Geopolitica
L’ambasciatore russo a Roma: siamo aperti a una soluzione diplomatica. Lo dice sul giornale degli Agnelli, con cui c’è qualche trascorso

Due giorni dopo l’incontro tra il presidente degli Stati Uniti Biden e l’inviato pontificio cardinale Matteo Zuppi, e sei giorni prima dell’incontro del 27 luglio tra il presidente degli Stati Uniti Biden e il premier italiano Giorgia Meloni a Washington, il nuovo ambasciatore russo a Roma Alexej Paramonov ha scritto un lungo editoriale per La Repubblica in cui afferma che Mosca è aperta a una soluzione non militare per l’Ucraina e invita Roma a svolgere un ruolo.
La pubblicazione dell’editoriale dell’ambasciatore parrebbe la cappa russofobica che pare inscalfibile: sembrerebbe, quindi, un segnale importante. Come vedremo più sotto, la scelta di farlo sul giornale degli Agnelli ricopre oggi un peso storico non indifferente.
Paramonov ha iniziato riconoscendo l’eredità comune di Russia e Italia nel plasmare la storia e la cultura in Eurasia, ricostruendo il processo di deterioramento delle relazioni tra Russia e Occidente, culminato con il colpo di stato di Kiev del 2014 e l’operazione militare speciale russa del 2022.
Dopo l’avvio dell’operazione militare speciale, che per la Russia era inevitabile come dovere di difesa della popolazione del Donbass, «il panorama dei rapporti bilaterali è cambiato fino a diventare irriconoscibile», ha scritto Paramonov.
«Non ci si può aspettare che la politica estera di Roma possa cambiare, poiché l’Italia è saldamente inserita nel sistema delle strutture euro-atlantiche. In quanto tale, l’Italia diventa volente o nolente coinvolta in azioni ostili contro Mosca e nella fornitura di armi all’Ucraina, che la trascinano sempre più nel conflitto e allontanano le prospettive di una sua conclusione».
«Nonostante tutto, ancora oggi Mosca lascia aperta la porta alle iniziative diplomatiche, ritiene tuttora possibile cambiare situazione in Ucraina con mezzi diversi da quelli militari e accetta con rispetto qualsiasi proposta di pace da chiunque provenga: il Vaticano, un gruppo di Stati africani, Indonesia, Brasile o Cina. Purtroppo, ogni giorno che passa, e soprattutto dopo il vertice NATO di Vilnius, diventa sempre più evidente che l’Occidente persevera nella sua sconsiderata e ostinata intenzione di sconfiggere o indebolire ad ogni costo la Russia, di espellerla dal novero delle grandi potenze, di compromettere sua leadership nel movimento per la costruzione di un nuovo ordine mondiale multipolare, più democratico e giusto» dice l’ambasciatore.
Il messaggio per l’Italia del diplomatico della Federazione Russa è piuttosto concreto
«Negli ambienti diplomatici si ricorda che nel passato Roma ha potuto dimostrare la flessibilità e creatività della propria diplomazia nella messa a punto dei formati di interazione per superare problemi più` difficili. Nelle circostanze attuali, sembra che si avanzi la necessità di un nuovo modello di coesistenza con gli Stati europei, tenendo conto del principio di indivisibilità della sicurezza, della prossimità geografica, della complementarietà economica. Ci potrebbero essere d’aiuto anche i persistenti interessi reciproci nell’ambito del clima, spazio, sanità, nuove sfide, cultura».
«In Russia c’è un grande rispetto per il popolo italiano, insieme al quale, nel corso di oltre cinque secoli è stato creato un invidiabile patrimonio comune. Questo non può essere cancellato, così come non può essere cancellata la richiesta di convivenza e cooperazione pacifica tra cittadini comuni russi e italiani».
«Naturalmente, l’uscita dalla “comfort zone” che per molti anni è stata la condizione abituale delle relazioni russo-italiane, l'”autoisolamento” dell’Occidente dalla Russia, genera un sentimento di delusione. Oggi più che mai i Paesi dell’Europa continentale possono perdere completamente la Russia se non riprendono coscienza dei propri interessi e non acquisiscono una visione più indipendente ed equilibrata dei processi geopolitici».
La Repubblica, come noto, è un giornale degli Agnelli, che possiedono, assieme alla famiglia Rotschild, anche parte anche dell’Economist di Londra.
