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Terrorismo

L’attentatore di Trump era «un passo avanti ai servizi segreti»

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L’uomo che ha tentato di assassinare il candidato repubblicano alla presidenza Donald Trump durante un comizio a Butler, in Pennsylvania, si era preparato meglio della scorta ed è riuscito a intrufolarsi tra le falle della sicurezza. Lo riporta il New York Times.

 

Il tiratore ha aperto il fuoco alle 18:11 di quel sabato, colpendo l’orecchio di Trump mentre l’ex presidente degli Stati Uniti si voltava. In seguito è stato identificato come Thomas Matthew Crooks, 20 anni, di una città vicina.

 

Messaggi di testo e resoconti successivi forniti al Times dal senatore repubblicano dell’Iowa Chuck Grassley hanno rivelato che la polizia locale aveva notato Crooks quasi 90 minuti prima che sparasse, ma continuava a perderlo di vista.

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Crooks aveva visitato il luna park di Butler il 7 luglio. I servizi segreti non si sono presentati fino al giorno dopo, quando hanno deciso di non includere il complesso del magazzino AGR nel perimetro di sicurezza, secondo il Times.

 

Il 13 luglio, il giorno del raduno, il Secret Service non si è presentato al briefing sulla sicurezza delle 9:00 per le forze dell’ordine locali. Alle 10:00, Crooks aveva acquistato una scala e si era recato al luogo del raduno. È rimasto lì per più di un’ora, osservando la polizia locale. Poi è tornato nella sua città natale, ha acquistato 50 proiettili e ha ripreso la strada, arrivando verso le 15:35, «secondo le informazioni di geolocalizzazione di uno dei suoi cellulari», ha osservato l’agenzia.

 

I servizi segreti non si erano preoccupati di ispezionare la zona con i droni, ma Crooks lo ha fatto. Intorno alle 15:50 di quel sabato, aveva fatto volare un drone sul sito per circa 11 minuti, prima di rimetterlo in macchina e tornare ai tavoli da picnic lì vicino. Fu a questo punto che un cecchino locale lo vide per la prima volta, mentre stava terminando il suo turno. L’ufficiale avvertì i suoi colleghi alle 16:26 che qualcuno si era «intrufolato» e «sa che siete lassù».

 

Non è successo niente fino alle 17:14, Crooks è stato individuato mentre usava un telemetro. Uno dei cecchini della contea ha scattato una foto di Crooks. È stata condivisa nella chat di gruppo del dipartimento di polizia locale alle 17:38, e poi inoltrata al Secret Service.

 

Uno dei due cecchini rimasti è corso fuori dall’edificio AGR per tenere d’occhio Crooks fino all’arrivo dei rinforzi, secondo il procuratore distrettuale della contea di Butler Richard Goldinger. Crooks era già scappato, tuttavia, e il cecchino è tornato al suo posto. Quattro ufficiali della Butler Township sono stati distolti dalla direzione del traffico per aiutare a localizzarlo.

 

Un agente ha inviato un messaggio alle 18:00, in cui suggeriva che Crooks si era allontanato «dall’evento». In realtà, ha osservato il Times, era salito sul tetto a circa 120 metri di distanza dal palco.

 

«C’è ancora confusione su quale agenzia avrebbe dovuto supervisionare il tetto», ha riferito il NYT. Il Secret Service lo aveva lasciato vuoto. La contea di Beaver «ha fatto fatica a trovare abbastanza volontari per coprire il turno di 12 ore», secondo i messaggi di testo.

 

Trump è salito sul palco alle 18:03. Sei minuti dopo, il pubblico del comizio ha iniziato a indicare qualcuno sul tetto del magazzino. «Per fortuna o per preparazione», Crooks aveva trovato un punto che gli consentiva di avere una visuale libera su Trump, ma lo teneva «un po’ nascosto» ai servizi segreti, secondo il quotidiano neoeboraceno.

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Alle 18:11, Crooks ha sparato a Trump. I cecchini del Secret Service hanno reagito e gli hanno sparato mortalmente. Sono stati trovati almeno otto bossoli accanto al suo corpo senza vita. La polizia che alla fine si è presentata sul tetto non è riuscita a capire come Crooks fosse arrivato lì.

 

Kimberly Cheatle si è dimessa da direttrice del Secret Service dieci giorni dopo, dopo aver insistito che non lo avrebbe fatto. Nessuno all’agenzia è stato rimproverato, licenziato o ritenuto altrimenti responsabile per l’incidente quasi mortale.

