelli del narcotraffico e narcoterroristi, identificati positivamente e straordinariamente violenti» nell’area di responsabilità del Comando meridionale degli Stati Uniti, ha scritto Trump in un post sui social media.   «L’attacco è avvenuto mentre questi narcoterroristi confermati provenienti dal Venezuela si trovavano in acque internazionali e trasportavano narcotici illegali (UN’ARMA MORTALE CHE AVVELENA GLI AMERICANI!) diretti negli Stati Uniti»   «Questi cartelli del narcotraffico estremamente violenti RAPPRESENTANO UNA MINACCIA per la sicurezza nazionale degli Stati Uniti, la politica estera e gli interessi vitali degli Stati Uniti. L’attacco ha provocato la morte di tre terroristi di sesso maschile. Nessun membro delle forze armate statunitensi è rimasto ferito durante questo attacco».  

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Il post include un link a un video che mostrava un’imbarcazione che rollava tra le onde in acque non identificate. Dopo alcuni secondi, veniva inghiottita da un’enorme palla di fuoco.   «ATTENZIONE: SE TRASPORTATE DROGA CHE PUÒ UCCIDERE GLI AMERICANI, VI STIAMO DANDO LA CACCIA! Le attività illecite di questi cartelli hanno avuto CONSEGUENZE DEVASTANTI SULLE COMUNITÀ AMERICANE PER DECENNI, uccidendo milioni di cittadini americani. NON PIÙ».   «Grazie per l’attenzione a questa questione!!!» ha scritto il presidente USA.  

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Solo poche ore prima, Maduro aveva ribadito che i recenti incidenti tra il suo Paese e gli Stati Uniti rappresentano un’«aggressione» da parte degli USA, non tensioni tra i due Paesi, e che non c’è comunicazione tra i governi.   Sempre domenica, parlando con i giornalisti a Morristown, nel New Jersey, Trump ha lasciato intendere di non escludere attacchi sul Venezuela continentale, mentre si vocifera che Maduro potrebbe prima o poi reagire in qualche modo. Il Maduro afferma che il Paese si sta preparando a una «lotta armata».   «Vedremo cosa succederà», ha detto Trump . «Il Venezuela ci sta mandando i suoi membri delle gang, i suoi spacciatori e la droga. Non è accettabile».   Come riportato da Renovatio 21, in settimana Trump aveva dichiarato di valutare l’ipotesi di attacchi in Venezuela e aveva minacciato di abbatterne gli aerei.   Trump ha insistito nell’inquadrare la presenza militare statunitense vicino al Venezuela come parte di una stretta sul traffico di droga. «Miliardi di dollari di droga stanno affluendo nel nostro Paese dal Venezuela. Le prigioni venezuelane sono state aperte al nostro Paese», ha dichiarato Trump, aggiungendo che le forze statunitensi avrebbero preso di mira le imbarcazioni sospettate di trasportare stupefacenti.   Ad agosto, gli Stati Uniti hanno annunciato una ricompensa di 50 milioni di dollari per qualsiasi informazione che porti all’arresto di Maduro, definito «uno dei più grandi narcotrafficanti del mondo».
La Casa Bianca accusa da tempo Maduro di guidare una rete di narcotrafficanti nota come «Cartel de los Soles», sebbene non vi siano prove schiaccianti o prove concrete che lo dimostrino, tuttavia lo scorso anno gli USA sono arrivati a sequestrare un aereo presumibilmente utilizzato dal presidente di Carcas. È stato anche accusato di aver trasformato l’immigrazione in un’arma.
Il presidente venezuelano ha respinto le accuse, affermando che il suo Paese è «libero dalla produzione di foglie di coca e di cocaina» e sta lottando contro il traffico di droga.   Come riportato da Renovatio 21, gli sviluppi recenti si inseriscono nel contesto delle annunciate operazioni cinetiche programmate dal presidente americano contro il narcotraffico. Ad inizio mandato era trapelata l’ipotesi di un utilizzo delle forze speciali contro i narcocartelli messicani. La prospettiva, respinta dal presidente messicano Claudia Sheinbaum, ha scatenato una rissa al Senato di Città del Messico la scorsa settimana.
 

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Immagine screenshot da Twitter
   
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I cartelli della droga imparano la guerra con i droni in Ucraina

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Il sessanta per cento dello «tsunami bianco» di cocaina che sta inondando Europa e Stati Uniti proviene dalla Colombia. Lo riporta EIRN.

 

Sempre alla ricerca delle tecnologie e delle tecniche più moderne, le bande di narcotrafficanti messicane e colombiane stanno inviando combattenti in Ucraina «per apprendere le tattiche dei droni con visuale in prima persona (FPV) e utilizzare tali conoscenze in modi nuovi e mortali in patria», scrive il sito web danese Dagens il 27 agosto.

 

La Colombia è probabilmente diventata il maggiore esportatore di mercenari. «Dall’inizio dell’invasione russa dell’Ucraina nel 2022, la Legione Internazionale di Difesa Territoriale ucraina ha aperto le sue porte a volontari provenienti da tutto il mondo, tra cui decine, se non centinaia, di ex militari colombiani», scrive Radio France International. «Un evento che ha evidenziato questo fenomeno è stato l’arresto di due colombiani, di ritorno dall’Ucraina durante uno scalo a Caracas, in Venezuela, nel 2024».

