Ambiente
Le cannucce di carta contengono più PFAS di quelle di plastica: studio
Un nuovo studio ha suggerito che le cannucce di carta potrebbero non essere così ecologiche come si pensava e, in un certo senso, potrebbero essere peggiori per l’ambiente e i consumatori rispetto alle loro controparti in plastica.
Lo studio pubblicato lo scorso giovedì sul Journal of Food Additives & Contaminants esamina cannucce realizzate con materiali diversi di 39 marche diverse e ha scoperto che le sostanze chimiche PFAS (cioè per- e polifluoroalchiliche), comunemente chiamate «Forever chemicals» o «sostanze chimiche eterne» a causa della loro emivita estremamente lunga e della capacità di risalire la catena alimentare, si trovano più frequentemente nelle cannucce cosiddette «ecologiche» realizzate in carta e bambù, quelle ormai inflitte all’intera popolazione per i punteggi ecologici delle aziende, e che spesso hanno il risultato di rendere la bevanda non bevibile.
Secondo lo studio (intitolato «Assessment of poly- and perfluoroalkyl substances (PFAS) in commercially available drinking straws using targeted and suspect screening approaches», ovvero «Valutazione delle sostanze poli- e perfluoroalchiliche (PFAS) nelle cannucce disponibili in commercio utilizzando approcci di screening mirati e sospetti»), le cannucce di carta sono le peggiori fra quelle analizzate, con PFAS trovati nel 90% delle cannucce testate durante lo studio. Il bambù è arrivato secondo con i PFAS trovati nell’80% dei casi. Nel frattempo, è stato scoperto che le cannucce di plastica contengono PFAS nel 75% dei casi.
Successivamente si sono piazzate le cannucce di vetro, che conterrebbero PFAS nel 40% dei campioni testati, mentre le cannucce di acciaio inossidabile hanno dato i risultati migliori, senza che sia stato trovato PFAS in nessuno dei campioni.
Il PFAS più comune trovato è stato l’acido perfluoroottanoico, che è stato vietato nella maggior parte dei Paesi ma trova ancora la sua strada nei prodotti venduti negli Stati Uniti, in particolare negli imballaggi alimentari.
Gli Stati Uniti sono attualmente in una «eliminazione graduale» dei PFAS istituita dalla Food and Drug Administration (FDA), che dovrebbe concludersi nel 2024. Tuttavia, l’agenzia stima che potrebbero essere necessari altri 18 mesi dopo tale data per esaurire le scorte attuali.
Nelle cannucce sono stati trovati anche acido trifluoroacetico e acido trifluorometansolfonico, due sostanze chimiche solubili in acqua, il che significa che le sostanze chimiche probabilmente possono penetrare nelle bevande.
«La presenza di PFAS nelle cannucce di carta e di bambù dimostra che non sono necessariamente biodegradabili», ha avvertito Thimo Groffen, autore dello studio in una nota.
Non è chiaro come i PFAS siano finiti nelle cannucce, ma i PFAS sono stati utilizzati per respingere l’acqua nei prodotti sin dagli anni ’40 e sono stati trovati in ogni marca, suggerendo che la loro aggiunta potrebbe essere stata intenzionale.
A causa della durabilità dei PFAS, altre possibili spiegazioni includono che si trovassero nel terreno in cui venivano coltivate le piante o nell’acqua utilizzata durante il processo di produzione.
«Le cannucce realizzate con materiali di origine vegetale, come carta e bambù, sono spesso pubblicizzate come più sostenibili ed ecologiche rispetto a quelle realizzate in plastica», afferma il Goffen. «Tuttavia, la presenza di PFAS in queste cannucce significa che non è necessariamente vero».
Goffen ha suggerito che le cosiddette cannucce «ecologiche» potrebbero essere una «tigre di carta» ambientale e ha suggerito ai consumatori di evitarle. «Non abbiamo rilevato alcun PFAS nelle cannucce di acciaio inossidabile, quindi consiglierei ai consumatori di utilizzare questo tipo di cannucce o semplicemente di evitare del tutto l’uso di cannucce», ha affermato.
Come riportato da Renovatio 21, i PFAS sono stati rilevati nei prodotti per bambini e pure in marche popolari di assorbenti, comprese due etichettate come «biologiche».
