Civiltà
La Necrocultura vuole distruggere la donna
«Una mamma che educa un bambino, educa un uomo. Una mamma che educa una bambina, educa un popolo».
È un detto che circola. Qualcuno lo ritiene un proverbio indiano, qualcuno indiano d’America, qualcuno un proverbio africano.
Non ha importanza da dove provenga questa saggezza, l’importante è la sua assoluta verità.
La donna è il centro assoluto della società umana.
Di più: l’umanità stessa discende da una donna, sta scritto.
La parola «madre» pare essere comune a tutte le lingue del mondo – forse con la solita eccezione del giapponese e di poche altre.
Secondo gli studiosi, dall’indoeuropeo mether deriva la mater latina, la greca mētēr, la sanscrita mātṛ, la russo matʹ, l’antica germanica moder, l’albanese motër (“sorella”), l’armena mayr, la persiano mâdar, la sanscrita mātṛ. Se scavalchiamo la barriera indoeuropea e ci affacciamo in Cina, pure troviamo 妈妈, la māmā.
Con i derivati della madre descriviamo gli elementi fondamentali dell’essere: materia, deriva ovviamente da mater.
E la società, si diceva (in realtà, si dice ancora oggi in India, per esempio) è fondata sul matrimonio. I patrimoni vanno e vengono, e non generano nulla. Il matrimonio, fino a poco fa, invece era, più o meno, uno solo. E generava la cosa più importante: i figli.
C’è la matrice: la base fondamentale fondamentale di un sistema secondo la matematica, l’informatica. La generatrice di codici validi, autentici, funzionali.
Poi la parola donna. La donna, da cui la dama di tante lingue europee.
In molto sono certi dell’origine dal latino volgare dŏmna, che deriverebbe dal latino dŏmĭna e cioè «signora, padrona della domus», della casa. La donna e la casa sono unite in un unico concetto. Qui perfino il giapponese è d’accordo: 奥さん, okusan, è il mondo gentile con cui ci si riferisce ad una moglie o a una donna in età di maritarsi: letteralmente significa «signora all’Interno», o meglio «signora nella profondità dell’edificio».
Una casa senza donna non è una vera casa. Dal momento che la Civiltà è cominciata quando dalle caverne siamo passati a costruirci un tetto, immaginiamo l’importanza della padrona di casa.
In realtà, anche nelle caverne, qualcuno sostiene, comandava lei. L’antropologo Owen Lovejoy, un evoluzionista, sostiene che il bipedalismo – cioè l’abbandono delle quattro zampe – nell’uomo è scattato per un motivo specifico: gli australopitechi maschi con le mani libere potevano portare più cibo alle femmine che, sedentarie, stavano con i piccoli. Quindi, le femmine, già all’epoca material girls, tendevano a preferire gli uomini di postura eretta, accoppiandosi preferibilmente con essi. La teoria di Lovejoy potrebbe spiegare tantissime cose anche del nostro tempo. Se credessimo alla teoria dell’evoluzione, diremmo che ha ragione, e finalmente qualcuno che ci indica le basi biologica del SUV.
Sì, la donna è il fulcro della Civiltà umana.
Sì, la donna è il fulcro della Civiltà umana. Nessun culto l’ha spiegato come il Cattolicesimo, con la devozione mariana, incompresa o invidiata da ogni altra pseudo-religione.
Ecco perché bisogna riconoscere che la donna è, oramai da secoli, l’obbiettivo degli attacchi di chi la Civiltà umana vuole distruggerla.
Ecco perché, oggi, la donna viene degradata, deformata, cancellata.
E tutto questo fa parte di un disegno preciso.
«Nella nostra società cristiana, la donna, collo sguardo fisso in Maria, conserva nella famiglia e nella società, l’aroma della purezza – scriveva più di cento anni fa monsignor Enrico Delassus in quello che è il più grande manuale per riconoscere l’impatto l’opera massonica degli ultimi secoli nella nostra società, Il Problema dell’ora presente.
