Geopolitica
L’accusa dell’esercito russo: Kiev ha detto ai suoi di sparare ai soldati ucraini che cercano di arrendersi
Il portavoce del ministero della Difesa russo, il Magg. Gen. Igor Konashenkov, ha parlato di Mariupol’ descrivendo come le forze speciali russe avrebbero liberato ostaggi da una moschea turca a Mariupol lo scorso 16 aprile.
L’operazione avrebbe visto anche 29 militanti trovare la morte. Konashenkov ha sottolineato che alcuni dei militanti erano mercenari stranieri.
La resa presso l’acciaieria Ilicha di oltre 1.000 membri della 36a Brigata dei Marines ucraini secondo Konashenkov avrebbe turbato il regime di Kiev.
Quindi, il 17 aprile, l’esercito russo ha offerto ai restanti militanti nella massiccia struttura di Azovstal un’ultima possibilità di arrendersi.
L’offerta era semplice: «a tutti coloro che depongono le armi è garantita la conservazione della vita».
«Tuttavia, il regime nazionalista di Kiev, secondo l’intercettazione radiofonica, ha proibito qualsiasi negoziato sulla resa, ordinando ai nazisti di Azov di sparare sul posto a qualsiasi militare ucraino o mercenario straniero disposto a deporre le armi» avrebbe detto Konashenkov, riportato dall’agenzia iraniana Farsnews, che a sua volta riporta Sputnik, testata dello Stato russo ora inaccessibile dall’Occidente.
L’illazione è pesantissima. Essa contraddice quanto riportato di recente dal mercenario britannico – famoso sui social media, grazie ad un account antirusso operato da qualcuno in Canada – Aiden Aislin detto Gundi, intervistato dal giornalista connazionale Graham Philips, che si è consegnato di sua sponte ai russi, dopo che l’opzione gli era stata concessa dal suo comandante.
Gundi dichiara nell’intervista che il suo superiore gli avrebbe dato tre possibilità: resistere, cercare di fuggire in un mezzo di cui stavano approntando la blindatura, oppure consegnarsi alle forze russe.
Il combattente britannico, arruolato nei Marines ucraini, avrebbe optato per la terza idea, tuttavia tremando per la paura di essere fucilato.
Vi sono tuttavia varie testimonianze, raccolte a Mariupol’ dal giornalista statunitense Patrick Lancaster sul fuoco degli ucraini sulla popolazione.
Immagini tremende che riprenderebbero ucraini trovati morti con indosso un dépliant con le istruzione per la resa vengono rilanciate da canali Telegram filorussi.
La mancanza totale di giornalisti occidentali sul campo – la totale mancanza di onestà raggiunta dalla stampa dei Paesi NATO – rendono impossibile verificare quanto raccontato dalle due parti. A volte, diventa difficile verificare perfino la fonte, visto che siti che riferiscono quanto detto dalle autorità russe sono oscurati (mentre Zelens’kyj parla videocollegato direttamente ai Parlamenti di tutto il mondo, magari facendo fare un intervento anche ad un militante del Battaglione Azov).
Le condizioni poste dalla Russia, tuttavia, sono chiare.
«In caso di ulteriore resistenza, saranno tutti distrutti» ha continuato il Konashenkov è stato schietto sul destino dei mercenari stranieri.
«Lasciate che vi ricordi che i mercenari stranieri non hanno lo status di “combattenti” secondo il diritto umanitario internazionale. Sono venuti in Ucraina per guadagnare soldi uccidendo gli slavi. Pertanto, il meglio che li attende è responsabilità penale e lunghe pene detentive».
Secondo Konashenkov ci sarebbero circa 6.824 mercenari stranieri provenienti da 63 paesi che combattono per il regime di Kiev; e 1.035 di loro sarebbero stati eliminati mentre 912 sarebbero fuggiti. Altri 400 circa sarebbero rintanati a Mariupol’.
