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L’ex presidente Poroshenko: gli accordi di Minsk mi hanno permesso di armare l’Ucraina

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L’ex presidente ucraino Petro Poroshenko si è vantato del suo ruolo nella ricostruzione dell’esercito del suo Paese sotto la copertura degli accordi di Minsk, che, almeno all’apparenza, servivano a riconciliare Kiev con Donbass e regioni orientali che si erano dissociate dal colpo di Stato di Maidan a Kiev nel 2014.

 

«Con gli accordi di Kiev abbiamo guadagnato tempo. Sapete quanti battaglioni avevo a Nord di Kiev quando sono diventato presidente? Zero. E il budget statale? Sotto zero. Ed i carri armati funzionanti? Una miseria», ha dichiarato l’ex presidente descrivendo lo stato dell’Ucraina nove anni fa in un’intervista al Corriere della Sera.

 

Il Poroshenko, di professione cioccolataio, è entrato in carica nel giugno 2014, mentre il governo ucraino post-golpe stava tentando di reprimere una ribellione nelle regioni di Donetsk e Lugansk con la forza militare. I due accordi di Minsk sono stati adottati quando Poroshenko era al timone dello Stato ucraino. Secondo le intenzioni, gli accordi avrebbero dovuto ridurre l’escalation del conflitto e reintegrare le regioni nei sistemi politici ucraini con ampia autonomia-

 

Invece, Poroshenko ha detto al quotidiano di Via Solferino che il suo governo aveva optato per un potenziamento militare con l’aiuto di sponsor stranieri.

 

«Immediatamente dopo la firma ho invitato istruttori Nato, comprato armi, mezzi. Durante la mia presidenza abbiamo costruito un esercito», dichiara, con poco pudore, il presidente e industriale del cacao ucraino.

 

Poroshenko ha insistito sul fatto che ciò ha permesso all’Ucraina di prepararsi all’attuale confronto con la Russia. Mosca ha citato l’incapacità di Kiev di attuare gli accordi di Minsk, i suoi continui attacchi a Donetsk e Lugansk, nonché l’invasione della NATO in Ucraina come ragioni principali per il lancio della sua operazione militare nel febbraio 2022, alla vigilia della quale il presidente russo Putin, in un lungo discorso, ha definito l’Occidente come «Impero delle menzogne», orientando tutta la diplomazia di Mosca a non più fidarsi delle promesse dell’Ovest euroamericano.

 

Come riportato da Renovatio 21, la versione  di Poroshenko era già stata sostanzialmente confermata dagli ex presidenti tedesco e francese Angela Merkel e François Hollande, che avevano a poca distanza l’una dall’altro affermato pubblicamente che gli accordi avevano lo scopo di guadagnare tempo per Kiev.

 

Poroshenko subì alle elezioni politiche ucraine del 2019 una schiacciante sconfitta contro Volodymyr Zelens’kyj, attore comico lanciato come leader populista da una serie in cui, guarda caso, indossava i panni dell’uomo qualunque eletto presidente della Nazione. Nel telefilm c’era spazio anche per un personaggio, giudicato assai negativamente, che molti hanno interpretato come un riferimento diretto a Poroshenko, di cui lo Zelens’kyj sarebbe divenuto sfidante alle presidenziali.

 

Durante la campagna elettorale, Zelens’kyj accusò Poroshenko di varie nefandezze, tra cui il fatto di essersi arricchito durante l’incarico da presidente. Poroshenko è stato indagato subito dopo l’ascesa al potere del comico TV.

 

Da notare come Zelens’kyj stravinse quelle elezioni promettendo di invertire le politiche bellicose del suo predecessore Poroshenko e riconciliarsi con il Donbass – in pratica, la piattaforma politica votata dagli ucraini prevedeva la pace con Putin. Tuttavia, il neopresidente ha compiuto un’inversione di marcia totale, forse sotto la pressione dei nazionalisti integralisti – gli ucronazisti – che si oppongono ad ogni possibile accordo con la Russia.

 

«Il formato Minsk (…) è un’opportunità per guadagnare tempo, armare le forze armate, passare ai migliori standard mondiali nel sistema di sicurezza e difesa nazionale» diceva il leader del gruppo noto come «Settore Destro» in un’intervista ad un sito di informazione ucraino subito dopo la vittoria elettorale di Zelens’kyj. «Questa è un’opportunità di manovra. Ma non più. L’attuazione degli accordi di Minsk è la morte del nostro Stato. Non valgono una goccia di sangue dei ragazzi e delle ragazze, uomini e donne che sono morti in questa guerra. Non una goccia».

 

«Poroshenko ha giocato a Minsk e ha giocato bene. Fatto. Ha giocato per tempo. Siamo stati in grado di prepararci meglio durante questo gioco diplomatico per una possibile invasione russa su larga scala».

 

Quindi, non c’era da aspettarsi che il successore di Poroshenko avrebbe fatto diversamente.

