Pensiero
«L’inganno di Medjugorje». E. Michael Jones racconta

L’intervista riguardo a Medjugorje di Renovatio 21 allo studioso cattolico E. Michael Jones ha causato varie reazioni, anche piuttosto scomposte. Tuttavia, si trattava solo di un piccolo assaggio degli argomenti che il professore americano dispone sul fenomeno delle apparizioni in Erzegovina, che segue dal lontano 1988.
Jones ha raccolto tantissimo materiale in un libro inedito in Italia, The Medjugorje Deception: Queen of Peace, Ethnic Cleansing, Ruined Lives, («L’inganno di Medjugorje: Regina della pace, pulizia etnica, vite rovinate»). Il libro, un tempo liberamente ordinabile su Amazon, è sparito dai cataloghi della libreria online ancora anni fa, così come gli altri testi dell’autore, che nonostante i numerosi saggi prodotti, con tomi anche da migliaia di pagine, a questo punto parrebbe non essere mai esistito – cancellato, rimosso in una damnatio memoriae dell’era di internet prima di tanti altri. I tentativi di chi scrive acquistare il libro anche presso altre librerie online si sono rivelati infruttuosi, ed ora i libri in lingua inglese di Jones sembrano essere stati fatti sparire anche dal sito di IBS-Feltrinelli.
Alla luce del bizzarro Nihil obstat vaticano al culto apparizionista balcanico era inevitabile che la rilevanza del lavoro dello scrittore ed editore americano su Medjugorje tornasse a farsi sentire.
Renovatio 21 ha avuto modo di leggere in anteprima il nuovo saggio che Jones ha preparato su Medjugorje e il nuovo documento firmato dal cardinale Victor Emanuel Fernandez. Il testo sarà pubblicato in inglese nella prossima edizione di Culture Wars, la rivista diretta da decenni dallo studioso dell’Indiana.
Come sempre leggendo i suoi testi, si è travolti dalla mole di ricerca, la densità dell’informazione, oltre che dallo stile letterario preciso. Al contempo, si può venire presi di sorpresa da alcune dichiarazioni, sino a restare increduli, o sconvolti, o mortificati.
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L’allusione ad un presunto giro di riciclaggio di danaro operato da italiani ci coglie di sorpresa, perché, quantomeno a livello di chi organizza i viaggi, abbiamo personalmente conosciuto solo persone belle ed integerrime – non lo stesso forse si può dire per alcune figure innestatesi direttamente dentro il territorio. Jones tuttavia sostiene di avere per questa vaga informazione una buona fonte nella politica bosniaca connessa, secondo quanto riportato, ad un vescovo emerito locale. Non sappiamo cosa pensare, presentiamo semplicemente le parole scritte da Jones al lettore, aspettando le testimonianze in un senso o nell’altro da parte dei lettori.
Riguardo la presenza di attività preternaturale in loco – cioè, di azione da parte dei diavoli – le voci abbondano, ma sono in genere rubricate come una conseguenza della presenza del Bene, che attirerebbe intorno a sé l’opera del Maligno.
Il contesto storico e geopolitico in cui l’autore inquadra le presunte apparizioni della Gospa – i lunghi anni della mostruosa guerra civile jugoslava, con le sue stragi belluine e dietro gli interessi internazionali di NATO e altri soggetti – mai sono stati discussi davvero da chi si occupa delle apparizioni, nonostante si tratti di una questione macroscopica davvero.
Per molti lettori, fedeli o meno, vi sarà molto da riflettere, e ancora di più – se se ne ha il coraggio – da discutere. Renovatio 21 chiede a tutti solo di mantenere toni degni della civiltà cristiana. L’eventuale mancanza già è di per sé un segnale forte nella comprensione del quadro generale.
Di seguito riportiamo in anteprima ampi stralci dell’articolo di prossima uscita del professor Jones.
Giovedì 20 settembre il Vaticano ha rilasciato una dichiarazione su Medjugorje. L’USCCB [la Conferenza Episcopale USA, ndt] ha fornito una buona sintesi della natura contraddittoria della dichiarazione contenuta nel titolo dell’articolo apparso in Our Sunday Visitor quando scrive: «il Vaticano vede il valore spirituale di Medjugorje, non lo giudica soprannaturale».
