Geopolitica
L’esercito della Corea del Sud torna a descrivere Pyongyang come un «nemico»
Renovatio 21 pubblica questo articolo su gentile concessione di Asianews. Le opinioni degli articoli pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21.
Il cambiamento lessicale nel materiale formativo distribuito alle forze armate riflette la politica muscolare del nuovo presidente Yoon e il clima teso alimentato dalla lunga serie di lanci missilistici di quest’anno. Il governo sudcoreano ritiene imminente anche un nuovo test nucleare del regime di Kim Jong-un
Non c’era da farsi troppe illusioni sulla posizione di Yoon Suk-yeol riguardo all’ingombrante vicino nordcoreano.
Yoon, da conservatore, ha proposto una politica saldamente filo-statunitense e muscolare nei confronti del Nord. Se il suo predecessore democratico, Moon Jae-in, aveva prestato attenzione a mantenere aperti i canali di comunicazione e dialogo inter-coreani, il nuovo presidente conservatore sta accuratamente rivedendo anche il dizionario dei rapporti con Pyongyang.
Nelle ultime settimane la temperatura si è alzata nella penisola. Il regime nordcoreano ha intrapreso da inizio anno una lunga serie di lanci missilistici, l’ultimo a poche ore dalla fine della visita asiatica di Joe Biden.
Inoltre, continuano a rincorrersi le voci di un possibile nuovo test nucleare. Solo pochi giorni fa il governo sudcoreano ha ammesso di ritenere imminente il test nordcoreano, dicendo che i preparativi sono entrati nella fase conclusiva. Le autorità sudcoreane indicano la prima metà di giugno come il periodo più probabile.
In questo clima di generale tensione, la diffidenza del nuovo governo conservatore verso Pyongyang emerge anche nei piccoli dettagli. Infatti, nel materiale formativo distribuito dal Ministero della difesa alle truppe sudcoreane, la Corea del Nord viene ora descritta in modo molto netto come nemica.
«Le provocazioni della Corea del Nord sono una minaccia alla sicurezza che dobbiamo affrontare, e fintanto che queste minacce continuano, l’esercito e il regime della Corea del Nord sono nostri nemici» recita il materiale in uso nelle forze armate sudcoreane da quando Yoon è entrato in carica.
La precedente versione del 2019, distribuita dal governo di Moon, si limitava a descrivere quelle di Pyongyang come «reali minacce militari».
Un portavoce del Ministero della difesa, commentando il nuovo materiale, ha detto che l’attuale amministrazione intende «rafforzare lo spirito combattivo del personale militare». Le modifiche al materiale formativo consegnato ai militari servono appunto a questo, a sostenere la percezione del Nord come nemico.
La revisione non arriva inattesa. Durante l’udienza parlamentare del nuovo ministro della difesa Lee Jong-sup a inizio maggio, il ministro aveva descritto la Corea del Nord come un nemico «evidente» date le sue minacce nucleari e missilistiche e aveva espresso il suo sostegno alla revisione.
Il cambio di passo linguistico però potrebbe non fermarsi qui, perché nella lista di promesse elettorali che il governo conservatore intende realizzare nei prossimi anni c’è la designazione della Corea del Nord come nemico nei documenti della difesa.
Secondo quanto riportato dall’agenzia stampa Yonhap, il ministero starebbe già raccogliendo opinioni sull’inserimento di questa terminologia anche nel prossimo libro bianco della difesa.
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Geopolitica
Gli Stati Uniti sequestrano una petroliera al largo delle coste del Venezuela
Il procuratore generale statunitense Pam Bondi ha annunciato il sequestro di una petroliera sospettata di trasportare greggio proveniente dal Venezuela e dall’Iran.
L’operazione, condotta al largo delle coste venezuelane, si inserisce in un’escalation delle attività militari americane nella regione, unitamente a raid contro quelle che Washington qualifica come imbarcazioni legate ai cartelli della droga.
«Oggi, l’FBI, la Homeland Security Investigations e la Guardia costiera degli Stati Uniti, con il supporto del Dipartimento della Difesa, hanno eseguito un mandato di sequestro per una petroliera utilizzata per trasportare petrolio greggio proveniente dal Venezuela e dall’Iran», ha scritto Bondi su X mercoledì.
Ha precisato che la nave era stata sanzionata «a causa del suo coinvolgimento in una rete di trasporto illecito di petrolio a sostegno di organizzazioni terroristiche straniere».
Nel video diffuso da Bondi si vedono agenti delle forze dell’ordine, pesantemente armati, calarsi dall’elicottero sulla tolda della nave. Secondo il portale di tracciamento MarineTraffic e vari media, l’imbarcazione è stata identificata come «The Skipper», che batteva bandiera della Guyana. Fonti come ABC News riportano che la petroliera, con una capacità fino a 2 milioni di barili di greggio, era diretta a Cuba.
