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Geopolitica

L’Ucraina lancia il primo attacco con missili USA contro la Russia. Mercati in subbuglio: escalation per la Terza Guerra Mondiale?

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A poche ore da quando il presidente Biden ha autorizzato l’Ucraina a usare il sistema missilistico ATACMS MGM-140 a lungo raggio di fabbricazione statunitense per colpire più in profondità nel territorio russo, si ha notizia del fatto che le forze armate ucraine avrebbero colpito un’installazione militare nella regione occidentale di Brjansk.

 

L’attacco arriva poco dopo che il portavoce del Cremlino Dmitrij Peskov ha ancora una volta ribadito che la dottrina sulle armi nucleari della Russia è stata modificata e firmata dal presidente Vladimir Putin, indicando che «l’uso di razzi occidentali non nucleari da parte delle forze armate dell’Ucraina contro la Russia può provocare una risposta nucleare».

 

«Per la prima volta, le forze di difesa ucraine hanno colpito il territorio russo con missili balistici ATACMS», ha riferito martedì l’agenzia di stampa RBC Ucraina, che ha affermato che la base militare nei pressi della città di Karachev nella regione di Brjansk è stata colpita con successo con ATACMS. Il presunto obiettivo si trova a circa 115 chilometri dal confine con l’Ucraina.

 

«In effetti, per la prima volta, abbiamo utilizzato l’ATACMS per colpire il territorio russo. L’attacco è stato condotto contro una struttura nella regione di Brjansk, ed è stato colpito con successo», ha detto una fonte all’emittente ucraina.

 


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Separatamente, Kyiv Post ha dichiarato che è stato colpito il 67° arsenale della Direzione principale della Direzione missilistica e di artiglieria della Russia. La struttura avrebbe avuto grandi scorte di missili antiaerei, munizioni per sistemi di lancio multipli, munizioni di artiglieria e bombe guidate, molte delle quali fornite dalla Corea del Nord.

 

«Fonti dei media russi, tra cui residenti sui social network, hanno segnalato esplosioni provenienti dall’interno del distretto di Karachev, suggerendo che una “base militare” fosse stata attaccata . Il canale russo Astra Telegram ha condiviso video dell’incidente, mentre i resoconti locali hanno affermato che ci sono stati attacchi a questo arsenale alla fine del 2023 e di nuovo a giugno e ottobre di quest’anno» ha scritto la testata ucraina.

 

Il Ministero della Difesa russo ha confermato che le forze armate ucraine hanno lanciato un attacco con missili balistici ATACMS di fabbricazione statunitense contro un obiettivo militare nella regione di Bryansk, al confine con l’Ucraina, riporta l’agenzia Interfax.

 

Al momento 5 missili sarebbero stati abbattuti, uno sarebbe stato danneggiato, e ad ora non ci sarebbe nessuna vittima segnalata

 

Poco prima, il portavoce del Cremlino Dmitrij Peskov aveva detto ai giornalisti che il presidente Vladimir Putin aveva firmato nuove modifiche alla dottrina russa sulle armi nucleari.

 

Peskov ha affermato che le nuove modifiche implicano che «l’uso di razzi occidentali non nucleari da parte delle Forze Armate ucraine contro la Russia può provocare una risposta nucleare». I commenti di Peskov sono stati rilasciati poco dopo che il presidente Biden aveva approvato l’uso dell’ATACMS da parte dell’Ucraina contro obiettivi militari nel profondo della Russia.

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L’Occidente sembra stia lavorando per inasprire il conflitto in Ucraina, ha affermato il ministro degli Esteri russo Sergej Lavrov in seguito alle segnalazioni secondo cui missili ATACMS di fabbricazione statunitense sarebbero stati utilizzati in un attacco alla regione russa di Brjansk.

 

Parlando ai giornalisti martedì, Lavrov ha ammesso di non avere modo di confermare se i resoconti dei media riguardanti il ​​permesso concesso da Biden a Kiev fossero veri. Tuttavia, ha suggerito che gli attacchi ATACMS nella regione di Bryansk erano un «chiaro segnale che vogliono un’escalation».

