Economia
L’economia estone verso il dirupo
L’Estonia, un membro sia dell’UE che della NATO, sta andando verso la distruzione della sua economia fisica.
Secondo gli ultimi dati rilasciati da Statistics Estonia, l’indice dei prezzi al consumo estone ad aprile ha subito un’impennata drammatica del 18,8% su base annua, con prezzi che avanzano più velocemente di quanto non abbiano fatto negli ultimi decenni, ha riferito riferisce RT.
«L’agenzia ha riferito che i prezzi di beni e servizi erano rispettivamente del 14,4% e del 27,8% più cari ad aprile rispetto allo stesso periodo di un anno fa. Secondo quanto riferito, i prezzi dell’elettricità hanno registrato un’enorme impennata del 119%, mentre l’energia termica è diventata del 57,7% più costosa rispetto ad aprile 2021. Nel frattempo, il gas dell’oleodotto è salito alle stelle del 237,2%. Anche gli affitti sono aumentati del 34,4%».
«Le variazioni di prezzo per alimenti e bevande analcoliche, così come le variazioni di prezzo per i trasporti, hanno rappresentato quasi un quinto dell’aumento totale. Il prezzo delle patate è salito del 134,3%, gli oli sono aumentati del 57%, i cereali e la farina hanno registrato un aumento dei prezzi del 37,7%, mentre i prezzi della pasta e delle uova sono cresciuti rispettivamente del 36,9% e del 34,8%».
«Nel frattempo, il pesce fresco ha registrato un aumento del prezzo del 30,7%. La benzina costava il 32,5% e il gasolio il 48,6% in più», ha scritto RT, citando l’agenzia di statistica.
In Estonia, ex repubblica sovietica, la popolazione russa si attesta attorno a 320 mila cittadini, cioè il 24% degli abitanti di tutto il Paese, per lo più concentrati nelle contee di Harju e Ida-viru.
Come riportato da Renovatio 21, Joe Biden ha dichiarato a inizio conflitto la volontà di armare ulteriormente Tallin: «ho autorizzato ulteriori movimenti di forze e attrezzature statunitensi, già di stanza in Europa, per rafforzare i nostri alleati baltici, Estonia, Lettonia e Lituania», ha detto Biden in un discorso televisivo a inizio conflitto. «Lasciatemi essere chiaro, queste sono mosse totalmente difensive da parte nostra».
Lo stesso Biden nel 1997 dichiarava pubblicamente che era sbagliato includere le ex repubbliche dell’URSS nella NATO.
La vicina Lituania, nel frattempo, ha inviato missili Stinger all’Ucraina.
Cina
La Cina supera il trilione di dollari di surplus commerciale
Per la prima volta, il surplus commerciale della Cina ha superato i mille miliardi di dollari nei primi 11 mesi del 2025. Mentre le esportazioni verso gli Stati Uniti sono diminuite di circa un terzo a causa dei dazi, le esportazioni verso Europa, Australia e Sud-est asiatico sono aumentate.
Gran parte di questa impennata è stata trainata dalla forte crescita dei beni high-tech, che ha superato del 5,4% l’aumento delle esportazioni complessive. Le esportazioni di automobili hanno registrato un boom, sostituendo Giappone e Germania in termini di quota di mercato. Le esportazioni di semiconduttori sono aumentate del 24,7% nello stesso periodo e le esportazioni di cantieristica navale sono aumentate del 26,8%.
Il canale all-news cinese CGTN ha pubblicato un articolo che attacca le narrative occidentali di «sovracapacità» o «dumping» come spiegazioni del boom delle esportazioni cinesi.
«Per i politici e i leader dell’industria occidentali, la questione non è come presentare la Cina come un rivale, ma come riconoscere le realtà strutturali che rappresenta. Comprendendo il surplus come parte del panorama economico globale, si apre l’opportunità di adattare le strategie, esplorare le complementarietà, promuovere la collaborazione e ricercare miglioramenti dell’efficienza che vadano a vantaggio di entrambe le parti».
Vari allarmi sulla tenuta dell’economia cinese erano stati lanciati negli ultimi anni.
Come riportato da Renovatio 21, la Cina, dopo la guerra dei dazi di Trump, è ancora impegnata in un conflitto con gli USA e i satelliti occidentali per i chip.
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Immagine di pubblico dominio CC0 via Wikimedia
Economia
Hollywood al capolinea: Netflix vuole comprare Warner Bros
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Economia
L’ex proprietario di Pornhub vuole acquistare le attività del gigante petrolifero russo
Bernd Bergmair, l’ex proprietario di Pornhub, starebbe valutando l’acquisto delle attività internazionali del gigante petrolifero russo sanzionato Lukoil. Lo riporta l’agenzia Reuters, citando fonti riservate.
A ottobre, gli Stati Uniti hanno colpito Lukoil con sanzioni che hanno costretto la compagnia a dismettere le proprie partecipazioni estere, stimate in circa 22 miliardi di dollari. Lukoil aveva inizialmente accettato un’offerta del trader energetico Gunvor per l’intera controllata estera, ma l’operazione è saltata dopo che il Tesoro americano ha accusato Gunvor di legami con il Cremlino.
Secondo Reuters, Bergmair avrebbe già sondato il dipartimento del Tesoro statunitense per una possibile acquisizione. Interpellato tramite un legale, ha né confermato né smentito, limitandosi a dichiarare: «Lukoil International GmbH rappresenterebbe ovviamente un investimento eccellente; chiunque sarebbe fortunato a possedere asset del genere», senza precisare quali porzioni gli interessino o se abbia già contattato l’azienda. Un portavoce del Tesoro ha declinato ogni commento.
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Il finanziere austriaco è l’ex azionista di maggioranza di MindGeek, la casa madre di Pornhub, la cui identità è emersa solo nel 2021 dopo anni di strutture offshore. Il Bergmair ha ceduto la propria partecipazione nel 2023, quando la società è stata rilevata da un fondo canadese di private equity chiamato «Ethic Capital», nella cui compagine spicca un rabbino. Il patrimonio dell’uomo è stimato intorno a 1,4 miliardi di euro, investiti principalmente in immobili, terreni agricoli e altre operazioni private.
Il mese scorso, il Tesoro statunitense ha autorizzato le parti interessate a intavolare negoziati per gli asset esteri di Lukoil; l’approvazione è indispensabile poiché, senza licenza, ogni transazione resterebbe congelata. La finestra concessa scade il 13 dicembre.
Fonti giornalistiche indicano che diversi player, tra cui Exxon Mobil e Chevron, avrebbero manifestato interesse, ma Lukoil preferirebbe cedere il pacchetto in blocco, complicando le trattative per chi punta su singoli asset. L’azienda ha reso noto di essere in contatto con più potenziali acquirenti.
Mosca continua a condannare le sanzioni occidentali come «politiche e illegittime», avvertendo che finiranno per danneggiare chi le ha imposte». Il portavoce del Cremlino Dmitrij Peskov ha definito il caso Lukoil la prova che le «restrizioni commerciali illegali» americane sono «inaccettabili e ledono il commercio globale».
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Immagine di Marco Verch via Flickr pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 2.0 Generic (CC BY 2.0)
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