I cattolici, l’articolo continuava, «possono beneficiare spiritualmente dei messaggi e delle pratiche spirituali legate alle presunte apparizioni di Maria a Medjugorje, in Bosnia-Erzegovina, ha affermato il Dicastero vaticano per la Dottrina della Fede (DDF). «Ciò non implica una dichiarazione del carattere soprannaturale del fenomeno», né significa che le decine di migliaia di presunti messaggi di Maria pubblicati dai presunti “veggenti” siano autentici, afferma il dicastero in una nota diffusa oggi. Con l’approvazione di Papa Francesco, il dicastero ha però riconosciuto «i frutti abbondanti e diffusi, così belli e positivi», legati alla devozione a Maria, Regina della Pace, e ai pellegrinaggi a Medjugorje».
Il documento vaticano spiega poi che «è importante chiarire sin dall’inizio che le conclusioni di questa Nota non implicano un giudizio circa la vita morale dei presunti veggenti» (1). A meno che il Vaticano non abbia revocato i Dieci Comandamenti quando non stavo prestando attenzione, l’ottavo comandamento vieta di mentire. In altre parole, è impossibile giungere ad una conclusione sui presunti messaggi di Medjugorje senza che il Dicastero si pronunci sulla vita morale dei presunti veggenti. Partendo con il piede sbagliato, il Dicastero insiste su una rigorosa compartimentazione che separa il bene dal vero, il che può solo portare a ulteriore confusione.
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Questo ci porta al problema fondamentale con il documento. La Chiesa cattolica può pronunciarsi infallibilmente sulla fede o sulla morale, ma non ha tale carisma quando si tratta della valutazione delle rivelazioni private, che devono essere giudicate secondo i normali criteri con cui gli uomini discernono la verità, nel senso di come lo farebbe un tribunale o un giornalista investigativo nella determinazione della verità.
Non solo questo documento non lo fa, ma afferma ripetutamente che la verità delle circostanze relative alle presunte apparizioni non ha nulla a che fare con l’accertamento della loro validità. Il dicastero ha ripetutamente affermato che la questione se i veggenti mentissero era irrilevante e si è lanciato quasi immediatamente nell’esame dei presunti messaggi della Madonna.
Apetta un minuto! Come facciamo a sapere che questi messaggi sono autentici, se non possiamo esprimere un giudizio «sulla vita morale dei presunti veggenti»? Se non possiamo esprimere giudizi, come possiamo sapere se mentono o no?
Il DDF poi aggrava la sua affermazione affermando che: «i doni carismatici (gratiae gratis datae) – che possano essere collegati ad essa – non esigono necessariamente la perfezione morale delle persone coinvolte per poter agire». Innanzitutto, se la «perfezione morale» fosse il primo criterio, la trasmissione di rivelazioni private sarebbe impossibile perché nessuno tranne il nostro Padre celeste è perfetto.
Ma in secondo luogo, il DDF non propone qui un argomento circolare? Perché danno per scontato che i «doni carismatici» siano presenti in primo luogo quando non sono disposti ad assicurarci che i veggenti non mentono? Mons. Pavao Zanic, il primo vescovo di Mostar-Duvno ad interrogare i presunti veggenti, ha concluso dalle loro bugie e contraddizioni che avevano messo delle parole nella bocca della Madonna.
Dopo averci detto che non possono garantire sull’onestà dei veggenti, il documento mina ulteriormente la nostra fede nelle presunte apparizioni ammettendo che «certi messaggi – secondo l’opinione di alcuni – presenterebbero delle contraddizioni o sarebbero legati a desideri o interessi dei presunti veggenti o di altre persone».
Alcuni? Possiamo essere più specifici qui? Il DDF si riferisce forse ai vescovi Zanic e Peric, autorità legittimata nella valutazione delle rivelazioni private nella diocesi di Mostar-Duvno? Entrambi hanno ripetutamente sorpreso i veggenti a diffondere bugie e assurdità.
Dopo aver escluso da ogni menzione nel loro documento i due vescovi che avevano il potere di esaminare la questione, il DDF ammette poi che «non si può escludere che ciò possa essere successo nel caso di alcuni pochi messaggi».
