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Geopolitica

L’UE prende di mira il capo della Chiesa russa con nuove sanzioni

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In un osceno affronto alla libertà religiosa, l’Unione europea propone di aumentare le sanzioni contro il patriarca Cirillo, a capo del patriarcato ortodosso di Mosca, sostenendo che sarebbe uno dei più importanti sostenitori della guerra russa in Ucraina.

 

Secondo il sito Politico, il Cirillo I di Mosca è accusato in un documento altrimenti segreto del servizio estero dell’UE, il Servizio europeo per l’azione esterna (SEAE), di essere «uno dei più importanti sostenitori dell’aggressione militare russa contro l’Ucraina», citando presumibilmente sermoni di guerra e osservazioni di Kirill, oltre alla sua benedizione per i soldati russi che combattono in Ucraina.

 

Il Patriarca ha confutato queste accuse dell’UE, in risposta a Papa Francesco, che ha insultato il Patriarca in un’intervista pubblicata il 3 maggio sul Corriere della Sera. Bergoglio ha detto al quotidiano italiano che quando i due si erano espressi da Zoom il 16 marzo, il Patriarca Kirill aveva letto per lui una lista di «giustificazioni della guerra», a cui Francesco, privo come sempre di qualsiasi pensiero storico e diplomatico, aveva risposto che «il patriarca non può trasformarsi nel chierichetto di Putin.».

 

Francesco ha riferito che i due leader religiosi avevano un incontro programmato per il 14 giugno a Gerusalemme, che sarebbe stato il loro secondo faccia a faccia dopo quello cubano di qualche anno fa, «niente a che vedere con la guerra. Ma adesso anche lui è d’accordo: fermiamoci, potrebbe essere un segnale ambiguo», ha detto al Corriere.

 

L’ufficio del Patriarca ha rilasciato una dichiarazione decisamente più diplomatica:

 

«È deplorevole che un mese e mezzo dopo il colloquio con il patriarca Kirill, papa Francesco abbia scelto il tono sbagliato per trasmettere il contenuto di questo colloquio. È improbabile che tali dichiarazioni contribuiscano all’instaurazione di un dialogo costruttivo tra le Chiese cattolica romana e ortodossa russa, che è particolarmente necessario in questo momento».

 

Secondo l’agenzia di stampa governativa russa TASS, il Patriarca aveva raccontato al Papa alcuni fatti che erano stati completamente ignorati o che avevano avuto solo un accenno superficiale nei media occidentali, come il fatto che il conflitto era iniziato dal colpo di stato del 2014 a Kiev; i tragici eventi del 2 maggio 2014 a Odessa quando i gruppi nazisti hanno causato la morte di 40-50 cittadini ucraini di lingua russa; la promessa dell’Occidente nel 1990 di non espandere la NATO, etc.

 

Il Patriarca ha sottolineato che il suo gregge si trova su entrambi i lati del conflitto e la situazione gli ha causato grande dolore. Ha esortato a mettere da parte la geopolitica e a cercare modi in cui i leader della chiesa possano aiutare le parti in conflitto a raggiungere la pace e la giustizia.

 

Le sanzioni contro il patriarca russo costituiscono un altro tentativo di tagliare un canale al dialogo, oltre che di eliminare una voce contraria al mondialismo spirituale: ancora brucia, nel cuore della perversione apolide, il sermone di Kirill sulla «lotta metafisca» in corso, dove citava la decadenza occidentale rappresentata dai Gay Pride.

 

Inoltre, è ben visibile sui media la demonizzazione il leader della più grande Chiesa ortodossa del mondo.

 

In un programma mattutino della TV nazionale italiana, qualche giorno fa un presentatore, che intervistava un presunto esperto, esprimeva dubbi su una presunta passione di Cirillo per gli orologi da collezione, alcuni anche molto costosi, avvisava il conduttore catodico, che riteneva la cosa strana per i canoni cattolici.

 

Informiamo ufficialmente il tizio, e tutta la banda improvvisa di anti-ortodossi, che anche cardinali, vescovi e sacerdoti cattolici fanno collezioni interessanti, ma non diciamo di cosa. Cercate la risposta sull’app Grindr. Oppure, chiedete pure a monsignor McCarrick.

 

Poi, vergognatevi.

