Economia
L’Iraq mollerà il dollaro per lo Yuan negli scambi con la Cina

La Banca Centrale irachena ha annunciato mercoledì che, per la prima volta, prevede di consentire il regolamento degli scambi dalla Cina direttamente in yuan invece che in dollari USA per migliorare l’accesso alla valuta estera. Lo riporta il sito The Cradle.
«È la prima volta che le importazioni dalla Cina vengono finanziate in yuan, poiché le importazioni irachene dalla Cina sono state finanziate solo in dollari (USA)», ha detto a Reuters il consigliere economico del governo, Mudhir Salih.
Secondo un comunicato diffuso dalla Banca Centrale Irachena, effettuare transazioni in valuta cinese aumenterebbe i saldi delle banche irachene con conti presso banche cinesi. Tuttavia, questa opzione dipende dalla dimensione delle riserve in yuan della Banca Centrale.
Una seconda opzione per aumentare i saldi in yuan delle banche locali comporterebbe la conversione in yuan dei dollari statunitensi detenuti nei conti della banca centrale presso JP Morgan e la Development Bank of Singapore (DBS) prima di pagare il beneficiario finale in Cina.
La mossa avrebbe dovuto «ridurre il riciclaggio di denaro e il dirottamento illegale di dollari verso l’Iran e altri Paesi pesantemente sanzionati».
Tuttavia, l’improvviso cambiamento delle regole per le banche irachene ha fatto vacillare l’economia poiché l’80% o più dei bonifici giornalieri in dollari USA dell’Iraq non potevano più essere completati.
La scorsa settimana, un’alta delegazione irachena ha visitato la capitale degli Stati Uniti per discutere l’allentamento delle misure del Tesoro USA. Dopo il viaggio, il ministro degli Esteri Fuad Hussein ha smentito le notizie secondo cui Washington avrebbe imposto condizioni a Baghdad per aiutare con la crisi del dollaro. Hussein ha aggiunto che è «solo questione di tempo» prima che il tasso di cambio si stabilizzi.
Dall’inizio della guerra in Ucraina, diverse nazioni del Sud del mondo hanno iniziato ad allontanarsi dal dollaro USA nel commercio bilaterale con la Cina. Molti altri hanno scelto di aumentare le loro riserve di yuan cinesi in un momento in cui l’egemonia del biglietto verde continua a indebolirsi.
Il processo di de-dollarizzazione dell’economia mondiale – visibile dalla Cina al Brasile, da Israele al Ghana – ha il suo campione mediorientale nell’Arabia Saudita che hanno già stipulato con Pechino accordi petroliferi in yuan e che a Davos hanno confermato di aver piani per uscire dal petrodollaro e addirittura entrare nei BRICS.
È oramai da un anno che si segnala il passaggio allo yuan delle riserve delle Banche Centrali internazionali.
Non è chiaro quale sarà la prossima mossa dell’impero del dollaro in crisi pesta: potrebbe essere, l’annunciato lancio del dollaro digitale. Oppure potrebbe essere un’altra guerra mondiale?
Economia
Il debito francese è un pericolo per tutta l’Eurozona

Il crescente debito sovrano della Francia, unito alle lotte politiche interne, potrebbe minacciare la stabilità fiscale dell’Eurozona. Lo riporta l’emittente pubblica tedesca Deutsche Welle, citando un esperto.
La Francia ha uno dei debiti nazionali più elevati dell’UE, attualmente pari a 3,35 trilioni di euro (3,9 trilioni di dollari), pari a circa il 113% del PIL. Si prevede che il rapporto salirà al 125% entro il 2030. Il deficit di bilancio è previsto al 5,4-5,8% quest’anno, ben al di sopra del limite del 3% previsto dall’Unione.
Friedrich Heinemann del Centro Leibniz per la Ricerca Economica Europea ZEW di Mannheim, in Germania, ha dichiarato alla testata in un articolo pubblicato sabato: «dovremmo essere preoccupati. L’eurozona non è stabile in questo momento».
Un drastico piano di austerità proposto dal primo ministro francese François Bayrou, membro del governo di minoranza, ha innescato un voto di sfiducia, che ha perso lunedì sera, portando al collasso il governo francese.
Il piano del Bayrou prevedeva tagli ai posti di lavoro nel settore pubblico, una riduzione della spesa sociale e la soppressione di due festività. Il Rassemblement National di Marina Le Pen, i Socialisti e il partito di sinistra La France Insoumise si sono opposti con veemenza alla proposta.
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Anche un sondaggio Elabe condotto prima del voto ha mostrato che la maggior parte degli intervistati era contraria alle misure.
Lo Heinemann ha dichiarato a DW di dubitare che la Francia troverà presto una via d’uscita, visti gli aspri scontri politici.
A luglio, Bloomberg, citando gli esperti di ING Groep NV, ha affermato in modo analogo che il crescente debito della Francia potrebbe rappresentare una «bomba a orologeria» per la stabilità finanziaria dell’UE.
Nonostante il considerevole deficit di bilancio, la Francia prevede di aumentare la spesa militare a 64 miliardi di euro nel 2027, il doppio di quanto speso nel 2017.
Il presidente Emmanuel Macron ha ripetutamente citato una presunta minaccia russa. Il Cremlino ha costantemente liquidato le accuse come «assurdità», accusando l’UE di una rapida militarizzazione.
A maggio, gli Stati membri hanno approvato un programma di debito da 150 miliardi di euro per l’approvvigionamento di armi.
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Immagine di Philippe Druesne via Flickr pubblicata su licenza CC BY-NC-ND 2.0
Economia
Trump porge il ramoscello d’ulivo a Musk. Cui Tesla prepara un possibile pagamento da un trilione

