Tecnologia
«Macro Grid», il nuovo progetto di Bill Gates
Un’internazionale di investitori verdi miliardari capitanata da Bill Gates, la Breakthrough Energy, ha appena avviato Macro Grid Initiative (MGI), un progetto per collegare le città statunitensi (cioè, i «consumatori») con le zone rurali rurali, cioè i «produttori» della maggior parte dell’energia eolica e solare negli Stati Uniti. Il collegamento avverrebbe con una rete di linee di trasmissione a lunga distanza, scrive EIR.
L’MGI è stato annunciato il 17 giugno, circa due settimane dopo che Trump ha messo la sua amministrazione a concentrarsi su progetti infrastrutturali nell’ambito dello sforzo di recupero di COVID-19. Questo progetto MGI non è esattamente nuovo; una versione più piccola era stata sostenuta da T. Boone Pickens nel 2007 (prima di essere abbandonata nel 2012), rivolta alla regione di Oklahoma / Texas.
Si tratta del’ennesimo progetto di stampo «ambientalista» voluto da miliardari che fanno il danaro con imprese altamente inquinanti – se non distruttive dell’umanità in modo puro e semplice
Si tratta del’ennesimo progetto di stampo «ambientalista» voluto da miliardari che fanno il danaro con imprese altamente inquinanti – se non distruttive dell’umanità in modo puro e semplice.
Per riuscire nel suo intento di distribuzione energetica, la Macro Grid dovrebbe cambiare sia le leggi statali che federali, poiché mira a spedire energia su lunghe distanze, attraversando le linee di stato, ma anche i confini della «griglia» elettrica, progettati per essere sistemi isolati, come fattore di sicurezza.
Bill Gates, Michael Bloomberg, Richard Branson, il principe Alwaleed, Jack Ma, Read Hoffman, Mukesh Ambani, Xavier Niel…
Attualmente definita, la rete elettrica nordamericana (Stati Uniti continentali e Canada, meno Yukon) è divisa in otto settori, che condividono pochissima energia oltre i loro confini. Il crollo della griglia dell’Ohio nel 2003, che qualcuno può ricordare, avrebbe potuto far crollare l’intero Paese se non fosse stato per queste protezioni.
Oltre a Bill Gates, i membri del consiglio di amministrazione e gli investitori di Breakthrough Energy (tutti i miliardari) includono: Michael Bloomberg (ex sindaco di New York dalle vedute tetre, vedi articolo di Renovatio 21) e Jeff Bezos (Amazon, l’uomo più ricco del mondo); gli hedge fund John Doerr, Ray Dalio (Bridgewater), Julien Robertson (Tiger Fund) e David Rubenstein (Carlyle Group), il venture capitalist Vinod Khosla; il britannico Richard Branson e Chris Hohn (del famoso, bizzarro hedge fund Childrens Investment Fund); Il principe saudita Alwaleed bin Talal (uomo più ricco d’Arabia, nonché ex socio di Silvio Berlusconi), l’oligarca cinese Jack Ma (Alibaba), Reid Hoffman (inventore di Linkedin), Mukesh Ambani (oligarca indiano), Xavier Niel (il proprietario, tra le altre cose, del carrier telefonico Iliad) e altri ancora.
Energia, vaccini… Il lettore non deve stupirsi delle molteplici iniziative di Gates. In realtà, crediamo che il fine di esse sia uno solo.
Gates ha guidato la formazione della Breakthrough Energy 2016 con sede negli Stati Uniti ma rappresentata a livello internazionale.
Energia, vaccini… Il lettore non deve stupirsi delle molteplici iniziative di Gates. In realtà, crediamo che il fine di esse sia uno solo.
Geopolitica
L’UE vieterà le tecnologie di comunicazione cinese Huawei e ZTE
Gli Stati membri dell’UE potrebbero essere obbligati a rimuovere progressivamente dalle loro reti di telecomunicazioni le apparecchiature prodotte dai colossi cinesi Huawei e ZTE, in base al divieto proposto dall’Unione. Lo riporta Bloomberg, che cita fonti informate.
L’annuncio giunge in un periodo di crescenti tensioni commerciali tra Cina e UE. Nell’ultimo anno, Bruxelles e Pechino si sono scontrate su quella che l’Unione considera sovrapproduzione industriale cinese, mentre le autorità cinesi accusano l’UE di protezionismo.
Secondo alcune fonti interpellate dall’agenzia, con la proposta la vicepresidente della Commissione Europea Henna Virkkunen intende trasformare una raccomandazione del 2020 sull’esclusione dei fornitori «ad alto rischio» dalle reti mobili in un obbligo giuridico vincolante.
Se approvata, la norma riguarderebbe le apparecchiature di rete mobile e le infrastrutture fisse, poiché Virkkunen starebbe valutando misure per limitare l’uso di tecnologia cinese nelle espansioni della fibra ottica e della banda larga. La Commissione intende inoltre spingere i Paesi extra-UE ad aderire al divieto, creando una coalizione più ampia contro i fornitori di telecomunicazioni cinesi.
In caso di imposizione del regolamento, gli Stati membri dell’UE che gestiscono attualmente le infrastrutture a livello nazionale potrebbero incorrere in procedimenti di infrazione e sanzioni finanziarie, in virtù dei poteri esecutivi di Bruxelles.
Mentre la Svezia ha vietato anni fa i fornitori cinesi nelle sue reti 5G, altri membri UE continuano a consentire l’uso di tecnologia cinese in alcune parti della loro infrastruttura nazionale. Germania e Finlandia stanno valutando restrizioni più rigide per Huawei e ZTE.
