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Le gang narcos sono sataniste e sacrificano i bambini: le rivelazioni del presidente del Salvador che parla della crisi della democrazia e del ritorno di Dio in politica

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In una recente intervista concessa a Tucker Carlson appena dopo il suo giuramento come presidente ri-eletto del Salvador, Nayib Bukele ha fatto alcune dichiarazioni che a molti sono sembrate scioccanti.

 

Come noto, il Bukele è riconosciuto per aver totalmente fermato il crimine nel suo Paese, che era statisticamente il più violente del mondo, mentre ora, con più di un anno senza omicidi, risulta essere il più sicuro dell’emisfero occidentale – più tranquillo, quindi, perfino del Canada.

 

L’operazione di pacificazione del Paese – incredibile se paragonata con altre realtà come l’Ecuador e altri Paesi che paiono sul punto di divenire dei cosiddetti Narco-Stati – è stata portata avanti da Bukele con uno scontro diretto con le gang di narcotrafficanti che infestavano il Paese, ora finite in larga parte in nuove carceri di massima sicurezza costruite dal suo governo.

 

Quando Carlson ha chiesto della banda Mara Salvatrucha, conosciuta come MS-13, Bukele ha dichiarato che «sono satanici».

 

«Non hanno iniziato come un’organizzazione satanica» ha spiegato il presidente sudamericano. «L’MS-13 è iniziato a Los Angeles negli Stati Uniti perché ai salvadoregni non era permesso vendere droga da parte delle bande messicane. Così crearono una banda chiamata 18th Street Gang perché fondamentalmente volevano vendere droga in una strada che era la 18th Street».

 

I membri della gang in seguito tuttavia «hanno cominciato a dividersi e a lotte intestine. Quindi hanno creatol’MS-13, e poi l’MS-13 iniziò a diventare troppo grande per le altre bande, e iniziarono ad esportare l’organizzazione in altre parti degli Stati Uniti».

 

«Quando Bill Clinton decise di deportare quei ragazzi, non lo disse al governo in quel momento, “sto deportando questi criminali”. Li ha mandati semplicemente qui. E sono arrivati, in pochi, ma allo stesso tempo in cui erano state approvate incontrollate alcune leggi per proteggere i minorenni dalla carcerazione. E, naturalmente, le bande lo usano per reclutare ragazzi di 15, 16 e 17 anni» prosegue il racconto del Bukele.

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«Quindi all’inizio c’erano dei giovani che causavano danni, aggredendo, cercando di controllare il loro territorio, vendendo droga, cose brutte, ma probabilmente non critiche». Poi hanno continuato «a crescere, a controllare i territori, e qualche anno dopo, erano in realtà un’enorme organizzazione criminale internazionale con basi in Italia [in Lombardia in particolare, dove è noto il caso del 2015 di un capotreno il cui braccio fu praticamente mozzato a colpi di machete, ndr], Guatemala Honduras, El Salvador, negli Stati Uniti, fondamentalmente, in molte delle principali città USA avevano delle roccaforti», come fuori dalla capitale Washington e Long Island, Nuova York, e Los Angeles.

 

«È un’enorme organizzazione criminale internazionale. Quindi sono cresciuti e hanno iniziato a uccidere più persone, solo per conquistare territorio o combattere contro bande rivali o riscuotere debiti o soldi o altro. Ma man mano che l’organizzazione cresceva, sono diventati satanici. Hanno iniziato a fare rituali satanici» afferma il presidente Bukele. «Non so esattamente quando sia iniziato, ma era ben documentato. SÌ. E ora che abbiamo arrestato abbiamo trovato anche alter ego e cose del genere».

 

«Sono diventati un’organizzazione satanica» sottolinea il capo di Stato latinoamericano. «Ricordo il giornale che lo ha raccontato, è un giornale molto noto che ha fatto questa intervista con un membro di una gang in persona. Abbiamo permesso loro di entrare nelle carceri e fare interviste. E il ragazzo a cui gli hanno chiesto quante persone aveva ucciso, aveva risposto “non ricordo. Non ricordano quanti. Probabilmente 10, 20”. Non se lo ricordava».

