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«L’omosessualità mette l’umanità contro se stessa e la distrugge»: i vescovi del Camerun «proibiscono formalmente ogni benedizione alle coppie gay»

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I vescovi del Camerun hanno emesso uno dei più forti respingimenti del documento di Papa Francesco che sostiene le benedizioni per lo stesso sesso, affermando che «vietano formalmente» qualsiasi benedizione per le coppie dello stesso sesso nel Paese.

 

«L’omosessualità falsifica e corrompe l’antropologia umana e banalizza la sessualità, il matrimonio e la famiglia, fondamento della società», si legge nel comunicato dei vescovi camerunensi. «In effetti l’omosessualità mette l’umanità contro se stessa e la distrugge».

 

Firmato a nome dei 33 prelati del Paese dall’arcivescovo Andrew Fuanya Nkea (presidente della Conferenza Episcopale del Camerun), il documento è stato emanato «per il bene della dignità umana e per la salvezza di tutta l’umanità in Gesù Cristo».

 

Pubblicata il 21 dicembre – in risposta al testo Fiducia Supplicans di papa Francesco e del Cardinale Victor Fernández del 18 dicembre che approvava la benedizione delle coppie dello stesso sesso – la dichiarazione faceva riferimento a «un’ondata di indignazione, domande e preoccupazione» che si era diffusa alla luce della dichiarazione vaticana.

 

La dichiarazione dei vescovi del Camerun segna forse l’intervento più forte finora nella rapida e senza precedenti ricadute sul documento del Vaticano: i prelati del Paese africano condannano non solo la pratica delle benedizioni per lo stesso sesso, ma anche la pratica di tollerare l’omosessualità.

 

Prendendo spunto dall’insegnamento cattolico e dalle Sacre Scritture, il testo afferma che la pratica dell’omosessualità è «una flagrante violazione dell’eredità lasciataci in eredità dai nostri antenati» ed è un «chiaro segno dell’implosione della decadenza delle civiltà».

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In contrasto con le argomentazioni prevalenti in molti ambiti della società, i prelati del Camerun citano la Lettera ai Romani (1, 26) sottolineando che «gli atti omosessuali non sono “sessuali”, ma “atti contronatura”».

 

«L’omosessualità non è un diritto umano. È un’alienazione che nuoce gravemente all’umanità perché non si fonda su alcun valore proprio dell’essere umano: è una disumanizzazione dell’amore, “un abominio” (Lev 18, 22)», aggiungendo, sempre riguardo alla omosessualità, che «rifiutarla non è in alcun modo discriminatorio; è una legittima tutela dei valori costanti dell’umanità di fronte a un vizio divenuto oggetto di una richiesta di riconoscimento giuridico e, oggi, oggetto di una benedizione».

 

Mentre il testo del Papa si pronuncia a favore della benedizione per le coppie che vivono in relazioni omosessuali, senza esigere il pentimento per il rifiuto dello stile di vita omosessuale, i vescovi camerunesi avvertono che questa pratica è impossibile per la Chiesa cattolica.

 

Secondo i vescovi camerunensi, offrire una benedizione a una coppia omosessuale «equivarrebbe a incoraggiare una scelta e una pratica di vita che non possono essere riconosciute come oggettivamente ordinate ai disegni rivelanti di Dio».

 

Inoltre, i vescovi hanno avvertito che «differenziare tra contesti liturgici e non liturgici per applicare la benedizione alle “coppie” dello stesso sesso è ipocrita». Di conseguenza, «dichiariamo pertanto non conforme qualsiasi forma di benedizione, pubblica o privata, che tenda a riconoscere le “coppie omosessuali” come uno stato di vita».

 

Ribadendo il costante insegnamento della Chiesa che proibisce e condanna gli atti omosessuali, i vescovi hanno concluso pronunciando chiaramente il divieto di tali benedizioni per le coppie dello stesso sesso: «vietiamo formalmente ogni benedizione delle “coppie omosessuali” nella Chiesa del Camerun».

 

Al contrario, hanno esortato a offrire preghiere per la conversione degli omosessuali, piuttosto che benedizioni per le loro relazioni. La dichiarazione evidenzia un fermo rifiuto in Camerun della diffusa accettazione dell’omosessualità che si riscontra in molti Paesi dell’Europa e delle Americhe: «poiché Dio non vuole la morte del peccatore, ma la sua conversione alla vita eterna, raccomandiamo coloro che sono inclini all’omosessualità alle preghiere e alla compassione della Chiesa, in vista della loro conversione radicale.

