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Geopolitica

Liz Truss si dice pronta alla guerra atomica e all’«annientamento globale»

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A fine agosto, la leader della leadership conservatrice Liz Truss, che sarebbe divenuta premier pochi giorni dopo, aveva detto di essere «pronta» a lanciare una guerra nucleare qualora fosse diventata primo ministro. Lo aveva riportato la testata britannica The Indipendent.

 

Il ministro degli Esteri ha detto a un evento di partito a Birmingham che era disposta a premere il pulsante nucleare della Gran Bretagna se necessario, anche se questo significasse l’«annientamento globale».

 

«I suoi ordini al capitano del nostro [sottomarino] Trident sul fatto che tu, primo ministro… possono dare l’ordine di scatenare armi nucleari. Significherebbe l’annientamento globale… Come la fa sentire quel pensiero?» aveva chiesto l’ospite dell’evento John Pienaar.

 

«Penso che sia un dovere importante del primo ministro e sono pronta a farlo» ha risposto la Truss senza tradire emozione.

 

Il video è ancora in rete, nonostante vi siano – incredibile – fact checker e siti antibufala che dicono che la notizia non sia vera.

 


 

Come riportato da Renovatio 21, quella della guerra atomica inglese non è un’ipotesi così remota.

 

La possibilità di escalation nucleare tra Federazione Russa e regno Unito era stata raccontata dal generale britannico in pensione Sir Richard Sherriff, ex vice comandante supremo alleato per l’Europa nella NATO: «Il ricatto nucleare, il pensiero nucleare è integrato in ogni aspetto della dottrina militare e della difesa, quindi in questo caso dobbiamo presumere il peggio» aveva detto in una intervista alla BBC.

 

Lo scontro tra Londra e Mosca prosegue anche su altri fronti, come quello dell’informazione.

 

La Truss si è impegnata a declassificare più informazioni segrete raccolti dai servizi britannici per esporre più sforzi della Russia per minare l’Occidente.

 

Scrivendo sul Daily Telegraph in occasione del giorno dell’indipendenza dell’Ucraina, la Truss ha indicato gli attuali tentativi del governo di «contrastare le false narrazioni del Cremlino»: «andrò avanti come primo ministro facendo tutto il possibile – inclusa la declassificazione di più materiale di Intelligence – per esporre il manuale di Putin al mondo».

 

«Il mio governo utilizzerà strategicamente l’intelligence per rivelare i tentativi del Cremlino di minare e destabilizzare le democrazie amanti della libertà» ha aggiunto l’ora premier del Regno Unito.

 

La simpatia della Truss per la Russia pare ampiamente ricambiata. I portavoce del governo russo sono stati schietti sulla loro valutazione del nuovo primo ministro britannico.

 

Il portavoce del Cremlino Dmitrij Peskov ha detto a TASS che il suo atteggiamento «può essere giudicato dalle dichiarazioni che ha fatto quando era ministro degli Esteri e contendente per la posizione di leader del partito. Non ha detto niente di buono su di noi. Inoltre, posso dire con rammarico che le sue dichiarazioni sono state piuttosto aggressive, ostili e poco costruttive».

 

«Penso che nella situazione in cui le relazioni russo-britanniche sono ora avviate, possiamo sperare solo in una cosa: che non peggiori. Anche se è difficile immaginare quanto peggio potrebbe andare» ha aggiunto Peskov. «Per quanto riguarda un potenziale deterioramento della situazione, non è da escludere. In questo momento non possiamo escludere nulla, ancora una volta, vista l’imprevedibilità dei nostri avversari».

 

Il 6 settembre è toccato al ministro degli Esteri Lavrov rispondere alle domande dei media di Mosca sull’atteggiamento di Truss nei confronti della Russia:

 

«Penso che prima che la signora Truss elabori la versione finale della sua posizione ovviamente negativa nei confronti della Russia, trattare con i suoi vicini più stretti sia una priorità più alta. Tra le altre cose, deve finalmente decidere se il presidente Macron è un amico o un nemico… Penso che sia più importante che i vicini risolvano la questione prima di guardare ben oltre i loro confini».