 

 

 

Immagine di President of Russia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 4.0 International (CC BY 4.0) 

 

 

 

 

 

 

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Geopolitica

La Cina snobba il ministro degli Esteri tedesco

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Il ministro degli Esteri tedesco Johann Wadephul ha dovuto cancellare un viaggio previsto in Cina dopo che Pechino si sarebbe rifiutata di organizzare incontri di alto livello con lui, secondo quanto riportato venerdì da diversi organi di stampa.

 

Il Wadephul sarebbe dovuto partire per Pechino domenica per discutere delle restrizioni cinesi sull’esportazione di terre rare e semiconduttori, oltre che del conflitto in Ucraina.

 

«Il viaggio non può essere effettuato al momento e sarà posticipato a data da destinarsi», ha dichiarato un portavoce del Ministero degli Esteri tedesco, citato da Politico. Il Wadephullo avrebbe dovuto incontrare il ministro degli Esteri cinese Wang Yi, ma l’agenda prevedeva troppo pochi incontri di rilievo.

 

Secondo il tabloide germanico Bild, i due diplomatici terranno presto una conversazione telefonica.

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Questo intoppo diplomatico si inserisce in un contesto di crescenti tensioni commerciali tra Cina e Unione Europea. Nell’ultimo anno, Bruxelles e Pechino si sono scontrate sulla presunta sovrapproduzione industriale cinese, mentre la Cina accusa l’UE di protezionismo.

 

All’inizio di questo mese, Pechino ha rafforzato le restrizioni sull’esportazione di minerali strategici con applicazioni militari, una mossa che potrebbe aggravare le difficoltà del settore automobilistico europeo.

 

La Germania è stata particolarmente colpita dal deterioramento del clima commerciale.

 

Come riportato da Renovatio 21, la Volkswagen sospenderà la produzione in alcuni stabilimenti chiave la prossima settimana a causa della carenza di semiconduttori, dovuta al sequestro da parte dei Paesi Bassi del produttore cinese di chip Nexperia, motivato da rischi per la sicurezza tecnologica dell’UE. In risposta, Pechino ha bloccato le esportazioni di chip Nexperia dalla Cina, causando una riduzione delle scorte che potrebbe portare a ulteriori chiusure temporanee di stabilimenti Volkswagen e colpire altre case automobilistiche, secondo il quotidiano.

 

Venerdì, il ministro dell’economia Katherina Reiche ha annunciato che Berlino presenterà una protesta diplomatica contro Pechino per il blocco delle spedizioni di semiconduttori, sottolineando la forte dipendenza della Germania dai componenti cinesi.

 

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Immagine di UK Government via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 2.0 Generic

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Geopolitica

Vance in Israele critica la «stupida trovata politica»: il voto di sovranità sulla Cisgiordania è stato un «insulto» da parte della Knesset

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La proposta di applicare la sovranità israeliana sulla Cisgiordania occupata, considerata da molti come un’equivalente all’annessione totale del territorio palestinese, ha suscitato una forte condanna internazionale, incluso un netto dissenso da parte degli Stati Uniti.   Il disegno di legge ha superato di stretta misura la sua lettura preliminare martedì, con 25 voti a favore e 24 contrari nella Knesset, composta da 120 membri. La proposta passerà ora alla Commissione Affari Esteri e Difesa per ulteriori discussioni.   Una dichiarazione parlamentare afferma che l’obiettivo del provvedimento è «estendere la sovranità dello Stato di Israele ai territori di Giudea e Samaria (Cisgiordania)».   Il momento del voto è stato significativo e provocatorio, poiché è coinciso con la visita in Israele del vicepresidente J.D. Vance, impegnato in discussioni sul cessate il fuoco a Gaza e sul centro di coordinamento gestito dalle truppe statunitensi e dai loro alleati, incaricato di supervisionare la transizione di Gaza dal controllo di Hamas. Vance ha percepito la tempistica del voto come un gesto intenzionale, accogliendolo con disappunto.

