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L’UE accusa Telegram di nascondere il numero dei suoi utenti

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Telegram sottostima i numeri dei suoi utenti per evitare di essere preso di mira dai regolatori dell’UE, ha affermato la vicepresidente della Commissione Europea per i valori e la trasparenza, Vera Jourova, che ha anche accusato Mosca di usare la piattaforma per diffondere «disinformazione» tra i residenti dell’UE di lingua russa, sostenendo che le nazioni baltiche, Polonia e Bulgaria sono tra le più esposte.

 

«Non mi fido di Telegram, non credo che abbiano solo 42 milioni di utenti», ha detto la Jourova in un’intervista con il quotidiano tedesco Suddeutsche Zeitung domenica scorsa. Ha aggiunto che la Commissione europea è convinta che il pubblico di Telegram ammonti a più di 45 milioni di persone, la soglia per il controllo normativo.

 

La Commissione sta attualmente valutando se sia il caso di indagare sulla piattaforma, ha rivelato Jourova.

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Il mese scorso, Bloomberg ha citato fonti anonime secondo cui i legislatori dell’UE stavano valutando di elencare Telegram, fondata dall’imprenditore russo cresciuto in Italia Pavel Durov meno di dieci anni fa, come una «piattaforma online molto grande».

 

La manovra avrebbe esposto la popolare app di messaggistica incentrata sulla privacy a una rigida regolamentazione della censura.

 

A febbraio 2024, Telegram aveva una media stimata di 41 milioni di utenti attivi mensili nell’UE nei sei mesi precedenti. La cifra è inferiore alla soglia richiesta affinché la piattaforma di social media sia soggetta a obblighi più specifici ai sensi del Digital Services Act (DSA) dell’UE. Il regolamento richiede alle aziende situate al di fuori del blocco di avere una rappresentanza legale in uno dei suoi stati membri.

 

La DSA, entrata in vigore a febbraio, consente alle autorità di regolamentazione del blocco di multare le piattaforme fino al 6% del loro fatturato annuo globale se si scopre che hanno infranto le sue regole. Il regolamento conferisce inoltre all’organismo di vigilanza dell’UE il diritto di vietare ai recidivi di operare nel blocco.

 

Secondo Durov, Telegram rispetta i diritti dei suoi utenti alla privacy e alla libertà di espressione. In un’intervista con il giornalista americano Tucker Carlson all’inizio di quest’anno, Durov ha affermato di aver respinto le richieste di Washington di condividere i dati degli utenti con le autorità statunitensi o di creare le cosiddette «backdoor» di sorveglianza nella piattaforma.

 

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Bruxelles ha già avviato indagini su X – cioè Twitter sotto la proprietà di Elon Musk – per presunte violazioni delle norme dell’UE in aree legate alla gestione del rischio, alla moderazione dei contenuti, ai dark pattern, alla trasparenza della pubblicità e all’accesso ai dati per i ricercatori. Indagini simili sono state aperte anche nei confronti di TikTok e Meta, quest’ultima società madre di Facebook, Instagram e WhatsApp.

 

A prendere di mira Telegram non sono solo le autorità europee.

 

Come riportato da Renovatio 21, lo scorso novembre anche il capo della sicurezza ucraino Oleksyj Danilov aveva espresso la volontà di vietare Telegram. I commenti del Danilov sono arrivate pochi giorni dopo che Telegram ha bloccato un canale accusato di incitamento a rivolte antiebraiche nella Repubblica russa meridionale del Daghestan. «Utro Dagestan» («Il Mattino daghestano»), un canale con 65.000 abbonati, è stato accusato di incitamento alla violenza antisemita.

 

Come riportato da Renovatio 21, tre settimane fa il tribunale nazionale spagnolo ha ordinato ai fornitori di servizi Internet di sospendere Telegram, in attesa di un’indagine sulle accuse di violazione del copyright. Qualche mese fa il segretario del Consiglio di sicurezza e difesa nazionale dell’Ucraina aveva dichiarato che Telegram è un servizio «pericoloso». L’app, insieme a TikTok è stata vietata per «terrorismo» in Somalia. Telegram è completamento bloccato in Cina e parzialmente in Iran.

 

Al tempo della pandemia la Germania aveva apertamente valutato la possibilità di chiudere Telegram, unico social che – di origine russa con server negli Emirati – pareva non censurare le opinioni degli utenti come invece facevano tutte le altre piattaforme. Nel 2022, il governo tedesco ha accusato Telegram di fornire una piattaforma per negazionisti del COVID-19 e «radicali di destra» e ha persino minacciato di bloccare l’app se la società dietro di essa non avesse collaborato con Berlino e fermato la diffusione dell’incitamento all’odio e dell’estremismo. Nel 2023 la Germania ha messo in galera un uomo per aver sostenuto la Russia su Telegram.