 

Il Lavrov poi ha scatenato le ironie sul sistema di «elezione» che ha portato la Trussa al 10 di Downing Street:

 

«Siamo consapevoli del funzionamento interno della democrazia britannica. Solo 160.000 persone presunte membri del Partito conservatore decidono il destino del governo. Si ritiene che se un partito vince le elezioni generali, può nominare il capo all’interno della propria cerchia a porte chiuse. Ad un certo punto ne abbiamo discusso con i nostri colleghi britannici quando hanno criticato il nostro sistema democratico».

 

«Gli inglesi hanno convenuto che non era l’approccio migliore, ma, dicono, tutti sono abituati a questo stato di cose ed è una tradizione, ecco perché le cose nel Regno Unito rimangono invariate» ha dichiarato Lavrov.

 

Come riportato da Renovatio 21, sul canale nazionale Rossja 1 era stato mostrata ai russi e al mondo la possibilità di spazzare via la Gran Bretagna con un immane tsunami radioattivo generato dal nuovo drone subacqueo nucleare russo Poseidon.

 

 

 

 

 

Immagine di Prime Minister’s Office via Wikimedia pubblicata su licenza Open Government Licence v3.0

 

 

 

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Geopolitica

Putin: la Russia raggiungerà tutti i suoi obiettivi nel conflitto ucraino

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La Russia porterà a compimento tutti gli obiettivi dell’operazione militare speciale in Ucraina, ha dichiarato il presidente Vladimir Putin.

 

Tra gli scopi principali enunciati da Putin nel 2022 vi sono la protezione degli abitanti delle Repubbliche popolari di Donetsk e Lugansk dall’aggressione delle forze di Kiev, nonché la smilitarizzazione e la denazificazione dell’Ucraina.

 

«Naturalmente porteremo a termine questa operazione fino alla sua logica conclusione, fino al raggiungimento di tutti gli obiettivi dell’operazione militare speciale», ha affermato Putin in videocollegamento durante la riunione del Consiglio presidenziale per i diritti umani di martedì.

 

Il presidente russo quindi ricordato che il conflitto è scoppiato quando l’esercito ucraino è stato inviato nel Donbass, regione storicamente russa che nel 2014 aveva respinto il colpo di Stato di Maidan sostenuto dall’Occidente. Questo, secondo il presidente, ha reso inevitabile l’intervento delle forze armate russe per porre fine alle ostilità.

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«Si tratta delle persone. Persone che non hanno accettato il colpo di Stato in Ucraina nel 2014 e contro le quali è stata scatenata una guerra: con artiglieria, armi pesanti, carri armati e aviazione. È lì che è iniziata la guerra. Noi stiamo cercando di mettervi fine e siamo costretti a farlo con le armi in pugno».

 

Putin ha ribadito che per otto anni la Russia ha cercato di risolvere la crisi per via diplomatica e «ha firmato gli accordi di Minsk nella speranza di una soluzione pacifica». Tuttavia, ha aggiunto la settimana scorsa in un’intervista a India Today, «i leader occidentali hanno poi ammesso apertamente di non aver mai avuto intenzione di rispettarli», avendoli sottoscritti unicamente per guadagnare tempo e permettere all’Ucraina di riarmarsi.

 

Mosca ha accolto positivamente il nuovo slancio diplomatico impresso dal presidente statunitense Donald Trump, che ha proposto il suo piano di pace in 28 punti come base per un’intesa.

 

Lunedì Trump ha pubblicamente invitato Volodymyr Zelens’kyj ad accettare le proposte di pace, lasciando intendere che il leader ucraino non abbia nemmeno preso in esame l’ultima offerta americana.

 

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Immagine di President of Russia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 4.0 International (CC BY 4.0) 

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Geopolitica

Lavrov elogia la comprensione di Trump delle cause del conflitto in Ucraina

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Il ministro degli Esteri russo Sergey Lavrov ha dichiarato che il presidente statunitense Donald Trump rappresenta l’unico leader occidentale in grado di cogliere le vere motivazioni alla base del conflitto ucraino.   Parlando mercoledì al Consiglio della Federazione, la camera alta del parlamento russo, Lavrov ha spiegato che, mentre gli Stati Uniti manifestano una «crescente impazienza» verso il percorso diplomatico mirato a cessare le ostilità, Trump è tra i pochissimi esponenti occidentali a comprendere le dinamiche che hanno originato la crisi.   «Il presidente Trump… è l’unico tra tutti i leader occidentali che, subito dopo il suo arrivo alla Casa Bianca nel gennaio di quest’anno, ha iniziato a dimostrare di aver compreso le ragioni per cui la guerra in Ucraina era stata inevitabile», ha dichiarato.   Lavrov ha proseguito sottolineando che Trump possiede una «chiara comprensione» delle dinamiche che hanno forgiato le politiche ostili nei confronti della Russia da parte dell’Occidente e dell’ex presidente statunitense Joe Biden, strategie che, a suo dire, «erano state coltivate per molti anni».

