Economia
L’Unione Europea annuncia l’ottavo round di sanzioni contro Mosca
La presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen ha annunciato l’ottavo round di sanzioni proposto dall’UE contro la Russia.
«La scorsa settimana, la Russia ha intensificato l’invasione dell’Ucraina a un nuovo livello. I falsi referendum, organizzati nei territori occupati dalla Russia, sono un tentativo illegale di accaparrarsi terre e di modificare i confini internazionali con la forza».
«Siamo determinati a far pagare al Cremlino questa ulteriore escalation» ha aggiunto l’eurocommissaria.
L’ottavo pacchetto di sanzioni include ancora più individui – tra cui il filosofo Alexander Dugin, che ha appena perso la figlia Darja in un attentato mirato a Mosca – e ulteriori restrizioni al commercio: verrà vietata l’importazione di alcuni prodotti russi, compreso l’acciaio, e verrà vietata l’esportazione dell’UE di prodotti dell’industria aeronautica e chimica in Russia.
«Questi nuovi divieti all’esportazione indeboliranno ulteriormente la base economica della Russia e indeboliranno la sua capacità di modernizzazione» ha assicurato la baronessa tedesca.
Ai cittadini dell’UE sarà inoltre vietato partecipare agli organi direttivi delle imprese statali russe, quindi, come ha affermato von der Leyen, «la Russia non dovrebbe beneficiare delle conoscenze e delle competenze europee».
Questa misura pare colpire direttamente una figura che la Von der Leyen, già politica di lungo corso a Berlino nonché controverso ministro della Difesa della Repubblica Federale, dovrebbe conoscere bene: l’ex cancelliere tedesco Gerhard Schröder.
Come riportato da Renovatio 21, lo Schröder, ex cancelliere socialdemocratico, aveva accettato di diventare presidente di Nord Stream per costruire il gasdotto Nord Stream 2 direttamente dalla Russia alla Germania, per fornire gas all’UE e, giocoforza, costruire relazioni tedesco-russe.
Come noto, ora Schröder, amico personale del germanofono Vladimir Putin, è ora un reietto condannato dal suo stesso partito, anche quando sembra portare notizie di possibili accordi di pace, come ha fatto recentemente con un’intervista ad un giornale madrileno, a cui ha dichiarato che «il Cremlino vuole una soluzione negoziata» .
Alla conferenza stampa della Von der Leyen è intervenuto anche il vicepresidente della Commissione Ue e Alto rappresentante per gli Affari esteri Josep Borrell, il socialista catalano noto per le recenti dichiarazioni contro la Russia bellicose al limite dell’inspiegabile.
Il Borrell ha spiegato che il blocco sanzionerà coloro che sono responsabili della mobilitazione di oltre 300mila cittadini russi per il servizio militare e responsabili dell’organizzazione dei referendum.
C’ qui un riferimento alle «autorità russe per procura» nelle quattro regioni ucraine e agli alti funzionari del ministero della Difesa russo. Come scrive EIRN, bisogna «notare che la sanzione delle “autorità russe per procura” -– cioè i cittadini di Donetsk, Lugansk, Kherson e Zaporiggia che hanno organizzato il voto – sembra risolvere il problema di Bruxelles che, dopo l’ottavo round di sanzioni, sta finendo le persone sanzionare».
Dal momento che la maggioranza di cittadini nelle quattro regioni ha votato, nonostante la minaccia di Kiev di 12 anni di reclusione, sembra che ci siano molti «russi per procura» disponibili da inserire nelle future liste di sanzioni.
Le sanzioni includono misure volte a imporre un tetto massimo del prezzo del petrolio sul mercato globale, una misura spinta dal G7.
Le sanzioni si applicheranno alle società di servizi marittimi – assicurazioni, leasing di navi e così via – che trasportano petrolio russo a un prezzo del petrolio non conforme ai dettami dell’UE.
«Continuiamo anche a prendere di mira gli attori che diffondono disinformazione sulla guerra, in particolare quelli che diffondono false informazioni» ha aggiunto il Borrello.
Essendo che chiaramente per loro è falsa ogni informazione che non aggrada loro, forse il lettore deve prepararsi di essere sanzionato anche lui.