Secondo altri studi i PFAS potrebbero essere legati al crollo della conta di spermatozoi, in particolare se vi è un’esposizione alle sostanze durante il primo trimestre della gravidanza. Più in generale, allarmanti livelli di 29 sostanze chimiche sono stati rinvenuti nei campioni di urina maschile da uno studio uscito quest’anno.
I PFAS – o sostanze perfluoroalchiliche, molecole usate tra le altre cose per rendere scivolose le superfici di piumini e padelle antiaderenti – avevano sollevato molte preoccupazioni anche in Italia, che, dopo un incidente industriale dei primi anni 2000, avrebbero contaminato le acque sotterranee di zone del Vicentino. Si tratta del più grave inquinamento delle acque della storia italiana: tre province, 350 mila persone coinvolte, 90 mila cittadini a cui fare check up clinici. Sulla questione vi è un processo.
Ambiente
L’Iran prova la geoingegneria contro la siccità
Le autorità iraniane hanno lanciato sabato un’operazione di «inseminazione delle nuvole» sul bacino del lago Urmia, il più grande del Paese ormai quasi completamente prosciugato, nel disperato tentativo di contrastare la peggior siccità degli ultimi decenni.
Il processo consiste nel disperdere nelle nubi, tramite aerei o generatori a terra, sali chimici (principalmente ioduro d’argento o di potassio) per favorire la condensazione del vapore acqueo e provocare precipitazioni. Ulteriori interventi sono previsti nelle province dell’Azerbaigian orientale e occidentale, ha reso noto l’agenzia ufficiale Irna.
Le piogge sono ai minimi storici: secondo l’Organizzazione meteorologica iraniana, quest’anno le precipitazioni sono calate dell’89% rispetto alla media pluriennale, rendendo questo «l’autunno più secco degli ultimi 50 anni».
I bacini idrici sono quasi vuoti e molte dighe registrano livelli a una sola cifra percentuale. La scorsa settimana il presidente Masoud Pezeshkian ha ammonito che, senza piogge imminenti, si renderanno necessari razionamenti idrici a Teheran e persino l’evacuazione parziale della capitale.
Il direttore del Centro nazionale per la gestione delle crisi climatiche e della siccità, Ahmad Vazifeh, ha definito «preoccupante» la situazione delle dighe nelle province di Teheran, Azerbaigian occidentale, Azerbaigian orientale e Markazi.
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Venerdì centinaia di persone si sono riunite in una moschea della capitale per pregare per la pioggia. Sabato scorso, per la prima volta quest’anno, sono caduti fiocchi di neve in una stazione sciistica a nord di Teheran, mentre precipitazioni si sono verificate nelle regioni occidentali e nord-occidentali del Paese.
Le autorità hanno inoltre annunciato sanzioni per famiglie e imprese che superino i consumi idrici consentiti.
La geoingegneria – fenomeno chiamato da alcuni «scie chimiche» – è oramai alla luce del sole ed è sempre più gettonata dai Paesi mediorientali.
Come riportato da Renovatio 21, la scorsa settimana Emirati Arabi Uniti hanno fatto ricorso all’inseminazione delle nuvole (cloud seeding) per contrastare la cronica scarsità d’acqua. L’inseminazione delle nuvole è un’operazione costosa: gli Emirati spendono milioni di dollari l’anno per accrescere le riserve di acqua dolce.
Tuttavia, gli esiti della geoingegneria sembrano essere non sempre imprevedibili e potenzialmente catastrofici: l’anno passato Dubai, città nel deserto, subì un incredibile allagamento a seguito di un diluvio ritenuto essere provocato dal programma di modifica metereologica del governo emiratino.
Contrariamente a quanto si può pensare, tecnologia di controllo del meteo è in realtà vecchia di decenni. Da anni la Cina e gli USA stanno lavorando a tecnologie di controllo del clima che si sospetta abbiano la chiara possibilità di essere utilizzate come armi nei conflitti del futuro.
