Alimentazione
La produzione mondiale di semi oleosi sta crollando. I cartelli della soia chiudono le strutture in Cina
Il Dipartimento dell’Agricoltura degli Stati Uniti questo mese ha emesso previsioni sul raccolto mondiale di soia di quest’anno in calo per il quarto anno consecutivo.
Il clima secco in Sud America negli ultimi due mesi ha notevolmente depresso le previsioni sui raccolti di soia e ridotto la produzione, portando i prezzi a livelli quasi record, riporta EIRN.
Si tratta, in pratica, di un blackout alimentare.
Il raccolto di soia in Brasile, Argentina e Paraguay, la cintura della soia dell’emisfero australe, era destinato a essere un record, ma ora si prevede un calo di 18 milioni di tonnellate rispetto al livello di raccolto previsto, il che comporta un calo previsto (rispetto alle previsioni originali ) del 7% in Brasile, in calo del 9% in Argentina e del 37% in Paraguay.
Si tratta, in pratica, di un blackout alimentare
La produzione di semi oleosi di tutti i tipi sta diminuendo in tutto il mondo. I prezzi al consumatore sono alle stelle per i semi oleosi di tutti i tipi.
Negli USA le associazioni dei fornai chiedono al governo di intervenire e sospendere i biocarburanti, come il diesel di soia.
In Cina, gli impianti di lavorazione del petrolio stanno temporaneamente chiudendo a causa della carenza di soia e dell’aumento dei prezzi, secondo Agricensus, una fonte del settore.
Questa settimana, i grandi produttori mondiali di soia hanno annunciato la chiusura temporanea di alcuni dei loro impianti
Questa settimana, i grandi produttori mondiali di soia hanno annunciato la chiusura temporanea di alcuni dei loro impianti, perché i loro «margini» si sono assottigliati troppo, traduzione: non realizzano profitti. È lo stesso che sta accadendo in Europa, dove i costi dell’energia stanno facendo chiudere perfino industrie strategiche.
Bunge, Louis Dreyfus Company e Cargill hanno tutti annunciato chiusure.
Secondo fonti a conoscenza della questione, gli impianti di frantumazione di Bunge situati a Tianjin hanno interrotto le operazioni per 49 giorni dal 14 febbraio al 3 aprile e gli impianti della società a Nanchino hanno emesso avvisi di chiusura per quasi un mese da fine febbraio a marzo.
Gli stabilimenti di Louis Dreyfus a Tianjin e Cargill nella provincia di Hebei interromperanno le loro attività dalla prossima settimana.
I loro «margini» si sono assottigliati troppo, traduzione: non realizzano profitti
Secondo un rapporto della società di consulenza industriale cinese Mysteel del 18 febbraio, molti impianti di frantumazione nella provincia di Guangxi hanno programma di chiudere a marzo.
Tutto questo sembra proprio un programma di deindustrializzazione alimentare portato avanti con una nuova arma, il costo delle forniture divenuto insostenibile. Ciò è possibile grazie alla psicologia dell’emergenza installata nelle menti della popolazione e dei funzionari di sistema, corrotti o meno che siano. Il COVID e anche (come già stiamo vedendo qui) la strombazzata «emergenza climatica» permetto ogni sorta di disruption economica e sociale.
Lo shock è divenuto strumento permanente di cambiamento politico autocratico.
Come riportato da Renovatio 21, molte multinazionali del settore alimentare sono coinvolte nei progetti del World Economic Forum di Klaus Schwab, dove studiano per un «Grande Reset alimentare», ovviamente con la scusa dell’ambiente.
Lo shock è divenuto strumento permanente di cambiamento politico autocratico.
La settimana scorsa abbiamo riportato il caso del prezzo dei terreni impennato come mai si è visto prima, a causa di una corsa all’acquisto che vede protagonisti investitori non-agricoli.
Come abbiamo ripetuto varie volte su questo sito, Bill Gates è già oramai da due anni il più grande proprietario terriero degli USA.
