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Immigrazione

Lo stragista di Solingen è ovviamente un immigrato già espulso. Gridava «Allah akbar», l’ISIS rivendica.

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Le autorità tedesche hanno arrestato l’uomo presunto responsabile dell’omicidio di tre persone e del ferimento di otto nella città di Solingen, avvenuto venerdì durante la «Festa della diversità».

 

Il presunto autore è un siriano di 26 anni, arrivato nel paese dell’UE nel dicembre 2022 e al quale è stato concesso asilo.

 

Secondo quanto riferito, il sospettato, ancora coperto di sangue, si sarebbe consegnato alla polizia poco dopo le 23:00, dicendo «sono io quello che state cercando». Si dice che si nascondesse in un cortile lì vicino.

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In precedenza, il ministero aveva affermato di essere alla ricerca del «vero sospettato» dopo aver arrestato due persone che probabilmente non erano gli autori. Tra queste, un ragazzo di 15 anni, che presumibilmente era a conoscenza dell’attacco pianificato ma non lo aveva segnalato alle autorità. Un secondo uomo è stato arrestato in un centro per rifugiati situato vicino alla scena dell’attacco.

 

«L’uomo che stavamo cercando da tutto il giorno è stato appena arrestato», ha detto sabato alla tv pubblica ARD il ministro degli Interni del Land Renania Settentrionale-Vestfalia, Herbert Reul. «Io stesso sono un po’ sollevato al momento», ha detto il ministro, dopo il terzo arresto, aggiungendo che la polizia aveva trovato anche «prove».

 

Il cancelliere tedesco Olaf Scholz ha descritto l’attacco come un «atto orribile» e «un evento terribile che mi ha profondamente scioccato. … Piangiamo le vittime e siamo al fianco delle loro famiglie», ha affermato in un messaggio pubblicato su X.

 

Due uomini di 56 e 67 anni e una donna di 56 anni sono stati accoltellati a morte dall’uomo con il coltello, che ha scatenato una serie di omicidi durante una celebrazione del 650° anniversario della città di Solingen. Secondo i resoconti dei testimoni oculari nei media, «un uomo dall’aspetto arabo» ha accoltellato gli spettatori a caso, «prendendo di mira» la gola e il collo delle persone.

 

«Le vittime erano completamente sconosciute e non si conoscevano legami tra loro», ha detto Markus Caspers, procuratore di Duesseldorf, vicino a Solingen, in una conferenza stampa dopo l’attacco.

 

Successivamente l’ISIS avrebbe rivendicato la responsabilità dell’attacco, affermando che è stato compiuto come «vendetta per i musulmani in Palestina e ovunque». L’affermazione deve ancora essere verificata. Tuttavia la procura di Karlsruhe, dove il sospetto è stato trasportato in elicottero, ha comunicato in una nota che l’uomo «è fortemente sospettato di far parte dell’ISIS».

 

Il sospetto «condivide l’ideologia dell’associazione terroristica straniera «Stato Islamico» e si è unito all’organizzazione in un momento non meglio specificato precedente al 23 agosto» scrive la nota. «A causa delle sue convinzioni radicali islamiste era arrivato alla conclusione di uccidere un numero possibilmente grande di persone dal suo punto di vista infedeli alla festa di Solingen il 23 agosto. Sul posto con un coltello ha colpito ripetutamente dietro la schiena, mirando al collo e alle parti superiori del corpo i visitatori del festival».

 

Varie testate hanno riportato che il sospetto urlava «Allah akbar» durante la strage. Il 26enne avrebbe dovuto essere espulso dal Paese nel 2023. Secondo la Bild, ciò non sarebbe avvenuto a causa del lassismo degli enti dedicati ai migranti. Il giovane islamico aveva ottenuto una «protezione sussidiaria».

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L’attentato arriva ad una settimana dalle elezioni in Turingia, dove AfD potrebbe diventare, per la prima volta, il partito maggioritario, per quanto impossibilitato ad alleanze per governare in caso il Land. La leader AfD Alice Weidel ha parlato subito di «espulsioni» necessarie per riparare la catastrofe migratoria cagionata da Angela Merkel. Come noto, l’altra parola che si sente sempre più frequentemente nei circoli tedeschi è «remigrazione».

 

Björn Höcke, leader AfD turingiano ha chiamato alla riscossa: «Tedeschi, volete veramente abituarvi a questo? Liberatevi, ponete fine alla follia della multiculturizzazione forzata. Votate il cambiamento!».

 

Perfino la stampa mainstream sembra aver capito la gravità della situazione. Quando il vice cancelliere Robert Habeck ha rivendicato più fondi per la Polizei e una legge più severa su armi e i coltelli, non solo l’opposizione è saltata in piedi. «La colpa non è del coltello», ha titolato il grande quotidiano Frankfurter Allgemeine Zeitung, «è la politica sui rifugiati a dover cambiare».