 

Il ministro ha sottolineato – punto ripetuto spesse volte dai funzionari russi – che è impossibile utilizzare i lanciatori ATACMS, tecnologicamente complessi, senza l’aiuto degli Stati Uniti e ha ricordato il precedente avvertimento del presidente russo Vladimir Putin, secondo cui Mosca sarebbe stata costretta a cambiare posizione se l’Ucraina avesse ricevuto il permesso di utilizzare armi occidentali a lungo raggio contro il territorio russo.

 

Lavrov ha sottolineato che Mosca percepisce il lancio di missili a lungo raggio controllati dagli Stati Uniti come una fase qualitativamente nuova della guerra da parte dell’Occidente. Ha inoltre affermato che, sebbene la Russia resti impegnata a prevenire una guerra nucleare, l’Occidente dovrebbe esaminare attentamente la dottrina nucleare emendata di Mosca, firmata ed entrata in vigore da Putin martedì.

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«Spero che loro leggano questa dottrina. E non nel modo in cui leggono la Carta delle Nazioni Unite, vedendo solo ciò di cui hanno bisogno, ma la dottrina nella sua interezza e interconnessione», ha detto Lavrov.

 

Secondo la dottrina nucleare aggiornata della Russia, Mosca avrà la possibilità di schierare le sue armi di distruzione di massa se verrà attaccata da uno stato non nucleare sostenuto da uno stato nucleare. La dottrina può anche essere attivata se la Russia o i suoi alleati, vale a dire la Bielorussia, vengono attaccati da armi convenzionali in un modo che minaccia la loro sovranità o integrità territoriale.

 

Sui mercati, i futures azionari statunitensi e quelli azionari europei sono scesi in seguito alla notizia. I titoli obbligazionari globali sono saliti a causa delle minacce della Terza Guerra Mondiale. Il rendimento del decennale statunitense è scivolato di circa sette punti base al 4,34% e il dollaro è salito vertiginosamente.

 

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Geopolitica

Turchia, effigie di Netanyahu appesa a una gru: «pena di morte»

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Un’effigie raffigurante il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu è stata avvistata appesa a una gru edile nel Nord-Est della Turchia, suscitando forte indignazione in Israele.   Secondo la stampa turca, l’episodio si è verificato sabato in un cantiere nella città di Trebisonda, sul Mar Nero. L’iniziativa sarebbe stata organizzata da Kemal Saglam, docente di comunicazione visiva presso un’università locale. Saglam ha dichiarato ai media turchi che il gesto aveva un intento simbolico, volto a denunciare le violazioni dei diritti umani a Gaza.   Le immagini, diffuse viralmente e riportate anche dal quotidiano turco Yeni Safak, mostrano la figura sospesa alla gru, accompagnata da uno striscione con la scritta: «Pena di morte per Netanyahu».   Il ministero degli Esteri israeliano, tramite un post su X, ha condiviso un video dell’incidente, accusando un accademico turco di aver creato l’effigie «con il fiero sostegno di un’azienda statale». Il ministero ha condannato l’atto, sottolineando che «le autorità turche non hanno denunciato questo comportamento scandaloso».  

