Economia
L’industria tedesca avverte: chiusura totale senza il gas russo

Alcuni dei più grandi colossi industriali tedeschi avvertono che potrebbero dover chiudere completamente se smetteranno di ricevere le esportazioni russe di gas naturale. Lo riporta il Financial Times.
Secondo la testata economica, il più grande produttore di acciaio tedesco ThyssenKrupp e la più grande azienda chimica del mondo BASF hanno entrambi avvertito che senza una fornitura sufficiente di gas naturale, le loro fabbriche potrebbero essere costrette a rimanere inattive o chiudere completamente e potrebbero anche subire danni tecnici.
Senza forniture di gas russe «dobbiamo interrompere immediatamente da 100 a zero», ha affermato Petr Cingr, amministratore delegato di SKW Stickstoffwerke Piesteritz, il più grande produttore tedesco di ammoniaca e uno dei principali fornitori europei di fertilizzanti.
Il pericolo riguarda l’intera economia. Senza il gas russo, la Germania sperimenterà un forte calo della produzione industriale, che scatenerà una «profonda recessione» con quasi il 6% di PIL spazzato via entro la fine del prossimo anno, hanno detto a FT analisti della banca svizzera UBS.
La stima del crollo del PIL fornita il mese scorso dall’Associazione Industriali della Baviera (VBW), era tuttavia due volte tanto: senza gas russo (da cui la Germania dipende per oltre il 40%) non il 6&, ma il 12,7% del prodotto interno lordo tedesco svanirà.
L’allarme degli industriali tedeschi è risalente. Il capo del grande gruppo industriale Bosch a marzo si è pubblicamente opposto all’embargo sul gas russo. Anche il direttore del megagruppo automotive Volkswagen ha domandato apertamente il governo la fine della guerra e i negoziati di pace per il bene dell’industria tedesca.
Come riportato da Renovatio 21, la Baviera, per bocca del ministro dell’economia del Land, si era già smarcata da Berlino, facendo sapere già a inizio conflitto ucraino che la cancellazione delle importazioni di gas russo avrebbero causato una perdita nella regione di almeno 220 mila posti di lavoro.
Nel frattempo, le società energetiche europee hanno accumulato un debito sbalorditivo di 1,7 trilioni di dollari, un aumento del 50% dall’inizio del 2020.
Un certo numero di importanti società di questo tipo, inclusa la tedesca Uniper, sono in attesa di salvataggi governativi multimiliardari, altrimenti dovranno chiudere i battenti.
Anche per questo, a fine aprile la Germania, Paese ritenuto assai avverso al debito e pronto a bacchettare chiunque la pensi diversamente, ha deciso di prendere in prestito quasi 40 miliardi di euro per attutire il contraccolpo della sua economia causato dalla guerra in Ucraina.
Il problema più tangibile, tuttavia, saranno le rivolte civili dell’autunno, di cui il vicecancelliere verde Habeck parla in continuazione.
Come riportato da Renovatio 21, la Germania si prepara ad attivare «luoghi di riscaldamento» dove chi non avrà più i termosifoni in funzione in casa (a causa dell’incapacità degli «sfollati energetici» di pagare la bolletta, o dell’assenza totale di gas, potrà cercare di non morire di freddo.
Questa è la locomotiva d’Europa negli anni Venti del XXI secolo.
Economia
Il debito francese è un pericolo per tutta l’Eurozona

Il crescente debito sovrano della Francia, unito alle lotte politiche interne, potrebbe minacciare la stabilità fiscale dell’Eurozona. Lo riporta l’emittente pubblica tedesca Deutsche Welle, citando un esperto.
La Francia ha uno dei debiti nazionali più elevati dell’UE, attualmente pari a 3,35 trilioni di euro (3,9 trilioni di dollari), pari a circa il 113% del PIL. Si prevede che il rapporto salirà al 125% entro il 2030. Il deficit di bilancio è previsto al 5,4-5,8% quest’anno, ben al di sopra del limite del 3% previsto dall’Unione.
Friedrich Heinemann del Centro Leibniz per la Ricerca Economica Europea ZEW di Mannheim, in Germania, ha dichiarato alla testata in un articolo pubblicato sabato: «dovremmo essere preoccupati. L’eurozona non è stabile in questo momento».
Un drastico piano di austerità proposto dal primo ministro francese François Bayrou, membro del governo di minoranza, ha innescato un voto di sfiducia, che ha perso lunedì sera, portando al collasso il governo francese.
Il piano del Bayrou prevedeva tagli ai posti di lavoro nel settore pubblico, una riduzione della spesa sociale e la soppressione di due festività. Il Rassemblement National di Marina Le Pen, i Socialisti e il partito di sinistra La France Insoumise si sono opposti con veemenza alla proposta.
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Anche un sondaggio Elabe condotto prima del voto ha mostrato che la maggior parte degli intervistati era contraria alle misure.
Lo Heinemann ha dichiarato a DW di dubitare che la Francia troverà presto una via d’uscita, visti gli aspri scontri politici.
A luglio, Bloomberg, citando gli esperti di ING Groep NV, ha affermato in modo analogo che il crescente debito della Francia potrebbe rappresentare una «bomba a orologeria» per la stabilità finanziaria dell’UE.
Nonostante il considerevole deficit di bilancio, la Francia prevede di aumentare la spesa militare a 64 miliardi di euro nel 2027, il doppio di quanto speso nel 2017.
Il presidente Emmanuel Macron ha ripetutamente citato una presunta minaccia russa. Il Cremlino ha costantemente liquidato le accuse come «assurdità», accusando l’UE di una rapida militarizzazione.
A maggio, gli Stati membri hanno approvato un programma di debito da 150 miliardi di euro per l’approvvigionamento di armi.
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Immagine di Philippe Druesne via Flickr pubblicata su licenza CC BY-NC-ND 2.0
Economia
Trump porge il ramoscello d’ulivo a Musk. Cui Tesla prepara un possibile pagamento da un trilione