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Economia
La Turchia interrompe totalmente gli scambi commerciali con Israele

La Turchia ha interrotto tutti i legami commerciali ed economici con Israele, chiudendo il suo spazio aereo ad alcuni voli israeliani, ha annunciato il Ministro degli Esteri Hakan Fidan. I due Paesi sono in conflitto da mesi a causa della campagna militare israeliana a Gaza, con la Turchia che accusa il Paese di aver commesso un genocidio.
In un discorso al parlamento nazionale di venerdì, il Fidan ha affermato che la Turchia ha «completamente interrotto i nostri scambi commerciali con Israele» e «chiuso i nostri porti alle navi israeliane».
«Non permettiamo alle navi portacontainers che trasportano armi e munizioni verso Israele di entrare nei nostri porti e agli aerei di entrare nel nostro spazio aereo», ha aggiunto il ministro di Ankara, affermando che alle navi battenti bandiera turca è vietato fare scalo nei porti israeliani e che alle imbarcazioni israeliane è vietato entrare nei porti turchi.
Come riportato da Renovatio 21, la guerra commerciale con Israele era partita un anno fa con la sospensione degli scambi.
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Una fonte diplomatica turca ha dichiarato all’agenzia Reuters che le restrizioni ai voli riguardano solo i voli ufficiali israeliani e gli aerei con armi o munizioni, non il transito di routine dei vettori commerciali.
L’agenzia ha inoltre riferito che le autorità portuali turche stanno ora richiedendo informalmente agli agenti marittimi di attestare che le navi non sono collegate a Israele e non trasportano carichi militari o pericolosi diretti nel Paese.
Tuttavia, un funzionario israeliano ha dichiarato al Jerusalem Post che la Turchia aveva «già annunciato in passato la rottura delle relazioni economiche con Israele, e che tali relazioni sono continuate», riferendosi apparentemente alla sospensione delle importazioni ed esportazioni da parte di Ankara a maggio.
I commenti del ministro sono l’ultimo segnale del deterioramento delle relazioni tra Turchia e Israele, rese ancora più tese dalla guerra a Gaza. La Turchia, unendosi agli altri Paesi che hanno portato il caso al tribunale dell’Aia, ha accusato Israele di aver commesso un genocidio a Gaza. Il presidente Recep Tayyip Erdogan in precedenza aveva definito il primo ministro Benjamin Netanyahu «il macellaio di Gaza», suggerendo a un certo punto – in una reductio ad Hitlerum che è andata in crescendo, con contagio internazionale – che la portata dei suoi crimini di guerra superasse quelli commessi dal cancelliere della Germania nazionalsocialista Adolfo Hitlerro.
Nel 2023 la Turchia ha richiamato il suo ambasciatore da Israele e nel 2024 ha interrotto tutti i rapporti diplomatici. Mesi fa Ankara aveva dichiarato che Israele costituisce una «minaccia per la pace in Siria». Erdogan ha più volte chiesto un’alleanza dei Paesi islamici contro Israele.
Come riportato da Renovatio 21, in settimana i turchi hanno guidato gli sforzi per far sospendere Israele all’Assemblea generale ONU. L’anno scorso il presidente turco aveva dichiarato che le Nazioni Unite dovrebbero consentire l’uso della forza contro lo Stato degli ebrei.
Un anno fa Erdogan aveva ventilato l’ipotesi che la Turchia potesse invadere Israele.
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Immagine di Rob Schleiffert via Flickr pubblicata su licenza CC BY-NC 4.0
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