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Anche il Segretario di Stato Marco Rubio, in visita in Israele questa settimana, ha espresso critiche prima di lasciare il Paese mercoledì, dichiarando che il disegno di legge sull’annessione «non è qualcosa che appoggeremmo».   «Riteniamo che possa rappresentare una minaccia per l’accordo di pace», ha detto Rubio, in linea con la promozione della pace in Medio Oriente sostenuta ripetutamente da Trump. «Potrebbe rivelarsi controproducente». Vance ha ribadito che «la Cisgiordania non sarà annessa da Israele» e che l’amministrazione Trump «non ne è stata affatto soddisfatta», sottolineando la posizione ufficiale.   Vance, considerato il favorito per la prossima candidatura presidenziale repubblicana dopo Trump, probabilmente ricorderà questo episodio come un momento frustrante e forse irrispettoso, specialmente in un contesto in cui la destra americana appare sempre più divisa sulla politica verso Israele.   Si dice che il primo ministro Netanyahu non sia favorevole a spingere per un programma di sovranità, guidato principalmente da politici oltranzisti legati ai coloni. In una recente dichiarazione, il Likud ha definito il voto «un’ulteriore provocazione dell’opposizione volta a compromettere i nostri rapporti con gli Stati Uniti».   «La vera sovranità non si ottiene con una legge appariscente, ma con un lavoro concreto sul campo», ha sostenuto il partito.   Tuttavia, è stata la reazione di Vance a risultare la più veemente, definendo il voto una «stupida trovata politica» e un «insulto», aggiungendo che, pur essendo una mossa «solo simbolica», è stata «strana», specialmente perché avvenuta durante la sua presenza in Israele.   Come riportato da Renovatio 21, Trump ha minacciato di togliere tutti i fondi ad Israele in caso di annessione da parte dello Stato Giudaico della West Bank, che gli israeliani chiamano «Giudea e Samaria».  

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Immagine di pubblico dominio CC0 via Wikimedia
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Geopolitica

Trump minaccia di togliere i fondi a Israele se annette la Cisgiordania

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Israele «perderebbe tutto il sostegno degli Stati Uniti» in caso di annessione della Giudea e della Samaria, nome con cui lo Stato Ebraico chiama la Cisgiordania, ha detto il presidente USA Donald Trump.

 

Trump ha replicato a un disegno di legge controverso presentato da esponenti dell’opposizione di destra alla Knesset, il parlamento israeliano, che prevede l’annessione del territorio conteso come reazione al terrorismo palestinese.

 

Il primo ministro Benjamin Netanyahu, sostenitore degli insediamenti ebraici in quell’area, si oppone al provvedimento, poiché rischierebbe di allontanare gli Stati arabi e musulmani aderenti agli Accordi di Abramo e al cessate il fuoco di Gaza.

 

Netanyahu ha criticato aspramente il disegno di legge, accusando i promotori di opposizione di una «provocazione» deliberata in concomitanza con la visita del vicepresidente statunitense J.D. Vance. (Lo stesso Vance ha qualificato il disegno di legge come un «insulto» personale)

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«I commenti pubblicati giovedì dalla rivista TIME sono stati espressi da Trump durante un’intervista del 15 ottobre, prima dell’approvazione preliminare alla Knesset di mercoledì – contro il volere del primo ministro – di un disegno di legge che estenderebbe la sovranità israeliana a tutti gli insediamenti della Cisgiordania» ha scritto il quotidiano israeliano Times of Israel.

 

Evidenziando l’impazienza dell’amministrazione verso tali iniziative, il vicepresidente di Trump, J.D. Vance, ha dichiarato giovedì, lasciando Israele, che il voto del giorno precedente lo aveva «offeso» ed era stato «molto stupido».

 

«Non accadrà. Non accadrà», ha affermato Trump a TIME, in riferimento all’annessione. «Non accadrà perché ho dato la mia parola ai Paesi arabi. E non potete farlo ora. Abbiamo avuto un grande sostegno arabo. Non accadrà perché ho dato la mia parola ai paesi arabi. Non accadrà. Israele perderebbe tutto il sostegno degli Stati Uniti se ciò accadesse».

 

Vance ha precisato che gli era stato descritto come una «trovata politica» e «puramente simbolica», ma ha aggiunto: «Si tratta di una trovata politica molto stupida, e personalmente la considero un insulto».

 

Gli Emirati Arabi Uniti, che hanno guidato i Paesi arabi e musulmani negli Accordi di Abramo, si oppongono da tempo all’annessione della Cisgiordania, sostenendo che renderebbe vani i futuri negoziati di pace nella regione.

 

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