Ecco perché bisogna riconoscere che la donna è, oramai da secoli, l’obbiettivo degli attacchi di chi la Civiltà umana vuole distruggerla
Il potere della donna sul consorzio umano è immenso, riconosce monsignor Delassus: La virtù che emana da essa, circonda anche l’uomo vizioso, lo sforza a una certa ritenutezza e tante volte giunge perfino a sollevarlo dalla corruzione. La setta [cioè la massoneria, ndr] lo sa, e per questo fa di tutto per trascinare nel fango la donna».
Il libro riporta e analizza istruzioni e pensieri abissali contenuti nell’epistolario tra vari vertici della massoneria del primo Ottocento. Gli altissimi cospiratori massoni hanno nomi fantasiosi e fichissimi: Nubius, Piccolo Tigre, Volpe (le Renard), Vindice (Le vengeur).
Scrive Delassus:
«Vindice ce lo fa sapere: “Un mio amico, giorni fa, rideva filosoficamente di questi nostri progetti e diceva: Per abbattere il cattolicismo, bisogna prima sopprimere la donna. La frase è vera in un senso, ma poiché non possiamo sopprimere la donna, corrompiamola”».
Questa semplice frase spiega secoli di storia di ciò che stato inflitto alla donna, dal femminismo ai pantaloni a vita bassa, dagli steroidi anticoncezionali (chiamati, forse per pudore, «la pillola») alle gare di nuoto, o di boxe, o di corsa, vinte a man bassa dai transessuali.
Delassus aggiunge un pensiero piuttosto abissale sull’importanza di qualcosa alla quale, confessiamo, non pensiamo mai: la sparizione delle suore.
«I licei delle giovani non furono istituiti coll’intenzione di rispondere a questa parola d’ordine? Non è il medesimo pensiero che ha dettato i decreti Combes, che hanno fatto chiudere tutti gli stabilimenti tenuti dalle religiose? Le religiose, prima in iscuola, poi nelle riunioni domenicali, ispirano alle fanciulle il rispetto a se stesse, la decenza e la purità. Malgrado tutte le seduzioni e gli allettamenti, la fede e i costumi cristiani si sono mantenuti in tante famiglie per mezzo delle madri educate dalle religiose. Sparse ovunque, nelle nostre città e nei nostri villaggi, esse erano il più potente ostacolo alla grande impresa di corruzione promossa dalla setta. Essa ha deciso di farle sparire. Si è chiesto per quale aberrazione i nostri governanti aveano potuto scegliere come prime vittime queste donne così dedicate al bene, così venerate dalle popolazioni, in mezzo alle quali si trovano. Non ci fu un errore, ma un calcolo».
Non errore, calcolo. Sì.
Il mondo moderno è il calcolo della rovina della donna. La sua degradazione è programmatica, continua, inesausta.
Il mondo moderno è il calcolo della rovina della donna. La sua degradazione è programmatica, continua, inesausta
Da pura, l’hanno resa impura: pensate al fatto che non esiste più un’attrice affermata che non accetti una scena di nudo a carattere semi-pornografico, o peggio.
Da fertile l’anno resa infertile: e qui c’è il caso degli ormoni steroidei sintetici ingollati dalla quasi totalità della popolazione femminile, che, per sterilizzarlo, trasformano la psiche e il corpo delle donne, portando rischi sanitari immensi e, cosa poco nota, un inquinamento chimico devastante nei fiumi e nei mari, con tanto di pesci mutanti.
Da padrona della casa, l’hanno fatta schiava del lavoro: possiamo capire che il femminismo alla fine si riduce a questo, all’aver scollato la domina dalla domus, rendendola quindi un controsenso etimologico – la padrona della casa non è più a casa.
Da madre, l’hanno resa prostituta: eccovi l’utero in affitto, pardon, la maternità surrogata, pardon, la «gestazione per altri».
Da generatrice della vita, l’hanno resa assassina: e questo è il succo dell’aborto legale.
La storia della Necrocultura coincide con la storia di questo attacco totale alla donna. Chi vuole terminare l’essere umano, è partito cercando di trasformare la donna.
