Storia
L’ufficio di Netanyahu spiega che che il suo riferimento al genocidio di Amalek è stato frainteso
L’ufficio del primo ministro israeliano ha definito come assurdo che il Sudafrica – il quale ha trascinato lo Stato Ebraico alla Corte Penale Internazionale dell’Aia – abbia interpretato il riferimento del primo ministro Benjamin Netanyahu ad «Amalek» come prova di un intento genocida contro i palestinesi.
Inoltre, «l’accusa falsa e assurda del Sudafrica riflette una profonda ignoranza storica», che va corretto spiegando che era solo un modo per descrivere il feroce attacco di Hamas del 7 ottobre, e certamente non come un appello a omicidi sfrenati.
La Bibbia scrive «Ricordati di ciò che ti ha fatto Amalek» (Deuteronomio, 25, 17), quindi il premier israeliano stava semplicemente rammentando al Paese e ai soldati che il feroce attacco di Hamas del 7 ottobre era simile a quello che avevano condotto sugli antichi ebrei gli amaleciti.
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Tuttavia, ciò che il Netanyahu aveva effettivamente detto era che Hamas era un nemico incomparabilmente crudele e che Israele è «impegnato a eliminare completamente questo male dal mondo. Devi ricordare ciò che Amalek ti ha fatto, dice la nostra Sacra Bibbia. E ricordiamo».
Netanyahu pare sorvolare sul fatto il passaggio contiene poi il comando di re Saul di distruggere tutto, di «va’ dunque e colpisci Amalek e vota allo sterminio quanto gli appartiene, non lasciarti prendere da compassione per lui, ma uccidi uomini e donne, bambini e lattanti, buoi e pecore, cammelli e asini» (1Samuele 15, 3).
Si tratta forse del versetto più cruento dei 23.000 versetti nell’Antico Testamento, e quando si parla di Amalek ancora oggi si intende come di un nemico di cui è chiesto lo sterminio.
L’Ufficio del Primo Ministro prosegue offrendo altre due citazioni: un riferimento è fatto ad Amalek nel museo dell’Olocausto Yad Vashem, un altro a un memoriale all’Aia stessa per gli ebrei olandesi assassinati durante l’Olocausto. E conclude: «ovviamente nessuno dei due riferimenti è un incitamento al genocidio del popolo tedesco. Quindi anche il riferimento del Primo Ministro Netanyahu ad Amalek non è stato un incitamento al genocidio dei palestinesi, ma una descrizione delle azioni assolutamente malvagie perpetrate dai terroristi genocidi di Hamas il 7 ottobre e della necessità di affrontarli».
L’ufficio del primo ministro vorrebbe anche ignorare, ingenuamente, che la presentazione del Sudafrica alla Corte Penale Internazionale ha mostrato che i soldati israeliani fanno qualcosa di più che «affrontare» i palestinesi: sono stati mostrati soldati che, dopo aver sterminato alcuni palestinesi e raso al suolo parte di Gaza, ballano e cantano sulla loro missione di «spazzare via il seme di Amalek».
Insomma, il Netanyahu su Amalek cade dalle nuvole. E vuole che ci crediamo tutti.
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Riguardo al fatto che mai è stato pensato un genocidio del popolo tedesco in vendetta allo sterminio ebraico durante la Seconda Guerra Mondiale, ci sono alcuni episodi che fanno pensare che non tutti gli ebrei pensassero di lasciar correre. Comparve infatti alla fine del conflitto, un gruppo chiamato Nakam, il cui nome significa «vendetta» in ebraico, composto da circa cinquanta sopravvissuti all’Olocausto.
Nel 1945, questi individui pianificarono e cercarono di compiere atti di vendetta contro i civili tedeschi ed ex-nazisti come risposta allo sterminio di sei milioni di ebrei durante l’Olocausto. La guida del gruppo, Abba Kovner guidava il gruppo, perseguiva l’obiettivo di eliminare indiscriminatamente sei milioni di tedeschi, ispirandosi allo slogan «una nazione per una nazione».