 

Ai lettori di Renovatio 21 deve rimanere chiara la lezione: l’anarco-tirannia si serve, oltre che dell’immigrazione calergista, del disagio, della malattia mentale e del terrorismo.

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Immigrazione

Il 72% dei condannati per crimini di gruppo in Danimarca ha origini non occidentali

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Un rapporto governativo danese ha evidenziato che circa il 72% delle persone condannate in Danimarca ai sensi della «sezione gang» sono immigrati o discendenti di origine non occidentale.   I dati, resi pubblici dal ministero della Giustizia di Copenhagen in risposta a un’interrogazione della deputata conservatrice Mai Mercado, rivelano che tra il 2018 e il 2025, 213 individui sono stati condannati ai sensi dell’articolo 81a del Codice penale, una norma che permette ai tribunali di raddoppiare le pene per reati che rischiano di alimentare la violenza tra bande.   Basandosi sui dati di Statistics Denmark e del Procuratore Generale, Remix News scrive che 54 condannati erano di origine danese, 36 erano immigrati da paesi non occidentali e 117 erano discendenti di immigrati non occidentali. Questo indica che il 72% delle condanne per reati legati alle gang riguarda persone con radici non occidentali.

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Le statistiche, riportate inizialmente da Berlingske, hanno sorpreso Frederik Bloch Münster, portavoce conservatore per l’immigrazione, che ha definito la percentuale «notevolmente alta».   Lars Højsgaard Andersen, ricercatore della Rockwool Foundation, ha osservato che Paesi come Iraq, Turchia, Somalia e Libano emergono con chiarezza nelle statistiche, suggerendo che atteggiamenti culturali verso la legge e l’autorità possano influire.   Significativamente, solo il 15% della popolazione danese è composto da stranieri o persone con background straniero, rendendo ancora più rilevante il fatto che il 72% dei condannati per reati di gang abbia un’origine migratoria.   Secondo Statistics Denmark, il Libano è il Paese di origine più frequente tra i condannati per reati di gang, con 35 casi, seguito da Somalia (29), Iraq (23) e Turchia (17).   Il primo ministro Mette Frederiksen ha più volte indicato l’immigrazione incontrollata come la «minaccia più grande» per la Danimarca. A maggio, ha dichiarato: «Se arrivano troppe persone che commettono crimini, non rispettano i valori democratici e mettono a rischio la nostra società aperta e fiduciosa, questo rappresenta il pericolo maggiore».   I dati emergono mentre il Partito Popolare Danese (DF) promuove uno dei programmi sull’immigrazione più rigidi d’Europa in vista delle elezioni generali del prossimo anno. Nel suo ultimo manifesto, il DF propone rimpatri di massa, revisioni delle cittadinanze e divieti di pratiche islamiche, sostenendo che l’immigrazione di massa dal Medio Oriente e dal Nord Africa abbia portato «criminalità, società parallele e cambiamenti culturali».

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Il partito avverte che l’immigrazione da Paesi come Turchia, Siria, Iraq, Libano, Pakistan, Afghanistan e Somalia ha causato «il più grande cambiamento demografico nella storia danese» e insiste affinché «le condizioni mediorientali siano ridimensionate per permettere a tutti nel paese di sentirsi a casa».   A differenza di paesi come Germania e Francia, la Danimarca raccoglie dati sulla criminalità legati al background migratorio. Questi dati consentono di monitorare meglio gli sforzi di integrazione di chi ha ottenuto la cittadinanza danese ma ha genitori stranieri.   I risultati sono sorprendenti: i migranti di seconda generazione presentano tassi di criminalità più elevati rispetto a quelli di prima generazione, che già superano di gran lunga quelli dei danesi etnici.   Come riportato da Renovatio 21, la scorsa estate era emerso un rapporto del governo tedesco che rivelava tassi di criminalità astronomici tra i giovani stranieri rispetto ai giovani autoctoni.   Nel frattempo, in Francia è stata proposto un emendamento per censurare gli articoli sui crimini degli immigrati. In Italia i discorsi sulla stampa sugli immigrati da diversi anni sono limitati dalla Carta di Roma, il «Protocollo deontologico concernente richiedenti asilo, rifugiati, vittime della tratta e migranti» oggi parte integrante del «Testo unico dei doveri del giornalista», e implementata sugli iscritti all’Ordine dei Giornalisti con corsi deontologici obbligatori.    

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Immigrazione

La Svizzera vieta agli stranieri di fare avanti e indietro dai loro Paesi

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La Svizzera ha comunicato un rafforzamento delle restrizioni di viaggio per i richiedenti asilo. Secondo una nuova disposizione governativa, a queste persone sarà generalmente vietato viaggiare verso i loro Paesi d’origine o altri Stati.