Alcuni pochi messaggi? Quanti sono pochi? Considerato che la presunta Gospa ha parlato per anni accumulando oltre 50.000 messaggi, si potrebbe parlare di centinaia se non migliaia di messaggi dubbi, che, come ammette poi il Dicastero «a volte appaiono connessi ad esperienze umane confuse, ad espressioni imprecise dal punto di vista teologico o ad interessi non del tutto legittimi».
Questo agnosticismo morale è completamente nuovo. Uno dei criteri principali stabiliti da Papa Benedetto XIV per la valutazione delle rivelazioni private è la veridicità del veggente. Se il veggente viene sorpreso a mentire, l’apparizione viene screditata. Punto.
Questo è proprio quello che è successo quando mons. Pavao Zanic ha interrogato i veggenti poco dopo l’inizio delle apparizioni. Ben disposto all’inizio, mons. Zanic cambiò idea dopo aver sorpreso i veggenti in una contraddizione dopo l’altra.
I primi messaggi della Gospa sul fazzoletto insanguinato che avrebbe portato alla fine del mondo se fosse stato gettato nel fiume Nredva o in qualche altro specchio d’acqua furono semplicemente lasciati cadere nel buco della memoria e sostituiti da messaggi disinfettati dai frati francescani con dottorati in teologia, che è stato raccolto in un libro, che il cardinale Fernandez ha spesso brandito durante la sua conferenza stampa come per sostenere la sua causa. Quel libro è divenutol’unica base della dichiarazione del Vaticano.
(…)
Il Dicastero prosegue poi lodando i «frutti positivi» che «si rivelano soprattutto come la promozione di una sana pratica di vita di fede, d’accordo con quanto presente nella tradizione della Chiesa», inducendo a chiedersi se ci siano stati «frutti negativi».
(…)
Non dovrebbe sorprendere che Medjugorje sia infestata dai demoni, cosa che ho constatato parlando con padre Philip Pavic, che ha perso la fede nella veridicità delle apparizioni dopo aver trascorso ore in confessionale ascoltando storie di pellegrini strangolati dai loro rosari e strani fenomeni atmosferici nella stanza delle apparizioni.
Ho anche ricevuto una chiamata da un Unitario di Boston che è rimasto sbalordito nel vedere una donna nuda attraversare la porta aperta della sua stanza e poi attraversare la parete opposta. Quando mi chiese di spiegare cosa fosse successo, pensai che probabilmente non si trattava della Madonna, che generalmente indossa abiti quando appare nelle visioni ai veggenti. Allora gli spiegai che ciò che vedeva era un demone che aveva assunto forma umana per qualche scopo nefasto.
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Sei anni dopo l’inizio delle apparizioni, mons. Zanic ne ebbe abbastanza. Il 25 giugno 1987 mons. Zanic è arrivato nella parrocchia di San Giacomo a Medjugorje per fare le cresime ma anche per esprimere le sue ultime sensazioni riguardo alle apparizioni nel giorno del loro sesto anniversario. «Coloro che mettono le parole nella bocca della Madonna», ha detto senza mezzi termini, «meritano il posto più basso all’inferno».
Quanto al segno miracoloso, che secondo Marinko Ivankovic sarebbe apparso entro il 13 agosto 1986, finalmente è arrivato, ha annunciato il vescovo. «È il tuo silenzio», ha detto alla folla intimidita nella chiesa riferendosi alla Madonna, «Tu non sei qui».
«Io, Vescovo di Mostar, davanti alla moltitudine dei tuoi ammiratori sparsi nel mondo, scopro e accetto il tuo grande segno, divenuto certo e chiaro dopo questi sei anni. È il tuo SILENZIO… Ti ringrazio mia signora per il tuo silenzio lungo sei anni. È così che ci dimostri se hai davvero parlato qui, se sei apparso, se hai diffuso messaggi… Vergine Santa, Madre di Cristo e Madre nostra, intervieni per la pace in questa inquieta diocesi di Mostar. Soprattutto intervieni per questo luogo, questa parrocchia dove tante volte il tuo nome è stato usato in discorsi non tuoi. Possa tu fermare la fabbricazione dei tuoi messaggi. Accogli, Vergine Santa, come soddisfazione le preghiere sincere delle anime devote che si tengono lontane dal fanatismo e dalla disobbedienza alla Chiesa» (2).