Se vuoi far cadere l’arco, parti dalla pietra angolare. E poi, per chi ci crede, c’è quella antica questione… «Io porrò inimicizia tra te e la donna, tra la tua stirpe e la sua stirpe: questa ti schiaccerà la testa
e tu le insidierai il calcagno» (Genesi 3, 15)
Rivoltiamo il detto indiano, africano, pellerossa che sia.
Chi non educa un bambino, disintegra un uomo. E chi non educa una bambina, distrugge un intero popolo.
Dobbiamo rimettere le donne al centro delle nostre case, al centro della nostra Civiltà.
Per salvare la Civiltà dobbiamo difendere, per prima cosa, le nostre donne.
Dobbiamo amarle, dobbiamo proteggerle.
Dobbiamo rimetterle al centro delle nostre case, al centro del nostro universo.
Roberto Dal Bosco
Immagine di Ninjatic via Deviantart pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-NonCommercial-NoDerivs 3.0 Unported (CC BY-NC-ND 3.0)
Civiltà
Gli Stati Uniti mettono in guardia l’Europa dalla «cancellazione della civiltà»
L’Europa rischia la «cancellazione della civiltà», in quanto i leader del continente promuovono la censura, soffocano le voci dissidenti e ignorano gli effetti dell’immigrazione incontrollata, avverte la nuova Strategia per la sicurezza nazionale diffusa dall’amministrazione del presidente statunitense Donald Trump.
Il testo, dal tono aspro e innovativo, reso pubblico venerdì, rileva che, sebbene l’Unione Europea mostri chiari segnali di stagnazione economica, è il suo deterioramento culturale e politico a costituire una minaccia ben più grave.
La strategia denuncia le scelte migratorie dell’UE, la repressione dell’opposizione, i vincoli alla libertà di espressione, il crollo della natalità e la «perdita di identità nazionali e di autostima», ammonendo che il Vecchio Continente potrebbe risultare «irriconoscibile entro 20 anni o anche meno».
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Secondo il documento, numerosi governi europei stanno «intensificando i loro sforzi lungo la traiettoria attuale», mentre Washington auspica che l’Europa «rimanga europea» e si liberi dal «soffocamento regolatorio», un’allusione evidente alle tensioni transatlantiche sulle norme digitali dell’UE, accusate di penalizzare colossi tech americani come Microsoft, Google e Meta.
Tra le priorità degli Stati Uniti figura il «coltivare la resistenza alla traiettoria odierna dell’Europa all’interno delle nazioni europee», precisa il testo.
La strategia trumpiana esalta inoltre l’emergere dei «partiti patriottici europei» come fonte di «grande ottimismo», alludendo al boom di consensi per le formazioni euroscettiche di destra che invocano restrizioni ferree ai flussi migratori in tutto il blocco.
Il documento sentenzia che «l’era delle migrazioni di massa è conclusa». Sostiene che questi flussi massicci abbiano prosciugato le risorse, alimentato la criminalità e minato la coesione sociale, con l’obiettivo americano di un ordine globale in cui gli Stati sovrani «collaborino per bloccare anziché solo gestire» i movimenti migratori.
Tale posizione si inserisce nel contesto delle spinte di Trump affinché i partner europei della NATO incrementino le spese per la difesa. In passato, il presidente aveva ventilato di non tutelare i «paesi inadempienti» in caso di aggressioni, qualora non avessero accolto le sue istanze. Durante un summit europeo all’inizio dell’anno, l’alleanza ha approvato un piano per elevare la spesa complessiva in difesa fino al 5% del PIL, superando di gran lunga la soglia del 2% a lungo stabilita dalla NATO.
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Civiltà
Da Pico all’Intelligenza Artificiale. Noi modernissimi e la nostra «potenza» tecnica
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Civiltà
Chiediamo l’abolizione degli assessorati al traffico
Renovatio 21 propone una soluzione apparentemente drastica, ma invero assai realistica, ad uno dei problemi che affligge l’uomo moderno: il traffico.