 

Le autorità potranno autorizzare i viaggi solo in casi eccezionali, come confermato dal governo mercoledì 22 ottobre.

 

Il governo ha precisato che servono ulteriori chiarimenti prima dell’entrata in vigore delle nuove norme, tra cui la definizione di quali siano i «motivi personali» sufficienti per approvare un viaggio e le circostanze in cui saranno consentiti viaggi di ritorno per organizzare una partenza definitiva.

 

Il partito austriaco di destra FPÖ ha definito la decisione svizzera «assolutamente corretta», sottolineando che «chi cerca protezione non ha certo bisogno di tornare nel Paese da cui fugge».

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La misura svizzera si pone in netto contrasto con i recenti sviluppi in Germania, dove all’inizio dell’anno il governo ha permesso ai rifugiati siriani di viaggiare in Siria per le vacanze senza perdere lo status di protezione. Tale misura, considerata «assurda» dal partito di centro-destra Unione Cristiano-Sociale (CSU), ha suscitato polemiche.

 

L’anno scorso, i media tedeschi hanno riportato che migliaia di cittadini afghani richiedenti asilo in Germania erano tornati in patria per le vacanze, per poi rientrare in Germania.

 

Il fenomeno del turismo nei Paesi nativi da cui scappano per chiedere protezione è stato al centro di discussioni anche in Isvezia.

 

In Italia la finzione migratoria, anche sotto il governo sedicente sovranista (che, di fatto, ha visto aumentare gli sbarchi) la questione non sembra essere troppo considerata. La Meloni, negli anni di opposizione, aveva promesso il blocco navale.

 

Nel frattempo continua l’esempio di remigrazione diretta di Trump, che, anche con l’aiuto delle forze armate, ne sequestra i beni e li deporta in Paesi terzi come l’Uganda.

 

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Immigrazione

Dublino ancora in rivolta dopo che un immigrato è stato accusato di aver violentato una bambina di dieci anni

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Martedì è scoppiata una rivolta fuori da un centro per immigrati in un sobborgo di Dublino, scatenata dal presunto stupro di una bambina di dieci anni.   Sebbene le autorità non abbiano rivelato l’identità del sospettato, l’Irish Times ha riferito che si tratta di un richiedente asilo respinto, arrivato da un paese africano circa sei anni fa. Diverse migliaia di manifestanti si sono radunati a Saggart, dove alcuni hanno lanciato proiettili contro gli agenti, sparato fuochi d’artificio e dato fuoco ad almeno un furgone della polizia. La polizia ha schierato rinforzi e un cannone ad acqua per contenere i disordini.   Secondo la Child and Family Agency (TUSLA), l’aggressione è avvenuta nel fine settimana nei pressi dell’ex Citywest Hotel, trasformato in un rifugio permanente per migranti. La vittima, che era sotto tutela statale, è stata aggredita dopo essere «fuggita dal personale durante una gita ricreativa programmata con il personale nel centro città», ha dichiarato l’agenzia.          

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La TUSLA ha aggiunto che la vittima era stata affidata alle sue cure all’inizio di quest’anno a causa di «gravi problemi comportamentali». La polizia ha dichiarato che il sospettato è stato fermato per essere interrogato. Gli agenti hanno 24 ore di tempo per incriminarlo o rilasciarlo.   Il Taoiseach (Primo Ministro) Micheal Martin ha affermato che le autorità hanno deluso la vittima. «È dovere fondamentale dello Stato proteggere i figli dello Stato e, indipendentemente dalla complessità o dalla gravità di ogni caso, tale dovere deve essere adempiuto», ha dichiarato. Il vice primo ministro Simon Harris ha definito il caso «orribile», ma ha esortato l’opinione pubblica alla moderazione.   «È importante che abbiamo l’opportunità di stabilire i fatti e che anche le agenzie abbiano l’opportunità di presentarli», ha affermato. Il ministro della Giustizia Jim O’Callaghan ha condannato gli attacchi alla polizia, affermando: «La protesta pacifica è un pilastro della nostra democrazia. La violenza non lo è».   Le proteste anti-immigrati in Irlanda, Paese dove interi paesini sono stati soppiantati dall’invasione programmatica di stranieri, continuano da mesi, coinvolgendo anche l’Irlanda del Nord. Un attacco con coltello al grido «Allah akbar» si è avuto a Dublino anche tre mesi fa.   Il caso scatenante si registrò nel novembre 2023 quando nella capitale un immigrato aveva accoltellato una donna e dei bambini. Seguirono rivolte massive e violente.   Come riportato da Renovatio 21, l’episodio aveva portato alla possibilità che il lottatore MMA Conor McGregor, critico vocale della situazione, venisse attaccato con un’indagine delle autorità per discorso d’odio. Lui ha risposto ventilando la possibilità di candidarsi a Taoiseach, cioè primo ministro del Paese.     SOSTIENI RENOVATIO 21
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