 

I mercenari sono stati inviati a Mosca, dove sono stati imprigionati. «Giovani ex soldati ed ex ufficiali, non vendetevi. Combattete per la vostra patria, non morite in guerre straniere», ha insistito il presidente colombiano Gustavo Petro il 17 agosto 2025, su X. Il Petro stava rispondendo a un messaggio del premier sudanese Kamil Idris, indirizzato ai colombiani, che chiedeva la fine dei mercenari colombiani in Darfur e, più in generale, in Sudan.

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In Messico, potenti cartelli della droga si sono rivolti a questi veterani per rafforzare le proprie forze. Ex soldati colombiani (sia narcotrafficanti che anti-narcotrafficanti) vengono reclutati per addestrare i «sicarios», sviluppare tattiche di commando e rafforzare la sicurezza dei leader dei cartelli.

 

Tra gli episodi più oscuri che hanno coinvolto i mercenari colombiani c’è stato l’assassinio del presidente haitiano Jovenel Moïse, avvenuto il 7 luglio 2021 nella sua residenza di Port-au-Prince. L’inchiesta ha rapidamente rivelato il coinvolgimento diretto di un commando composto principalmente da ex soldati colombiani, reclutati tramite società di sicurezza private e assunti come personale di sicurezza.

 

E ora, membri dei cartelli della droga messicani e dei gruppi di guerriglia colombiani si stanno unendo alla Legione Internazionale ucraina per padroneggiare la guerra in prima linea con i droni.

 

L’Ucraina è diventata un banco di prova globale per droni, offrendo agli agenti del cartello un’esperienza pratica con attacchi a basso costo e ad alto impatto.

 

Il cartello di Jalisco Nuova Generazione sta già impiegando droni armati di granate contro rivali e forze governative in Messico. La Colombia ha registrato 115 attacchi con droni collegati al cartello nel 2024, incluso uno che ha abbattuto un elicottero della polizia e ucciso 12 persone.

 

I dissidenti delle FARC e la fazione EMC stanno utilizzando sempre più droni nel conflitto interno colombiano, soprattutto dove i colloqui di pace sono falliti. Inoltre, nelle regioni messicane con una forte presenza di cartelli come Sinaloa e Chihuahua, i droni vengono ora utilizzati per imboscate, sorveglianza e persino sganciare bombe.

 

Persino i funzionari ucraini avvertono che i combattenti stranieri stanno imparando a «uccidere con un drone da 400 dollari», per poi esportare questa conoscenza a livello globale.

 

Non è la prima volta che viene detto che l’uso di droni come strumenti militari nel teatro di guerra ucraino sta praticando un cambio di paradigma che rimodellerà con probabilità i conflitti di tutto il XXI secolo.

 

Come riportato da Renovatio 21, un mese fa Londra ha annunziato la produzione congiunta di droni con l’Ucraina; Zelens’kyj una quindicina di giorni fa ha parlato di un possibile grande accordo con gli USA per i droni nel suo Paese. Poche settimane prima, il presidente russo Vladimir Putin aveva affermato che la Russia stava approntando una branca separata dell’esercito dedicata ai droni.

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Come riportato da Renovatio 21, Putin durante una riunione della Commissione militare-industriale del Paese sullo sviluppo di sistemi aerei senza pilota dello scorso settembre aveva annunciato che nel 2024 l’esercito russo avrebbe ricevuto dieci volte più droni rispetto all’anno precedente – una produzione praticamente decuplicata.

 

Mesi fa Kiev ha condotto su tutto il territorio russo – compreso l’estremo oriente siberiano – l’operazione «tela di ragno», con la quale, tramite piccoli droni remotati, ha attaccato aeroporti e colpito bombardieri.

 

Come riportato da Renovatio 21, i narcocartelli da mesi hanno iniziato a condurre operazioni con droni armati contro le forze americane delle frontiere.

 

Come riportato da Renovatio 21, l’uso dei droni per il trasporto della droga è estremamente comune oramai, con oltre 9.000 incursioni di droni dei narcos messicani nello spazio aereo statunitense.

 

I cartelli della droga costituiscono il quinto più grande datore di lavoro in America Latina.

 

I cartelli messicani, che vengono da un periodo di sanguinari conflitti interni, sono stati pionieri dell’uso di droni commerciali per sganciare bombe sulle bande rivali.

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Trump valuta l’ipotesi di attacchi in Venezuela e minaccia di abbatterne gli aerei

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Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump sta valutando la possibilità di effettuare attacchi contro i cartelli della droga sul suolo venezuelano, ha riferito venerdì la CNN, citando fonti a conoscenza della questione.   Le deliberazioni segnalate giungono mentre il Pentagono ha schierato almeno otto navi da guerra e un sottomarino nei Caraibi orientali.   Secondo la CNN, l’attacco missilistico di martedì contro un’imbarcazione presumibilmente impegnata nel contrabbando di droga dal Venezuela è stato solo il primo passo degli sforzi di Trump per neutralizzare il traffico di droga nella regione e potenzialmente rovesciare il presidente venezuelano Nicolas Maduro.