 

«Poi gli hanno chiesto e tu, qual è la tua posizione nella banda? Ha spiegato come è salito di posizione. “Ma ho lasciato la banda”, ha detto. Perché ha lasciato la banda? “beh, perché ero abituato a uccidere, ero abituato a uccidere le persone. Ma ho ucciso per il territorio. Ho ucciso per raccogliere soldi. Ho ucciso per estorsione. Ma poi sono arrivato in questa casa, e stavano per uccidere un bambino».

 

«Lui, l’assassino che aveva ucciso decine di persone, ha detto “vabbè aspetta, cosa stavamo facendo? Aspetta, aspetta, perché uccideremo quel bambino?” E gli hanno detto “perché la bestia ha chiesto un bambino, quindi dobbiamo dargli un bambino”. Quindi ha detto che non poteva aiutarli, e ha lasciato la banda. È in prigione perché è un assassino. Ma ha lasciato la banda perché non poteva tollerare ciò che vedeva».

 

Carlson chiede a questo punto se il sacrificio umano sia una parte fondamentale di questo tipo di organizzazioni criminali.

 

«Beh, negli Stati Uniti un paio di settimane fa o un paio di giorni fa, non ricordo esattamente, ho visto la notizia che stavano per uccidere una ragazza, o che hanno ucciso una ragazza, perché era un rituale satanico. È successo negli Stati Uniti un paio di settimane fa» dice ancora Bukele.

«Sì, certo, c’è una guerra spirituale e c’è una guerra fisica, e la guerra fisica potrebbe essere quella non ufficiale, cioè la versione non ufficiale. Se vinci la guerra spirituale, ciò si rifletterà nella guerra fisica. Quindi la nostra vittoria impressionante è dovuta al fatto che abbiamo vinto la guerra spirituale molto, molto velocemente».

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Bukele si riferisce alla schiacciante vittoria elettorale appena conseguita, dove ha intercettato – stando al di fuori di un sistema bipartitico che sembra programmato persino nella Costituzione del Paese – oltre l’80% dei voti.

 

«Non avevo concorrenza. Voglio dire, erano satanisti. Penso che questo abbia reso tutto più semplice».

 

La questione del narcosatanismo non è nuova per gli addetti ai lavori. Chi legge Renovatio 21 ha sentito parlare della portata che il fenomeno ha attualmente in Messico. È riportato come molti elementi del narcotraffico messicano pratichino culti para-satanici che prevedono sacrifici umani e l’utilizzo di parti delle vittime durante riti per propiziare il favore delle entità demoniache durante le attività criminali. La mente torna ai sanguinosi sacrifici umani siano stati per secoli al centro della vita politica e sociale delle popolazioni del Messico precolombiano che in alcuni casi scatenavano guerre per catturare nuove vittime da offrire agli idoli.

 

Il narcosatanismo ha dato luogo a vari cascami nella cultura popolare, come il gruppo di genere grind death metal chiamato Brujeria («stregoneria»), composto anche da musicisti americani ispirati dalle atrocità dei narcotrafficanti: il booklet del loro CD – che era liberamente venduto nei negozi di dischi anche in Italia – conteneva fotografie di squartamenti e quant’altro. Le canzoni trattano principalmente di argomenti come il traffico di droga, rituali satanici, l’anti-cristianesimo, la sessualità, l’immigrazione, attraversamento illegale delle frontiere e anti-americanismo; nell’album Matando Güeros («Uccidendo biondi») si possono trovare canzoni come Molestando Niños Muertos («abusando di bambini morti»), Verga del Brujo («Verga dello Stregone»), Leyes Narcos, («Leggi Narco») e la pleonastica e tautologica Narcos Satánicos.

 

Oltre al culto della Santa Muerte – che ha avuto molta pubblicità nel mainstream occidentale anche grazie a serie come Breaking Bead e Too Old to Die Young – spicca il cosiddetto Palo Mayombe un tipo di stregoneria di origine afro-caraibica collegata alla santeria cubana, che sembra essersi diffuso in Messico a partire dagli anni ’80.

 

Casi di narcosatanismo si erano registrati anche oltre il confine, negli USA. È il noto caso Adolfo de Jesús Constanzo (1962-1989) serial killer americano, trafficante e padrino della banda passata alla storia come Los Narcosatánicos. Si trattava di un vero e proprio culto coinvolto in molteplici omicidi rituali in Messico (Matamoros, Tamaulipas) e nell’assassinio di Mark Kilroy, uno studente americano rapito durante lo Spring Break e ucciso nel 1989, il cui cervello fu ritrovato dalla polizia, aprendo uno scenario allucinante fatto di diecine di sacrifici umani, omicidi rituali di sadismo indicibile.