Gli Agnelli hanno una lunga e contorta storia con Mosca: in era sovietica la FIAT collaborò per la creazione di una fabbrica di automobili nella città di Tol’jatti (in Italia in genere chiamata erroneamente «Togliattigrad»), da cui uscì la famosa Zhiguli.
Al contempo vi è un elemento «russo» dissonante ella storia della dinastia agnellica. Margherita Agnelli, la madre di quello che tecnicamente è oggi il capo del clan, John Elkann, una volta divorziata dal padre di Jaki (lo scrittore e personaggio TV di origine ebraica Alain Elkan) si risposa, come uso sempiterno della famiglia, con un nobile vero, Serge de Pahlen, nato in Normandia ma di famiglia di antichissima nobiltà russa scappata dalla Rivoluzione d’Ottobre. Margherita e de Pahlen hanno cinque figli. Arrivato al vertice della FIAT, Jaki licenzia il patrigno, che da 22 anni lavorava in azienda. Sono gli anni della denuncia in tribunale di Margherita per avere la sua parte del famoso tesoro all’estero di Gianni Agnelli, di cui sono ancora sconosciute dimensioni e origini – ma della cui esistenza oramai pochi dubitano.
In un libro pubblicato tre anni fa in Gran Bretagna (che coincidenza!), una giornalista del Financial Times scriveva che de Pahlen era stato «reclutato dal KGB durante gli anni Ottanta», con la missione di trasferire tecnologia a Mosca. «La FIAT era sempre stata un partner chiave dei sovietici, e secondo due ex intermediari del KGB, divenne un fornitore di tecnologia dual-use (cioè che si può usare in ambito civile come in quello militare, ndr), attraverso una miriade di società amiche».
Va anche ricordato chi è l’attuale direttore di Repubblica, Maurizio Molinari, che, scrive l’enciclopedia online, è «nato a Roma in una famiglia di origine ebraica» e che ha studiato «all’Harris Manchester College dell’Università di Oxford e all’Università Ebraica di Gerusalemme», ha scritto per il giornale del PRI e vinto premi della Fondazione Spadolini. Chi ha compilato la voce per l’enciclopedia online tiene a farci sapere anche che è sposato con una signora «ebrea italo-libica, avvocato. La coppia ha quattro figli, tutti nati a New York». Per un decennio è stato il corrispondente da Nuova York de La Stampa, il giornale degli Agnelli, per poi, prima di rientrare a Torino, esserlo stato anche a Bruxelles e Gerusalemme.
Molinari ai tempi della guerra di Iraq era ritenuto da taluni vicino alle posizioni dei neocon americani – lo stesso gruppo di potere dello Stato profondo USA additato da vari (Trump, Robert Kennedy jr.) come responsabile della presente guerra ucraina. Negli scorsi anni, prima di essere «promosso» alla direzione di Repubblica acquisita dagli Agnelli (anche se comunque da sempre partecipata dai loro parenti Caracciolo) era stato direttore della Stampa, il vero house organ del casato FIAT.
Nel 2020 si consumò uno scontro al fulmicotone tra La Stampa di Molinari e diplomazia ed esercito della Federazione Russa, anche ad altissimi livelli: un giornalista della testata, specializzato in articoli non esattamente filorussi, attaccò con veemenza la missione umanitaria russa in Lombardia nelle prime settimane del COVID. Agli articoli del giornale di Molinari rispero prima il già ambasciatore Razov, poi il portavoce dell’esercito maggior generale Igor Konashenkov, quindi la portavoce del ministero degli degli esteri Marija Zakharova.
Come riportato da Renovatio 21, la cosa si complicò al punto da divenire, d’un tratto, una spy story. Konashenkov comincia a parlare di «reali committenti della russofobia de La Stampa», che pure gli sarebbero noti. La Zakharova, indomita già allora, parla di un «intermediario» dietro all’articolo, «una società registrata a Londra, i cui rappresentanti si sono rifiutati di fornire qualsiasi informazione…»
Paramonov, già console russo a Milano, fu direttamente coinvolto con la missione COVID-Lombardia in quanto direttore del Primo dipartimento europeo del ministero degli Esteri russo. Polemiche successive lo videro criticare il ministro italiano Guerini. «All’Italia è stata fornita un’assistenza significativa attraverso il ministero della Difesa, il ministero dell’Industria e Commercio e il ministero della Salute della Russia» aveva scritto l’anno scorso, all’apice delle polemiche antirusse, Paramonov. «A proposito, una richiesta di assistenza alla parte russa fu inviata allora dal ministro della Difesa italiano Lorenzo Guerini, che oggi è uno dei principali falchi e ispiratori della campagna antirussa nel governo italiano» aggiunse il diplomatico.