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Le autorità turche non hanno ancora fornito una risposta ufficiale.   I rapporti diplomatici tra Israele e Turchia sono tesi da anni e si sono ulteriormente deteriorati dopo gli attacchi di Hamas del 7 ottobre 2023. Il presidente Recep Tayyip Erdogan ha accusato Netanyahu di aver commesso un «genocidio» a Gaza.   La Turchia, unendosi agli altri Paesi che hanno portato il caso al tribunale dell’Aia, ha accusato Israele di aver commesso un genocidio a Gaza. Il presidente Recep Tayyip Erdogan in precedenza aveva definito il primo ministro Benjamin Netanyahu «il macellaio di Gaza», suggerendo a un certo punto – in una reductio ad Hitlerum che è andata in crescendo, con contagio internazionale – che la portata dei suoi crimini di guerra superasse quelli commessi dal cancelliere della Germania nazionalsocialista Adolfo Hitlerro.   Nel 2023 la Turchia ha richiamato il suo ambasciatore da Israele e nel 2024 ha interrotto tutti i rapporti diplomatici. Mesi fa Ankara aveva dichiarato che Israele costituisce una «minaccia per la pace in Siria». Erdogan ha più volte chiesto un’alleanza dei Paesi islamici contro Israele.   Come riportato da Renovatio 21, i turchi hanno guidato gli sforzi per far sospendere Israele all’Assemblea generale ONU. L’anno scorso il presidente turco aveva dichiarato che le Nazioni Unite dovrebbero consentire l’uso della forza contro lo Stato degli ebrei.   Un anno fa Erdogan aveva ventilato l’ipotesi che la Turchia potesse invadere Israele.   La Turchia ha avuto un ruolo attivo nei recenti negoziati per il cessate il fuoco e la liberazione degli ostaggi, con diversi rapporti che indicano come l’influenza di Ankara su Hamas abbia facilitato il rilascio degli ostaggi nell’ambito del piano in 20 punti del presidente statunitense Donald Trump.   Venerdì, Erdogan ha dichiarato alla stampa che gli Stati Uniti dovrebbero intensificare le pressioni su Israele, anche attraverso sanzioni e divieti sulla vendita di armi, per garantire il rispetto degli impegni presi nel piano di Trump.   Domenica, Netanyahu ha annunciato che Israele deciderà quali forze straniere potranno partecipare alla missione internazionale proposta per Gaza, prevista dal piano di Trump per garantire il cessate il fuoco. La settimana precedente, aveva lasciato intendere che si sarebbe opposto a qualsiasi coinvolgimento delle forze di sicurezza turche a Gaza.  

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Droga

Trump punta ad attaccare le «strutture della cocaina» in Venezuela

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Il presidente statunitense Donald Trump sta esaminando proposte per operazioni militari americane contro presunte «strutture per la produzione di cocaina» e altri bersagli legati al narcotraffico all’interno del Venezuela. Lo riporta la CNN, che cita fonti anonime.

 

Due funzionari non identificati hanno dichiarato alla rete che Trump non ha scartato l’ipotesi di un negoziato diplomatico con Nicolás Maduro, nonostante recenti indicazioni secondo cui gli Stati Uniti avrebbero interrotto del tutto i colloqui con Caracas, mentre valutano una possibile campagna per destituire il leader venezuelano.

 

Tuttavia, una fonte della CNN ha precisato che «ci sono piani sul tavolo che il presidente sta esaminando» per azioni mirate all’interno del Venezuela. Un terzo funzionario ha indicato che l’amministrazione Trump sta considerando varie opzioni, ma al momento si concentra sulla «lotta alla droga in Venezuela».

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A giudizio di alcuni esponenti dell’amministrazione statunitense, una campagna antidroga nel Paese sudamericano potrebbe accrescere la pressione per un cambio di regime a Caracas. Trump ha pubblicamente smentito l’intenzione di rimuovere Maduro dal potere.

 

Nelle scorse settimane, le forze armate americane hanno condotto vari raid contro imbarcazioni sospettate di narcotraffico e, secondo Washington, collegate al Venezuela, causando decine di vittime.

 

 

Giovedì, Trump – che aveva già confermato l’autorizzazione di operazioni della CIA in Venezuela – ha dichiarato che gli Stati Uniti potrebbero estendere la loro campagna antidroga dal mare alla terraferma, senza entrare in dettagli. Inoltre, la portaerei USS Gerald R. Ford è stata inviata nei Caraibi per sostenere l’operazione antidroga.

 

Maduro ha respinto ogni legame del suo governo con il traffico di stupefacenti, insinuando che gli Stati Uniti stiano usando le accuse come copertura per un cambio di regime. Dopo le notizie sul dispiegamento della portaerei, il presidente venezuelano ha accusato Washington di perseguire «una nuova guerra eterna».

 

Secondo un reportaggio del New York Times, Maduro stesso avrebbe proposto agli Stati Uniti significative concessioni economiche, inclusa la possibilità per le aziende americane di acquisire una quota rilevante nel settore petrolifero, durante negoziati segreti durati mesi. Tuttavia, Washington avrebbe rifiutato l’offerta, con il futuro politico del presidente Nicolas Maduro come principale ostacolo.