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Economia
La Turchia interrompe totalmente gli scambi commerciali con Israele

La Turchia ha interrotto tutti i legami commerciali ed economici con Israele, chiudendo il suo spazio aereo ad alcuni voli israeliani, ha annunciato il Ministro degli Esteri Hakan Fidan. I due Paesi sono in conflitto da mesi a causa della campagna militare israeliana a Gaza, con la Turchia che accusa il Paese di aver commesso un genocidio.
In un discorso al parlamento nazionale di venerdì, il Fidan ha affermato che la Turchia ha «completamente interrotto i nostri scambi commerciali con Israele» e «chiuso i nostri porti alle navi israeliane».
«Non permettiamo alle navi portacontainers che trasportano armi e munizioni verso Israele di entrare nei nostri porti e agli aerei di entrare nel nostro spazio aereo», ha aggiunto il ministro di Ankara, affermando che alle navi battenti bandiera turca è vietato fare scalo nei porti israeliani e che alle imbarcazioni israeliane è vietato entrare nei porti turchi.
Come riportato da Renovatio 21, la guerra commerciale con Israele era partita un anno fa con la sospensione degli scambi.
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Una fonte diplomatica turca ha dichiarato all’agenzia Reuters che le restrizioni ai voli riguardano solo i voli ufficiali israeliani e gli aerei con armi o munizioni, non il transito di routine dei vettori commerciali.
L’agenzia ha inoltre riferito che le autorità portuali turche stanno ora richiedendo informalmente agli agenti marittimi di attestare che le navi non sono collegate a Israele e non trasportano carichi militari o pericolosi diretti nel Paese.
Tuttavia, un funzionario israeliano ha dichiarato al Jerusalem Post che la Turchia aveva «già annunciato in passato la rottura delle relazioni economiche con Israele, e che tali relazioni sono continuate», riferendosi apparentemente alla sospensione delle importazioni ed esportazioni da parte di Ankara a maggio.
I commenti del ministro sono l’ultimo segnale del deterioramento delle relazioni tra Turchia e Israele, rese ancora più tese dalla guerra a Gaza. La Turchia, unendosi agli altri Paesi che hanno portato il caso al tribunale dell’Aia, ha accusato Israele di aver commesso un genocidio a Gaza. Il presidente Recep Tayyip Erdogan in precedenza aveva definito il primo ministro Benjamin Netanyahu «il macellaio di Gaza», suggerendo a un certo punto – in una reductio ad Hitlerum che è andata in crescendo, con contagio internazionale – che la portata dei suoi crimini di guerra superasse quelli commessi dal cancelliere della Germania nazionalsocialista Adolfo Hitlerro.
Nel 2023 la Turchia ha richiamato il suo ambasciatore da Israele e nel 2024 ha interrotto tutti i rapporti diplomatici. Mesi fa Ankara aveva dichiarato che Israele costituisce una «minaccia per la pace in Siria». Erdogan ha più volte chiesto un’alleanza dei Paesi islamici contro Israele.
Come riportato da Renovatio 21, in settimana i turchi hanno guidato gli sforzi per far sospendere Israele all’Assemblea generale ONU. L’anno scorso il presidente turco aveva dichiarato che le Nazioni Unite dovrebbero consentire l’uso della forza contro lo Stato degli ebrei.
Un anno fa Erdogan aveva ventilato l’ipotesi che la Turchia potesse invadere Israele.
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Immagine di Rob Schleiffert via Flickr pubblicata su licenza CC BY-NC 4.0
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