Geopolitica
La strada della Russia nella «guerra ibrida»
Dmitrij Trenin, fino a poco tempo il direttore del Carnegie Moscow Center (collegato al Carnegie Endowment for International Peace con sede a Washington), il primo cittadino russo a ricoprire quella posizione, ha pubblicato un denso documento sulla via da seguire della Russia, ora che il blocco NATO guidato dagli USA ha sostanzialmente dichiarato guerra alla Russia, compreso un severo avvertimento sul pericolo di una guerra nucleare.
Trenin, che è ora membro del Consiglio per la Politica Estera e di Difesa della Russia, ha servito dal 1972 al 1993 nelle forze militari sovietiche e russe, e ha conseguito un dottorato di ricerca in Storia presso l’Istituto di Studi Statunitensi e Canadesi dell’Accademia delle Scienze sovietica.
Il suo articolo si intitola «Come la Russia deve reinventarsi per sconfiggere la “Guerra ibrida” dell’Occidente».
La sua vasta collaborazione con l’élite dei think tank statunitensi rende la sua visione di questa crisi più rilevante.
L’articolo è stato preparato sulla base del discorso dell’autore il 6 maggio alla 30a Assemblea del Consiglio per la Politica Estera e di Difesa.
Trenin afferma che è «una speranza illusoria che gli oppositori della Russia ascoltino la ragione» o che la loro leadership cambierà nel breve termine, il che «annulla completamente la precedente strategia di Politica Estera della Russia nei confronti di Stati Uniti e UE».
Avverte che è impossibile vincere, o addirittura «sopravvivere, se le élite rimangono fissate su un ulteriore arricchimento personale e la società viene lasciata in uno stato depresso ed eccessivamente rilassato».
Osserva che la strategia dell’Occidente è «sconfiggere» la Russia e che la guerra ibrida si sposterà più a est dall’Ucraina e che «l’esistenza della Russia nella sua forma attuale sarà contestata».
«L’esistenza della Russia nella sua forma attuale sarà contestata
Pertanto, dice, «la strategia del nemico dovrebbe essere attivamente contrastata».
Ciò richiede soprattutto che la nazione «rafforzi l’indipendenza della Russia come Civiltà».
La Russia deve «raggiungere il successo strategico in Ucraina», che sarà un «colpo doloroso per l’egemonia globale degli Stati Uniti» e creare un «nuovo ordine mondiale… insieme ai paesi non occidentali»: Cina, India, Brasile, Turchia, ASEAN, Stati del Golfo, Iran, Egitto, Algeria, Israele, Sud Africa, Pakistan, Argentina, Messico «e altri». Essi, scrive l’autore, sono la «parte più ampia e dinamica» del mondo.
Devono aiutare a «costruire istituzioni internazionali», nominando come esempi l’Unione economica eurasiatica (EAEU), l’Organizzazione per la cooperazione di Shanghai (SCO), l’Organizzazione del trattato di sicurezza collettiva (CSTO) e i BRICS.
«La Russia è in grado di svolgere un ruolo di primo piano nello sviluppo di un’ideologia quadro per queste organizzazioni, armonizzando gli interessi dei paesi partner e coordinandosi su agende comuni».
«Mai dalla fine del confronto sovietico-americano la prevenzione della guerra nucleare è stata più rilevante di adesso. La nuova sfida dopo aver ottenuto il successo strategico in Ucraina sarà costringere i Paesi della NATO a riconoscere effettivamente gli interessi russi e a proteggere i nuovi confini della Russia».
Dice che l’intenzione non è quella di danneggiare il nemico, ma di «usare vari irritanti per distogliere l’attenzione e le risorse degli avversari dal focus russo».
La cosa più importante, aggiunge Trenin, è «lo sviluppo di una strategia per un confronto emergente tra Stati Uniti e Cina».
È il rapporto Russia-Cina che differenzia questo conflitto dalla Guerra Fredda. Per quanto riguarda l’economia, indica il processo di «de-dollarizzazione», di cui molto ha scritto Renovatio 21.
Inoltre, il Trenin parla di uno «spostamento dell’attenzione dalla politica di esportazione delle materie prime allo sviluppo di processi produttivi a ciclo chiuso».
Data la «totale guerra economica dichiarata dall’Occidente», la Russia deve muoversi per infliggere «danni significativi al nemico».