 

Un precedente articolo del quotidiano neoeboraceno riportava che Trump avesse ordinato l’interruzione dei colloqui con il Venezuela, «frustrato» dal rifiuto di Maduro di cedere volontariamente il potere. Il giornale suggeriva anche che gli Stati Uniti stessero pianificando una possibile escalation militare.

 

Nel frattempo, Maduro ha avvertito che il Venezuela entrerebbe in uno stato di «lotta armata» in caso di attacco, aumentando la prontezza militare in tutto il Paese.

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Come riportato da Renovatio 21, il mese scorso, gli Stati Uniti hanno inviato almeno otto navi della Marina, un sottomarino d’attacco e circa 4.000 soldati vicino alla costa venezuelana, dichiarando che la missione mirava a contrastare i cartelli della droga. Washington ha sostenuto che l’armata ha affondato tre imbarcazioni venezuelane, senza però fornire prove che le persone a bordo fossero criminali.

 

La Casa Bianca accusa da tempo Maduro di guidare una rete di narcotrafficanti nota come «Cartel de los Soles», sebbene non vi siano prove schiaccianti o prove concrete che lo dimostrino, tuttavia lo scorso anno gli USA sono arrivati a sequestrare un aereo presumibilmente utilizzato dal presidente di Carcas. È stato anche accusato di aver trasformato l’immigrazione in un’arma, sebbene Maduro si sia mostrato pronto a dialogare con le delegazioni diplomatiche americane sulla questione.

 

Come riportato da Renovatio 21, a inizio anno Maduro aveva dichiarato che Washington ha aperto il suo libretto degli assegni a una schiera di truffatori e bugiardi per destabilizzare il Venezuela, quando gli Stati Uniti si sono rifiutati di riconoscere le elezioni del 2024 in Venezuela.

 

Secondo Maduro, almeno 125 militanti provenienti da 25 Paesi sono stati arrestati dalle autorità venezuelane. Aveva poi accusato Elone Musk di aver speso un miliardo di dollari per un golpe in Venezuela. Negli stessi mesi si parlò di un piano di assassinio CIA di Maduro sventato.

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Immagine di pubblico dominio CC0 via Flickr

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Geopolitica

Thailandia e Cambogia firmano alla Casa Bianca un accordo di cessate il fuoco

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Cambogia e Thailandia hanno siglato un accordo di cessate il fuoco ampliato per porre fine a un violento conflitto di confine scoppiato a inizio anno. La cerimonia di firma, tenutasi domenica, è stata presieduta dal presidente degli Stati Uniti Donald Trump, che aveva mediato la tregua iniziale.   Le tensioni storiche tra i due Paesi del Sud-est asiatico, originate da dispute territoriali di epoca coloniale, sono esplose a luglio con cinque giorni di scontri armati, che hanno spinto centinaia di migliaia di persone a fuggire dalla zona di confine. Un incontro ospitato dalla Malesia aveva portato a una prima tregua, segnando l’inizio della de-escalation.   Trump ha dichiarato di aver sfruttato i negoziati commerciali con entrambi i paesi per favorire una riduzione delle tensioni.  

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Durante il 47° vertice dell’ASEAN in Malesia, il primo ministro cambogiano Hun Manet e il primo ministro thailandese Anutin Charnvirakul hanno firmato l’accordo, che amplia la tregua di luglio.   Il documento stabilisce un piano per ridurre le tensioni e assicurare una pace stabile al confine, prevedendo il rilascio di 18 soldati cambogiani prigionieri da parte della Thailandia, il ritiro delle armi pesanti, l’avvio di operazioni di sminamento e il contrasto alle attività illegali transfrontaliere.   Dopo la firma, il primo ministro thailandese ha annunciato l’immediato ritiro delle armi dal confine e il rilascio dei prigionieri di guerra cambogiani, insieme a un’intesa commerciale congiunta. Il primo ministro cambogiano ha lodato l’accordo, impegnandosi a rispettarlo e ringraziando Trump per il suo ruolo, proponendolo come candidato al Premio Nobel per la Pace del prossimo anno.   Trump ha definito l’accordo «monumentale» e «storico», sottolineando il suo contributo e descrivendo la mediazione di pace come «quasi un hobby». Dopo la cerimonia, ha firmato un accordo commerciale con la Cambogia e un importante patto minerario con la Thailandia.

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