Alimentazione
La Russia sospende le esportazioni di fertilizzanti; molte nazioni sospendono le esportazioni alimentari
Il 9 marzo il ministero dell’Industria russo ha annunciato il divieto delle esportazioni di fertilizzanti.
Le grandi implicazioni per la riduzione dei raccolti includono il fatto che la Russia forniva all’Europa il 25% del suo NPK (azoto, fosforo e potassio) direttamente o indirettamente e forniva molte altre nazioni, e a prezzi moderati.
Russia e Bielorussia sono entrambe i principali fornitori di nutrienti per le colture. Sotto la pressione degli Stati Uniti, Vilnius aveva già vietato all’inizio di quest’anno il transito di potassio bielorusso da parte della ferrovia lituana verso il Mar Baltico, una rotta di spedizione tradizionale di lunga data.
L’Europa ha già avuto una crisi di fertilizzanti nel 2021, a causa della carenza di fertilizzanti azotati, quando alcuni produttori hanno smesso di farne, a causa dell’aumento dei prezzi del gas naturale, una materia prima per fertilizzanti.
La Russia esporta circa il 70% del volume totale di fertilizzanti minerali prodotti nel Paese e frena le esportazioni a sostegno del proprio settore agricolo.
Molte aziende cinesi stanno anche sospendendo alcuni fertilizzanti, compresi i fosfati. Lo avevanofatto anche l’anno scorso.
Nutrien, la più grande azienda di fertilizzanti al mondo, con sede in Canada, non è ottimista di poter aumentare la produzione per colmare queste lacune nelle esportazioni.
I valori delle azioni Nutrien stanno salendo fuori scala.
La carenza e il caos nelle forniture di fertilizzanti ridurranno assolutamente i raccolti e addirittura scoraggeranno la semina, scrive EIRN.
Gli esperti intervistati da Nezavisimaya Gazeta questa settimana sottolineano l’impatto negativo garantito sui prezzi dei generi alimentari. «I prezzi elevati del gas stanno costringendo i produttori europei di fertilizzanti azotati a interrompere la produzione», ha affermato il capo del centro sviluppo energia Kirill Melnikov. «Ciò influenzerà anche i prezzi dei generi alimentari, perché gli agricoltori europei dovranno acquistare fertilizzanti più costosi, principalmente dagli Stati Uniti».
Gli Stati Uniti non sono stati una grande nazione con un surplus di fertilizzanti e non vi è alcuna garanzia che possano aumentare le forniture.
Se non si fa nulla per mitigare la crisi dei fertilizzanti, i raccolti di cereali nel 2022 diminuiranno del 50%, ha avvertito Svein Tore Holsether, presidente di Yara, una delle prime tre aziende mondiali di fertilizzanti, che opera in 60 nazioni. «Non è se stiamo entrando in una crisi alimentare globale, ma quanto grande sarà la crisi», ha ammonito.
Molte nazioni stanno annunciando divieti di esportazione di cibo in difesa delle scorte che hanno. Ad esempio, l’Egitto ha vietato l’esportazione di lenticchie, fagioli e pasta (che avevano fornito in Senegal e altrove in Africa, oltre all’Arabia Saudita).
L’Egitto, il più grande importatore di grano al mondo, con 13 milioni di tonnellate nel 2021, sta cercando il mondo per allineare le importazioni di grano, dal momento che fino ad ora dipendeva per quasi l’80% da Ucraina e Russia per le sue importazioni di grano.
La Russia ha annunciato il 10 marzo divieti selettivi alle sue esportazioni di grano.
L’Indonesia ha annunciato una riduzione delle esportazioni di olio di palma.
Alimentazione
Un leader agricolo messicano assassinato in seguito allo sciopero nazionale
Bernardo Bravo Manríquez, presidente della principale associazione di agrumicoltori di Michoacán e membro del Fronte Nazionale per il Salvataggio della Campagna Messicana (FNRCM), il gruppo agricolo più attivo del Messico, è stato assassinato la mattina del 20 ottobre.
Bravo, alla guida degli Agrumicoltori della Valle di Apatzingán, aveva partecipato allo sciopero nazionale degli agricoltori del 14 ottobre, organizzato con successo dal FNRCM per sollecitare il governo a introdurre politiche a sostegno dell’agricoltura nazionale, minacciata da speculatori finanziari internazionali e dai loro cartelli.
Gli agrumicoltori avevano guadagnato l’attenzione nazionale gettando in strada circa due tonnellate di lime di alta qualità durante lo sciopero, permettendo alla gente di raccoglierli, per evidenziare che il prezzo pagato ai produttori per ogni chilo di lime è nettamente inferiore al costo di produzione.
Secondo Aristegui News, l’associazione di Bravo ha spiegato la partecipazione allo sciopero con la richiesta di istituire una banca per lo sviluppo agricolo con crediti agevolati e tassi bassi, per rilanciare le campagne. I coltivatori di lime hanno anche proposto concessioni idriche, protezione della filiera produttiva e prezzi equi.