L’ossessiva insistenza del Dicastero sui «frutti positivi» inizia a suonare vuota alla fine del documento. Come avrebbe potuto dire Shakespeare, il Dicastero protesta troppo, soprattutto quando ci dice che Medjugorje è «percepito come uno spazio di grande pace, raccoglimento e pietà sincera, profonda e facilmente condivisibile».
A questo punto il Dicastero avrebbe dovuto condividere il messaggio con cui Marija Pavlovic ha detto al mondo che la prova dell’autenticità dei messaggi di Nostra Signora Regina della Pace era che la Jugoslavia viveva in pace, finché, sfortunatamente, la Jugoslavia è precipitata in una sanguinosa guerra civile finanziata in parte da parte croata con il denaro che i creduloni «pellegrini» avevano lasciato a Medjugorje. A quel punto, il messaggio della Gospa di Pavlovic è finito nel vuoto di memoria di Medjugorje, uno dei più grandi esistenti.
Nelle sue effusioni sulla pace e sui frutti positivi, il Dicastero avrebbe potuto menzionare l’assedio di Sarajevo o il bombardamento di Dubrovnik, o le presunte atrocità di Rajak con cui la NATO ha giustificato l’attacco alla Serbia, ma non lo ha fatto, minando ulteriormente la credibilità di il proprio documento. Per perpetuare il mito della «Regina della Pace», il Dicastero ha dovuto ignorare tutte queste verità scomode e dissociarle dai veggenti.
In un passaggio notevole, il Dicastero scrive che «frutti positivi legati a questa esperienza spirituale che, nel frattempo, si sono separati dall’esperienza dei presunti veggenti, i quali non sono più da percepire come mediatori centrali del “fenomeno Medjugorje”, in mezzo al quale lo Spirito Santo opera tante cose belle e positive».
E la pulizia etnica? (…) E il bombardamento della biblioteca del monastero francescano a Dubrovnik? E il tentativo sponsorizzato dalla NATO di trasformare la Serbia in una provincia del Kosovo?
Il Dicastero conclude il suo comunicato con una sezione dedicata ai «Necessari chiarimenti» che mette in dubbio la loro allegra affermazione secondo cui «l’insieme dei messaggi possiede un grande valore ed esprime con parole differenti i costanti insegnamenti del Vangelo», anche dopo essere costretti ad ammettere che «alcuni pochi messaggi si allontanano da questi contenuti così positivi ed edificanti e sembra persino che arrivino a contraddirli». Ma non prestare attenzione a questi messaggi, anche se «mettono in ombra la bellezza dell’insieme».
Il documento poi si mette decisamente sulla difensiva quando fa riferimento a «gruppi minoritari» che vogliono «distorcere la preziosa proposta di quest’esperienza spirituale, soprattutto se si leggono parzialmente i messaggi».
Chi sono questi piccoli gruppi senza nome? Il Dicastero si riferisce forse alla Conferenza episcopale jugoslava, che nel 1991 proclamò che non c’era nulla di soprannaturale in Medjugorje, confermando la posizione di mons. Zanic? Il Dicastero si riferisce a Fidelity Press, editrice de L’inganno di Medjugorje?
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Dimenticate i «gruppi minoritari». Una domanda migliore è: dobbiamo prendere sul serio o no gli avvertimenti del Dicastero sugli errori presenti nei messaggi? Perché il Dicastero giustifica costantemente gli errori teologici della Gospa? A che punto l’insistenza sulla legittimità dei messaggi crolla sotto gli avvertimenti del Dicastero?
Come quando si ritiene che:
«Quest’insistenza diventa ancora più problematica quando i messaggi si riferiscono a richieste di improbabile origine soprannaturale, come quando la Madonna impartisce degli ordini circa date, posti, aspetti pratici, e prende decisioni su questioni ordinarie. Anche se i messaggi di questo tipo non sono frequenti in Medjugorje, ne troviamo alcuni che si spiegano unicamente a partire dai desideri personali dei presunti veggenti. Quello che segue è un chiaro esempio di questi messaggi fuorvianti: “Il 5 agosto prossimo si celebri il secondo millennio della mia nascita […]. Vi chiedo di prepararvi intensamente con tre giorni […]. In questi giorni non lavorate” (01.08.1984)».