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La violenza narcosatanica, quindi, si stava manifestando anche El Salvador.

 

Bukele ha spiegato di aver sconfitto la violenza delle gang, trasformando radicalmente il Paese, in pochissimo tempo – qualcosa come due settimane – potenziando grandemente la polizia e nientemeno che raddoppiando l’esercito, usato quindi contro le bande criminali.

 

Si è trattato di un processo a «fasi, compresa la costituzione delle forze di polizia, dell’esercito, abbiamo raddoppiato l’esercito. Abbiamo letteralmente raddoppiato l’esercito per combattere il crimine, usato l’esercito per combattere il crimine. E li abbiamo equipaggiati, prima i soldati che non avevano, come armi utili o veicoli, droni, cose basilari di cui un’operazione di quella portata avrebbe bisogno».

 

Qui è partito un racconto imprevisto: il presidente, lanciata l’operazione, temeva in una reazione sanguinaria delle narco-mafie, che avrebbero potuto attaccare, con impeto terrorista, qualsiasi punto del Paese, rendendo di fatto ostaggio l’intera popolazione. Chiunque, nella furia criminale, poteva essere colpito, indebolendo il governo, che invece doveva concentrarsi su un numero esiguo di banditi. Un vero esempio di cosa significa, in ultima analisi, un conflitto asimmetrico.

 

Bukele racconta che, nella riunione definitiva con i suoi ministri che si inoltrò nella notte, pregò con loro diverse volte per la riuscita dell’operazione in corso.

 

Tucker rimane stupito, ma il salvadoregno gli risponde che tutto il suo gabinetto è composto da credenti.

 

Per cui, dice, la vera risposta riguardo alla vittoria sui malvagi è che si tratta di «un miracolo», dice il giovane presidente. E sembra crederci.

 

«Sì. È un miracolo. Quando, quando le bande hanno iniziato ad attaccarci, in sostanza hanno ucciso 87 persone in tre giorni, il che per un Paese di 6 milioni di abitanti è una follia. Sarebbe l’equivalente di avere 5.000 morti, 5.000 omicidi negli Stati Uniti in tre giorni. Quindi (…) eravamo in riunione nel mio ufficio, dalle 3:00 alle 4:00 di notte, semplicemente osservavamo cosa stava succedendo e cercavamo di capire cosa fare, perché il problema con le bande è che non attaccano i loro obiettivi solo quando vogliono creare terrore, possono attaccare chiunque. Quindi possono davvero uccidere la loro nonna».

 

«Perché non gli importa della nonna. Ti preoccupi della loro nonna. Quindi è la tua vittima. Come se uccidessero la loro nonna. Tu hai una morte e loro hanno raggiunto il terrore che vogliono creare in modo da poter uccidere chiunque. Una donna che cammina accanto a un ragazzo e lavora per strada, un tassista, possono uccidere chiunque. E se lo stato li insegue, lo stato non ha intenzione di uccidere o danneggiare nessuno tranne i membri della banda. Quindi hai 70.000 obiettivi, che erano i 70.000 membri della banda, ma hanno 6 milioni di possibili bersagli. Quindi era quasi un compito impossibile».

 

«Era un compito impossibile perché devi inseguirli. Erano intrecciati con la popolazione. Erano ovunque e uccidevano a caso. Quindi come fermarlo? Quindi proviamo davvero a capire cosa fare e io, in pratica, hanno detto, beh, qui stiamo davanti una missione impossibile. Quindi preghiamo. E abbiamo pregato, e pregato».

 

«Avete pregato… in riunione?» chiede il Carlson.

 

«Sì, certo. Molte volte. Sì» risponde il presidente.

 

«E per cosa avete pregato?» chiede Tucker.

 

«Per la saggezza. Per vincere la guerra. All’epoca pensavo che avremmo avuto vittime civili. Quindi abbiamo detto: preghiamo affinché le vittime siano il più basse possibile. E non abbiamo avuto vittime civili».

 

«E tutti i partecipanti alla riunione si sentivano a proprio agio?» chiede ancora il giornalista statunitense.