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Ambiente
Viganò: «non vi è alcuna emergenza climatica, Prevost profeta del globalismo massonico»
Se vi fosse veramente un’emergenza climatica – alla quale le organizzazioni globaliste rispondono con mezzi non adeguati, mentre la Chiesa Cattolica propone soluzioni ragionevoli e coerenti con il Vangelo e con la sua Dottrina sociale – si potrebbe credere che in questi appelli… pic.twitter.com/thIv4fsrKa
— Arcivescovo Carlo Maria Viganò (@CarloMVigano) November 18, 2025
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Ambiente
Gli Emirati continuano con la geoingegneria
Gli Emirati Arabi Uniti hanno fatto ricorso all’inseminazione delle nuvole per contrastare la cronica scarsità d’acqua, ha dichiarato un direttore di ricerca locale.
L’inseminazione delle nuvole è un’operazione costosa: gli Emirati spendono milioni di dollari l’anno per accrescere le riserve di acqua dolce. I piloti sorvolano nubi promettenti e rilasciano particelle di sale per stimolare le precipitazioni in un Paese che riceve meno di 100 mm di pioggia annui.
La tecnica rientra nella «strategia di adattamento del Paese al cambiamento climatico», ha spiegato lunedì al Financial Times Alya Al Mazrouei, direttrice del Programma di ricerca degli Emirati Arabi Uniti per la scienza del miglioramento della pioggia (UAEREP).
Il metodo, tuttavia, ha suscitato controversie: i critici temono che possa aggravare eventi meteorologici estremi, come inondazioni e siccità, alterando i modelli naturali. Esprimono inoltre preoccupazione per l’impatto ambientale delle sostanze chimiche impiegate e per le possibili conseguenze indesiderate della modifica artificiale del clima.
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Orestes Morfin, esperto senior della Climate and Water Initiative in Arizona, ha dichiarato al quotidiano che «l’inseminazione delle nuvole è considerata un ulteriore strumento potenziale per incrementare l’approvvigionamento idrico».
In uno studio del 2023, gli scienziati del Centro nazionale di meteorologia degli Emirati Arabi Uniti hanno stimato che l’inseminazione delle nuvole potrebbe aggiungere fino a 419 milioni di metri cubi di acqua raccoglibile all’anno.
La scarsità d’acqua è una sfida storica per gli Emirati, che dipendono in larga misura dalla desalinizzazione per l’acqua potabile. Dall’inizio degli anni 2000, le autorità emiratine si sono impegnate per aumentare le precipitazioni con mezzi artificiali. Attualmente, il programma di miglioramento delle precipitazioni degli Emirati è operativo con dieci piloti e quattro velivoli, pronti a intervenire 24 ore su 24.
«Ogni volta che abbiamo l’opportunità di farlo… di solito non ne perdiamo nessuna», ha detto Al Mazrouei.
L’operazione è costosa: 8.000 dollari per ora di volo, con una media di 1.100 ore annue, per un totale di quasi 9 milioni di dollari. Tuttavia, Al Mazrouei sostiene che «il costo per metro cubo di acqua aggiuntiva è inferiore a quello della desalinizzazione». Gli Emirati hanno investito 22,5 milioni di dollari in sovvenzioni per la ricerca per perfezionare la tecnologia.
Come riportato da Renovatio 21, l’anno passato Dubai, città nel deserto, subì un incredibile allagamento a seguito di un diluvio ritenuto essere provocato dal programma di modifica metereologica del governo emiratino.
«Il cloud seeding mira a migliorare e accelerare il processo di precipitazione. Soprattutto nelle aree in cui non piove da molto tempo, precipitazioni così intense possono portare a un flusso eccessivo di infiltrazioni, con conseguenti potenziali inondazioni improvvise», ha dichiarato John Jaques, meteorologo della società di tecnologia ambientale Kisters, secondo il settimanale americano Newsweek.
«Le inondazioni di Dubai fungono da forte avvertimento sulle conseguenze indesiderate che possiamo scatenare quando utilizziamo tale tecnologia per alterare il clima». «Inoltre, abbiamo poco controllo sulle conseguenze dell’inseminazione delle nuvole. Dove esattamente pioverà effettivamente? L’uso di tecniche come il cloud seeding per portare le piogge tanto necessarie in un’area può causare inondazioni improvvise e siccità in un’altra».
Contrariamente a quanto si può pensare, tecnologia di controllo del meteo è in realtà vecchia di decenni. Da anni la Cina e gli USA stanno lavorando a tecnologie di controllo del clima che si sospetta abbiano la chiara possibilità di essere utilizzate come armi nei conflitti del futuro.
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