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Geopolitica
L’Azerbaijan attacca gli armeni. È guerra nel Caucaso
Renovatio 21 pubblica questo articolo su gentile concessione di Asianews.
Bombardamenti azeri nella regione di Marduni (Karabakh): almeno 10 morti. Gli armeni hanno abbattuto due elicotteri e 14 droni da attacco. Proclamato lo stato d’emergenza. La funzione destabilizzante della Turchia. Il Messaggio di Karekine II alla nazione armena.
Si contano finora 10 soldati armeni della regione di Marduni (Karabakh) morti durante il sonno durante l’attacco armato a sorpresa lanciato dall’Azerbaijan
Il Patriarca Karekine II, il Catholicos di tutti gli armeni, con sede ad Echmiadzin ha interrotto la visita ufficiale in Italia ed abbreviato l’incontro previsto per oggi con papa Francesco. Ha detto di rientrare in patria per stare vicino al suo popolo in questo momento critico di aggressione armata.
Nelle prime ore di questa mattina, le forze armate dell’Azerbaijan hanno interrotto la tregua e aggredito con intensi bombardamenti la vicina Repubblica del Nagorno Karabagh, abitata in maggioranza da armeni, la cui secessione dall’Unione sovietica non è riconosciuta dalla comunità internazionale e combattuta dall’Azerbaijan. Dopo una guerra sanguinosa nel 1991-1993, le due parti hanno firmato un cessate il fuoco e iniziato un dialogo per trovare una soluzione che tarda a venire.
Si contano finora 10 soldati armeni della regione di Marduni (Karabakh) morti durante il sonno durante l’attacco armato a sorpresa lanciato dall’Azerbaijan. Gli armeni sono riusciti ad abbattere 2 elicotteri e 14 droni da attacco fino all’ora della redazione di questa notizia. Le forze armene cercano di respingere ogni tentativo di invasione ed avanzamento territoriale.
Gli armeni sono riusciti ad abbattere 2 elicotteri e 14 droni da attacco fino all’ora della redazione di questa notizia. Le forze armene cercano di respingere ogni tentativo di invasione ed avanzamento territoriale.
L’Ufficio stampa di Echmiadzin ha diramato un Messaggio di Karekine II alla nazione:
«Figli e figlie del popolo armeno, questa mattina presto, violando ancora una volta l’armistizio e gli impegni da loro stessi assunti, le Forze armate azere sono passate all’offensiva sull’insieme della linea di confine, bombardando centri disarmati dell’Artsakh [nome armeno del Nagorno Karabagh] fra i quali la capitale Stepanakert. L’Artsakh, parcella della nostra Patria, ci chiama ancora una volta per difendere I diritti della nostra nazione, le nostre terre sacre, nostro avvenire ed onore nazionale. Esortiamo il nostro popolo e tutte le forze politiche ad unirsi, mettendo da parte tutte le opposizioni in nome della difesa della Patria».
«In questo istante, mentre ci troviamo in visita in Italia dove avremmo dovuto incontrare il nostro molto amato fratello Papa Francesco di Roma, interrompiamo immediatamente la nostra visita per raggiungere la Patria. Che Dio protegga l’Artsakh, che sostenga i nostri coraggiosi soldati ed i loro comandanti».
«Che Dio protegga l’Artsakh, che sostenga i nostri coraggiosi soldati ed i loro comandanti» Karekine II, Catholicos di tutti gli armeni
La Presidenza della Repubblica del Karabakh così come la Repubblica d’Armenia hanno proclamato lo stato d’emergenza e la mobilitazione generale per affrontare l’aggressione azera.
Dalla Turchia, alleato e sostenitore dell’Azerbaijan sciita, un portavoce del presidente Recep Tayyep Erdogan ha accusato su un tweet Erevan di aver attaccato «località civili» in Azerbaijan senza citare né dove né quando.
Questa mattina, Mosca ha chiesta alle due parti di applicare un immediato «cessate il fuoco» e varare «colloqui fra i belligeranti».
Un portavoce del presidente Recep Tayyep Erdogan ha accusato su un tweet Erevan di aver attaccato «località civili» in Azerbaijan senza citare né dove né quando
Nel 2016, fra i combattenti azeri erano apparsi combattenti dell’ISIS i quali entrati in villaggi del Karabakh hanno effettuato massacri, decapitazioni e mutilazioni di cadaveri, in un precedente pericoloso di ricorso a terroristi islamici stranieri nel Caucaso.
Secondo gli armeni, la Turchia è diventata una forza destabilizzatrice nel Mediterraneo est e d è implicata nei conflitti armati in Iraq, Siria, Libano, Libia, Cipro, minacciando anche la Grecia e l’Egitto. Nell’appoggiare l’Azerbaijan contro l’Armenia, la Turchia ha accusato oggi gli armeni di essere una «minaccia alla stabilità del Caucaso».
Nel 2016, fra i combattenti azeri erano apparsi combattenti dell’ISIS i quali entrati in villaggi del Karabakh hanno effettuato massacri, decapitazioni e mutilazioni di cadaveri, in un precedente pericoloso di ricorso a terroristi islamici stranieri nel Caucaso
Da stamattina migliaia di volontari armeni si sono riversati nelle caserme per andare a combattere. «La vittoria sarà nostra» ha promesso il premier dell’Armenia Nikol Pashinian, invitando i cittadini a non dar retta alle notizie non ufficiali e a non diffondere sulle sociali notizie non certe. L’Azerbaijan ha fatto tacere tutti i social media del Paese ad eccezione di Twitter, usato dal presidente azero.
«Noi preghiamo per la pace e non vogliamo la guerra. Ma ce la impongono. E dal momento che vogliono la guerra, guerra avranno» ha dichiarato il dirigente della Repubblica del Karabakh Araik Arutyiunian.