Paramonov aveva quindi parlato di «conseguenze irreversibili», cosa che indusse taluni a pensare che fosse in procinto rivelare una qualche forma didi accordo segreto tra Italia e Russia.
I trascorsi tra le due realtà – i giornali degli Agnelli diretti e il Cremlino – riuscirono a complicarsi ulteriormente. Nel 2022, con l’operazione militare speciale russa in Ucraina, sempre La Stampa pubblica un articolo intitolato «Se uccidere Putin è l’unica via d’uscita». L’allora ambasciatore Razov, predecessore dell’attuale Paramonov, va a denunciare. L’autore dell’articolo dice che il russo ha capito male, e che anzi l’idea «che qualche russo ammazzi Putin» sia «priva di senso e immorale, e questo c’era scritto bene in evidenza». Ad ogni modo articolista e giornale incassano la difesa di Mario Draghi, che provvede ad insultare ulteriormente i russi: «forse non è una sorpresa che l’ambasciatore russo si sia così inquietato: lui è l’ambasciatore di un Paese in cui non c’è libertà di stampa, da noi c’è, è garantita dalla Costituzione» dice l’uomo che con il greenpass ha nuclearizzato un certo numero di articoli della Carta costituzionale.
Insomma, la scelta dello Stato russo di pubblicare un messaggio su Repubblica, ha un suo senso che a molti, magari, può sfuggire.
Notiamo infine come la lettera del legato di Mosca sia pubblicata sul sito di Repubblica dietro paywall, cioè considerato materiale a pagamento. Tuttavia è possibile leggerla, ovviamente in forma gratuita, sul sito ufficiale dell’ambasciata russa in Italia.
Immagine di Dmitrij Shuleiko via Wikipedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-ShareAlike 3.0 Unported (CC BY-SA 3.0)
Geopolitica
Charlie Kirk una volta si era chiesto se se l’Ucraina avrebbe cercato di ucciderlo

L’attivista conservatore Charlie Kirk, ucciso in un attentato, aveva dichiarato di essere minacciato di morte ogni giorno per le sue posizioni critiche, in particolare contro il sostegno finanziario degli Stati Uniti al conflitto ucraino. Si dice che almeno una minaccia di omicidio, attribuita a un portavoce ucraino, potrebbe essere stata diretta personalmente a lui.
Nel 2023, il Centro per il contrasto alla disinformazione di Kiev ha accusato Kirk di promuovere la «propaganda russa». Nel 2024, un sito ucraino aveva incluso Kirk e la sua organizzazione, Turning Point USA, in una lista nera comprendente 386 individui e 76 gruppi americani contrari al finanziamento dell’Ucraina.
Il transessuale americano Sarah Ashton-Cirillo, già responsabile della comunicazione in lingua inglese per le Forze di Difesa Territoriali ucraine, aveva dichiarato di voler «dare la caccia» a quelli che aveva definito «propagandisti del Cremlino», annunciando un imminente attacco contro una figura vicina al presidente russo Vladimir Putin.
Aveva in seguito minacciato anche giornalisti americani, e dichiarato che «i russi non sono esseri umani».
.@charliekirk11 on Volodymyr Zelenskyy: “The gangster is coming back to extort more American politicians to try to get us further into a no-win war.” pic.twitter.com/AF53AP67rB
— Human Events (@HumanEvents) September 15, 2023
Sostieni Renovatio 21
«Proveranno a uccidere Steve Bannon, Tucker Carlson o forse me?» si era chiesto Kirk, citando altre note figure conservatrici dei media americani.
«Noi non siamo burattini di Putin né propagandisti russi, eppure il New York Times ci etichetta così, Twitter ci etichetta così», aveva affermato Kirk nel suo programma. «E quella persona, finanziata dal Tesoro degli Stati Uniti, dichiara: vi troveremo e vi uccideremo».