 

«Sì, sì, tutti i membri del mio gabinetto di sicurezza sono credenti. Credono tutti in Dio. Siamo un Paese laico, ovviamente, ma tutti crediamo in Dio» replica il presidente.

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Bukele non ha specificato esattamente la sua religione. La madre è cattolica, ma il padre è un uomo di affari di origine palestinese che avrebbe anche il titolo di imam: lo stesso presidente pare sia stato fotografato mentre pregava in una Moschea. Lui parla spesso di Dio, ma ha detto che il suo rapporto va al di là delle categorie.

 

Potrebbe pure andare bene così, riflettiamo. Ad un certo punto, pensiamo, potrebbe pure andare bene se fosse un cripto-musulmano. Perché quello che ci sembra, guardando la densa intervista tuckerriana, è che con Bukele si potrebbe essere dinanzi ad un vero ritorno del concetto del divino in politica.

 

La cosa parrebbe non essere buttata lì: ad inizio della conversazione, vengono fatti discorsi sul declino dell’Occidente sul destino della democrazia, che «funziona fino a che non lo fa più», così come lo era la monarchia quando la religione non era separata dal potere.

 

«La cosa divertente di qualsiasi concetto come la democrazia è che funziona finché non funziona più. Giusto» dichiara Bukele. «È successo con le monarchie. È successo con qualsiasi cosa. Giusto. Dicono cose come, oh, sai, dobbiamo separare la religione dallo stato. Ha funzionato. Ha funzionato davvero. Ma all’epoca funzionava anche con la religione con lo Stato.

 

«Voglio dire, la democrazia è fantastica, giusto. Noi, gli Stati Uniti, abbiamo dimostrato che la democrazia può funzionare. Ma il problema con la democrazia è che tutto ha, si sa, pro e contro. Il problema con la democrazia è che i politici hanno un grande incentivo per dar via il tesoro».

 

«Voglio dire, è stato dimostrato che la democrazia funziona. George Washington potrebbe essere il re se lo volesse. Avrebbe potuto essere re Giorgio I, giusto? Ma è stato lui a decidere, beh, non lui, ma, si sa, i padri fondatori hanno deciso che gli Stati Uniti sarebbero stati una democrazia. Giusto. E ha funzionato. Nessuno può dire di no, ha funzionato. Ma lo stesso vale per il fatto che la democrazia ora sembra non funzionare».

 

«È solo che le cose funzionano finché non funzionano più. Quindi il problema, a mio avviso, non è il concetto di democrazia in sé, ma lo stato della democrazia delle democrazie nel mondo in questo momento».

 

Sentire il presidente di uno Stato moderno fare un discorso del genere – cioè, evitare il dogma progressista delle forme precedenti di governo come male da cui l’evoluzione sociale ha guarito il mondo tramite la nascita della «democrazia» – è raro fino al bizzarro, al contraddittorio, specie osservando bene l’inquadratura: dietro Bukele, la bandiera del Salvador, dove al centro è ben visibile, come in vari altri drappi sudamericani, una bella piramidona che non può non avere origini massoniche.

 

Il ritorno di Dio in politica è, addirittura, il programma economico specifico del suo nuovo mandato presidenziale.

 

Tucker chiede conferma delle parole sentite durante il discorso di insediamento di Bukele, a cui ha assistito. La sua presidenza, risolto il problema della sicurezza, sarà ora incentrata sulla crescita economica. Il primo punto del piano è «cercare la saggezza di Dio».

 

«Perché questo dovrebbe essere il primo punto di un piano economico?» chiede Carlson.

 

«Perché non sarebbe quella che dovrebbe essere la prima parte?» risponde Bukele. «La maggior parte delle persone lo penserebbe».

 

«È solo che non ho mai sentito nessun leader di nessun paese dire una cosa del genere» dice Carlson.

 

«Perché probabilmente si sono dimenticati di rappresentare il popolo che li elegge» replica il presidente. «È una cosa di buon senso cercare la saggezza di Dio».

 

C’è molto da riflettere, specie per chi pensa ad una rifondazione dello Stato moderno – il quale è oramai dimostratamente fallito: non si base sul mandato divino, ma su Costituzioni ovunque tradite, come pienamente visibile nella biennio pandemico.