Today, the Federal Bureau of Investigation, Homeland Security Investigations, and the United States Coast Guard, with support from the Department of War, executed a seizure warrant for a crude oil tanker used to transport sanctioned oil from Venezuela and Iran. For multiple… pic.twitter.com/dNr0oAGl5x
— Attorney General Pamela Bondi (@AGPamBondi) December 10, 2025
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Gli Stati Uniti avevano sanzionato la The Skipper già nel 2022, accusandola di aver contrabbandato petrolio a beneficio del Corpo delle Guardie della Rivoluzione Islamica iraniana e del gruppo militante libanese Hezbollah.
Un gruppo di parlamentari statunitensi ha di recente sollecitato un’inchiesta sugli attacchi condotti su oltre 20 imbarcazioni da settembre, ipotizzando che possano configurare crimini di guerra.
Il senatore democratico Chris Coons, intervistato martedì su MSNBC, ha accusato Trump di «trascinarci come sonnambuli verso una guerra con il Venezuela». Ha argomentato che l’obiettivo reale del presidente sia l’accesso alle risorse petrolifere e minerarie del paese sudamericano.
Il presidente venezuelano Nicolas Maduro ha rigettato le affermazioni di Trump sul presunto ruolo del suo governo nel narcotraffico, ammonendo Washington contro l’avvio di «una guerra folle».
Il Venezuela ha denunciato gli Stati Uniti per pirateria di Stato dopo che la Guardia costiera americana, coadiuvata da altre forze federali, ha abbordato e sequestrato una petroliera sanzionata nel Mar dei Caraibi.
Caracas ha reagito con durezza, definendo l’intervento «un furto manifesto e un atto di pirateria internazionale» finalizzato a sottrarre le risorse energetiche del Paese.
«L’obiettivo di Washington è sempre stato quello di mettere le mani sul nostro petrolio, nell’ambito di un piano deliberato di saccheggio delle nostre ricchezze», ha dichiarato il ministro degli Esteri Yvan Gil.
Il governo venezuelano ha condannato gli «arroganti abusi imperiali» degli Stati Uniti e ha giurato di difendere «con assoluta determinazione la sovranità, le risorse naturali e la dignità nazionale».
Da anni Caracas considera le sanzioni americane illegittime e contrarie al diritto internazionale. Il presidente Nicolas Maduro le ha definite parte del tentativo di Donald Trump di rovesciarlo e ha respinto come infondate le accuse di legami con i narcos, avvertendo che qualsiasi escalation militare condurrebbe a «una guerra folle».
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Immagine screenshot da Twitter
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Geopolitica
Putin: la Russia raggiungerà tutti i suoi obiettivi nel conflitto ucraino
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Geopolitica
Lavrov elogia la comprensione di Trump delle cause del conflitto in Ucraina
Il ministro degli Esteri russo Sergey Lavrov ha dichiarato che il presidente statunitense Donald Trump rappresenta l’unico leader occidentale in grado di cogliere le vere motivazioni alla base del conflitto ucraino.
Parlando mercoledì al Consiglio della Federazione, la camera alta del parlamento russo, Lavrov ha spiegato che, mentre gli Stati Uniti manifestano una «crescente impazienza» verso il percorso diplomatico mirato a cessare le ostilità, Trump è tra i pochissimi esponenti occidentali a comprendere le dinamiche che hanno originato la crisi.
«Il presidente Trump… è l’unico tra tutti i leader occidentali che, subito dopo il suo arrivo alla Casa Bianca nel gennaio di quest’anno, ha iniziato a dimostrare di aver compreso le ragioni per cui la guerra in Ucraina era stata inevitabile», ha dichiarato.
Lavrov ha proseguito sottolineando che Trump possiede una «chiara comprensione» delle dinamiche che hanno forgiato le politiche ostili nei confronti della Russia da parte dell’Occidente e dell’ex presidente statunitense Joe Biden, strategie che, a suo dire, «erano state coltivate per molti anni».
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Il ministro ha indicato che «si sta avvicinando il culmine dell’intera saga» ucraina, affermando che Trump ha sostanzialmente ammesso che «le cause profonde identificate dalla Russia devono essere eliminate».
Il vertice della diplomazia russa ha menzionato in modo specifico le storiche riserve di Mosca sull’aspirazione ucraina all’adesione alla NATO e la persistente violazione dei diritti della popolazione locale.
Lavrov ha poi precisato che Trump resta «l’unico leader occidentale a cui stanno a cuore i diritti umani in questa situazione», contrapposto ai governi dell’UE che, secondo Mosca, evadono il tema. Ha svelato che la roadmap statunitense per un’intesa includeva esplicitamente la tutela dei diritti delle minoranze etniche e delle libertà religiose in Ucraina, «in linea con gli obblighi internazionali».
Tuttavia, sempre secondo Lavrov, tali clausole sono state indebolite nel momento in cui il documento è stato sottoposto all’UE: il testo è stato modificato per indicare che l’Ucraina dovrebbe attenersi agli standard «adottati nell’Unione Europea».
Da tempo Mosca denuncia la soppressione della lingua e della cultura russa da parte di Kiev, oltre ai sforzi per limitare i diritti delle altre minoranze nazionali, e al contempo accusa i leader ucraini di fomentare apertamente il neonazismo nel paese.
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Immagine dell’Ufficio stampa della Duma di Stato della Federazione Russa via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 4.0 International
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