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Il ministro ha indicato che «si sta avvicinando il culmine dell’intera saga» ucraina, affermando che Trump ha sostanzialmente ammesso che «le cause profonde identificate dalla Russia devono essere eliminate».   Il vertice della diplomazia russa ha menzionato in modo specifico le storiche riserve di Mosca sull’aspirazione ucraina all’adesione alla NATO e la persistente violazione dei diritti della popolazione locale.   Lavrov ha poi precisato che Trump resta «l’unico leader occidentale a cui stanno a cuore i diritti umani in questa situazione», contrapposto ai governi dell’UE che, secondo Mosca, evadono il tema. Ha svelato che la roadmap statunitense per un’intesa includeva esplicitamente la tutela dei diritti delle minoranze etniche e delle libertà religiose in Ucraina, «in linea con gli obblighi internazionali».   Tuttavia, sempre secondo Lavrov, tali clausole sono state indebolite nel momento in cui il documento è stato sottoposto all’UE: il testo è stato modificato per indicare che l’Ucraina dovrebbe attenersi agli standard «adottati nell’Unione Europea».   Da tempo Mosca denuncia la soppressione della lingua e della cultura russa da parte di Kiev, oltre ai sforzi per limitare i diritti delle altre minoranze nazionali, e al contempo accusa i leader ucraini di fomentare apertamente il neonazismo nel paese.

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Immagine dell’Ufficio stampa della Duma di Stato della Federazione Russa via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 4.0 International
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Geopolitica

Gli europei sotto shock per la strategia di sicurezza nazionale degli Stati Uniti per il 2025

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I leader europei e i media dell’establishment sono in preda al panico dopo la diffusione, sul portale ufficiale della Casa Bianca, della «Strategia per la sicurezza nazionale degli Stati Uniti d’America 2025» (NSS).

 

A terrorizzare Bruxelles e dintorni è l’impegno esplicito del governo USA a privilegiare «Coltivare la resistenza all’attuale traiettoria dell’Europa all’interno delle nazioni europee», descritta in termini aspri ma realistici. Il report si scaglia in particolare contro l’approccio dell’UE alla Russia.

 

L’NSS ammonisce che il Vecchio Continente rischia la «cancellazione della civiltà» se non invertirà la rotta imposta dall’Unione Europea e da altre entità sovranazionali. La «mancanza di fiducia in se stessa» del Continente emerge con evidenza nelle interazioni con Mosca. Gli alleati europei detengono un netto primato in termini di hard power rispetto alla Russia in quasi tutti i campi, salvo l’arsenale nucleare.

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Dopo l’invasione russa in Ucraina, i rapporti europei con Mosca sono drasticamente deteriorati e numerosi europei vedono nella Federazione Russa una minaccia esistenziale. Gestire le relazioni transatlantiche con la Russia esigerà un impegno diplomatico massiccio da Washington, sia per reinstaurare un equilibrio strategico in Eurasia sia per scongiurare frizioni tra Mosca e gli Stati europei.

 

«È un interesse fondamentale degli Stati Uniti negoziare una rapida cessazione delle ostilità in Ucraina, al fine di stabilizzare le economie europee, prevenire un’escalation o un’espansione indesiderata della guerra e ristabilire la stabilità strategica con la Russia, nonché per consentire la ricostruzione post-ostilità dell’Ucraina, consentendole di sopravvivere come Stato vitale».

 

Il conflitto ucraino ha paradossalmente accresciuto la vulnerabilità esterna dell’Europa, specie della Germania. Oggi, le multinazionali chimiche tedesche stanno erigendo in Cina alcuni dei più imponenti complessi di raffinazione globale, sfruttando gas russo che non possono più procurarsi sul suolo patrio.

 

L’esecutivo Trump si scontra con i burocrati europei che coltivano illusioni irrealistiche sul prosieguo della guerra, appollaiati su coalizioni parlamentari fragili, molte delle quali calpestano i pilastri della democrazia per imbavagliare i dissidenti. Una vasta maggioranza di europei anela alla pace, ma tale aspirazione non si riflette nelle scelte politiche, in gran parte ostacolate dal sabotaggio dei meccanismi democratici perpetrato da quegli stessi governi. Per quanto allarmati siano i continentali, l’establishment britannico lo è ancor di più.