 

In Italia la questione Telegram era stata posta, su altre basi, all’inizio del lockdown 2020: gli editori italiani lamentarono che esistevano sull’app alcuni canali dove si potevano scaricare gratuitamente giornali e riviste – praticamente, un angolo di pirateria diffusa. La Federazione Italiana Editori Giornali (FIEG) chiese all’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni (AGCOM) di «un provvedimento esemplare e urgente di sospensione di Telegram, sulla base di un’analisi dell’incremento della diffusione illecita di testate giornalistiche sulla piattaforma che, durante la pandemia, ha raggiunto livelli intollerabili per uno Stato di diritto».

 

Come riportato da Renovatio 21, il Consiglio Europeo poche settimane fa ha annunciato l’approvazione di «squadre di risposta rapida» per combattere la «disinformazione».

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Immagine di Desiree Catani via Flickr pubblicata su licenza CC BY-NC-SA 2.0

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Internet

Incredibili video realizzati con l’IA lanciata da pochi giorni

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Il generatore di video basato sull’Intelligenza Artificiale Sora 2 di OpenAI ha debuttato la scorsa settimana e ha conquistato i social media con clip incredibilmente iperrealistiche che hanno fatto sì che gli spettatori si interrogassero su ciò che vedono online e hanno fatto sbiancare gli studi di Hollywood.   Gli utenti sembrano averci preso gusto a fare video sul defunto fisico tetraplegico Stephen Hopkins, anche crudelmente.      

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Un altro modulo molto popolare è quello di esseri che vengono fermati dalla polizia – il filmato è come da una bodycam delle forze dell’ordine – e scappano via subito: ecco un gatto, Spongebob, Mario, un ammasso di prosciutto a fette.    

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Il CEO di OpenAI Sam Altman viene beccato a rubare in un negozio, tutto visto da una telecamera di sorveglianza. L’uomo poi cucina Pikachu alla griglia.    

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Animali che rubano alimentari nei supermercati.    

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Piace Hitler che fa stand-up comedy con l’altrettanto (teoricamente) defunto Tupac, rapper ammazzato una trentina di anni fa ma che tutti per qualche ragione ricordano.   Lo Hitlerro dimostra di saperci fare con lo skateoboardo, e pure di saper rispondere a muso duro a Michael Jackson in un ambiente che ricorda le trasmissione trash di Jerry Springer.  

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Pare che SoraAI abbia messo un filtro che impedisce di creare episodi di South Park, che gli utenti hanno generato automaticamente a bizzeffe.     Non manca la finta pubblicità degli anni ’90 per un giocattolo basato sull’isola dei pedofili di Jeffrey Epstein, con l’action figure del miliardario e di altri personaggi orrendi – l’aereo privato Lolita Express è incluso.  

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Ecco, infine, il futuro: le fake news, ma nel senso vero. Telegiornali fatti con l’IA. Un motivo in più per non credere nemmeno a quelli veri.     Quindi: non è solo Hollywood che sarà sostituita, disintermediata, distrutto: è tutto quanto. È la realtà stessa che sta per venire divorata da simulacri iperreali eruttati ad ogni minuto dall’IA.

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  Immagine screenshot da Twitter
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Cina

Pechino condanna a morte 16 gestori dei centri per le truffe online in Birmania

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Renovatio 21 pubblica questo articolo su gentile concessione di AsiaNews. Le opinioni degli articoli pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21.

 

Il tribunale di Wenzhou ha giudicato colpevoli 39 imputati della famiglia Ming, originaria dello Stato Shan nel nord del Myanmar. Le accuse comprendono frode e traffico di droga con proventi stimati in oltre 10 miliardi di yuan. Tra i condannati a morte figurano il figlio e la nipote del patriarca Ming Xuechang, morto in circostanze controverse durante l’arresto. L’operazione si inserisce nella più ampia repressione di Pechino contro i gruppi criminali che operano in Myanmar.

 

Un tribunale cinese ha condannato a morte 16 membri della famiglia Ming, potente gruppo criminale della regione Kokang, nello Stato Shan del nord del Myanmar, coinvolto nei commerci illeciti legati ai centri per le truffe online, una questione a cui Pechino da tempo sta rispondendo con una dura repressione.

 

Secondo i media cinesi, il Tribunale intermedio di Wenzhou, nella provincia orientale di Zhejiang, ha riconosciuto colpevoli 39 imputati per 14 reati, tra cui frode, omicidio e lesioni volontarie. Le condanne sono state differenziate: 11 imputati hanno ricevuto la pena capitale immediata, cinque la condanna a morte con sospensione di due anni, 11 l’ergastolo e gli altri pene comprese tra i cinque e i 24 anni di carcere.

 

Per alcuni sono state inoltre disposte anche multe e la confisca dei beni.

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L’accusa ha ricostruito che, a partire dal 2015, la famiglia Ming ha sfruttato la propria influenza nella regione Kokang per costituire una fazione armata e creare diversi «parchi» composti da edifici dediti alle truffe online. I gruppi armati hanno stretto alleanze con altre bande per fornire protezione alle attività illecite del clan: truffe telefoniche, traffico di droga, prostituzione, gestione di casinò e giochi d’azzardo online. I proventi stimati da frodi e gioco d’azzardo superano i 10 miliardi di yuan, circa 1,4 miliardi di dollari, secondo l’accusa.