Il Kovner si recò personalmente nella Palestina mandataria per ottenere grandi quantità di veleno, con l’intenzione di contaminare le condutture idriche al fine di causare la morte di un gran numero di tedeschi. Secondo i piani, il veleno sarebbe poi stato infiltrato nel sistema idrico di Norimberga.
Tuttavia, al suo ritorno in Europa, Kovner fu arrestato dagli inglesi e costretto a liberarsi del veleno.
Il concetto che la Germania fosse identificabile con Amalek poteva avere una certa diffusione presso gli ebrei ortodossi europei tra il XIX e il XX secolo. Alcuni sostengono che esiste una profezia talmudica sul ruolo della Germania nel libro di Megillah, il decimo trattato delle mishna (le tradizioni orali ebraiche), con gli amaleciti che verrebbero quindi associati ai tedeschi.
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Immagine di pubblico dominio CC0 via Wikimedia
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Le origini della CIA e la nascita delle operazioni coperte
Nel suo saggio storico Disciples lo scrittore e giornalista Douglas Waller racconta come Richard Helms (1913-2002), agente segreto e futuro direttore della CIA, spiegasse come la lega dei gentleman – come William J. «Wild Bill» Donovan (1883-1959) amava chiamarla – conteneva vari disadattati sociali e diversi annoiati uomini d’affari di Wall Street in cerca d’azione.
Secondo Helms probabilmente il servizio segreto americano OSS aveva avuto un minimo effetto sulla guerra, si sarebbe potuta vincere anche senza di esso ma nonostante questo Donovan aveva dato prova di essere un leader e un visionario. Il generale aveva avuto il merito di far conoscere il Pentagono e gli americani nel difficile mondo della guerra non convenzionale.
Con la fine della seconda guerra mondiale, il presidente Harry S. Truman (1884-1972) sciolse l’OSS. La battaglia per la gestione dell’Intelligence nel mondo tra Donovan e J. Edgar Hoover (1895-1972) si risolse in un pareggio a reti inviolate. Ne trasse vantaggio Allen W. Dulles (1893-1969) che inizialmente formò la parte più clandestina con l’aiuto di Frank Wisner (1909-1965) ed infine ne prese formale controllo diventandone direttore.
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Allen Dulles, assieme anche a suo fratello John Foster Dulles (1888-1959) che ricoprì parallelamente l’incarico di segretario di Stato con Dwight D. Eisenhower (1890-1966), concorse a determinare quasi due decenni di politica estera americana. La sua esperienza come spia però venne plasmata agli ordini di Donovan a capo dell’ufficio svizzero e come molti altri colleghi ebbe un rapporto difficile con Wild Bill nonostante la stima reciproca.
Un editorialista scrisse che Donovan aveva avuto una vita da cavaliere medievale, o forse quello che più poteva avvicinarsi per il mondo americano a quell’ideale romantico di stampo prettamente europeo. Scappato dalla povertà della comunità irlandese di Buffalo, visse gli anni del college come quarterback della squadra di football, si laureò alla Columbia in classe con Franklin Roosevelt (1882-1945), venne insignito della medaglia al valor militare per eroismo durante la Grande guerra e divenne miliardario come avvocato di Wall Street.
All’alba della seconda guerra mondiale Roosevelt gli diede l’incarico di formare i servizi segreti americani, quello che poi venne chiamato OSS. Sotto il suo comando assemblò una macchina da più di 10 mila spie, organizzazioni paramilitari, propagandisti e analisti che combatterono l’Asse ovunque nel mondo.
Donovan considerava Dulles, nell’immediato dopoguerra, la sua migliore spia. Ma allo stesso modo aveva sempre sospettato che Dulles pensasse di poter gestire meglio l’OSS di quanto non stesse facendo lui, e non a torto. Inoltre Donovan aveva sempre sospettato che Dulles pensasse di volergli prendere il posto prima o poi, e anche qui non a torto.
Allo stesso modo di Donovan, Dulles, era convinto che il fine giustificasse i mezzi ed era necessario violare le rigide strutture etiche della società per una giusta causa. Dulles reclutò le menti più brillanti, più idealiste, più avventurose d’America e le spedì in giro per il mondo a combattere il comunismo come Donovan aveva fatto per il nazismo qualche anno prima. Li accomunava lo stesso trasporto per le spericolate missioni clandestine e la stessa insofferenza per quelle che non reputavano interessanti. Nonostante non l’avrebbe mai ammesso, l’esperienza nell’OSS durante la guerra l’aveva formato per la vita.