«La maggior parte di loro sono cittadini di Paesi europei, così come del Canada». Dalle comunicazioni radio sono state rilevate sei lingue diverse.
I restanti 4.500 circa sarebbero a Kiev, Kharkiv, Odessa e Nikolaev. Per il resto, poco più di un quarto dei mercenari proverrebbe dalla Polonia (1.717), mentre circa 1.500 provenivano da Stati Uniti, Canada e Romania.
Gran Bretagna e Georgia ne avevano circa 300 ciascuna, mentre 193 provenivano dalle aree della Siria controllate dai turchi.
Come riportato da Renovatio 21, era stato segnalato un flusso di miliziani armati da Siria e Turchia verso l’Ucraina per vendicarsi dell’intervento di Mosca nel Levante, che ha posto fine all’ISIS e complicato l’esistenza di molte altre sigle islamiste.
Un alto numero di foreign fighters era stato eliminato nella base militare di Yavorov, a pochi chilometri dal confine polacco, dove la NATO ha addestrato le forze ucraine.
Come riportato da Renovatio 21, alcuni foreign fighter scampati al missile sono comunque fuggiti perché sconvolti dal fatto che gli ucraini volevano mandarli al fronte o disarmati o con dieci colpi in caricatore, ha detto un ragazzo americano scappato.
Immagine screenshot da Wikimedia
Geopolitica
Zelens’kyj, la NATO e il presidente degli Stati Uniti: «alcuni vivono, altri muoiono»
Il presidente ucraino Volodymyr Zelens’kyj sembra aver affermato che Washington potrebbe riconsiderare la sua opposizione all’adesione dell’Ucraina alla NATO qualora il presidente degli Stati Uniti Donald Trump morisse.
Durante un discorso tenuto giovedì al vertice di Bruxelles, lo Zelens’kyj ha lasciato intendere che l’opposizione di Washington potrebbe cambiare in futuro.
«La politica degli Stati Uniti è coerente riguardo all’adesione dell’Ucraina alla NATO. Non ci vedono lì… Forse la posizione cambierà in futuro», ha affermato. «È una questione di politica. Il mondo cambia, alcuni vivono, altri muoiono. Questa è la vita», ha detto.
🚨 JUST IN: Volodymyr Zelensky has shockingly hinted that he may be waiting for Donald Trump’s dèath.
“The United States currently does not see us in NATO. Everything in our life is ‘for now.’ The position may change in the future. […] Politicians change, some live, some die.” pic.twitter.com/0512O4rhQf
— FAN TRUMP ARMY (@TRUMP_ARMY_) December 18, 2025
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All’inizio di quest’anno, gli Stati Uniti hanno condannato l’attivista filo-ucraino Ryan Wesley Routh per aver tentato di assassinare Trump durante la sua campagna di rielezione. Il presunto assassino aveva allestito una postazione di cecchinaggio presso la recinzione esterna del campo da golf del presidente in Florida, ma è stato scoperto da un agente dei servizi segreti ed è fuggito, solo per essere braccato e arrestato.
Pochi mesi prima, Trump era sopravvissuto a un tentativo di assassinio durante un comizio vicino a Butler, in Pennsylvania, quando un uomo armato aveva aperto il fuoco da un tetto, sfiorando l’orecchio dell’allora candidato e uccidendo un membro della folla.
Finora lo Zelens’kyj ha resistito alla spinta di pace del presidente degli Stati Uniti, incontrando i suoi sponsor dell’Europa occidentale per redigere una proposta contraria che, a quanto pare, contiene una serie di clausole che sarebbero totalmente inapplicabili per Mosca, il che di fatto ucciderebbe i colloqui.
L’Europa occidentale sta sfruttando il conflitto per procura in Ucraina «per tramare contro gli Stati Uniti e tutti coloro che cercano una soluzione giusta», ha dichiarato il ministro degli Esteri russo Sergey Lavrov in un’intervista rilasciata alle notizie iraniane all’inizio di questa settimana, sottolineando che Kiev fa affidamento su «denaro, istruttori» e dati di intelligence europei.