 

Ruth Deyermond, docente al dipartimento di Studi della Guerra del King’s College London e specialista in dinamiche USA-Russia, ha commentato su X che il testo segna «l’enorme cambiamento nella politica statunitense nei confronti della Russia, visibile nella nuova Strategia per la Sicurezza Nazionale – il più grande cambiamento dal crollo dell’URSS». Mosca appare citata appena dieci volte nel corposo documento, nota Deyermond, e prevalentemente per evidenziare le fragilità europee.

 

In un passaggio esemplare, il report afferma che «questa mancanza di fiducia in se stessa è più evidente nelle relazioni dell’Europa con la Russia». «L’assenza della Russia dalla Strategia di Sicurezza Nazionale 2025 appare davvero strana, sia perché la Russia è ovviamente uno degli stati che hanno l’impatto più significativo sulla stabilità globale al momento, sia perché l’amministrazione è così chiaramente interessata alla Russia (…) Non è solo la mancanza di riferimenti alla Russia a essere sorprendente, è il fatto che la Russia non venga mai menzionata come avversario o minaccia» scrive l’accademica.«La mancanza di discussione sulla Russia, nonostante la sua importanza per la sicurezza e l’ordine internazionale e la sua… importanza per l’amministrazione Trump, fa sembrare che stiano semplicemente aspettando di poter parlare in modo più positivo delle relazioni in futuro».

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La parte dedicata al dossier ucraino – che allude al fatto che «l’amministrazione Trump si trova in contrasto con i politici europei che nutrono aspettative irrealistiche per la guerra» – pare quasi redatta dal Cremlino. L’incipit della Deyermond è lapidario: «Se qualcuno in Europa si aggrappa ancora all’idea che l’amministrazione Trump non sia inamovibile filo-russa e ostile alle istituzioni e ai valori occidentali, dovrebbe leggere la Strategia per la Sicurezza Nazionale del 2025 e ripensarci».

 

Il NSS dedica scarsa attenzione alla NATO, se non per insistere sulla cessazione della sua espansione indefinita, ma stando ad un articolo Reuters del 5 dicembre, Washington intende che l’Europa rilevi entro il 2027 la gran parte delle competenze di difesa convenzionale dell’Alleanza, dall’intelligence ai missili. Questa scadenza «irrealistica» è stata illustrata questa settimana a diplomatici europei a Washington dal team del Pentagono incaricato della politica atlantica, secondo cinque fonti «a conoscenza della discussione».

 

Nel corso dell’incontro, i vertici del Dipartimento della Difesa avrebbero espresso insoddisfazione per i passi avanti europei nel potenziare le proprie dotazioni difensive dopo l’«invasione estesa» russa in Ucraina del 2022. Gli esponenti USA hanno avvisato i loro omologhi che, in caso di mancato rispetto del termine del 2027, gli Stati Uniti potrebbero sospendere la propria adesione a certi meccanismi di coordinamento difensivo NATO, hanno riferito le fonti. Le capacità convenzionali comprendono asset non nucleari, da truppe ad armamenti, e i funzionari non hanno chiarito come misurare i progressi europei nell’assunzione della quota preponderante del carico, precisa Reuters.

 

Non è dato sapere se il limite temporale del 2027 rifletta la linea ufficiale dell’amministrazione Trump o meri orientamenti di singoli addetti del Pentagono. Diversi rappresentanti europei hanno replicato che un tale orizzonte non è fattibile, a prescindere dai criteri di valutazione di Washington, dal momento che il Vecchio Continente necessita di risorse finanziarie aggiuntive e di una volontà politica più marcata per rimpiazzare alcune dotazioni americane nel breve periodo.

 

Tra le difficoltà, i partner NATO affrontano slittamenti nella fabbricazione degli equipaggiamenti che intendono acquisire. Sebbene i funzionari USA abbiano sollecitato l’Europa a procacciarsi più hardware di produzione statunitense, taluni dei sistemi difensivi e armi made in USA più cruciali imporrebbero anni per la consegna, anche se commissionati oggi.

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Immagine di pubblico dominio CC0 via Wikimedia

 

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