 

«Zelensky ha detto nel suo discorso inaugurale che era pronto a perdere ascolti, popolarità, posizione… No, perderà la vita. Sarà appeso a qualche albero del Khreshchatyk, se tradirà l’Ucraina e quelle persone che sono morte durante la Rivoluzione e la Guerra» disse il leader di Pravij Sektor. Il Khreshchatyk è uno dei principali viali di Kiev, che porta diretto alla fatale piazza Maidan, dove nel 2014 si consumò, tra rivolte e cecchini, il golpe che defenestrò il (moderatamente) filo-russo Yanukovich e installò al potere ogni possibile forza antirussa. Per curiosità aggiungiamo che un grande e sontuoso flagship store dell’industria della cioccolata di Poroshenko si trova proprio lì.

 

Nell’intervista al Corsera, Poroshenko ha di fatto approvato l’opinione del presidente bielorusso Aleksandr Lukashenko, il quale ha sostenuto la scorsa settimana che Minsk e Mosca avrebbero dovuto «risolvere» la situazione ucraina nel 2014-2015, invece di perseguire la diplomazia.

 

Poroshenko ha lasciato intendere che il suo governo sarebbe stato rovesciato in quello scenario.

 

Ricordiamo Poroshenko anche per un divertente video dei primi giorni del conflitto. Mentre era collegato con TV straniere, dove si mostrava armato e pronto al combattimento, ad un combattente dietro di lui, forse non preparatissimo, cascava il caricatore dal Kalashnikov, e quindi cercava di dissimulare l’imbarazzo, in una scenetta che pareva uscita da Una pallottola spuntata.

 

 

Poroshenko è stato tra coloro che hanno inizialmente detto che la storia del «fantasma di Kiev» (un asso dell’aviazione ucraina che avrebbe distrutto 10 e passa MiG russi nel giro di poche ore) corrispondeva a verità.

 

 

 

 

Immagine di World Economic Forum via Flickr pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-NonCommercial-ShareAlike 2.0 Generic (CC BY-NC-SA 2.0)

 

 

 

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La Cina snobba il ministro degli Esteri tedesco

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Il ministro degli Esteri tedesco Johann Wadephul ha dovuto cancellare un viaggio previsto in Cina dopo che Pechino si sarebbe rifiutata di organizzare incontri di alto livello con lui, secondo quanto riportato venerdì da diversi organi di stampa.

 

Il Wadephul sarebbe dovuto partire per Pechino domenica per discutere delle restrizioni cinesi sull’esportazione di terre rare e semiconduttori, oltre che del conflitto in Ucraina.

 

«Il viaggio non può essere effettuato al momento e sarà posticipato a data da destinarsi», ha dichiarato un portavoce del Ministero degli Esteri tedesco, citato da Politico. Il Wadephullo avrebbe dovuto incontrare il ministro degli Esteri cinese Wang Yi, ma l’agenda prevedeva troppo pochi incontri di rilievo.

 

Secondo il tabloide germanico Bild, i due diplomatici terranno presto una conversazione telefonica.

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Questo intoppo diplomatico si inserisce in un contesto di crescenti tensioni commerciali tra Cina e Unione Europea. Nell’ultimo anno, Bruxelles e Pechino si sono scontrate sulla presunta sovrapproduzione industriale cinese, mentre la Cina accusa l’UE di protezionismo.

 

All’inizio di questo mese, Pechino ha rafforzato le restrizioni sull’esportazione di minerali strategici con applicazioni militari, una mossa che potrebbe aggravare le difficoltà del settore automobilistico europeo.

 

La Germania è stata particolarmente colpita dal deterioramento del clima commerciale.

 

Come riportato da Renovatio 21, la Volkswagen sospenderà la produzione in alcuni stabilimenti chiave la prossima settimana a causa della carenza di semiconduttori, dovuta al sequestro da parte dei Paesi Bassi del produttore cinese di chip Nexperia, motivato da rischi per la sicurezza tecnologica dell’UE. In risposta, Pechino ha bloccato le esportazioni di chip Nexperia dalla Cina, causando una riduzione delle scorte che potrebbe portare a ulteriori chiusure temporanee di stabilimenti Volkswagen e colpire altre case automobilistiche, secondo il quotidiano.

 

Venerdì, il ministro dell’economia Katherina Reiche ha annunciato che Berlino presenterà una protesta diplomatica contro Pechino per il blocco delle spedizioni di semiconduttori, sottolineando la forte dipendenza della Germania dai componenti cinesi.

 

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Immagine di UK Government via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 2.0 Generic

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Vance in Israele critica la «stupida trovata politica»: il voto di sovranità sulla Cisgiordania è stato un «insulto» da parte della Knesset

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La proposta di applicare la sovranità israeliana sulla Cisgiordania occupata, considerata da molti come un’equivalente all’annessione totale del territorio palestinese, ha suscitato una forte condanna internazionale, incluso un netto dissenso da parte degli Stati Uniti.   Il disegno di legge ha superato di stretta misura la sua lettura preliminare martedì, con 25 voti a favore e 24 contrari nella Knesset, composta da 120 membri. La proposta passerà ora alla Commissione Affari Esteri e Difesa per ulteriori discussioni.   Una dichiarazione parlamentare afferma che l’obiettivo del provvedimento è «estendere la sovranità dello Stato di Israele ai territori di Giudea e Samaria (Cisgiordania)».   Il momento del voto è stato significativo e provocatorio, poiché è coinciso con la visita in Israele del vicepresidente J.D. Vance, impegnato in discussioni sul cessate il fuoco a Gaza e sul centro di coordinamento gestito dalle truppe statunitensi e dai loro alleati, incaricato di supervisionare la transizione di Gaza dal controllo di Hamas. Vance ha percepito la tempistica del voto come un gesto intenzionale, accogliendolo con disappunto.