 

Nel frattempo, vediamo come Bukele, che tra le altre cose ha rimosso l’ideologia gender dall’istruzione pubblica, stia ricevendo il crescente odio del progressismo internazionale. Bukele stesso parla dell’attività delle ONG (sempre loro…) per i «diritti umani», che prima ignoravano bellamente il diritto dei cittadini salvadoriani di camminare per strada e non essere uccisi. È facile vedere che la campagna contro Bukele è partita: andate sulla sua pagina Wikipedia, notate come venga insinuato che la pacificazione sarebbe stata ottenuta non con una guerra alle narcomafie, ma con un accordo con esse e pure con manipolazioni statistiche, vedete come egli è ritenuto «autoritario», osservate gli scandaletti di cui hanno riempito la sua pagina, dove il suo progetto di fare una città basata sul Bitcoin – sul quale il Paese ha investito ottenendo il 31% di profitto in un anno – viene descritta quasi fosse una Las Vegas delle criptovalute.

 

Seguiremo con attenzione il caso di Bukele, che deve sperare nel ritorno di Trump, che ha sostenuto abbastanza apertamente.

 

Perché non c’è da escludere che vi sia un ritorno di fiamma non indifferente dei padroni del mondo, che – statene certi – tirano i fili anche dei narcos satanici.

 

Una preghiera per El Salvador: distruggere il crimine, sconfiggere il male, cambiare la società, forse è davvero possibile – con l’aiuto di Dio.

 

Quanto può valere un esempio del genere?

 

Roberto Dal Bosco

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Arrestata «la Diabla», matriarca del narcocartello accusata di aver ucciso donne incinte e trafficato organi e bambini

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Un’operazione congiunta tra polizia statunitense e messicana ha portato alla cattura di un leader di un cartello accusato di omicidio e traffico di minori. Lo riporta l’emittente TV statunitense CBS.   Martha Alicia Mendez Aguilar, conosciuta come «La Diabla», è stata arrestata il 2 settembre nel nord del Messico. Le autorità riferiscono che Aguilar, a capo del cartello Jalisco Nueva Generación (CJNG), attirava donne incinte in condizioni di povertà o vulnerabilità in aree isolate. I membri del CJNG eseguivano poi cesarei illegali, uccidendo le madri e prelevandone gli organi, per poi vendere i neonati a coppie negli Stati Uniti per circa 250.000 pesos (11.100 dollari).   Il National Counterterrorism Center (NCTC) degli Stati Uniti, sotto la guida dell’Ufficio del Direttore dell’Intelligence Nazionale, ha fornito informazioni cruciali alle autorità messicane, portando all’arresto. Il direttore dell’NCTC, Joe Kent, ha descritto il piano del cartello come un «esempio di come i cartelli terroristici diversifichino le loro fonti di reddito per finanziare le operazioni».    

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L’operazione ha visto la collaborazione dell’FBI di El Paso, dello US Marshals Service, del Diplomatic Security Service e della US Customs and Border Protection, insieme alla Procura Speciale per le Donne messicana.   Secondo fonti dell’intelligence, la Diabla rimane in custodia in Messico mentre le indagini sulla rete di trafficanti proseguono.   Il caso sottolinea l’impegno dell’amministrazione Trump nella lotta contro i cartelli messicani e le organizzazioni criminali transnazionali. A gennaio, come promesso in campagna elettorale, il presidente Trump ha firmato un ordine esecutivo che ha incaricato il Dipartimento di Stato di classificare i cartelli e le bande transnazionali come organizzazioni terroristiche straniere (FTO). Otto gruppi, incluso il CJNG, sono stati successivamente designati come FTO.   La cattura dell’Aguilar evidenzia un cambio di strategia nella politica antiterrorismo degli Stati Uniti, che ora si concentra non solo sul narcotraffico, ma anche sul traffico di esseri umani e sui gruppi violenti come il CJNG, noti per la loro brutalità e il controllo su alcune aree del Messico.   L’NCTC riporta che, dopo il cambio di politica avvenuto con Trump, oltre 21.000 membri e affiliati di cartelli sono stati aggiunti al database classificato sui terroristi. Ad agosto, l’NCTC ha dichiarato che a 6.525 terroristi è stato negato l’ingresso al confine statunitense dall’inizio del secondo mandato di Trump.   Come riportato da Renovatio 21, quattro mesi fa gli USA hanno accusato i vertici dei cartelli di «narcoterrorismo», mentre si sono moltiplicate le voci di operazioni cinetiche di esercito e forze speciali americane contro i narcos messicani. La situazione ha creato un pandemonio pure al Senato messicano, dove deputati a favore e contrari all’intervento di Washington sono venuti alle mani.   In passato i narcos messicani non hanno esitato a sparare sulle pattuglie di frontiera USA, talvolta usando droni armati. Come riportato da Renovatio 21, mentre precipitano i rapporti con Caracas e il presidente venezuelano Maduro – a sua volta accusato di traffico di droga – Trump ha mostrato al mondo gli attacchi condotti su imbarcazioni del narcotraffico.