Gli agricoltori hanno chiarito ai legislatori di non volere sussidi, ma misure per affrontare «le cause strutturali» della crisi che colpisce il settore, chiedendo «un solido quadro giuridico che ci protegga da speculazioni e abusi». L’articolo ha inoltre riportato che Bravo, come leader del settore, aveva denunciato estorsioni da parte di gruppi criminali organizzati e l’assenza di sicurezza per i coltivatori di lime.
A febbraio, Bravo aveva segnalato di aver ricevuto minacce, annunciando la chiusura degli uffici amministrativi della sua azienda. Nella dichiarazione rilasciata il giorno del suo assassinio, il FNRCM ha chiesto al governo di indagare sull’omicidio, ma ha anche criticato «l’indifferenza» del governo alle richieste di dialogo, che crea «condizioni di vulnerabilità per i produttori». La dichiarazione ha evidenziato l’esclusione, da parte del Segretario dell’Agricoltura Julio Berdegué, di due leader del FNRCM, Baltazar Valdez Armentía di Sinaloa e Yako Rodríguez di Chihuahua, da un incontro del 17 ottobre con i leader agricoli, nonostante l’approvazione del Ministero del Governo.
Il FNRCM ha avvertito che il governo dovrebbe collaborare con il movimento per «costruire un’alleanza con lo Stato per salvare le campagne e l’economia nazionale». Ha inoltre denunciato le pressioni del governo statunitense e delle sue entità, che cercano di «aggravare la polarizzazione sociale e l’ingovernabilità per giustificare interventi». In questo contesto, il governo non dovrebbe adottare «gesti divisivi e discriminatori contro i produttori nazionali», ha concluso il FNRCM.
È noto che i cartelli della droga abbiano anche interessi agricoli, soprattutto nel campo dell’avocado, frutto divenuto particolarmente popolare negli USA con le ultime generazioni per le sue proprietà nutritizie.
Alimentazione
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Alimentazione
Un terzo dei Paesi è afflitto da prezzi alimentari «anormalmente alti»: rischio di disordini sociali
L’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Alimentazione e l’Agricoltura (FAO) lancia l’allarme: i prezzi dei prodotti alimentari restano eccezionalmente elevati in tutto il mondo, e in molti Paesi sono aumentati fino a cinque volte rispetto ai livelli medi del decennio scorso. Un’escalation che, secondo l’agenzia delle Nazioni Unite, rischia di alimentare nuovi disordini sociali, soprattutto nei Paesi in via di sviluppo o politicamente instabili.
«Le condizioni attuali ricordano i periodi che hanno preceduto la Primavera Araba e la crisi alimentare del 2007-2008», si legge nel rapporto diffuso in questi giorni. E il messaggio è chiaro: le turbolenze globali, legate alla sicurezza alimentare, «sono tutt’altro che finite».
Un’analisi di BloombergNEF, basata sui dati FAO, evidenzia come il quadro sia il risultato di una combinazione di fattori: eventi meteorologici estremi, tensioni geopolitiche e politiche monetarie espansive. L’aumento dei prezzi di gasolio e benzina – spinti anche dai conflitti in corso e dalle restrizioni commerciali – ha fatto lievitare i costi di produzione e di trasporto dei beni agricoli.
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A questo si aggiunge il fattore monetario: l’eccessiva stampa di denaro da parte di molte economie avanzate ed emergenti durante e dopo la pandemia ha rappresentato, secondo gli analisti, il principale motore dell’inflazione globale.
Secondo la FAO, nel 2023 il 50% dei Paesi del Nord America e dell’Europa ha registrato prezzi alimentari «anormalmente elevati» rispetto alla media del periodo 2015-2019. L’organizzazione definisce «anormale» un livello di prezzo superiore di almeno una deviazione standard rispetto alla media storica per ciascuna merce e regione, spiega Bloomberg.
La tendenza, tuttavia, non riguarda solo l’Occidente: anche in Asia, Africa e America Latina l’impennata dei prezzi sta riducendo l’accesso ai beni di prima necessità, colpendo le fasce più vulnerabili della popolazione.
La FAO richiama nel suo rapporto due momenti emblematici della storia recente che mostrano il legame diretto tra caro-viveri e instabilità politica.
Un esempio è la cosiddetta «Primavera araba» (2010-2011): il forte aumento dei prezzi del grano e del pane, dovuto alla siccità e ai divieti di esportazione imposti dalla Russia, contribuì a scatenare proteste in Tunisia, Egitto, Libia e Siria. L’inflazione alimentare fu un fattore chiave, che si sommò al malcontento politico e sociale.
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Un ulteriore caso è quello della crisi alimentare del 2007-2008: in quel periodo, i picchi dei prezzi globali dei cereali provocarono rivolte in oltre 30 Paesi, tra cui Haiti, Bangladesh, Egitto e Mozambico, dove i beni di prima necessità divennero inaccessibili per ampie fasce della popolazione.
Gli analisti concordano sul fatto che quando «l’inflazione alimentare supera la crescita del reddito», si innesca una spirale pericolosa che può condurre a crisi sociali e politiche.
Con l’aumento dei costi dei beni di base e la perdita di potere d’acquisto, cresce la pressione sui governi, già provati da crisi energetiche, conflitti regionali e tensioni valutarie.
In breve, il mondo potrebbe trovarsi di fronte a «una nuova stagione di rivolte per il pane».
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