 

Nonostante qualche debole traccia emersa online – cosa bizzarra per un ventenne di oggi – rimangono profondi dubbi sulle motivazioni che avrebbero spinto il giovane Crooks ad attentare alla vita del presidente Trump.

 

Come riportato da Renovatio 21, in una delle più bizzarre smentite della storia recente, la CIA ha negato di aver usato su Crooks programmi di manipolazione mentale tratti dal suo progetto MK-Ultra.

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Immagine di MediaGuy768 via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 4.0 International

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Terrorismo

Due militari e un civile statunitensi uccisi da un «uomo armato dell’ISIS» in Siria. Trump promette la ritorsione

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Il Comando centrale degli Stati Uniti (CENTCOM) ha annunciato sabato che personale militare e civile americano è rimasto vittima di un’imboscata tesagli da un «lupo solitario dell’ISIS» in Siria, con un bilancio di tre morti e tre feriti.   Secondo le forze armate USA, l’attentatore è stato «neutralizzato e ucciso» nel corso dell’azione. Il CENTCOM non ha precisato il luogo esatto dell’incidente né ha reso note le identità delle vittime, in linea con le procedure del Pentagono.   Il presidente Donald Trump ha promesso una «ritorsione molto seria» per l’attacco, attribuendone la responsabilità al gruppo terroristico Stato Islamico (IS, ex ISIS) . «Si è trattato di un attacco dell’ISIS contro gli Stati Uniti e la Siria, avvenuto in una zona molto pericolosa del Paese non completamente sotto controllo», ha scritto Trump su Truth Social. «Il presidente siriano Ahmed al-Sharaa è estremamente indignato e sconvolto per questo episodio».

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Stando ai media locali, l’agguato è avvenuto nelle vicinanze di Palmira, nella Siria centrale, dove una pattuglia mista composta da forze governative siriane e truppe statunitensi è stata presa di mira. Nell’attacco sono rimasti feriti almeno due militari siriani.   Dopo l’episodio, il traffico sull’autostrada Damasco-Deir ez-Zor è stato temporaneamente interrotto e l’area attorno a Palmira è stata isolata. Diversi velivoli militari americani sono stati avvistati sorvolare la zona a bassa quota, come documentato da video circolati online.   Il Ministero dell’Interno siriano ha dichiarato di aver allertato in anticipo la coalizione a guida statunitense su un «possibile» attacco dell’ISIS. Il portavoce Anwar al-Baba, in un intervento televisivo, ha tuttavia lamentato che precedenti segnalazioni su una «possibile infiltrazione dell’ISIS» erano state ignorate dalle «forze alleate».   Le Forze Democratiche Siriane (SDF), a guida curda e che controllano il Nord-Wst della Siria, hanno rivolto agli Stati Uniti le «più sentite condoglianze» per l’accaduto. Le SDF, storiche alleate di Washington nella regione, hanno rinnovato l’impegno a «contrastare il terrorismo» e promesso una risposta «decisa e immediata» nei confronti dei responsabili e di chi li sostiene.   Nella nota, le SDF non hanno fatto cenno al governo di Damasco, con il quale i rapporti restano tesi. Da mesi Damasco tenta di riportare sotto il proprio controllo diretto i territori SDF, senza però ottenere risultati concreti.   Gli Stati Uniti mantengono da anni una presenza militare in Siria, sostenendo le SDF nel nord-est e gruppi ribelli minori nel sud del Paese. Dopo il repentino collasso del regime di Bashar al-Assad alla fine dell’anno scorso e l’ascesa al potere degli islamisti guidati da al-Sharaa, il Pentagono ha ampliato la cooperazione militare anche con le nuove autorità.   Negli ultimi mesi, forze di sicurezza statunitensi e siriane hanno effettuato numerose operazioni congiunte, presumibilmente dirette contro le cellule dell’ISIS. Gli USA avevano schierato fino a 2.000 militari in Siria, ma l’amministrazione Trump ha annunciato all’inizio del 2025 l’intenzione di ridurre la presenza e il numero di basi gestite dal Pentagono nel Paese.  