 

«Li invitiamo anche ad abbandonare la loro mentalità di vittimizzazione in cui si compiacciono di considerarsi “vittime”, “deboli”, “minoranze”; per cogliere l’opportunità di conversione che Dio offre loro nelle molteplici esortazioni della sua Parola».

 

I vescovi del Camerun si uniscono alla lista sempre più lunga di prelati e conferenze episcopali che hanno respinto la Fiducia Supplicans e qualsiasi tentativo di approvare la pratica di benedire le coppie dello stesso sesso.

 

Come riportato da Renovatio 21, il documento Fiducia Supplicans ha scatenato l’immediata reazione ufficiale, con tanto di divieti, di vescovi in KazakistanMalawiZambiaUcraina.

 

Le Conferenze Episcopali tedesca ed austriaca hanno invece plaudito al nuovo scandaloso documento Vaticano.

 

Un netto rifiuto è arrivato anche da centinaia di sacerdoti appartenenti alla Confraternita Britannica del Clero Cattolico (BCCC).

 

Come riportato da Renovatio 21, poco dopo il Sinodo a Roma monsignor Fuanya Nkea aveva definito ciò che è al di fuori del matrimonio tra l’uomo e la donna come «stregoneria».

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Religioso canadese arrestato per essersi rifiutato di scrivere delle scuse al bibliotecario della «Drag Queen Story Hour»

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Un pastore protestante canadese è stato arrestato per essersi rifiutato di scusarsi con una bibliotecaria che aveva organizzato un’ora di racconti drag queen per bambini. Lo riporta LifeSite.   Nel pomeriggio del 3 dicembre, la polizia di Calgary ha arrestato il pastore cristiano Derek Reimer per essersi rifiutato di ottemperare a un’ordinanza del tribunale che gli imponeva di scrivere delle scuse formali al direttore della biblioteca pubblica di Calgary, da lui criticato per aver promosso un’ora di racconti drag queen per bambini nel 2023.   «Sapete perché lo state arrestando? Non si pentirà delle sue convinzioni», ha chiesto alla polizia un giornalista canadese indipendente con lo pseudonimo di Dacey Media durante l’arresto.  

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All’arresto erano presenti il ​​pastore Artur Pawlowski – già noto per le sue azioni di disobbedienza in pandemia – e il figlio di Reimer. I video dell’arresto sono rapidamente circolati sui social media, con molti attivisti canadesi che lo hanno condannato, in quanto considerato un attacco ai valori cristiani e pro-famiglia.   Al momento dell’arresto, Reimer stava scontando un anno di arresti domiciliari, contro i quali aveva già presentato ricorso e si è presentato in tribunale per discutere le condizioni della sua condanna. Nel 2023, l’avvocato di Reimer, Andrew MacKenzie, della Mission 7 Ministries, ha presentato ricorso contro la condanna a un anno di arresti domiciliari e due anni di libertà vigilata inflitta al pastore prima di Natale per aver protestato contro un evento «drag queen story hour» rivolto ai bambini presso la Saddletown Library di Calgary nella primavera del 2023. Gli avvocati del governo avevano cercato di condannare Reimer al carcere per la sua protesta contro il piano di indottrinamento omotransessualista.   Reimer aveva chiesto a Shannon Slater, la direttrice della biblioteca, perché la biblioteca stesse organizzando un evento del genere. Non avendo ricevuto risposta, Slater disse a Reimer di andarsene.  

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Tuttavia, Reimer aveva pubblicato la sua interazione con Slater sui social media. Gli era stato ordinato di scrivere una lettera di scuse a Slater, che doveva essere consegnata entro la fine della settimana scorsa. Reimer ha dichiarato ai media locali che non avrebbe consegnato la lettera, poiché per «dispiacere» bisogna «ammettere la colpa», ovvero «aver sbagliato», sottolineando come questo equivalga ad ammettere di aver commesso un «errore» e che questo è ciò che significa «chiedere scusa».   Reimer ha anche sottolineato di aver detto alla corte di aver «fatto leva sulla mia libertà di coscienza, su uno studio approfondito e sulla mia comprensione di essa, unita alla libertà di espressione e di religione», e che «ciò ha spiegato e stabilito che devi esprimere alla corte le tue profonde opinioni religiose sul perché questa è una violazione della tua coscienza e perché non puoi farlo».