Come riportato da Renovatio 21, è oramai chiaro che le sanzioni in alcun modo stanno servendo a qualcosa se non al suicidio del continente europeo, che forse è il fine di tutto questo.
Il presidente magiaro Orban, che spesso si è speso contro la congerie di pacchetti sanzionatori, ha detto senza mezzi termini che le sanzioni uccideranno l’economia europea, mentre Vladimir Putin due mesi fa ha dichiarato che esse hanno fallito il tentativo di separare la Russia del resto del mondo, fallendo pure l’obiettivo di ferire l’economia della Federazione Russa.
Per Putin la «frenesia delle sanzioni» è alla radice della crisi economica globale.
Secondo un sondaggio il 53% dei tedeschi ha ammesso di essere più povero a causa delle sanzioni alla Russia; parimenti vi sono avvisaglie di fallimenti di banche causate proprio dalle stupide e inefficaci misure punitive contro Mosca.
Come riportato da Renovatio 21, la UE aveva preso di mira con le sanzioni perfino il capo della Chiesa russa, il patriarca Cirillo.
Secondo un’opinione condivisa da funzionari russi, l’UE a breve potrebbe essere spaccata dalla «povertà energetica» creata dalle sanzioni e dalla folle «transizione ecologica» in corso. E dal probabile bombardamento dei gasdotti Nord Stream, aggiungiamo ora attoniti.
L’ambasciatore russo all’ONU Vassilij Nebenzia aveva dichiarato a inizio del conflitto che «l’isteria delle sanzioni» avrebbe distrutto l’accesso globale al cibo; il direttore del Fondo Monetario Internazionale Kristalina Georgieva ha invece detto che le sanzioni potrebbero portare a rivolte di massa.
Secondo l’economista cinese Liu Zhiqun le sanzioni contro il Cremlino potrebbero portare alla fame un miliardo di persone, causando «la più grande violazione dei diritti umani della storia».
Le carenze di cibo a seguito delle sanzioni furono ammesse dallo stesso Biden sei mesi fa.
Il viceministro degli Esteri greco Miltiadis Varvitsiotis ha detto apertamente che lo scopo delle sanzioni è rovesciare Putin.
«Le sanzioni… sono dedicate al fine di far cadere il regime di Putin a causa di disordini interni (…) un clima in Russia in cui questo atto di aggressione sarà costoso per l’economia della Russia e aumenterà i disordini e l’opposizione a Putin»,
In realtà, questo è il fine di tutto quello che stiamo vedendo: dalla guerra alla catastrofe economica mondiale in corso che si abbatte con sempre maggiore violenza sulle nostre vite.
Per questo i negoziati di pace sono costantemente sabotati.
Per questo anche i gasdotti sono ora, parimenti, sabotati.
Economia
Trump grazia l’ex CEO del gigante delle cripto Binance
Il presidente statunitense Donald Trump ha concesso la grazia presidenziale a Changpeng Zhao, noto come «CZ», fondatore ed ex amministratore delegato di Binance, la principale piattaforma di scambio di criptovalute a livello globale. Lo riporta il Wall Street Journal.
L’annuncio, proveniente dalla Casa Bianca, giunge dopo mesi di vigorose attività di lobbying e rappresenta un cambiamento significativo nella politica americana verso il settore delle criptovalute, con chiare ripercussioni sugli interessi familiari di Trump.
La grazia corona una serie di iniziative prolungate da parte di Zhao e della sua azienda per ottenere indulgenza, tra cui il sostegno attivo a World Liberty Financial, la piattaforma crypto associata alla famiglia Trump. Questa iniziativa, promossa dai figli del presidente Eric e Donald Jr., ha registrato un’impennata di valore – valutata in oltre 5 miliardi di dollari di ricchezza teorica – grazie a collaborazioni con entità legate a Binance, come un’intesa da 2 miliardi di dollari con un fondo degli Emirati Arabi Uniti che ha impiegato lo stablecoin USD1 di World Liberty per investimenti azionari.
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Zhao, un tempo tra i leader più influenti nel panorama degli asset digitali, era stato condannato nell’aprile 2024 a quattro mesi di detenzione dopo un accordo con il Dipartimento di Giustizia statunitense nel 2023. L’intesa prevedeva un’ammissione di responsabilità per violazioni antiriciclaggio, una sanzione record di 4,3 miliardi di dollari per Binance e una multa personale di 50 milioni per CZ, che aveva lasciato la carica di CEO.