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Immagine di pubblico dominio CC0 via Flickr
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Terrorismo

Il sospettato di terrorismo saudita che ha ucciso 6 persone e ne ha ferite centinaia al mercatino di Natale tedesco si scaglia contro le vittime durante il processo

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Giovedì, durante il processo per la strage al mercatino di Natale di Magdeburgo, Taleb al-Abdulmohsen ha inveito contro i testimoni, scatenando sgomento e indignazione tra le vittime, al termine di una serie di giorni contrassegnati da sfoghi deliranti e provocatori. Lo riporta Remix News

 

Mercoledì, le vittime e i sopravvissuti hanno iniziato a deporre, ripercorrendo l’orrore dell’attacco del 20 dicembre 2024. Al-Abdulmohsen, il medico saudita naturalizzato in Germania dal 2006, è imputato di aver volontariamente zigzagato con il suo veicolo attraverso la folla per mietere il maggior numero di vittime possibile, causando sei morti – tra cui un bambino di nove anni – e oltre 300 feriti.

 

L’imputato, tuttavia, sta tentando di insinuare dubbi sulle cause di morte, sostenendo che una delle vittime potrebbe aver soccombuto al coronavirus anziché all’impatto con l’auto.

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Il patologo forense Gerald Brenecke, dell’ospedale universitario di Halle, ha aperto le deposizioni descrivendo le autopsie condotte il 21 dicembre su cinque vittime. La prima, Nadine L., 45 anni, presentava «lesioni gravissime al torace superiore e al cranio». Nondimeno, il medico ha rilevato un preesistente danno cardiaco e concluso che «la donna è deceduta per collasso cardiaco acuto» mentre tentava di sottrarsi al veicolo.

 

Al-Abdulmohsen ha colto l’affermazione al volo per insinuare un nesso con la pandemia, argomentando che il COVID-19 avrebbe reso le persone più vulnerabili a infarti improvvisi.

 

La reazione in aula è stata immediata: uno degli avvocati delle parti civili ha protestato con veemenza. «Mi oppongo a che le vittime debbano subire ulteriori umiliazioni. Oggi, per la prima volta, si parla di loro, e devono sorbirsi le idiozie dell’accusato», ha tuonato.

 

Il giudice ha prontamente interrotto l’imputato, ammonendolo a limitarsi a quesiti mirati. Ciononostante, una richiesta formale per sospendere il diritto di al-Abdulmohsen di interrogare i testimoni è stata rigettata dal collegio giudicante.

 

Il presidente della corte ha chiarito: «Pur se ciò appare o risulta intollerabile per le parti civili, il tribunale non può restringere il diritto dell’imputato a interrogare. Altrimenti, si configurerebbe un vizio di nullità». Ha poi aggiunto: «Voglio scongiurare a ogni costo la ripetizione del processo. Siamo consapevoli del peso psicologico che ciò impone ai querelanti e ai loro cari».

 

Quel 20 dicembre non ha strappato solo vite, ma ha inflitto ferite indelebili a testimoni e superstiti, molti dei quali ancora alle prese con le conseguenze emotive e fisiche.

 

Anne Kathrin H., prima vittima ferita dall’assalitore a comparire in aula, ha deposto con la voce rotta dal pianto: «Ero ansiosa di visitare il mercatino con il mio compagno. Siamo usciti poco dopo le 18». Appena terminata la cena, ha proseguito: «L’auto ci ha travolti. Tenebre ovunque. Al risveglio, mi sono accorta di essere a terra. Passanti mi hanno trascinata dai soccorritori. Lì ho rincontrato mio marito Matthias, in lacrime: “Sei viva, sei viva…”».

 

Anche il coniuge ha riportato lesioni. Entrambi sono stati ricoverati all’ospedale universitario: Anne Kathrin è rimasta assente dal lavoro fino a metà febbraio, mentre il marito «zoppica ancora». L’aggressore, ha concluso la testimone, «ha rubato alla nostra famiglia il senso di protezione e gioia». Attualmente, segue una terapia psicologica e partecipa a un gruppo di supporto.

 

Mario T., altro testimone, ha raccontato con la moglie e amici di aver prestato i primi soccorsi: «Di fronte a noi, un bimbo piccolo da rianimare. Abbiamo soccorso un uomo ferito». Le immagini del mercatino devastato «hanno segnato la famiglia», come riportato da Bild. «Mia moglie combatte ancora le ripercussioni mentali», ha aggiunto. «Non esce più in città, solo casa-lavoro e ritorno».

 

Nello stesso giorno, gli esperti forensi hanno illustrato le autopsie delle altre vittime coinvolte.