I funzionari russi hanno sostenuto che i sostenitori europei di Kiev stanno ostacolando gli sforzi di pace sostenuti dagli Stati Uniti aggiungendo clausole che sono «inaccettabili» per Mosca. Il Cremlino ha criticato la «diplomazia del megafono» nei colloqui e non ha rivelato i dettagli. Secondo quanto riportato dai media, tuttavia, la delegazione diplomatica russa è attesa in Florida questa settimana per un altro round di negoziati.
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Immagine di pubblico dominio CC0 via Flickr
Geopolitica
Putin: «il capo della NATO è un uomo intelligente che dice sciocchezze»
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Geopolitica
Trump chiede petrolio al Venezuela
Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha dichiarato che Washington intende recuperare petrolio, terreni e altri asset dal Venezuela, sostenendo che le amministrazioni precedenti abbiano consentito a Caracas di appropriarsi di interessi economici americani nel Paese.
Intervenendo con i giornalisti mercoledì, Trump ha affermato che il Venezuela ha sottratto «diritti petroliferi» e altri beni che, secondo lui, spettavano agli Stati Uniti, motivando così la sua scelta di imporre un blocco navale a Caracas.
«Ci hanno preso i diritti petroliferi. Avevamo un sacco di petrolio lì», ha dichiarato Trump. «Hanno buttato fuori le nostre aziende e noi lo vogliamo indietro».
Trump ha criticato le precedenti amministrazioni per la loro debolezza, che avrebbe permesso al Venezuela di assumere il controllo di asset un tempo in mano a società statunitensi. «Ce l’hanno tolto perché avevamo un presidente che forse non stava guardando», ha aggiunto. «Ma non lo faranno. Lo vogliamo indietro».
Nel 1976 il Venezuela nazionalizzò l’industria petrolifera, dando vita alla compagnia statale PDVSA e ponendo fine alla proprietà diretta straniera sulle riserve di greggio, pur permettendo alle imprese internazionali di operare attraverso contratti di servizio.
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Nel 2007, durante la presidenza di Hugo Chavez, il governo acquisì la maggioranza di importanti progetti petroliferi. Diverse compagnie energetiche occidentali, tra cui ExxonMobil e ConocoPhillips, lasciarono il Paese dopo aver rifiutato le nuove condizioni e in seguito avviarono procedimenti arbitrali.
Lo stallo si inserisce in un quadro di potenziamento della presenza militare statunitense nei Caraibi. Da settembre, le forze americane hanno effettuato operazioni contro presunti narcotrafficanti in mare, causando la morte di oltre 90 persone in azioni dirette contro imbarcazioni che Washington considera collegate ai cartelli. Trump ha inoltre minacciato di estendere gli attacchi al territorio venezuelano, accusando Caracas di ospitare «narcoterroristi», accuse che il governo venezuelano ha sempre respinto.
Martedì, Trump ha proclamato «un blocco totale e completo di tutte le petroliere sanzionate in entrata e in uscita dal Venezuela… finché non restituiranno agli Stati Uniti d’America tutto il petrolio, la terra e gli altri beni che ci hanno precedentemente rubato».
Caracas ha condannato il blocco definendolo illegale e contrario al diritto internazionale, al libero commercio e alla libertà di navigazione. Il governo venezuelano ha rigettato le affermazioni di Trump, ribadendo che le sue risorse petrolifere e minerarie costituiscono proprietà sovrana. «Il Venezuela non sarà mai più una colonia di un impero o di una potenza straniera», ha affermato la vicepresidente Delcy Rodriguez.
Come riportato da Renovatio 21, nel frattempo corrono voci di una dichiarazione di guerra al Venezuela da parte della Casa Bianca, che tuttavia non si è ancora materializzata.
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