Le sue politiche agricole, a base di OGM e glifosato (del cui produttore, Monsanto, Gates è stato azionista, come lo era del concorrente Cargill) sono state testate disastrosamente in Africa. Il piano Gates riprende un’agenda precedente che era portata avanti da gruppi e fondazioni legati alla famiglia Rockefeller, che con Gates condivide una certa preoccupazione, diciamo così, per la sovrappopolazione.
È molto probabile che ora le medesime politiche alimentari verranno implementate nell’emisfero settentrionale.
A proposito, è bene leggere, e rileggere, l’importante articolo che vi dedicò Robert F. Kennedy jr., pubblicato l’anno passato da Renovatio 21: «Bill Gates e il neo-feudalesimo: uno sguardo più da vicino a Bill l’agricoltore».
È il dominio biochimico sulla vita che si sta realizzando, giorno dopo giorno, sotto i nostri occhi
Dopo aver ottenuto l’accesso al sistema sanitario mondiale – cioè a sostanze immesse nel corpo dell’umanità per via sottocutanea – Gates sta ottenendo il controllo sul sistema alimentare, cioè sulle sostanze immesse per via digerente.
C’è un salto di qualità: i farmaci si possono rifiutare, dei vaccini si può fare a meno. Del cibo no.
È il dominio biochimico sulla vita che si sta realizzando, giorno dopo giorno, sotto i nostri occhi.
Alimentazione
Un leader agricolo messicano assassinato in seguito allo sciopero nazionale
Bernardo Bravo Manríquez, presidente della principale associazione di agrumicoltori di Michoacán e membro del Fronte Nazionale per il Salvataggio della Campagna Messicana (FNRCM), il gruppo agricolo più attivo del Messico, è stato assassinato la mattina del 20 ottobre.
Bravo, alla guida degli Agrumicoltori della Valle di Apatzingán, aveva partecipato allo sciopero nazionale degli agricoltori del 14 ottobre, organizzato con successo dal FNRCM per sollecitare il governo a introdurre politiche a sostegno dell’agricoltura nazionale, minacciata da speculatori finanziari internazionali e dai loro cartelli.
Gli agrumicoltori avevano guadagnato l’attenzione nazionale gettando in strada circa due tonnellate di lime di alta qualità durante lo sciopero, permettendo alla gente di raccoglierli, per evidenziare che il prezzo pagato ai produttori per ogni chilo di lime è nettamente inferiore al costo di produzione.
Secondo Aristegui News, l’associazione di Bravo ha spiegato la partecipazione allo sciopero con la richiesta di istituire una banca per lo sviluppo agricolo con crediti agevolati e tassi bassi, per rilanciare le campagne. I coltivatori di lime hanno anche proposto concessioni idriche, protezione della filiera produttiva e prezzi equi.
Gli agricoltori hanno chiarito ai legislatori di non volere sussidi, ma misure per affrontare «le cause strutturali» della crisi che colpisce il settore, chiedendo «un solido quadro giuridico che ci protegga da speculazioni e abusi». L’articolo ha inoltre riportato che Bravo, come leader del settore, aveva denunciato estorsioni da parte di gruppi criminali organizzati e l’assenza di sicurezza per i coltivatori di lime.
A febbraio, Bravo aveva segnalato di aver ricevuto minacce, annunciando la chiusura degli uffici amministrativi della sua azienda. Nella dichiarazione rilasciata il giorno del suo assassinio, il FNRCM ha chiesto al governo di indagare sull’omicidio, ma ha anche criticato «l’indifferenza» del governo alle richieste di dialogo, che crea «condizioni di vulnerabilità per i produttori». La dichiarazione ha evidenziato l’esclusione, da parte del Segretario dell’Agricoltura Julio Berdegué, di due leader del FNRCM, Baltazar Valdez Armentía di Sinaloa e Yako Rodríguez di Chihuahua, da un incontro del 17 ottobre con i leader agricoli, nonostante l’approvazione del Ministero del Governo.