Successivamente alla resa tedesca, Donovan mandò Dulles a Wiesbaden con l’ordine di gestire Germania, Svizzera, Austria e Cecoslovacchia. L’americano stabilì la sede centrale nella fabbrica della Henkell Trocken Champagne a Wiesbaden che, nonostante bombardata, oltre a mantenere attiva la produzione, aveva ancora le cantine sufficientemente gremite di spumante.
Dulles in Wiesbaden portò vari agenti dei servizi e organizzò un sistema di raccolta informazioni e di reclutamento di nuovi agenti esteri a tempo pieno. L’idea dell’americano era quella di mantenere l’intelligence in vita sotto al suo comando. Per questo si circondò di analisti come Arthur M. Schlesinger Jr. (1917-2007) all’epoca agente dell’OSS, vari agenti del controspionaggio e in più tutta una serie di ufficiali esperti in medicina, comunicazioni e amministrazione. Helms e Ides Van der Gracht gestivano la sezione spionaggio, dopo il rifiuto al ruolo di capo dell’intelligence di William J. Casey (1913-1987) la posizione venne affidata a Frank Wisner (1909-1965).
La conferenza di Potsdam nell’estate del 1945 sancì l’inizio della guerra fredda. La paranoia di Stalin sulla rinascita della Germania e delle elezioni libere nei Paesi dell’Est Europa andava di pari passo con la sua profonda sfiducia verso le mosse americane. Gli States non avrebbero potuto capire quel momento senza mantenere una presenza fissa in Europa. Berlino divenne il centro di gravità permanente dell’intelligence del dopoguerra e così da Wiesbaden l’ufficio venne traslocato nella capitale tedesca.
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Spiare i Russi divenne la priorità per tutta l’agenzia di Dulles a Berlino. Ma venne il giorno in cui Truman avvisò che sarebbe stata creata una nuova agenzia e che l’OSS sarebbe stata soppressa. I fondi a Berlino vennero tagliati e il morale allo stesso modo calò in maniera direttamente proporzionale al passare del tempo finché Dulles per primo non rassegnò le dimissioni e ritornò in America.
Allen Dulles ritornato alla sua carriera da avvocato non riuscì ad abbandonare l’entusiasmo per gli affari internazionali. Crebbe la sua vicinanza con Truman che gli offrì un ruolo da ambasciatore ma venne convinto dal fratello Foster a non accettare seguendo in questo modo la sua aspirazione maggiore. In seguito a un rapporto che scrisse per Truman dove delineò i problemi che stava avendo la CIA nella sua breve nuova vita, gli venne richiesto, in risposta, di gestire le operazioni clandestine.
Il passaggio successivo, dopo un breve periodo, divenne quello di ottenere il ruolo di vice direttore della CIA sotto il generale Walter Bedell Smith (1895-1961). La disciplina marziale richiesta ai suoi subordinati non si accostava al giovane Dulles con il quale nacquero diverse incomprensioni. Nel momento in cui Dwight Eisenhower divenne presidente, nominò sottosegretario il generale Bedell Smith sotto John Foster Dulles che divenne il nuovo segretario di stato.
La potenza di fuoco di John Foster consegnò in mano al fratello il ruolo tanto agognato di direttore della CIA. Bedell Smith, si oppose alla nomina di Dulles considerando la sua passione per le operazioni coperte nociva per l’agenzia e l’intera politica estera americana. Donovan, che si era speso moltissimo con «Ike» Eisenhower per ottenere la carica, allo stesso modo predisse che il suo sottoposto al tempo dell’OSS avrebbe mandato tutto all’aria.
Nonostante le gufate dei suoi ex colleghi, Allen assieme al fratello condussero per un’intera decade la politica estera americana fino all’ascesa politica di John Fitzgerald Kennedy alla presidenza e al disastro della Baia dei Porci del 1962.
Marco Dolcetta Capuzzo
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