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Gli Stati Uniti stanno preparando le opzioni per gli attacchi al narcotraffico in Venezuela

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Gli Stati Uniti stanno valutando opzioni per colpire presunti trafficanti di droga in Venezuela. Lo riporta la NBC, che cita funzionari americani anonimi.

 

Nelle ultime settimane, Washington ha affondato almeno tre imbarcazioni che, a suo avviso, trasportavano droga al largo delle coste venezuelane, causando la morte di almeno 17 persone. Il presidente venezuelano Nicolás Maduro ha smentito qualsiasi coinvolgimento nel traffico di droga, definendo gli attacchi un tentativo degli Stati Uniti di destabilizzarlo.

 

Secondo l’emittente TV statunitense, un possibile attacco al Venezuela potrebbe avvenire «nelle prossime settimane», ma le fonti sottolineano che il presidente Donald Trump non ha ancora dato il via libera.

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I funzionari hanno indicato che le opzioni in discussione includono principalmente attacchi con droni contro laboratori di droga e membri o leader di gruppi di trafficanti.

 

Alcuni membri dell’amministrazione Trump, delusi dal fatto che l’invio di navi da guerra e aerei nei Caraibi e gli attacchi alle imbarcazioni non abbiano indebolito il potere di Maduro né provocato reazioni significative, starebbero spingendo per un’escalation, secondo una delle fonti.

 

Un alto funzionario dell’amministrazione ha dichiarato alla NBC che Trump è «pronto a utilizzare ogni strumento del potere americano per fermare l’afflusso di droga nel nostro Paese e assicurare i responsabili alla giustizia».

 

Parallelamente, Stati Uniti e Venezuela avrebbero avviato colloqui tramite intermediari mediorientali non specificati, con Maduro che avrebbe offerto concessioni a Trump per ridurre le tensioni, secondo una fonte.

 

Nel suo discorso di venerdì all’Assemblea generale delle Nazioni Unite, il ministro degli Esteri venezuelano Yván Gil Pinto ha condannato gli Stati Uniti per la «minaccia militare illegale e immorale» che grava sul Venezuela.

 

Gil Pinto ha ribadito che Caracas resisterà a quella che ha definito un’«aggressione imperialista» e ha chiesto il sostegno della comunità internazionale, dichiarando: «il Venezuela non si piegherà a pressioni o minacce. Resteremo fermi nel difendere la nostra sovranità e il nostro diritto a vivere in pace, senza interferenze straniere».

 

Come riportato da Renovatio 21, in settimana Trump aveva dichiarato di valutare l’ipotesi di attacchi in Venezuela e aveva minacciato di abbatterne gli aerei, colpendo poi con droni delle imbarcazioni negli scorsi giorni.

 

Trump ha insistito nell’inquadrare la presenza militare statunitense vicino al Venezuela come parte di una stretta sul traffico di droga. «Miliardi di dollari di droga stanno affluendo nel nostro Paese dal Venezuela. Le prigioni venezuelane sono state aperte al nostro Paese», ha dichiarato Trump, aggiungendo che le forze statunitensi avrebbero preso di mira le imbarcazioni sospettate di trasportare stupefacenti.

 

Ad agosto, gli Stati Uniti hanno annunciato una ricompensa di 50 milioni di dollari per qualsiasi informazione che porti all’arresto di Maduro, definito «uno dei più grandi narcotrafficanti del mondo».

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La Casa Bianca accusa da tempo Maduro di guidare una rete di narcotrafficanti nota come «Cartel de los Soles», sebbene non vi siano prove schiaccianti o prove concrete che lo dimostrino, tuttavia lo scorso anno gli USA sono arrivati a sequestrare un aereo presumibilmente utilizzato dal presidente di Caracas. È stato anche accusato di aver trasformato l’immigrazione in un’arma.