Il FNRCM ha avvertito che il governo dovrebbe collaborare con il movimento per «costruire un’alleanza con lo Stato per salvare le campagne e l’economia nazionale». Ha inoltre denunciato le pressioni del governo statunitense e delle sue entità, che cercano di «aggravare la polarizzazione sociale e l’ingovernabilità per giustificare interventi». In questo contesto, il governo non dovrebbe adottare «gesti divisivi e discriminatori contro i produttori nazionali», ha concluso il FNRCM.
È noto che i cartelli della droga abbiano anche interessi agricoli, soprattutto nel campo dell’avocado, frutto divenuto particolarmente popolare negli USA con le ultime generazioni per le sue proprietà nutritizie.
Alimentazione
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Alimentazione
Un terzo dei Paesi è afflitto da prezzi alimentari «anormalmente alti»: rischio di disordini sociali
L’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Alimentazione e l’Agricoltura (FAO) lancia l’allarme: i prezzi dei prodotti alimentari restano eccezionalmente elevati in tutto il mondo, e in molti Paesi sono aumentati fino a cinque volte rispetto ai livelli medi del decennio scorso. Un’escalation che, secondo l’agenzia delle Nazioni Unite, rischia di alimentare nuovi disordini sociali, soprattutto nei Paesi in via di sviluppo o politicamente instabili.
«Le condizioni attuali ricordano i periodi che hanno preceduto la Primavera Araba e la crisi alimentare del 2007-2008», si legge nel rapporto diffuso in questi giorni. E il messaggio è chiaro: le turbolenze globali, legate alla sicurezza alimentare, «sono tutt’altro che finite».
Un’analisi di BloombergNEF, basata sui dati FAO, evidenzia come il quadro sia il risultato di una combinazione di fattori: eventi meteorologici estremi, tensioni geopolitiche e politiche monetarie espansive. L’aumento dei prezzi di gasolio e benzina – spinti anche dai conflitti in corso e dalle restrizioni commerciali – ha fatto lievitare i costi di produzione e di trasporto dei beni agricoli.
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A questo si aggiunge il fattore monetario: l’eccessiva stampa di denaro da parte di molte economie avanzate ed emergenti durante e dopo la pandemia ha rappresentato, secondo gli analisti, il principale motore dell’inflazione globale.
Secondo la FAO, nel 2023 il 50% dei Paesi del Nord America e dell’Europa ha registrato prezzi alimentari «anormalmente elevati» rispetto alla media del periodo 2015-2019. L’organizzazione definisce «anormale» un livello di prezzo superiore di almeno una deviazione standard rispetto alla media storica per ciascuna merce e regione, spiega Bloomberg.
La tendenza, tuttavia, non riguarda solo l’Occidente: anche in Asia, Africa e America Latina l’impennata dei prezzi sta riducendo l’accesso ai beni di prima necessità, colpendo le fasce più vulnerabili della popolazione.
La FAO richiama nel suo rapporto due momenti emblematici della storia recente che mostrano il legame diretto tra caro-viveri e instabilità politica.
Un esempio è la cosiddetta «Primavera araba» (2010-2011): il forte aumento dei prezzi del grano e del pane, dovuto alla siccità e ai divieti di esportazione imposti dalla Russia, contribuì a scatenare proteste in Tunisia, Egitto, Libia e Siria. L’inflazione alimentare fu un fattore chiave, che si sommò al malcontento politico e sociale.
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Un ulteriore caso è quello della crisi alimentare del 2007-2008: in quel periodo, i picchi dei prezzi globali dei cereali provocarono rivolte in oltre 30 Paesi, tra cui Haiti, Bangladesh, Egitto e Mozambico, dove i beni di prima necessità divennero inaccessibili per ampie fasce della popolazione.
Gli analisti concordano sul fatto che quando «l’inflazione alimentare supera la crescita del reddito», si innesca una spirale pericolosa che può condurre a crisi sociali e politiche.
Con l’aumento dei costi dei beni di base e la perdita di potere d’acquisto, cresce la pressione sui governi, già provati da crisi energetiche, conflitti regionali e tensioni valutarie.
In breve, il mondo potrebbe trovarsi di fronte a «una nuova stagione di rivolte per il pane».
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