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Gli Stati Uniti hanno imposto sanzioni drastiche al paese sudamericano governato dai socialisti durante il primo mandato di Trump, prendendo di mira il suo commercio petrolifero e il suo settore finanziario. Il mese scorso, il procuratore generale di Washington Pam Bondi ha raddoppiato la ricompensa per informazioni che portassero all’arresto di Maduro, portandola a 50 milioni di dollari.   Sebbene venerdì Trump abbia negato i piani per un cambio di regime, ha definito le elezioni presidenziali del 2024 in Venezuela «molto strane». Il Segretario di Stato Marco Rubio ha dichiarato all’inizio di questa settimana che gli Stati Uniti «affronteranno i cartelli della droga ovunque si trovino».   Maduro ha negato le accuse di coinvolgimento nel traffico di droga e ha promesso di dichiarare il Venezuela una«repubblica in armi» se attaccato dagli Stati Uniti.   «Così come non era vero che l’Iraq possedesse armi di distruzione di massa, non è vero neanche quello che dicono del Venezuela», ha detto Maduro venerdì, riferendosi alla logica alla base dell’invasione dell’Iraq da parte degli Stati Uniti nel 2003.   Trump ha affermato esplicitamente che l’esercito statunitense è autorizzato ad abbattere aerei venezuelani se i comandanti li ritengono una minaccia. Il suo avvertimento è seguito alle notizie secondo cui aerei venezuelani avrebbero sorvolato navi da guerra americane impegnate in quella che Washington descrive come una missione antidroga nei pressi del paese sudamericano.   Venerdì, quando i giornalisti gli hanno chiesto cosa avrebbero fatto gli Stati Uniti se i jet venezuelani avessero nuovamente sorvolato le navi della marina statunitense, Trump ha avvertito che «saranno nei guai». «Se ci mettessero in una posizione pericolosa, li abbatteremmo», ha sottolineato.   Trump ha respinto le affermazioni di Caracas secondo cui Washington stava cercando di rovesciare il governo del presidente Nicolas Maduro. «Beh, non stiamo parlando di questo, ma del fatto che avete avuto delle elezioni molto strane», ha detto.   Trump ha insistito nell’inquadrare la presenza militare statunitense vicino al Venezuela come parte di una stretta sul traffico di droga. «Miliardi di dollari di droga stanno affluendo nel nostro Paese dal Venezuela. Le prigioni venezuelane sono state aperte al nostro Paese», ha dichiarato Trump, aggiungendo che le forze statunitensi avrebbero preso di mira le imbarcazioni sospettate di trasportare stupefacenti.   Nelle ultime settimane, gli Stati Uniti hanno schierato almeno otto navi da guerra e un sottomarino d’attacco nei Caraibi, mentre hanno inviato dieci caccia stealth F-35 a Porto Rico per scoraggiare ulteriori sorvoli venezuelani. All’inizio di questa settimana, gli Stati Uniti hanno colpito un’imbarcazione che sostenevano fosse collegata a un’operazione di narcotraffico, uccidendo 11 persone.   Mentre le tensioni con gli Stati Uniti aumentavano vertiginosamente, Maduro avvertì che il suo Paese sarebbe entrato in una fase di «lotta armata» se fosse stato attaccato.   Le relazioni tra Stati Uniti e Venezuela sono tese da anni. Washington si è rifiutata di riconoscere la rielezione di Maduro nel 2018, sostenendo invece l’opposizione del Paese. Le successive amministrazioni statunitensi hanno imposto sanzioni drastiche al settore petrolifero e al sistema finanziario venezuelano.   Ad agosto, gli Stati Uniti hanno annunciato una ricompensa di 50 milioni di dollari per qualsiasi informazione che porti all’arresto di Maduro, definito «uno dei più grandi narcotrafficanti del mondo».

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La Casa Bianca accusa da tempo Maduro di guidare una rete di narcotrafficanti nota come «Cartel de los Soles», sebbene non vi siano prove schiaccianti o prove concrete che lo dimostrino, tuttavia lo scorso anno gli USA sono arrivati a sequestrare un aereo presumibilmente utilizzato dal presidente di Carcas. È stato anche accusato di aver trasformato l’immigrazione in un’arma.
Il presidente venezuelano ha respinto le accuse, affermando che il suo Paese è «libero dalla produzione di foglie di coca e di cocaina» e sta lottando contro il traffico di droga.   Come riportato da Renovatio 21, gli sviluppi recenti si inseriscono nel contesto delle annunciate operazioni cinetiche programmate dal presidente americano contro il narcotraffico. Ad inizio mandato era trapelata l’ipotesi di un utilizzo delle forze speciali contro i narcocartelli messicani. La prospettiva, respinta dal presidente messicano Claudia Sheinbaum, ha scatenato una rissa al Senato di Città del Messico la scorsa settimana.  

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