Il presidente venezuelano ha respinto le accuse, affermando che il suo Paese è «libero dalla produzione di foglie di coca e di cocaina» e sta lottando contro il traffico di droga.

 

Come riportato da Renovatio 21, gli sviluppi recenti si inseriscono nel contesto delle annunciate operazioni cinetiche programmate dal presidente americano contro il narcotraffico. Ad inizio mandato era trapelata l’ipotesi di un utilizzo delle forze speciali contro i narcocartelli messicani. La prospettiva, respinta dal presidente messicano Claudia Sheinbaum, ha scatenato una rissa al Senato di Città del Messico la scorsa settimana.

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La marijuana è associata a gravi danni e morte nei bambini non ancora nati

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Uno studio pubblicato dall’American College of Obstetricians & Gynecologists (ACOG) consiglia ai professionisti sanitari di incoraggiare le donne incinte a smettere di usare marijuana a causa dei suoi effetti negativi sulla salute dei nascituri.   «L’esposizione alla cannabis durante la gravidanza è stata associata a basso peso alla nascita, neonati piccoli per l’età gestazionale, ricovero in terapia intensiva neonatale e mortalità perinatale», afferma il rapporto appena pubblicato. «Gli ostetrici-ginecologi e gli altri operatori sanitari ostetrici dovrebbero essere consapevoli della possibilità che le pazienti in gravidanza e in allattamento facciano uso di cannabis ed essere pronti a consigliare e sottoporre a screening tutte le pazienti e ad adottare strategie basate sull’evidenza per ridurre il consumo di cannabis».   La marijuana, nota anche come cannabis, è stata legalizzata da un numero crescente di stati negli ultimi anni, nonostante rimanga vietata dal governo federale. Attivisti liberali e politici democratici sostengono che l’uso ricreativo sia sostanzialmente innocuo e che la «marijuana terapeutica» possa aiutare chi soffre di patologie invalidanti.

