Geopolitica
L’UE sospende la candidatura della Georgia come punizione per la legge sugli agenti stranieri
In seguito alla decisione della Georgia di procedere con la sua legge sulla trasparenza – detta anche legge sugli «agenti stranieri» – che limita i finanziamenti esteri alle attività politiche, l’UE ha annunciato oggi di aver sospeso il processo di adesione della Georgia al blocco di Bruxelles.
Pavel Gerchinsky, ambasciatore dell’UE in Georgia, ha citato esplicitamente la cosiddetta legge sugli «agenti stranieri» come motivo della mossa di Bruxelles.
«Le intenzioni dell’attuale governo georgiano non sono chiare ai leader dell’UE. La legge sulla trasparenza dell’influenza straniera è chiaramente un passo indietro» ha dichiarato il Gerchinsky annunziando la sospensione, secondo l’agenzia RIA Novosti.
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Il governo Kobakhidze aveva ritenuto che le leggi sulla trasparenza che proteggono dalla sovversione delle pratiche democratiche aiutassero la Georgia a soddisfare i requisiti dell’UE. Lo status di candidato all’UE era stato concesso dal Consiglio europeo lo scorso dicembre.
In aggiunta, sarebbe stato congelato anche un pagamento di 30 milioni di euro, assegnato dal Consiglio europeo al Ministero della Difesa georgiano nel maggio 2023.
L’ambasciatore Gerchinsky non ha citato esplicitamente la fallita minaccia di omicidio, ma sembra aver alluso alla denuncia pubblica da parte di Kobakhidze della minaccia dell’UE. «Inoltre, la retorica antioccidentale e antieuropea è del tutto incompatibile con l’obiettivo dichiarato di aderire all’Unione Europea. Purtroppo per ora l’adesione della Georgia all’Unione Europea è stata sospesa» ha aggiunto il diplomatico bruxellita.
Infine, Gerchinsky ha espresso la speranza che le elezioni di ottobre portino a un nuovo governo a Tbilisi e, «qualunque esso sia», esso possa nuovamente «iniziare un lavoro serio» verso l’integrazione europea.
Vari osservatori notano come tali parole potrebbero indicare che si possa considerare come un elemento chiave di tale «lavoro serio» il consentire al denaro straniero di controllare segretamente le operazioni politiche all’interno della Georgia, in modo da poter manipolare e controllare il governo in carica, qualsiasi colore partitico abbia.
Il governo di Kobakhidze aveva ritenuto, forse ingenuamente, che le leggi sulla trasparenza che proteggono dalla sovversione delle pratiche democratiche aiutassero la Georgia a soddisfare i requisiti dell’UE.
Come riportato da Renovatio 21, il primo ministro georgiano Irakli Kobakhidze ha promesso di resistere alle pressioni delle forze politiche che cercano di «ucrainizzare» il Paese, insistendo sul fatto che il suo governo non permetterà che ciò accada.
La legge sugli agenti stranieri ha provocato scontri e botte dentro e fuori dal Parlamento di Tbilisi.
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Lo scorso settembre i Servizi Sicurezza di Stato (SSS) Georgiani avevano pubblicato un comunicato in cui si affermava che il Paese si trova ad affrontare la minaccia di violenti disordini orchestrati dalla cerchia ristretta dell’ex presidente Mikheil Saakashvili e «attraverso il coordinamento e il sostegno finanziario dei Paesi esteri», in pratica una Maidan georgiana.
I servizi scrissero che i disordini potevano essere causati da persona della «Legione georgiana» operante nel teatro di guerra ucraino attuale.
La Georgia ad inizio degli anni 2000 è stata teatro di una «rivoluzione colorata», la cosiddetta «rivoluzione delle rose», guidata da Mikheil Saakashvili, personaggio politico ora in carcere, dopo essere fuggito in Ucraina dove il presidente Poroshenko lo aveva fatto governatore dell‘oblast’ di Odessa.
Secondo quanto riportato, all’epoca l’Open Society Institute (OSI), finanziato da George Soros, sosteneva Mikheil Saakashvili e una rete di organizzazioni filo-democratiche. L’OSI ha inoltre pagato un certo numero di studenti attivisti affinché andassero in Serbia e imparassero dai serbi che avevano contribuito a rovesciare Slobodan Milosevic nel 2000. I promotori della democrazia occidentale hanno anche diffuso sondaggi di opinione pubblica e analizzato i dati elettorali in tutta la Georgia.
Una significativa fonte di finanziamento per la Rivoluzione delle Rose fu quindi la rete di fondazioni e ONG associate al finanziere miliardario ungherese-americano George Soros. La Fondazione per la Difesa delle Democrazie riporta il caso di un ex parlamentare georgiano che ha sostenuto che nei tre mesi precedenti la Rivoluzione delle Rose, «Soros ha speso 42 milioni di dollari per rovesciare Shevardnadze».