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Anche il Segretario di Stato Marco Rubio, in visita in Israele questa settimana, ha espresso critiche prima di lasciare il Paese mercoledì, dichiarando che il disegno di legge sull’annessione «non è qualcosa che appoggeremmo».   «Riteniamo che possa rappresentare una minaccia per l’accordo di pace», ha detto Rubio, in linea con la promozione della pace in Medio Oriente sostenuta ripetutamente da Trump. «Potrebbe rivelarsi controproducente». Vance ha ribadito che «la Cisgiordania non sarà annessa da Israele» e che l’amministrazione Trump «non ne è stata affatto soddisfatta», sottolineando la posizione ufficiale.   Vance, considerato il favorito per la prossima candidatura presidenziale repubblicana dopo Trump, probabilmente ricorderà questo episodio come un momento frustrante e forse irrispettoso, specialmente in un contesto in cui la destra americana appare sempre più divisa sulla politica verso Israele.   Si dice che il primo ministro Netanyahu non sia favorevole a spingere per un programma di sovranità, guidato principalmente da politici oltranzisti legati ai coloni. In una recente dichiarazione, il Likud ha definito il voto «un’ulteriore provocazione dell’opposizione volta a compromettere i nostri rapporti con gli Stati Uniti».   «La vera sovranità non si ottiene con una legge appariscente, ma con un lavoro concreto sul campo», ha sostenuto il partito.   Tuttavia, è stata la reazione di Vance a risultare la più veemente, definendo il voto una «stupida trovata politica» e un «insulto», aggiungendo che, pur essendo una mossa «solo simbolica», è stata «strana», specialmente perché avvenuta durante la sua presenza in Israele.   Come riportato da Renovatio 21, Trump ha minacciato di togliere tutti i fondi ad Israele in caso di annessione da parte dello Stato Giudaico della West Bank, che gli israeliani chiamano «Giudea e Samaria».  

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Trump minaccia di togliere i fondi a Israele se annette la Cisgiordania

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Israele «perderebbe tutto il sostegno degli Stati Uniti» in caso di annessione della Giudea e della Samaria, nome con cui lo Stato Ebraico chiama la Cisgiordania, ha detto il presidente USA Donald Trump.

 

Trump ha replicato a un disegno di legge controverso presentato da esponenti dell’opposizione di destra alla Knesset, il parlamento israeliano, che prevede l’annessione del territorio conteso come reazione al terrorismo palestinese.

 

Il primo ministro Benjamin Netanyahu, sostenitore degli insediamenti ebraici in quell’area, si oppone al provvedimento, poiché rischierebbe di allontanare gli Stati arabi e musulmani aderenti agli Accordi di Abramo e al cessate il fuoco di Gaza.

 

Netanyahu ha criticato aspramente il disegno di legge, accusando i promotori di opposizione di una «provocazione» deliberata in concomitanza con la visita del vicepresidente statunitense J.D. Vance. (Lo stesso Vance ha qualificato il disegno di legge come un «insulto» personale)

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«I commenti pubblicati giovedì dalla rivista TIME sono stati espressi da Trump durante un’intervista del 15 ottobre, prima dell’approvazione preliminare alla Knesset di mercoledì – contro il volere del primo ministro – di un disegno di legge che estenderebbe la sovranità israeliana a tutti gli insediamenti della Cisgiordania» ha scritto il quotidiano israeliano Times of Israel.

 

Evidenziando l’impazienza dell’amministrazione verso tali iniziative, il vicepresidente di Trump, J.D. Vance, ha dichiarato giovedì, lasciando Israele, che il voto del giorno precedente lo aveva «offeso» ed era stato «molto stupido».

 

«Non accadrà. Non accadrà», ha affermato Trump a TIME, in riferimento all’annessione. «Non accadrà perché ho dato la mia parola ai Paesi arabi. E non potete farlo ora. Abbiamo avuto un grande sostegno arabo. Non accadrà perché ho dato la mia parola ai paesi arabi. Non accadrà. Israele perderebbe tutto il sostegno degli Stati Uniti se ciò accadesse».

 

Vance ha precisato che gli era stato descritto come una «trovata politica» e «puramente simbolica», ma ha aggiunto: «Si tratta di una trovata politica molto stupida, e personalmente la considero un insulto».

 

Gli Emirati Arabi Uniti, che hanno guidato i Paesi arabi e musulmani negli Accordi di Abramo, si oppongono da tempo all’annessione della Cisgiordania, sostenendo che renderebbe vani i futuri negoziati di pace nella regione.

 

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