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Tuttavia, diecine di studi hanno riscontrato un legame tra l’uso di marijuana e la psicosi e la schizofrenia, in particolare se consumata durante l’adolescenza o intorno ai vent’anni, quando il cervello è ancora in fase di sviluppo. Gli stati che hanno legalizzato la marijuana hanno anche registrato un aumento dei decessi per incidenti stradali.   Il rapporto dell’ACOG, pubblicato il mese scorso e che utilizza una terminologia pro-transgender, sottolinea che i bambini nel grembo materno subiscono una serie di effetti collaterali dannosi se la madre consuma marijuana durante la gravidanza.   «Gli adolescenti e gli adulti esposti ai cannabinoidi nel periodo prenatale presentano un rischio maggiore di sviluppare disturbi da uso di sostanze o disturbi psichiatrici», nonché «una riduzione delle funzioni cognitive nel ragionamento verbale, nella comprensione del linguaggio e nelle funzioni esecutive», si legge nello studio.   È stato inoltre sottolineato che i bambini non ancora nati «esposti ai cannabinoidi in utero mostrano anche alterati modelli di eccitazione, regolazione ed eccitabilità nel primo mese di vita». Lo studio ha attribuito la responsabilità del più ampio utilizzo di cannabis negli ultimi anni alle leggi liberalizzate sulla marijuana, spiegando al contempo che “la prevalenza del consumo di cannabis tra le donne in gravidanza e in allattamento varia dal 3,9% al 16,0%. Tra i giovani adulti di età compresa tra 19 e 22 anni, si segnala che il consumo di cannabis raggiunge il 43%”.   Il primo trimestre è il periodo più comune della gravidanza in cui le donne fanno uso di cannabis a causa di «nausea e vomito correlati alla gravidanza». Ad agosto, il presidente Donald Trump ha annunciato che stava valutando la possibilità di modificare la classificazione della marijuana dall’attuale droga di Tabella I alla categoria molto più blanda di Tabella III (che la collocherebbe tra le droghe legali che possono essere abusate, come il paracetamolo con codeina). Quasi 50 organizzazioni socialmente conservatrici hanno unito le forze per esortare Trump a non portare avanti i suoi piani. Ad oggi, Trump non ha intrapreso ulteriori azioni.   Uno studio pubblicato questo mese su Nature Communications ha confermato i pericoli della marijuana, concentrandosi però sui danni che essa comporta per le donne incinte stesse, anziché per i bambini non ancora nati che portano in grembo.   «L’esposizione al THC sembra avere un impatto sulle trascrizioni critiche coinvolte nei processi chiave di maturazione degli ovociti, nella fecondazione, nello sviluppo precoce dell’embrione e nell’impianto», ha rilevato la ricerca.   Il THC, noto anche come tetraidrocannabinolo, è il componente psicoattivo della cannabis, o marijuana. La concentrazione di THC nella marijuana è aumentata da circa il 3% negli anni ’80 a quasi il 30% negli anni ’20, rendendola ancora più potente e pericolosa rispetto ai decenni passati.   Il rapporto dell’ACOG ha evidenziato l’impatto fortemente negativo del THC sui nascituri.   «I recettori dei cannabinoidi sono presenti nel feto già a partire dalla quinta settimana. Il principale componente psicoattivo della cannabis, il THC, è liposolubile, può attraversare la placenta e passare nel latte materno», si legge. «Sebbene la concentrazione di THC attraverso la placenta e il latte materno dipenda da diverse variabili… è stato riportato che la concentrazione fetale di THC è pari a circa il 10% della concentrazione materna, e il rischio di esiti avversi aumenta in modo dose-dipendente».   Nonostante i risultati positivi, il rapporto dell’ACOG ha affermato che il termine marijuana «presenta sfumature razziste e xenofobe associate al suo utilizzo nel corso del XX secolo». Ha inoltre incoraggiato i professionisti del settore medico a utilizzare un «linguaggio inclusivo o neutro rispetto al genere» quando parlano con le donne, per incoraggiarle a non usare la droga.   Il presidente Trump ha avuto un bilancio contrastante sulla marijuana durante il suo primo mandato, esprimendo apertura ad alcune riforme ma riproponendo alcune politiche dell’era Obama a sostegno della marijuana terapeutica. L’anno scorso, ha approvato un emendamento fallito per depenalizzare la droga a scopo ricreativo in Florida, dopo un incontro con Kim Rivers, uno dei principali finanziatori della legalizzazione e CEO dell’azienda di cannabis Trulieve.   CatholicVote.org, Family Research Council, la National Narcotic Officers’ Associations’ Coalition, la Drug Enforcement Association of Federal Narcotics Agents, l’American Principles Project e altri sono tra coloro che hanno espresso opposizione alla proposta di Trump di ridurre la categorizzazione della droga.   «Avete l’opportunità di prendere posizione per la sicurezza dei bambini in tutta l’America opponendovi alla proposta imperfetta di riclassificare la marijuana», hanno affermato in una lettera congiunta. Riclassificare la marijuana «comporterebbe gravi danni alla salute e alla sicurezza pubblica, con particolare attenzione al benessere dei bambini».

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I casi tragici legati ai cannabinoidi intanto si moltiplicano.   Come riportato da Renovatio 21, due anni fauna donna californiana è stata condannata per omicidio nella morte del suo ragazzo nel 2018 dopo averlo pugnalato più di 100 volte, un episodio per il quale si è parlato di «psicosi indotta dalla cannabis».   Come riportato da Renovatio 21, la psicosi da cannabis non solo esiste, ma è pure in drastico aumento. Si tratta di uno degli argomenti che il campo proibizionista (che non è costituito di geni) non pensa di usare. Casi di schizofrenia causata dall’uso di cannabinoidi – specie fra i più giovani: è assodato che il cervello in crescita, fino a 25 anni, può venire fortemente danneggiato da mariujana e hashish – sono stati registrati anche dal punto di vista medico-scientifico.   Secondo uno studio danese, fino al 30% delle diagnosi di psicosi negli uomini fra 21 e 30 anni avrebbe potuto essere evitato se costoro non avessero fatto un forte uso di marijuana.   Di particolare rilevanza anche gli studi, oramai accettati, che provano i danni della marijuana al cervello dei giovani sotto i 25 anni, età in cui il corpo umano finisce di svilupparsi. Secondo i pediatri, inoltri, la marie-jeanne andrebbe evitata anche dalle madri che allattano.   Come riportato da Renovatio 21, negli ultimi mesi si è scoperto che il THC viene inserito anche in caramelle alla cannabis pubblicizzate ai bambini sui social media.  

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