Nell’appoggiare l’Azerbaijan contro l’Armenia, la Turchia ha accusato oggi gli armeni di essere una «minaccia alla stabilità del Caucaso»
Immagine delle forze armene nella guerra del Nagorno-Karabak nel 1994 di Armdesant via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-ShareAlike 3.0 Unported (CC BY-SA 3.0).
Geopolitica
La Cina snobba il ministro degli Esteri tedesco
Il ministro degli Esteri tedesco Johann Wadephul ha dovuto cancellare un viaggio previsto in Cina dopo che Pechino si sarebbe rifiutata di organizzare incontri di alto livello con lui, secondo quanto riportato venerdì da diversi organi di stampa.
Il Wadephul sarebbe dovuto partire per Pechino domenica per discutere delle restrizioni cinesi sull’esportazione di terre rare e semiconduttori, oltre che del conflitto in Ucraina.
«Il viaggio non può essere effettuato al momento e sarà posticipato a data da destinarsi», ha dichiarato un portavoce del Ministero degli Esteri tedesco, citato da Politico. Il Wadephullo avrebbe dovuto incontrare il ministro degli Esteri cinese Wang Yi, ma l’agenda prevedeva troppo pochi incontri di rilievo.
Secondo il tabloide germanico Bild, i due diplomatici terranno presto una conversazione telefonica.
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Questo intoppo diplomatico si inserisce in un contesto di crescenti tensioni commerciali tra Cina e Unione Europea. Nell’ultimo anno, Bruxelles e Pechino si sono scontrate sulla presunta sovrapproduzione industriale cinese, mentre la Cina accusa l’UE di protezionismo.
All’inizio di questo mese, Pechino ha rafforzato le restrizioni sull’esportazione di minerali strategici con applicazioni militari, una mossa che potrebbe aggravare le difficoltà del settore automobilistico europeo.
La Germania è stata particolarmente colpita dal deterioramento del clima commerciale.
Come riportato da Renovatio 21, la Volkswagen sospenderà la produzione in alcuni stabilimenti chiave la prossima settimana a causa della carenza di semiconduttori, dovuta al sequestro da parte dei Paesi Bassi del produttore cinese di chip Nexperia, motivato da rischi per la sicurezza tecnologica dell’UE. In risposta, Pechino ha bloccato le esportazioni di chip Nexperia dalla Cina, causando una riduzione delle scorte che potrebbe portare a ulteriori chiusure temporanee di stabilimenti Volkswagen e colpire altre case automobilistiche, secondo il quotidiano.
Venerdì, il ministro dell’economia Katherina Reiche ha annunciato che Berlino presenterà una protesta diplomatica contro Pechino per il blocco delle spedizioni di semiconduttori, sottolineando la forte dipendenza della Germania dai componenti cinesi.
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Immagine di UK Government via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 2.0 Generic
Geopolitica
Vance in Israele critica la «stupida trovata politica»: il voto di sovranità sulla Cisgiordania è stato un «insulto» da parte della Knesset
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Geopolitica
Trump minaccia di togliere i fondi a Israele se annette la Cisgiordania
Israele «perderebbe tutto il sostegno degli Stati Uniti» in caso di annessione della Giudea e della Samaria, nome con cui lo Stato Ebraico chiama la Cisgiordania, ha detto il presidente USA Donald Trump.
Trump ha replicato a un disegno di legge controverso presentato da esponenti dell’opposizione di destra alla Knesset, il parlamento israeliano, che prevede l’annessione del territorio conteso come reazione al terrorismo palestinese.
Il primo ministro Benjamin Netanyahu, sostenitore degli insediamenti ebraici in quell’area, si oppone al provvedimento, poiché rischierebbe di allontanare gli Stati arabi e musulmani aderenti agli Accordi di Abramo e al cessate il fuoco di Gaza.
Netanyahu ha criticato aspramente il disegno di legge, accusando i promotori di opposizione di una «provocazione» deliberata in concomitanza con la visita del vicepresidente statunitense J.D. Vance. (Lo stesso Vance ha qualificato il disegno di legge come un «insulto» personale)
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«I commenti pubblicati giovedì dalla rivista TIME sono stati espressi da Trump durante un’intervista del 15 ottobre, prima dell’approvazione preliminare alla Knesset di mercoledì – contro il volere del primo ministro – di un disegno di legge che estenderebbe la sovranità israeliana a tutti gli insediamenti della Cisgiordania» ha scritto il quotidiano israeliano Times of Israel.
Evidenziando l’impazienza dell’amministrazione verso tali iniziative, il vicepresidente di Trump, J.D. Vance, ha dichiarato giovedì, lasciando Israele, che il voto del giorno precedente lo aveva «offeso» ed era stato «molto stupido».
«Non accadrà. Non accadrà», ha affermato Trump a TIME, in riferimento all’annessione. «Non accadrà perché ho dato la mia parola ai Paesi arabi. E non potete farlo ora. Abbiamo avuto un grande sostegno arabo. Non accadrà perché ho dato la mia parola ai paesi arabi. Non accadrà. Israele perderebbe tutto il sostegno degli Stati Uniti se ciò accadesse».
Vance ha precisato che gli era stato descritto come una «trovata politica» e «puramente simbolica», ma ha aggiunto: «Si tratta di una trovata politica molto stupida, e personalmente la considero un insulto».
Gli Emirati Arabi Uniti, che hanno guidato i Paesi arabi e musulmani negli Accordi di Abramo, si oppongono da tempo all’annessione della Cisgiordania, sostenendo che renderebbe vani i futuri negoziati di pace nella regione.
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Immagine di pubblico dominio CC0 via Flickr
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