 

Al centro del processo è finita in particolare la «Crouching Tiger Villa», una base utilizzata per le truffe online di proprietà di Ming Xuechang, patriarca della famiglia. Il 20 ottobre 2023 le guardie del complesso aprirono il fuoco contro lavoratori che cercavano di fuggire: fra le vittime vi furono 14 cittadini cinesi, alcuni dei quali – secondo indiscrezioni non verificate – erano agenti di sicurezza sotto copertura inviati da Pechino.

 

Tra i condannati a morte figurano anche il figlio di Ming Xuechang, Ming Xiaoping (noto anche come Ming Guoping), e la nipote, Ming Zhenzhen. Non compare invece la figlia, Ming Julan, il cui arresto era stato annunciato in un primo momento ma non confermato nella successiva comunicazione ufficiale da parte della giunta birmana.

 

Il patriarca Ming Xuechang, 69 anni, era stato arrestato nel novembre 2023 insieme ad altri membri della famiglia, nel quadro della pressione esercitata da Pechino sul Myanmar per smantellare i sindacati criminali del Kokang.Secondo le autorità di Naypyidaw, Xuechang si sarebbe sparato durante l’arresto ed è morto in seguito per le ferite riportate. In passato era stato membro della Zona a statuto speciale del Kokang e deputato del parlamento statale dello Shan per l’Union Solidarity and Development Party (USDP), partito legato ai militari birmani.

 

Il caso della famiglia Ming si inserisce nella vasta campagna lanciata da Pechino contro le truffe telefoniche transnazionali. Il ministero della Pubblica sicurezza ha dichiarato che, solo nel periodo del 14° Piano quinquennale (2021-25), la polizia cinese ha risolto 1,74 milioni di casi di frode, smantellato oltre 2mila centri di truffe all’estero e arrestato più di 80mila sospetti.

 

In parallelo, anche la milizia legata a Pechino che controlla il Wa State, un’area anch’essa al confine tra Cina e Myanmar, ha di recente intensificato i rimpatri forzati verso la Cina: solo negli ultimi nove mesi sono state deportate 448 persone sospettate di frodi online, in una dozzina di operazioni coordinate con Pechino.

 

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Renovatio 21 offre questo articolo per dare una informazione a 360º. Ricordiamo che non tutto ciò che viene pubblicato sul sito di Renovatio 21 corrisponde alle nostre posizioni.

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Immagine da AsiaNews

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Internet

Israele paga gli influencer 7000 dollari a post sui social media USA

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Israele ha finanziato influencer per pubblicare contenuti sui social media al fine di migliorare la propria immagine negli Stati Uniti. Lo riporta la testata online Responsible Statecraft.   Come riportato da Renovatio 21, il primo ministro Benjamin Netanyahu ha recentemente evidenziato l’importanza dei creatori di contenuti per mantenere il supporto allo Stato Ebraico, incontrando, a margine della sua problematica apparizione all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, gli influencer filosionisti.   Martedì, Responsible Statecraft ha riportato che documenti presentati in conformità al Foreign Agents Registration Act (FARA) degli Stati Uniti hanno svelato i dettagli di una «campagna di influencer» gestita da una società di consulenza con sede a Washington che collabora con il ministero degli Esteri israeliano.   Le fatture inviate ad un gruppo mediatico tedesco, che coordina la campagna, indicano un finanziamento di 900.000 dollari tra giugno e novembre 2025 per un gruppo di 14-18 influencer. I documenti stimano tra 75 e 90 post in quel periodo, con un costo per post tra 6.143 e 7.372 dollari, secondo Responsible Statecraft. Non è stato reso noto quali influencer siano coinvolti.

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La società statunitense avrebbe coinvolto un ex portavoce delle Forze di Difesa Israeliane (IDF) e un ex rappresentante della società israeliana di spyware NSO Group, produttrice del celeberrimo software-spia per smartphone Pegasus.   La settimana scorsa, Netanyahu ha dichiarato in una conferenza stampa che è essenziale rafforzare la «base di sostegno di Israele negli Stati Uniti» attraverso gli influencer, soprattutto su piattaforme come TikTok – di cui si è beato per l’acquisto da parte del miliardario filo-israeliano Larry Ellison – e X, posseduto dall’«amico» Elone Musk.   La campagna d’immagine di Israele si colloca in un contesto di diminuzione del sostegno negli Stati Uniti, in particolare riguardo alla guerra di Gaza. Un recente sondaggio del New York Times ha rivelato che il 60% degli americani ritiene che Israele debba porre fine al conflitto, e più della metà si oppone a ulteriori aiuti economici e militari allo Stato degli ebrei .   Alcuni legislatori, come la deputata repubblicana Marjorie Taylor Greene, hanno definito la situazione a Gaza un «genocidio» e si sono opposti a ulteriori aiuti a Israele.   Come riportato da Renovatio 21, il presidente degli Stati Uniti Donald Trump, pur continuando a sostenere Israele, ha recentemente ammesso che l’influenza della lobby israeliana, che un tempo aveva un «controllo totale» sul Congresso, è diminuita.  

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