Per sua stessa ammissione, il Dicastero è costretto a dire ai fedeli di far uso «della prudenza» e «del buon senso» e di «non prendere sul serio questi dettagli né tenerne conto». Va bene. Ma allora perché il Dicastero ha poi aggiunto: «ma questo fatto non deve indurre a disprezzare la ricchezza e la bontà della proposta di Medjugorje nel suo insieme», quando sembra opportuno trarre la conclusione esattamente opposta.
La Gospa, secondo l’ammissione dello stesso Dicastero, continua a commettere un errore teologico dopo l’altro, come quando annunciò il 17 luglio 1986: «Io sono la mediatrice tra voi e Dio». Questo passo falso ha costretto il Dicastero ad ammettere che:
«Utilizzata in questo modo, l’espressione “mediatrice” porterebbe erroneamente ad attribuire a Maria un posto che è unico ed esclusivo del Figlio di Dio fatto uomo; si porrebbe, infatti, in contraddizione con ciò che afferma la Sacra Scrittura quando dice che c’è un solo “mediatore fra Dio e gli uomini, l’uomo Cristo Gesù, che ha dato sé stesso in riscatto per tutti” (1Tm 2,5‒6). D’altra parte, questi presunti messaggi non riescono ad esprimere bene, come spiegava san Giovanni Paolo II, che la cooperazione di Maria è una “mediazione subordinata” a quella di Cristo (cfr. Redemptoris Mater 39), in modo che “nulla sia detratto o aggiunto alla dignità e alla efficacia di Cristo, unico Mediatore” (Lumen gentium 62)».
Invece di mandare la Madonna di Medjugorje a un corso elementare di Teologia al Biblicum, il Dicastero attribuisce la sua cattiva teologia all’«intercessione materna», e poi prosegue concedendo un Nihil obstat, la più alta forma di approvazione da parte del Vaticano a Medjugorje dopo averne minato completamente la credibilità.
A tacita ammissione di tale fatto, il Dicastero assicura che il loro Nihil obstat implica «una dichiarazione del carattere soprannaturale del fenomeno in parola» e allo stesso tempo ricorda «che i fedeli non sono obbligati» a credere alle apparizioni che hanno così ampiamente smentito nel loro stesso documento.
Il Dicastero conclude dicendo che «la valutazione degli abbondanti e diffusi frutti tanto belli e positivi non implica dichiarare come autentici i presunti eventi». O come direbbero gli italiani: «se non e vero, è ben trovato». Vale a dire, anche se non è vero, è davvero un’ottima invenzione.
Come dice Clint Eastwood al rapinatore di banche nero in Ispettore Callaghan: il caso Scorpio è tuo!, «so cosa stai pensando». E. Michael Jones è selettivo nella sua obbedienza all’autorità della Chiesa. Ma non è così. La Chiesa non può parlare infallibilmente di rivelazioni private, che coinvolgono circostanze storiche particolari che non rientrano né nel mandato della fede né della morale.
In questo caso un giornalista investigativo ha più autorità di un cardinale romano, soprattutto se nella sua inchiesta tiene conto del fatto che due successivi vescovi della diocesi di Mostar-Duvno, che hanno il dovere di occuparsi di questioni come questa, hanno dichiarato che «il fenomeno Medjugorje» era una frode.
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Il fatto che la conferenza episcopale jugoslava abbia appoggiato il suo giudizio è significativo per chi cerca di andare a fondo di questo fenomeno, motivo per cui il giudizio negativo di nessuno dei due vescovi è stato menzionato nella dichiarazione del dicastero, sebbene il cardinale Fernandez ne abbia parlato nella sua conferenza stampa in lingua italiana.
Perché allora il Vaticano ha rilasciato questa dichiarazione? La risposta che ho ricevuto da un membro del Parlamento della Bosnia-Erzegovina che ha stretti legami con il vescovo Peric, ora in pensione, è riciclaggio di denaro.
Gli italiani, mi ha detto senza entrare nei dettagli, creano a Medjugorje fondazioni esentasse che accettano denaro come contributo di beneficenza e poi inviano il denaro ai bosniaci che con quel denaro creano poi operazioni a scopo di lucro come i distributori di benzina, che poi vengono restituiti al donatore dopo che la stazione di servizio inizia a generare denaro.