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Le femministe britanniche espungono i membri transgender (nel senso, agli affiliati transessuali)

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Due tra le più importanti organizzazioni britanniche riservate a donne e ragazze, il Girlguiding (l’equivalente delle Girl Scout) e il Women’s Institute, hanno deciso di chiudere le porte ai membri transgender, nel senso degli affiliati transessuali.

 

Martedì il Girlguiding ha reso noto che «le ragazze e le giovani donne trans non potranno più iscriversi» come nuove socie. Il giorno successivo, mercoledì, il Women’s Institute, fondato oltre 110 anni fa, ha annunciato che «l’iscrizione sarà riservata esclusivamente alle persone di sesso femminile alla nascita».

 

Entrambe le associazioni hanno sottolineato che la scelta non era quella auspicata, ma è diventata inevitabile per evitare possibili contenziosi legali dopo la sentenza emessa ad aprile dalla Corte Suprema del Regno Unito. I giudici hanno stabilito che, ai sensi dell’Equality Act 2010, i termini «donna» e «sesso» si riferiscono esclusivamente al sesso biologico e non all’identità di genere.

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La pronuncia era arrivata al termine di un ricorso presentato da For Women Scotland contro una norma del governo scozzese che includeva i transgenderri (munite di certificato di riconoscimento del genere) nel calcolo delle quote femminili nei consigli di amministrazione pubblici.

 

Un sondaggio realizzato subito dopo la sentenza ha mostrato che il 59% dei britannici concorda sul fatto che una persona transgender non sia legalmente una donna (dati Electoral Calculus). Tra chi ha accolto favorevolmente la decisione c’è anche J.K. Rowling, da tempo sostenitrice di For Women Scotland.

 

Sempre quest’anno, la Federazione calcistica inglese (FA) e British Rowing (l’ente per il canottaggio) hanno adottato politiche analoghe: dal 1º giugno 2025 i transgender non potranno più competere nelle categorie femminili del calcio in Inghilterra, mentre nel canottaggio britannico l’accesso alla gara femminile è limitato a chi è «assegnato di sesso femminile alla nascita»; per tutti gli altri resta aperta la categoria Open.

 

Secondo le ultime indiscrezioni, anche il Comitato Olimpico Internazionale starebbe valutando di escludere i transessuali dalle competizioni femminili olimpiche.

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La battaglia tra femministe e transessuali va avanti oramai da un pezzo, al punto che il mondo transessualista ha trovato un acronimo per definire le femministe che non accettano il dogma transgenderro imposto ora all’intera società occidentale: le chiamano TERF, trans-exclusionary radical feminists ossia femministe radicalo trans-escludenti.

 

Il caso più celebre di persona definita TERF per aver espresso dubbi sul fatto che maschi biologici possano essere definiti «donne» è stata la scrittrice di Harry Potter JK Rowling, che è peraltro la donna più ricca del Regno Unito.

 

In Europa si era avuto il caso della norvegese Christina Ellingsen, dell’organizzazione femminista globale Women’s Declaration International (WDI), è sotto indagine della polizia per aver fatto la denuncia in un tweet in cui ha criticato il gruppo di attivismo trans FRI. «Perché insegna ai giovani che i maschi possono essere lesbiche? Non è una terapia di conversione?» avrebbe twittato la Ellingsen.

 

Il caso si replicò in Norvegia con l’attrice e cineasta Tonje Gjevjon, una lesbica nota nella cultura popolare del Paese, che osò scrivere su Facebook che «è semplicemente impossibile per gli uomini diventare lesbiche quanto lo è per gli uomini rimanere incinti. Gli uomini sono uomini indipendentemente dai loro feticci sessuali». L’attrice fu quindi informata di essere sotto indagine e di rischiare tre anni di carcere per l’espressione delle sue opinioni.

 

Come riportato da Renovatio 21, a fine 2020 la Norvegia ha adottato una nuova legge penale che punisce le persone per aver detto qualcosa di considerabile come incitamento all’odio nei confronti di persone transgender anche nel contesto della propria casa o conversazioni private.

 

Più recente il caso dell’attivista brasiliana per i diritti delle donne Isabella Cepa, la quale ha ottenuto lo status di rifugiata in un Paese europeo non specificato, dopo essere stata accusata di reati penali in Brasile per aver definito un politico transgender da uomo a donna come un uomo.