La questione se il governo degli Stati Uniti stesse finanziando Ashton-Cirillo è diventata oggetto di dibattito pubblico dopo che la sua dichiarazione è diventata virale, interessando anche l’allora senatore dell’Ohio JD Vance, oggi vicepresidente USA. Il transessuale statunitense fu quindi prontamente rimosso dalle forze armate ucraine.
Kirk è stato un critico costante dello Zelens’kyj, descrivendolo come «un bambino ingrato e capriccioso», un «go-go dancer» che non merita nemmeno un dollaro delle tasse americane e «un burattino della CIA che ha guidato il suo popolo verso un massacro inutile».
Iscriviti alla Newslettera di Renovatio 21
Immagine di Gage Skidmore via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 4.0 International
Geopolitica
Mosca critica Israele per l’attacco al Qatar

Sostieni Renovatio 21
Iscriviti alla Newslettera di Renovatio 21
Geopolitica
«Li prenderemo la prossima volta» Israele non esclude un altro attacco al Qatar

Israele è determinato a uccidere i leader di Hamas ovunque risiedano e continuerà i suoi sforzi finché non saranno tutti morti, ha dichiarato martedì a Fox News l’ambasciatore israeliano negli Stati Uniti Yechiel Leiter.
In precedenza, attacchi aerei israeliani hanno colpito un edificio residenziale a Doha, in Qatar, prendendo di mira alti esponenti dell’ala politica di Hamas. Il gruppo ha affermato che i suoi funzionari sono sopravvissuti, mentre l’attacco è stato criticato dalla Casa Bianca e condannato dal Qatar.
«Se non li abbiamo presi questa volta, li prenderemo la prossima volta», ha detto il Leiter.
L’ambasciatore ha descritto Hamas come «nemico della civiltà occidentale» e ha sostenuto che le azioni di Israele stavano rimodellando il Medio Oriente in modi che gli Stati «moderati» comprendevano e apprezzavano. «In questo momento, potremmo essere oggetto di qualche critica. Se ne faranno una ragione», ha detto riferendosi ai Paesi arabi.
Sostieni Renovatio 21
Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha affermato che, sebbene smantellare Hamas sia un obiettivo legittimo, colpire un alleato degli Stati Uniti mina gli interessi sia americani che israeliani.
Leiter ha osservato che Israele «non ha mai avuto un amico migliore alla Casa Bianca» e che Washington e lo Stato Ebraico sono rimaste unite nel perseguire la distruzione del gruppo militante.
Il Qatar, che ospita funzionari di Hamas nell’ambito del suo ruolo di mediatore, ha dichiarato che tra le sei persone uccise nell’attacco israeliano c’era anche un agente di sicurezza del Qatar.
L’emiro del Qatar, lo sceicco Tamim bin Hamad al-Thani, ha denunciato l’attacco come un «crimine atroce» e un «atto di aggressione», mentre il ministero degli Esteri di Doha ha accusato Israele di «terrorismo di Stato».
Israele ha promesso di dare la caccia ai leader di Hamas, ritenuti responsabili del mortale attacco dell’ottobre 2023, lanciato da Gaza verso il sud di Israele. L’ambasciatore ha giurato che i responsabili «non sopravviveranno», ovunque si trovino.
Iscriviti alla Newslettera di Renovatio 21
Immagine di pubblico dominio CC0 via Wikimedia
-
Spirito2 settimane fa
Vescovo messicano «concelebra» la messa con una «sacerdotessa» lesbica anglicana «sposata» che ha ricevuto l’Eucaristia
-
Armi biologiche1 settimana fa
I vaccini COVID «sono armi biologiche» che «hanno provocato danni profondi»: nuovo studio
-
Spirito1 settimana fa
Leone punisca l’omoeresia: mons. Viganò sull’udienza papale concessa a padre Martin
-
Vaccini1 settimana fa
Vaccino COVID, mentre Reuters faceva «fact-cheking sulla «disinformazione» il suo CEO faceva anche parte del CdA di Pfizer
-
Spirito2 settimane fa
Don Giussani, errori ed misteri di Comunione e Liberazione. Una vecchia intervista con Don Ennio Innocenti
-
Gender2 settimane fa
Transessuale fa strage in chiesa in una scuola cattolica: nichilismo, psicofarmaci o possessione demoniaca?
-
Salute2 settimane fa
I malori della 35ª settimana 2025
-
Geopolitica2 settimane fa
Mosca conferma attacchi missilistici ipersonici contro l’Ucraina