 

Eyad I., ex medico siriano di Magdeburgo e addetto allo stand d’ingresso del mercatino, ha testimoniato con l’ausilio di un interprete: «Ero lì quando un boato improvviso mi ha fatto trasalire. Non capivo». Poi ha scorto un giovane gravemente ferito: «La lesione era aperta, vedevo l’osso. Mi ha afferrato». Il ragazzo «perdeva sangue dalle ferite, urlava e non mi mollava». Eyad ha tamponato la piaga fino all’arrivo dei paramedici.

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Nel corso dell’udienza, al-Abdulmohsen ha continuato a gridare, ribellarsi e infuriare, con il microfono spesso silenziato – anche durante domande sulla salute mentale dei testimoni. L’ex psichiatra ha ottenuto la licenza medica nonostante evidenze di frodi sulla sua qualifica professionale, unite a una serie di minacce di morte contro tedeschi, documentate sui social. Si tratta di un clamoroso fallimento delle autorità tedesche, che ignorarono pure gli avvisi di un’agenzia di intelligence saudita sulla pericolosità dell’uomo, reiterati più volte tra il 2023 e il 2024.

 

L’imputato ha proclamato uno sciopero della fame dall’avvio del processo, ma i cronisti di Bild notano che «appare in forma smagliante e chiacchiera vivacemente con i difensori mentre l’aula si riempie, con un ritardo di sette minuti sull’orario previsto». Il giorno precedente, era stato atterrato nella sua teca blindata dopo un’ennesima intemperanza, trascinato a terra dagli ufficiali giudiziari.

 

Il maxi-processo grava sulle casse pubbliche tedesche, ma rappresenta una mera frazione rispetto alla spesa annua per l’immigrazione di massa: almeno 50 miliardi di euro per integrazione, alloggi e sussidi sociali. Tale cifra non include l’esplosione dei costi per sicurezza e forze dell’ordine, gonfiati dalla criminalità legata all’afflusso straniero. In tutta la Germania, pure le misure di protezione per i mercatini natalizi stanno lievitando, scaricando ulteriori oneri su contribuenti e piccoli esercenti.

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Terrorismo

L’afghano della sparatoria di Washington aveva collaborato con la CIA

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Rahmanullah Lakanwal, il presunto responsabile dell’attentato mortale contro due militari della Guardia Nazionale a Washington DC, aveva collaborato con la CIA durante l’occupazione americana dell’Afghanistan.   Mercoledì l’uomo, cittadino afghano, ha aperto il fuoco a bruciapelo contro due appartenenti alla Guardia Nazionale della Virginia Occidentale che stavano effettuando un pattugliamento. Il giorno dopo è deceduta la specialista dell’Esercito Sarah Beckstrom, mentre il sergente maggiore dell’Aeronautica Andrew Wolfe versa ancora in condizioni critiche.   Secondo le autorità, Lakanwal è arrivato negli Stati Uniti nel settembre 2021 grazie a un visto speciale riservato agli afghani a rischio – inclusi quelli che avevano lavorato con le forze occidentali – dopo la riconquista talebana del Paese.

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Giovedì il direttore della CIA John Ratcliffe ha confermato che il sospettato era stato ammesso negli USA «in virtù del suo precedente impiego con il governo statunitense, compresa la CIA, come membro di una forza partner a Kandahar», rapporto terminato subito dopo l’evacuazione caotica dell’agosto 2021.   «Questo individuo – e purtroppo tanti altri come lui – non avrebbe mai dovuto mettere piede qui», ha dichiarato Ratcliffe, facendo eco alle dure critiche del presidente Donald Trump nei confronti del «disastroso» ritiro ordinato dall’amministrazione Biden.   Anche il direttore dell’FBI Kash Patel ha confermato che Lakanwal «manteneva rapporti in Afghanistan con forze alleate» e che tali legami sono attualmente oggetto di indagine.   Il servizio pashto della BBC ha intervistato un ex comandante che aveva operato accanto a Lakanwal: questi lavorava come specialista GPS in un’unità denominata Scorpion Forces, inizialmente sotto il controllo diretto della CIA e poi passata alla Direzione Nazionale per la Sicurezza afghana. Sempre secondo l’ex comandante, Lakanwal contribuì inoltre a proteggere le truppe USA all’aeroporto di Kabul nelle ultime, concitate settimane del ritiro.   Lakanwal ha lasciato Kandahar per Kabul cinque giorni prima dell’ingresso dei talebani nella capitale (agosto 2021) ed è stato evacuato in aereo verso gli Stati Uniti appena sei giorni dopo.

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