Cina
La Svezia espelle una giornalista cinese

La Svezia ha invocato motivi di sicurezza nazionale per deportare un cittadino cinese che viveva nel Paese da 20 anni, ha detto lunedì ai giornalisti il suo avvocato.
La donna, 57 anni, lavorava come giornalista e, secondo l’emittente pubblica svedese SVT, avrebbe avuto contatti con l’ambasciata cinese e con «persone legate al governo cinese».
«La polizia di sicurezza ha sostenuto che si può presumere che il mio cliente possa rappresentare una seria minaccia per la sicurezza», ha detto alla testata l’avvocato Leutrim Kadriu. «È difficile per me entrare nei dettagli esatti, dato che molto è avvolto nel segreto, poiché si tratta di una questione di sicurezza nazionale».
La cliente di Kadriu è stata arrestata in ottobre e un tribunale ha ordinato la sua deportazione la settimana scorsa, ha detto all’emittente. L’Agenzia per l’Immigrazione e il Tribunale per l’Immigrazione concordano con il governo svedese nel ritenere che la donna costituisca un rischio per la sicurezza nazionale, anche se ha trascorso due decenni nel paese, ha sposato un uomo svedese e ha avuto figli con lui, ha aggiunto.
Il ministro della Giustizia Gunnar Strommer ha detto alla Reuters che la donna ha perso il suo appello contro la deportazione «ai sensi della legge sul controllo speciale di alcuni stranieri». Un portavoce del servizio di sicurezza svedese (SAPO) ha affermato che le sue azioni sono in linea con la missione dell’agenzia «proteggere la Svezia e la democrazia».
La giornalista cinese ha negato tutte le accuse e sostiene di non rappresentare una minaccia alla sicurezza.
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Secondo SVT, l’ambasciata cinese a Stoccolma avrebbe pagato la donna per alcuni articoli pubblicati sul suo sito web. Aveva anche ospitato funzionari e uomini d’affari cinesi in visita in Svezia e aveva cercato di organizzare incontri per loro con funzionari svedesi.
Commentando la controversia, l’ambasciata cinese ha affermato che Pechino ha sempre chiesto ai cittadini cinesi di rispettare le leggi e i regolamenti dei paesi ospitanti, aspettandosi che la Svezia «garantisca che i diritti e gli interessi legittimi dei cittadini cinesi in Svezia non vengano violati».
«Ci opponiamo a causare problemi diffondendo voci, ci opponiamo all’ideologizzazione, ci opponiamo ad accuse infondate e calunnie contro la Cina», ha aggiunto l’ambasciata.
I due Paesi hanno avuto negli ultimi anni vari episodi con tensioni diplomatiche anche gravi, con ampia probabilità a causa dell’appoggio di Stoccolma alla dissidenza cinese, come quella dei piccoli editori di Hong Kong che fino a pochi anni fa pubblicavano salaci resoconti riguardo la politica pechinese.
La politica di silenziamento della dissidenza nell’era Xi è arrivata senza problemi anche al rapimento al di fuori dei confini cinesi. Il fenomeno è stato chiamato Causeway Bay Disappeareance, dal nome della zona di Hong Kong dove i microscopici librai si concentravano.
Gui Minhai, editore, fu arrestato («rapito») nel gennaio 2018 sul treno per Pechino mentre era in compagnia di alcuni diplomatici di Stoccolma. Imprigionato chissà dove, l’editore rese una confessione e accusò la Svezia, suo Paese adottivo.
La Svezia ha abbandonato la sua politica di neutralità bicentenaria nel 2022, citando il conflitto in Ucraina come ragione per entrare nella NATO. È diventato membro del blocco militare guidato dagli Stati Uniti il mese scorso, dopo aver subito ritardi dovuti a controversie politiche con la Turchia (il cui assenso potrebbe essere stato comprato con l’offerta a Erdogan da parte di Biden di 11 miliardi del FMI) e l’Ungheria.
Come riportato da Renovatio 21, la militarizzazione antirussa era già partita nelle isole baltiche svedesi subito dopo l’inizio dell’operazione militare speciale russa in Ucraina.
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Immagine di Andrzej Otrębski via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 4.0 International
Cina
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Cina
COVID, blogger cristiana cinese condannata ad altri quattro anni di carcere

Una blogger cristiana cinese già condannata a quattro anni di carcere per aver documentato le prime fasi della pandemia di COVID da Wuhan è stata condannata ad altri quattro anni di carcere.
Zhang Zhan, 42 anni, è stata condannata in Cina con l’accusa di «aver attaccato briga e provocato disordini», la stessa accusa che ha portato alla sua prima incarcerazione nel dicembre 2020. L’accusa viene spesso utilizzata per perseguire i giornalisti che si esprimono contro il governo cinese o rivelano verità imbarazzanti.
Zhang ha pubblicato i resoconti di testimoni oculari di Wuhan sulla diffusione iniziale del COVID-19, compresi video, di strade vuote e ospedali affollati che dimostravano che la situazione a Wuhan era molto peggiore di quanto affermassero le autorità cinesi. I filmati della Zhanga sono stati visualizzati centinaia di migliaia di volte.
Il suo avvocato dell’epoca, Ren Quanniu, aveva affermato che Zhan credeva di essere stata «perseguitata per aver violato la sua libertà di parola». Dopo la prigionia, aveva iniziato uno sciopero della fame e fu alimentata forzatamente tramite un sondino.
Come riportato da Renovatio 21, cinque anni fa erano emerse notizie della sua cattiva salute e di una sua possibile tortura in carcere.
Era stata rilasciata nel maggio 2024. Secondo Quanniu, è stata nuovamente arrestata perché aveva commentato su siti web stranieri, tra cui YouTube e X.
🚨🇨🇳CHINA TO RELEASE JOURNALIST JAILED OVER COVID REPORTING
After spending four years behind bars for her reporting of the Covid outbreak and lockdowns in Wuhan, Zhang Zhan is set to be released today after completing her sentence.
— Kacee Allen (@KaceeRAllen) May 14, 2024
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Un portavoce del governo cinese ha dichiarato: «il caso riguarda la sovranità giudiziaria della Cina e nessuna forza esterna ha il diritto di interferire. I suoi diritti legittimi saranno pienamente rispettati e tutelati».
«Questa è la seconda volta che Zhang Zhan viene processata con accuse infondate che non rappresentano altro che un palese atto di persecuzione per il suo lavoro giornalistico», ha affermato Beh Lih Yi, direttore per l’area Asia-Pacifico del Comitato per la protezione dei giornalisti con sede a Nuova York.
«Le autorità cinesi devono porre fine alla detenzione arbitraria di Zhang, ritirare tutte le accuse e liberarla immediatamente». La Cina costituisce la prigione per giornalisti più grande del mondo. Si ritiene che attualmente vi siano detenuti oltre 100 giornalisti.
Come riportato da Renovatio 21, il nuovo processo era iniziato sei mesi fa.
Prima della pandemia di COVID, l’attivista e giornalista cristiana era già stata arrestata nel settembre 2019 per aver sfilato con un ombrello su Nanjing Road a Shanghai, in segno di solidarietà con le proteste di Hong Kong. Con le prime notizie della pandemia, si era recata a Wuhan per documentare gli eventi, pubblicando circa cento video in tre mesi e rispondendo alle domande di media internazionali. Arrestata nel maggio 2020, è stata la prima blogger a essere condannata per le informazioni diffuse sulla pandemia.
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Immagine screenshot da YouTube
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