Gli inquirenti federali avevano imputato alla piattaforma di aver favorito operazioni illecite con soggetti sanzionati, inclusi gruppi terroristici, e di non aver adottato misure sufficienti contro il riciclaggio di denaro. Il procedimento contro Zhao è stato uno dei casi più rappresentativi della campagna dell’amministrazione Biden contro le grandi exchange crypto, vista da molti come un’eccessiva stretta repressiva.
Completata la pena in una prigione federale a bassa sicurezza in California e poi in un centro di reinserimento, Zhao era stato liberato nel settembre 2024. Ci sono voluti quasi dodici mesi di sforzi per ottenere la grazia: all’inizio del 2025, l’azienda ha assunto il lobbista Ches McDowell, legato a Donald Trump Jr., per influenzare i decisori a Washington.
Fonti informate indicano che il team di Trump ha colto nel caso di Zhao l’occasione per avviare una «nuova era» nelle normative sulle criptovalute, favorendo l’innovazione anziché la repressione. Numerosi collaboratori del presidente considerano le imputazioni come motivazioni politiche, tipiche della più ampia «guerra alle crypto» promossa da Biden.
La portavoce della Casa Bianca, Karoline Leavitt, ha giustificato la scelta con toni decisi: «il presidente Trump ha esercitato il suo potere costituzionale concedendo la grazia al signor Zhao, perseguitato dall’amministrazione Biden nella sua guerra alle criptovalute». E ha proseguito: «la guerra dell’amministrazione Biden contro le criptovalute è terminata». Interrogato dalla stampa, Trump ha sminuito l’importanza: «Molte persone sostengono che non avesse commesso alcun illecito. L’ho graziato su indicazione di persone affidabili, pur non conoscendolo di persona».
La decisione non manca di polemiche. Critici come la senatrice democratica Elizabeth Warren l’hanno bollata come un «evidente conflitto di interessi»: «Prima CZ si dichiara colpevole di riciclaggio, poi sostiene un’impresa crypto di Trump e fa lobbying per la grazia. Oggi Trump ricambia il favore».
Binance, che aveva visto prelievi per un miliardo dopo che CZ si era dichiarato colpevole, ha accolto la notizia come «incredibile» e ha espresso gratitudine a Trump per il suo impegno a trasformare gli Stati Uniti nella «capitale mondiale delle crypto».
Zhao, azionista di maggioranza di Binance fondata nel 2017, ha scritto sui social: «Profondamente grato per la grazia di oggi e al presidente Trump per aver difeso equità, innovazione e giustizia. Ci impegneremo al massimo per fare dell’America la capitale delle crypto».
Questa grazia non è solo una rivalsa personale per CZ, che ora potrebbe riprendere il controllo attivo di Binance, ma un segnale politico netto: l’amministrazione Trump mira a favorire il settore del Bitcoin e delle criptovalute, dissipando le ombre del passato.
In un contesto in cui Trump ha già graziato figure come Ross Ulbricht (come aveva promesso in campagna elettorale), ideatore della piattaforma di scambio del dark web Silk Road, il messaggio è inequivocabile: Washington è disposta a puntare sulle criptovalutea anche a costo di controversie.
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Come riportato da Renovatio 21, tre mesi fa la società Trump Media aveva investito 2 miliardi in bitcoini. Il bitcoin in quelle settimane toccava il record di 120.000 dollari.
In primavera i figli di Trump con il vicepresidente USA JD Vance avevano presenziato alla conferenza Bitcoin di Las Vegas esaltano le criptovalute. Eric Trump, figlio di Donald, ha avuto a dichiarare che con cripto e blockchain in dieci anni potremmo assistere all’estinzione degli istituti bancari.
Trump – che ha nominato le criptovalute come riserva strategica nazionale – aveva ospitato, sotto gli auspici del suo zar per l’AI e le crypto Davis Sacks, un grande evento per le monete elettroniche alla Casa Bianca praticamente appena insediatosi. Tra i primi decreti esecutivi firmati da Trump vi è quello che vieta le CBDC, cioè le valute digitali delle Banche centrali.