Afferma che la Russia deve «rivedere l’approccio russo e la posizione politica sulle questioni relative al cambiamento climatico», senza spiegazioni, ma implicando il rifiuto delle politiche anti-combustibili fossili.
«Finora abbiamo semplicemente celebrato la vittoria conquistata dalle generazioni precedenti nel 1945», ma ora la questione è «se siamo in grado di salvare e sviluppare il Paese».
Immagine di Коханкин Владимир Алексеевич via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-ShareAlike 4.0 International (CC BY-SA 4.0)
Geopolitica
Gli USA revocano le sanzioni al leader serbo-bosniaco Dodik
Washington ha revocato le sanzioni imposte al leader serbo-bosniaco Milorad Dodik e ai suoi familiari, ha reso noto mercoledì il Dipartimento del Tesoro statunitense.
Le misure restrittive, introdotte inizialmente sotto l’amministrazione Biden nel 2022 e poi inasprite negli anni successivi, colpivano Dodik per aver presumibilmente compromesso l’accordo di pace di Dayton del 1995, che istituì la Bosnia ed Erzegovina come Stato composto da due entità in larga misura autonome: la Repubblica Srpska a maggioranza serba e la Federazione bosniaco-croata.
La decisione del Tesoro fa seguito all’impegno formale di Dodik di rinunciare al suo potere nella Republika Srpska, l’entità serba di cui era stato presidente.
In un post su X, Dodik ha ringraziato il presidente statunitense Donald Trump, affermando che il provvedimento «ha corretto una grave ingiustizia inflitta alla Republika Srpska, ai suoi rappresentanti e alle loro famiglie». Ha aggiunto che la mossa ha dimostrato che «le accuse contro di noi non erano altro che bugie e propaganda».
I am grateful to President Donald Trump @realDonaldTrump and his associates for correcting a grave injustice inflicted upon Republika Srpska, its representatives, and their families – an injustice perpetrated by the Obama and Biden administrations.
The decision to lift the…
— Милорад Додик (@MiloradDodik) October 29, 2025
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Dodik ha accettato di dimettersi dopo uno scontro con il governo centrale bosniaco di Sarajevo e con Christian Schmidt, il diplomatico tedesco a capo dell’Ufficio dell’Alto Rappresentante (OHR), l’organismo che vigila sull’attuazione degli accordi di Dayton.
Come riportato da Renovatio 21, un tribunale bosniaco lo aveva in precedenza condannato a una pena detentiva, poi commutata in multa. Nuove elezioni regionali sono in programma per novembre.
Il politico si oppone da tempo all’integrazione della Bosnia nella NATO e nell’Unione Europea, promuovendo invece rapporti più stretti con Serbia e Russia. In un’intervista rilasciata all’inizio del mese ai media russi, Dodik ha dichiarato che i leader UE hanno «distrutto tutti i vantaggi che l’Europa [occidentale] un tempo offriva» e li ha accusati di adottare politiche autoritarie e militariste per mascherare i propri fallimenti.
Come riportato da Renovatio 21, il Dodik era stato condannato al carcere a fine 2024. Due anni fa aveva sollevato le controversie su Hunter Biden per accusare il presidente americano Joe Biden di ipocrisia per aver inserito nella lista nera i suoi figli per presunta corruzione. Dodik ha sostenuto che le mosse di Washington hanno più probabilità di rendere la Repubblica serba indipendente che di distruggerla.
Ad aprile Dodik aveva dichiarato che l’UE dovrebbe smettere di demonizzare la Russia e il suo leader, Vladimir Putin. In un’intervista rilasciata alla rivista svizzera Die Weltwoche, Dodik ha affermato che «il punto di vista russo è che la guerra in Ucraina è stata imposta alla Russia dall’élite mondiale occidentale», citando quindi il presunto ruolo di Boris Johnson nel fallimento dei negoziati di pace tra Mosca e Kiev a Costantinopoli, in Turchia, nel 2022.