(…)
Quasi 300 anni fa, Prospero Lambertini, come Papa Benedetto XIV, scrisse un libro intitolato La Beatificazione dei Servi di Dio e sulla Canonizzazione dei Beati. Il libro di Lambertini sulla canonizzazione è anche uno dei lavori fondamentali sulla valutazione delle rivelazioni private. E oltre a ciò ha molto da dire anche sui pericoli associati alle rivelazioni private.
Il libro di Lambertini possiede una sofisticazione quando si tratta di cose spirituali a cui questa epoca farebbe bene a prestare attenzione, spiegando che gli spiriti maligni «hanno talvolta raccomandato ciò che è bene per impedire un bene maggiore, e hanno incoraggiato le persone a compiere particolari atti di virtù affinché possano più facilmente ingannare gli incauti e col passare del tempo portarli gradualmente a commettere i peccati più orribili».
Si scopre che gli incauti si presentano nei posti in cui meno ci si aspetterebbe, ad esempio nelle più alte cariche della Chiesa cattolica. Lambertini ha citato l’esempio del suo predecessore, Papa Gregorio XI, che giaceva sul letto di morte, stringendo al petto l’Eucaristia e avvertendo coloro che lo circondavano di «guardarsi dagli uomini e dalle donne che sotto il pretesto della religione parlano di visioni della loro testa».
Papa Gregorio XI, proseguiva Lambertini, «sedotto da tali, aveva trascurato il ragionevole consiglio dei suoi amici e aveva trascinato se stesso e la Chiesa al pericolo di uno scisma imminente».
E. Michael Jones
NOTE
1) https://www.vatican.va/roman_curia/congregations/cfaith/documents/rc_ddf_doc_20240919_nota-esperienza-medjugorje_it.html
2) E. Michael Jones, Medjugorje Deception, p. 161.
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Immagine di pubblico dominio CC0 via Wikimedia
Pensiero
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Bizzarria
Ecco la catena alberghiera dell’ultranazionalismo revisionista giapponese

Per chi è stato in viaggio in Giappone il nome APA hotels potrebbe risultare familiare. La catena di alberghi dalla caratteristica insegna arancione è onnipresente nel Paese del Sol Levante, possiede circa 900 strutture alberghiere e in alcune zone urbane la loro densità è incredibile: così a memoria direi che ce ne sono almeno 5 nella zona tra Asakusa e Asakusabashi (due fermate di metro o mezz’ora scarsa a piedi).
La catena ha anche già iniziato la sua espansione nell’America settentrionale, con 40 strutture tra Stati Uniti e Canada.
Di recente ho avuto l’occasione di provare per la prima volta un hotel APA a Kanazawa, dove la catena è nata nei primi anni ottanta. Il giudizio complessivo è positivo: pulito, molto pratico da usare, al netto di stanze piuttosto anguste (ma nella norma nipponica) non posso dire che mi sia mancata alcuna comodità.
Anzi, le stanze dispongono del «bottone buonanotte» (oyasumi botan) cioè un pulsante vicino al comodino che spegne tutte le luci in un colpo solo. Di questo sono particolarmente grato perché mi ha risparmiato la classica caccia agli interruttori che contraddistingue le serate passate negli alberghi meno recenti qui in Giappone – in alcuni ryokan ci sono persone che si rassegnano a dormire con le luci accese per la disperazione, spossati dalla caccia all’interruttore nascosto.
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Un’altra caratteristica degli hotel APA è l’onnipresenza dell’effigie della presidentessa dell’azienda, la buffa Fumiko Motoya, sempre accompagnata da uno dei suoi vistosissimi cappelli (la sua collezione ne conta circa 240).

Fumiko Motoya, di hirune5656 via Wikimedia CC BY 3.0
Insegne, pubblicità, bottiglie di acqua minerale, confezioni di curry liofilizzato: non c’è posto da cui non spunti il sorriso della nostra Fumiko, il tutto ha una lieve sfumatura di culto della personalità da regime totalitario.