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Immagine di Web Summit via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 2.0 Generic
Economia
Picco del prezzo del petrolio dopo le sanzioni statunitensi alla Russia
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Economia
La Volkswagen affronta la crisi dei chip dopo chel’Olanda ha sequestrato la fabbrica cinese
La principale casa automobilistica tedesca, Volkswagen, rischia di sospendere la produzione in un importante stabilimento a causa della carenza di semiconduttori, provocata dal sequestro di un produttore di chip di proprietà cinese da parte dei Paesi Bassi. Lo riporta il tabloide tedesco Bild, citando fonti anonime.
A fine settembre, il governo olandese ha preso il controllo dello stabilimento Nexperia di Nimega, adducendo problemi legati alla proprietà intellettuale e alla sicurezza. La settimana scorsa, il New York Times, dopo aver esaminato documenti di un tribunale di Amsterdam, ha rivelato che la decisione è stata influenzata dalle pressioni di funzionari statunitensi.
Wingtech, la società madre di Nexperia, è stata inserita nella lista nera di Washington nel 2024, nell’ambito della guerra commerciale con la Cina.
All’inizio di ottobre, Pechino ha reagito vietando a Nexperia l’esportazione di chip finiti dalla Cina, componenti essenziali per le centraline elettroniche dei veicoli Volkswagen.
Mercoledì la Bild ha riferito che Volkswagen, proprietaria anche di Skoda, Seat, Audi, Porsche, Lamborghini e Bentley, non sembra avere attualmente alternative ai chip di Nexperia. Fonti interne hanno indicato che, a causa della carenza di semiconduttori, la produzione nello stabilimento di Volsburgo potrebbe essere interrotta a partire da mercoledì prossimo, iniziando con la Volkswagen Golf e poi estendendosi ad altri modelli.
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Se la situazione non dovesse migliorare, la sospensione della produzione potrebbe riguardare anche gli stabilimenti di Emden, Hannover, Zwickau e altri, secondo una fonte informata.
Secondo il rapporto, Volkswagen ha avviato negoziati con le autorità tedesche per un programma di riduzione dell’orario di lavoro, sostenuto dallo Stato, per decine di migliaia di dipendenti.
Bild ha avvertito che la crisi dei chip potrebbe colpire anche altre case automobilistiche tedesche. Rappresentanti di BMW e Mercedes hanno dichiarato al giornale di stare monitorando la situazione. L’industria automobilistica tedesca è già in difficoltà a causa degli elevati costi energetici, legati alle sanzioni dell’UE contro la Russia per il conflitto in Ucraina, e all’aumento dei dazi americani.
Un portavoce dello stabilimento Volkswagen di Zwickau ha definito «errato» il rapporto di Bild, secondo quanto riferito all’agenzia AFP. Tuttavia, una lettera interna visionata dalla stampa ha ammesso che «non si possono escludere ripercussioni sulla produzione a breve termine» a causa della carenza di semiconduttori.
La tensione nelle relazioni Washington-Pechino, in ispecie con riguardo i microchip – che costituiscono, almeno per il momento, lo «scudo» contro l’invasione di Taiwan da parte dell’Esercito di Liberazione del Popolo della Repubblica Popolare Cinese – tocca sempre più apertamente non solo Cina e USA, ma l’intera economia mondiale, con effetti devastanti sull’Europa, che non è riuscita, nonostante i tentativi, di crearsi una sua autonomia sovrana sulla produzione di questo componente essenziale.
Come riportato da Renovatio 21, l’anno scorso era emerso che le fabbriche di semiconduttori con tecnologia avanzata olandese presenti a Taiwan potrebbero essere spente da remoto nel caso di invasione dell’isola da parte di Pechino. In particolare si tratterebbe delle fabbriche del colosso Taiwan Semiconductor Manufacturing Company (TSMC), che impiega tecnologie ultraviolette di estrema precisione (chiamate in gergo EUV) fornite da un’azienda olandese, la ASML. Tali macchine, grandi come un autobus e dal costo di circa 217 milioni di dollari cadauna, utilizzano onde luminose ad alta frequenza per stampare i chip più avanzati al mondo.
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Immagine di Michael Barera via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 4.0 International
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