«Queste istituzioni sono state la culla della democratizzazione, in particolare la Fondazione Soros… tutte le ONG che gravitano attorno alla Fondazione Soros hanno innegabilmente portato avanti la rivoluzione. Tuttavia, non si può concludere la propria analisi solo con la rivoluzione e si vede chiaramente che, in seguito, la Fondazione Soros e le ONG sono state integrate al potere» ha dichiarato alla rivista dell’Istituto Francese per la Geopolitica Herodote l’ex ministro degli Esteri Salomé Zourabichvili, ora presidente della Georgia.
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Immagine di Jelger Groeneveld via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 2.0 Generic
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Geopolitica
Putin sostiene Maduro nella situazione di stallo con gli Stati Uniti
Il presidente russo Vladimir Putin ha rinnovato il suo pieno appoggio al presidente venezuelano Nicolás Maduro, nonostante l’intensificazione della presenza militare statunitense nei Caraibi.
I due leader hanno evidenziato l’eccezionale solidità dei rapporti tra Mosca e Caracas nel corso di una telefonata avvenuta giovedì. Secondo quanto riferito dal Cremlino, Putin «ha espresso solidarietà al popolo venezuelano e ha ribadito il proprio sostegno alla ferma determinazione del governo guidato da Maduro nel difendere la sovranità nazionale e gli interessi del Paese dalle ingerenze esterne».
I presidenti hanno confermato l’impegno a dare piena attuazione al trattato di partenariato strategico firmato lo scorso maggio.
Dal canto suo, il governo venezuelano ha fatto sapere che Putin e Maduro hanno sottolineato «la natura strategica, solida e in costante crescita delle relazioni bilaterali» e che il leader russo ha manifestato il proprio sostegno agli sforzi di Maduro volti a «rafforzare la pace, la stabilità politica e lo sviluppo economico».
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La telefonata è arrivata pochi giorni dopo il sequestro, da parte degli Stati Uniti, di una petroliera salpata da un porto venezuelano all’inizio del mese. La procuratrice generale statunitense Pam Bondi ha dichiarato che la nave era già stata sanzionata in passato per aver presumibilmente trasportato petrolio iraniano.
Caracas ha definito l’operazione «un atto di pirateria» e ha accusato Washington di voler «saccheggiare» le risorse naturali venezuelane.
Da settembre gli Stati Uniti hanno dispiegato una flotta navale nei Caraibi e hanno fermato oltre venti imbarcazioni sospettate di traffico di droga in acque internazionali. Secondo quanto riportato da Reuters, l’amministrazione americana si starebbe preparando a intercettare ulteriori navi che trasportano greggio venezuelano nell’ambito della campagna di massima pressione contro Maduro, accusato dal presidente Donald Trump di collusione con i cartelli della droga.
Maduro ha respinto categoricamente ogni legame del suo governo con il narcotraffico, ha promesso di difendere il Paese da una eventuale invasione e ha bollato le azioni di Washington come «colonialiste», avvertendo che potrebbero scatenare «una guerra folle» nella regione.
Come riportato da Renovatio 21, due settimane fa si era parlato di una telefonata segreta tra Trump e Maduro.
Gli Stati Uniti hanno offerto una taglia di 50 milioni di dollari per informazioni che conducano all’arresto o alla condanna di Maduro, ritenuto dagli americani a capo di una ghenga narcoterrorista.
Diverse notizie della scorsa settimana indicano che Washington stia pianificando operazioni in Venezuela e abbia identificato potenziali bersagli legati al presunto narcotraffico. Gli USA avrebbero schierato nella zona circa 16.000 soldati e otto navi da guerra della Marina.
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Il Venezuela ha stigmatizzato il rinforzo militare come violazione della sovranità e tentativo di golpe. Il governo venezuelano starebbe cercando appoggio da Russia, Cina e Iran. Mosca ha di recente riaffermato la sua alleanza con Caracas, esprimendo pieno sostegno alla leadership del Paese nella difesa della propria integrità. Mosca ha accusato il mese scorso Washington di preparare il golpe in Venezuela.
Come riportato da Renovatio 21, Maduro, che avrebbe offerto ampie concessioni economiche agli USA per restare al potere, sarebbe stato oggetto di un tentativo di rapimento tramite il suo pilota personale.
Trump nelle scorse settimane ha ammesso di aver autorizzato le operazioni CIA in Venezuela. Di piani CIA per uccidere il presidente venezuelano il ministro degli Interni del Paese aveva parlato lo scorso anno.
Come riportato da Renovatio 21, Maduro aveva denunciato l’anno scorso la presenza di mercenari americani e ucraini in Venezuela. «Gli UA finanziano Sodoma e Gomorra» aveva detto.
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Immagine di President of Russia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 4.0 International (CC BY 4.0)
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