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In risposta, il ministero degli Esteri di Pechino ha dichiarato che escludere le aziende cinesi dal mercato UE tramite misure amministrative, senza basi giuridiche o fattuali, viola gravemente i principi di mercato e le regole della concorrenza leale.
L’ultima iniziativa rappresenta un ulteriore passo nell’escalation del deterioramento delle relazioni commerciali tra Bruxelles e Pechino. All’inizio dell’anno, il governo olandese ha preso il controllo del produttore di chip olandese Nexperia, di proprietà della cinese Wingtech Technology, citando rischi per la sicurezza tecnologica europea.
La mossa ha indotto Pechino a vietare le esportazioni di chip Nexperia dalla Cina, spingendo Amsterdam a valutare la restituzione del controllo dell’azienda.
Come riportato da Renovatio 21, le tecnologie 5G di Huawei sono state al centro di controversie politiche in tutto il mondo, Italia compresa – il riferimento è in particolare al governo a trazione grillina Conte bis e alla decreto pandemico «Cura Italia», da Renovatio 21 ribattezzato «Cina Italia».
Huawei, che costituisce la più grande società privata cinese, è stata al centro di contese con Washington, sia con l’amministrazione Biden che con quella Trump (che l’aveva fortemente sanzionata), culminata con l’arresto in Canada della figlia del fondatore Ren Zhengfei, giù uomo del genio militare nell’unità di ricerca Information Technology dell’Esercito Popolare di Liberazione, Meng Wanzhou, direttrice finanziaria del megagruppo. La Meng fu fermata il 1 dicembre all’aeroporto di Vancouver su accuse di frode del dipartimento di Giustizia USA. È stata liberata nel settembre del 2021.
Il Brasile di Jair Messias Bolsonaro ha dapprima detto che il 5G del colosso cinese rappresentava una minaccia, per poi accettarlo assieme ai vaccini Sinovac, come fece in seguito anche la Gran Bretagna di Boris Johnson, che dichiarò poi di voler eliminare Huawei dalla rete.
La penetrazione di Huawei in Africa è cosa nota. Cinque anni fa è emerso che l’Uganda utilizzava tecnologie di face recogniton per la repressione delle proteste.
Tokyo si è invece dimostrata alla cerca di un’alternativa a Huawei. La Germania l’anno passato ha vietato i componenti 5G cinesi.
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Immagine di Charlie fong via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 4.0 International; immagine tagliata
Cina
Trump: non permetterò a Nvidia di vendere chip avanzati alla Cina
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Cina
La Cina presenta il primo chip 6G al mondo
I ricercatori cinesi hanno presentato il primo chip 6G al mondo, in grado di aumentare la velocità di connessione nelle aree remote fino a 5.000 volte rispetto al livello attuale. Lo riporta il giornale di Hong Kong South China Morning Post (SCMP).
La tecnologia 6G si prevede possa ridurre il divario digitale tra aree rurali e urbane. Sviluppato da ricercatori dell’Università di Pechino e della City University di Hong Kong, il chip 6G «all-frequency» potrebbe offrire velocità internet mobile oltre i 100 gigabit al secondo su tutto lo spettro wireless, incluse le frequenze usate nelle zone remote, rendendo l’accesso a internet ad alta velocità più disponibile nelle regioni meno connesse e permettendo, ad esempio, di scaricare un film 8K da 50 GB in pochi secondi.
Tuttavia, le tecnologie 5G e 6G suscitano preoccupazioni. Critiche riguardano i possibili rischi per la salute dovuti alle radiazioni elettromagnetiche, soprattutto con le alte frequenze del 6G, oltre a vulnerabilità agli attacchi informatici a causa dell’aumento dei dispositivi connessi. L’espansione delle infrastrutture potrebbe inoltre avere un impatto ambientale e accentuare le disuguaglianze, lasciando indietro le aree rurali. Si temono anche un incremento della sorveglianza e problemi legati alla privacy dei dati con l’aumento della connettività.
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Le tecnologie wireless come il 5G operano su gamme di frequenza limitate. Il nuovo chip 6G, invece, copre l’intero spettro (da 0,5 GHz a 115 GHz) in un design compatto di 11 mm x 1,7 mm, eliminando la necessità di più sistemi per gestire diverse frequenze. Questo permette al chip di funzionare in modo efficiente su bande sia basse che alte, supportando applicazioni ad alta intensità e migliorando la copertura in aree rurali o remote.
«Le bande ad alta frequenza come le onde millimetriche e i terahertz offrono una larghezza di banda estremamente ampia e una latenza estremamente bassa, rendendole adatte ad applicazioni come la realtà virtuale e le procedure chirurgiche», ha dichiarato al China Science Daily il professor Wang Xingjun dell’Università di Pechino.
I ricercatori stanno sviluppando moduli plug-and-play per diversi dispositivi, come smartphone e droni, che potrebbero facilitare l’integrazione del nuovo chip nelle tecnologie di uso quotidiano.
La Cina pare accelerare per una primazia tecnologica non solo nelle telecomunicazioni – con il caso di Huawei, e relativi incidenti diplomatici internazionali, e sospetti anche in Italia – ma in genere nel settore tecnologico, dove si assiste ai consistenti sforzi per l’IA, visibili nell’ascesa di DeepSeek, un’Intelligenza Artificiale realizzata nel Dragone che non abbisogna di chip particolarmente performanti.
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