Ma quello che porta ripetutamente questa azienda al centro di aspre polemiche non sono i vistosi copricapo del suo presidente, né tanto meno la folle varietà di ristoranti ospitati dagli alberghi APA (a seconda della località mi è capitato di vedere ristoranti italiani, indiani, singaporiani, coreani, caffè in stile europeo, letteralmente la qualsiasi). Si tratta, invece, della cifra politica della catena alberghiera.
Ogni stanza d’albergo ha in dotazione almeno un paio di copie degli scritti del fondatore dell’azienda, Toshio Motoya, storico e ideologo di orientamento decisamente patriottico.
Gli scritti in questione innescano periodicamente polemiche furibonde: il picco era stato raggiunto tra 2016 e 2017, quando il volume che si trovava nelle stanze degli alberghi conteneva una revisione storica del massacro di Nanchino (1937). Apriti cielo: il clima allora era meno liberticida di adesso, si era agli albori dei social media totalitari come li conosciamo oggidì, ma le polemiche in Asia e occidente furono furibonde.
Il bello è che l’autore e l’azienda hanno fatto quello che oggi nessuno fa: nessun passo indietro, nessuna scusa, soltanto ribadire le proprie ragioni in maniera più articolata. In un mondo come quello in cui viviamo, in cui la gogna internettiana ha reso tutti ominicchi, quaquaraquà e, d’altronde love is love, un po’ invertiti, un atteggiamento del genere si può forse definire eroico.
Cotale attitudine mi ha ricordato l’epoca d’oro del movimento ultrà italiano, quando ancora dalle curve, allora libere da qualsiasi controllo da parte di partiti politici, malavita e istituzioni, si alzava il coro liberatorio: «Noi facciamo il cazzo che vogliamo!».
La pagina in inglese dell’azienda usa uno stile revisionistico che in Europa sarebbe ragione sufficiente per arresto, condanna e detenzione. Ve la ricordate la libertà, voi europei? Pensate che brivido trovare in albergo letteratura che rivede il dogma riguardo agli eventi accaduti nei primi anni quaranta tra Polonia, Germania e Austria…
Di fronte alle furiose contestazioni, l’azienda continua imperterrita a fare trovare in ogni camera delle copie di Theoretical modern history (理論近現代文学), i volumi che raccolgono gli scritti del fondatore della catena Motoya. Durante il mio soggiorno a Kanazawa ho avuto modo di leggere alcuni articoli che mi hanno dato una prospettiva diversa della storia giapponese.
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L’insegnamento della storia nel Giappone post bellico ha frequentemente preso l’aspetto di una forma di autoflagellazione (sotto la guida dell’occupante statunitense). Questa colpevolizzazione del paese a scapito di tutte le altre forze coinvolte nel conflitto mondiale raggiunge picchi disturbanti nelle prefetture più sinistrorse del Paese, le così dette H2O (Hiroshima, Hokkaido, Oita).
Ci sono stati casi di genitori che hanno protestato dopo avere sentito che ai figli veniva insegnato che «le bombe atomiche ce le siamo meritate». Dopo decenni di scuse a capo chino, non c’è da stupirsi che parte del Paese inizi a manifestare insofferenza verso questo clima culturale e a volersi riconciliare con la propria storia, senza intenti necessariamente autoassolutori.
L’articolo che riporto nella foto riguardo al pilota suicida (quelli che l’occidente chiama kamikaze, ma che in Giappone sono tokkoutai, 特攻隊、le squadre speciali d’assalto), mi ha ricordato il manifesto elettorale del partito Sanseito, in cui due piloti «kamikaze» sono raffigurati abbracciati e con le lacrime agli occhi, un’immagine dei cosiddetti kamikaze diversa da quella che solitamente ci viene mostrata.
Passare una notte all’APA hotel è stata l’occasione per capire una volta di più che al popolo del Giappone, come a quelli d’Europa, è stato messo sulle spalle il giogo di un senso di colpa che impedisce loro di esistere in quanto tali, costringendoli ad abiurare sé stessi quotidianamente.
Adesso basta, noi facciamo il katsu che vogliamo.
Taro Negishi
Corrispondete di Renovatio 21 da Tokyo
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Immagine di Mr.ちゅらさん via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 4.0 International; immagine tagliata
Geopolitica
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