 

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Immagine: The Girl Guides Association in Britain 1914-1918; un gruppo di Guide posa per una fotografia nel Regno Unito durante la Prima Guerra Mondiale.

Immagine di pubblico dominio CC0 via Wikimedia

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La donna più forte del mondo in realtà era un uomo

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Jammie Booker, vincitrice del torneo «La donna più forte del mondo» 2025, è stata privata del titolo dopo che gli organizzatori hanno accertato che l’atleta di Philadelphia era nata maschio. La squalifica, l’ultima di una serie crescente di polemiche sui maschi biologici che gareggiano nelle categorie femminili, è arrivata a pochi giorni dalla competizione.   Il caso è esploso durante i Cerberus Strength Official Strongman Games in Texas lo scorso fine settimana, dove Booker ha dominato la categoria Women’s Open. Gli organizzatori hanno precisato di non essere stati informati in anticipo del background biologico dell’atleta e, a seguito di un’indagine urgente, l’hanno esclusa dalla classifica. «Abbiamo la responsabilità di garantire equità, assegnando gli atleti alle divisioni maschile o femminile in base al sesso alla nascita», si legge in un comunicato diffuso sui social da Official Strongman, che ha aggiornato i punteggi e incoronato la britannica Andrea Thompson come nuova campionessa.   La partecipazione di atlete transgender a competizioni sportive continua a generare dibattiti accesi. A luglio, il Comitato Olimpico e Paralimpico degli Stati Uniti (USOPC) ha vietato alle donne transgender di gareggiare nelle categorie femminili alle Olimpiadi, in linea con un ordine esecutivo del presidente Donald Trump che esclude le trans dalle squadre femminili e minaccia di tagliare i fondi alle istituzioni che lo violano.   Casi emblematici come quello della nuotatrice statunitense Lia Thomas e della sollevatrice neozelandese Laurel Hubbard hanno riacceso il confronto su eventuali vantaggi fisici persistenti per le atlete transgender rispetto alle donne biologiche, nonostante il Comitato Olimpico Internazionale (CIO) abbia affermato nel 2021 che non si debba presumere un «vantaggio automatico» e abbia demandato le regole di idoneità alle singole federazioni sportive.

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La questione è tornata d’attualità alle Olimpiadi di Parigi 2024, quando la pugile algerina Imane Khelif – squalificata l’anno prima ai Mondiali per presunti motivi di genere – ha conquistato l’oro, spingendo l’ex presidente del CIO Thomas Bach a negare l’esistenza di un «sistema scientificamente solido» per distinguere uomini e donne nello sport.   Ora il CIO è orientato a escludere le donne transgender dalle categorie femminili alle prossime Olimpiadi, sulla base di una nuova politica di ammissibilità prevista per il 2026, come riportato dal Times all’inizio di novembre citando fonti interne. La revisione si fonda su una valutazione scientifica che conferma come i vantaggi acquisiti durante la pubertà maschile possano perdurare anche dopo trattamenti farmacologici per ridurre i livelli di testosterone.   Come riportato da Renovatio 21, l’ex presidente del CIO Thomas Bach sosteneva all’epoca che non esisteva «un sistema scientificamente solido» per distinguere tra uomini e donne nello sport.   Come riportato da Renovatio 21, il sollevamento pesi, come ogni altra disciplina (il nuoto, la maratona, il ciclismo, la BMX, l’hockey, il sollevamento pesi, il basket, il ju jitsu, etc.), era già stato colpito dal transessualismo sportivo. Lo è stato persino il biliardo in un’episodio noto, Alexandra Cunha, 49 anni, capitano della squadra nazionale femminile portoghese, si è ritirata dal torneo International Rules Pool Tour, incolpando i recenti cambiamenti alle regole da parte dell’autorità governativa dello sport, la World Eightball Pool Federation.   Come riportato da Renovatio 21, alle Olimpiadi di Tokyo vi fu il caso del sollevatore di pesi supermassimi transessuale Laurel Hubbard, 43 anni, che rappresentò la Nuova Zelanda a Giochi e riuscì, incredibilmente, a non vincere.   Due anni fa il pesista transessuale «Anne» Andres aveva stabilito il record nazionale durante un campionato durante il Campionato del Canada Occidentale 2023.  

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