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Immagine di © European Union, 2025 via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 4.0 International
Geopolitica
Israele attacca ancora Gaza. Trump approva
Gaza under Attack . Another violation of the ceasefire . 50 martyrs, most of them children, in an ongoing Israeli bombardment since Tuesday evening until these very moments on the Gaza Strip. pic.twitter.com/baVRHN9JjY
— Irlandarra (@aldamu_jo) October 29, 2025
Israel breaks the ceasefire Gaza under attack yesterday again. Israel has killed 97 Palestinians and wounded another 230, committing 80 ceasefire violations since October 10, according to the Gaza Media Office. Trump lying to save Zionism and its genocide pic.twitter.com/CO0Tmja4Os
— Irlandarra (@aldamu_jo) October 20, 2025
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Geopolitica
Gli USA hanno tentato di reclutare il pilota di Maduro per un rapimento
Un agente federale statunitense ha cercato di reclutare in segreto il pilota personale del presidente venezuelano Nicolás Maduro per un piano volto a catturare il leader e consegnarlo alle autorità americane con l’accusa di narcotraffico. Lo riporta l’agenzia Associated Press.
Citanto tre funzionari statunitensi in servizio ed ex, oltre a un oppositore di Maduro, l’agenzia ha indicato che l’agente della Sicurezza Nazionale Edwin Lopez ha incontrato il pilota di Maduro, il generale Bitner Villegas, nella Repubblica Dominicana nel 2024. Lopez avrebbe proposto al pilota denaro e protezione in cambio del dirottamento dell’aereo presidenziale verso un luogo dove le autorità USA potessero arrestarlo. Il pilota non ha dato una risposta immediata, ma ha proseguito a messaggiare con l’agente per oltre un anno, anche dopo il pensionamento di Lopez nel luglio 2025.
L’agente avrebbe menzionato l’annuncio del Dipartimento di Giustizia che portava a 50 milioni di dollari la taglia per la cattura di Maduro, incitando Villegas a «diventare l’eroe del Venezuela». Il pilota ha infine declinato, definendo Lopez un «codardo» e interrompendo i contatti.
Le rivelazioni emergono mentre gli Stati Uniti intensificano la pressione militare e di intelligence su Caracas. Il presidente Donald Trump ha autorizzato la CIA a condurre operazioni clandestine in Venezuela e ha schierato navi da guerra, aerei e migliaia di truppe nei Caraibi per quella che Washington presenta come una campagna antidroga. Negli ultimi mesi, raid statunitensi contro imbarcazioni al largo di Venezuela e Colombia avrebbero causato decine di morti.
Trump sostiene che le azioni mirano ai narcotrafficanti, mentre funzionari USA accusano il governo Maduro di gestire uno «narcostato».
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Il presidente venezuelano ha respinto le accuse come pretesto per un cambio di regime. Ha definito l’ammissione di Trump su attività segrete della CIA in Venezuela come senza precedenti e «disperata». Maduro ha posto l’esercito in massima allerta e ha ricordato che il Paese dispone di un ampio arsenale di sistemi antiaerei Igla-S di epoca sovietica.
Mosca, alleata di Caracas, ha condannato la campagna USA. All’inizio del mese, l’ambasciatore russo all’ONU, Vassily Nebenzia, ha accusato Washington di orchestrare un colpo di Stato in Venezuela sotto la copertura di un’operazione antidroga, definendola «una palese violazione del diritto internazionale e dei diritti umani».
La Casa Bianca accusa da tempo Maduro di guidare una rete di narcotrafficanti nota come «Cartel de los Soles», sebbene non vi siano prove schiaccianti o prove concrete che lo dimostrino, tuttavia lo scorso anno gli USA sono arrivati a sequestrare un aereo presumibilmente utilizzato dal presidente di Carcas. È stato anche accusato di aver trasformato l’immigrazione in un’arma, sebbene Maduro si sia mostrato pronto a dialogare con le delegazioni diplomatiche americane sulla questione.
Come riportato da Renovatio 21, a inizio anno Maduro aveva dichiarato che Washington ha aperto il suo libretto degli assegni a una schiera di truffatori e bugiardi per destabilizzare il Venezuela, quando gli Stati Uniti si sono rifiutati di riconoscere le elezioni del 2024 in Venezuela.
Secondo Maduro, almeno 125 militanti provenienti da 25 Paesi sono stati arrestati dalle autorità venezuelane. Aveva poi accusato Elone Musk di aver speso un miliardo di dollari per un golpe in Venezuela. Negli stessi mesi si parlò di un piano di assassinio CIA di Maduro sventato.
Nelle scorse settimane perfino l’account YouTube di Maduro è stato rimosso da YouTube.
Secondo notizie emerse nelle ultime ore Trump punterebbe ad attaccare le «strutture della cocaina» in Venezuela.
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Immagine di President of Russia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 4.0 International (CC BY 4.0)
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