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Le nuove nomine papali al Dicastero per la dottrina della fede sono filo-LGBT?

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Nel corso della strana polemica sulle frasi usate a porte chiuse dal papa con i vescovi italiani riguardo agli omosessuali – utilizzando, bizzarramente, un gergo che parrebbe tipico dei gay –  arrivano le nomine di tre prelati come membri del dicastero della dottrina della fede.

 

Il vaticanista Edward Pentin su Twitter scrive che tutti e tre «hanno difeso l’insegnamento morale della Chiesa e il matrimonio tra un uomo e una donna. Tuttavia…».

 

Pentin quindi procede ad esaminare i tre casi.

 

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«Il cardinale José Tolentino de Mendonça, prefetto del Dicastero della Cultura e dell’Istruzione, è stato per alcuni anni rettore della Capela do Rato, una cappella privata di Lisbona nota per il suo servizio agli omosessuali che dice di non giudicare». Il vaticanista linka qui un suo articolo scritto nell’ottobre 2022 per il National Catholic Register che raccontava come il prelato fosse «stato anche criticato per simpatizzare con approcci eterodossi all’omosessualità».

 

«Il cardinale è stato anche un sostenitore di Maria Teresa Forcades i Vila, ex religiosa famosa per aver sostenuto la “teologia queer”, e ha scritto una prefazione a uno dei suoi libri». Suor Forçades ha pubblicato un libro, edito in Italia da Castelvecchi (2016), intitolato Siamo tutti diversi! Per una teologia queer. Il Mendonça avrebbe scritto la prefazione del libro della Forçades A teologia feminista na história (2013). La presentazione del libro fatta dai due è ancora visibile in filmati che circolano in rete.

 

 

Pentin poi cita il caso del cardinal Marcello Semeraro, prefetto del Dicastero per le cause dei santi, già partecipante al Forum dei cristiani LGBT nella sua diocesi, Albano laziale. «Ha scritto anche la prefazione al libro di un prete italiano intitolato Amore possibile – Persone omosessuali e moralità cristiana e ha sostenuto il riconoscimento giuridico delle unioni civili omosessuali» scrive il vaticanista. Del resto, lo stesso pontefice, quattro anni fa, aveva dato il suo aperto appoggio al riconoscimento delle unioni civili fra persone dello stesso sesso.

 

Infine Pentin cita il caso dell’arcivescovo Bruno Forte, che dice essere «responsabile delle sezioni sull’omosessualità nel controverso documento provvisorio del primo Sinodo sulla famiglia del 2014 che tentava di aprire la porta all’accettazione delle relazioni omosessuali nella Chiesa». Il link è ad un articolo della BBC sull’argomento. «È stato una voce di spicco nel sostenere una maggiore inclusione e rispetto per l’omosessualità e i diritti degli omosessuali all’interno della Chiesa» scrive il giornalista linkando un articolo de La Stampa.

 

L’idea, insomma, è che nel Vaticano di Bergoglio sembra non esserci traccia di quell’omofobia di cui si poteva accusare il papa dopo che era uscita l’indiscrezione sul suo attacco alla «frociaggine» e ai seminari pieni di «checche».

 

Come scritto da Renovatio 21, è altamente improbabile che, in una chiesa infrastrutturalmente omosessuale, come dimostra il caso di McCarrick (le cui questioni, sostiene monsignor Viganò, erano note al papa sin da subito), il pontefice abbia davvero qualcosa da ridire.

 

E quindi: si è trattata di una sceneggiata per far parlare dell’apertura della chiesa ai gay, in vista del giugno mese dell’orgoglio omotransessualista?

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Immagine di Tris T7 via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 4.0 International; immagine modificata

 

 

 

 

 

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