Non si parla di una questione da niente, e ci rendiamo conto che essa pertiene propriamente alla catastrofe del mondo odierno, e proprio per questo serve una modifica radicale di carattere, soprattutto, istituzionale.
Lo aveva capito il genio di Marshall McLuhan: «La strada è la fase comica dell’era meccanica (…) Il traffico è l’aspetto comico della città» (Gli Strumenti del comunicare, 1964). Il culmine comico dell’era dell’industria: la civiltà costruisce strade ed automobili per muoversi in libertà e rapidità, e si ritrova imbottigliata per ore, innervosita, massacrata da miriadi di leggi, restrizioni, multe.
Il traffico è un fenomeno generatore di caos e dolore, di isterie e sprechi – il tutto subito sulla nostra pelle, ogni singolo giorno – al quale nessuno sembra trovare soluzione, soprattutto quanti sarebbero preposti a risolverlo. Costoro sembrano invece, consapevoli o no, impegnati nell’aggravarsi del dramma.
Davanti a noi abbiamo la degradazione continua, inarrestabile della mobilità urbana. È difficile trovare qualcuno che possa dire che il traffico è migliorato, o che una soluzione azzeccata adottata su una qualche strada non sia stata poi azzerata da una scelta successiva, calata, come tutte, dall’alto, sul cittadino schiavo inerme.
Crediamo che uno dei motivi di tale regressione diacronica ed ubiqua sua l’esistenza dei cosiddetti assessorati al traffico, che si chiamano in vari modi (uffici mobilità, dipartimento dei trasporti, direzione viabilità), ma che sono tutti costruiti attorno ad uno assunto semplice: spendere un determinato budget per cambiare le strade.
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Probabilmente la questione è davvero così semplice: nell’impossibilità di non spendere l’ammontare di danaro assegnato (grande tabù per qualsiasi ente pubblico: i soldi che risparmi non generano un premio, ma una diminuzione della cifra che arriva l’anno dopo) gli assessori e i loro scherani non possono che mettere mano ovunque, con decisioni a volte incomprensibili, a volte ideologiche, e quasi sempre dannosissime.
Ecco che, perché l’assessorato deve fare qualcosa, invertono un senso unico, cagionando il disorientamento totale del cittadino automunito, che d’un tratto si trova non solo multato, ma anche al centro di un pericolo per sé e per gli altri. Ricordiamo le tecniche dei missionari: cambiare la forma del villaggio è aprire la mente dell’indigeno all’altro, qui tuttavia non c’è il Vangelo a dover essere diffuso, ma il nulla di una decisione burocratica stupida e gratuita – gratuita per modo di dire, perché anche per un’inezia del genere vi è un costo non indifferente per il contribuente.
Ecco che, perché l’assessore deve finire sui giornali, l’area viene pedonalizzata: ZTL laddove prima potevi passare per portare i figli a scuola o fermarti nel negozietto (che ne patirà, ovvio, le conseguenze). Sempre considerando che le ZTL sono da vedersi come riserve indiane degli elettori dei partiti di sinistra, gli unici che possono permettersi di vivere in centro.
Ecco che, perché l’assessore deve far carriere nel partitello con le fisime ecologiche, laddove c’erano due corsie ce ne troviamo una sola, con una, perennemente vuota, riservata ad autobus che fuori dalle ore di scuola sono oramai solo utilizzati da immigrati che con grande probabilità non pagano il biglietto e in caso potrebbero pure picchiare il controllore (succede, lo sapete). Il risultato è, giocoforza, un imbottigliamento ancora più ferale, un’eterogenesi dei fini per politica ecofascista che è, in ultima analisi, solo una mossa di PR inutile quanto oscena.
Ecco la sparizione di parcheggi gratuiti – grande segno della fine della Civiltà – così da scoraggiare, come da comandamento di Aurelio Peccei, l’uso dell’auto che produce anidride carbonica, orrenda sostanza per qualche ragione alla base della chimica organica e quindi della vita stessa, soprattutto quella umana. Chi va all’Estero – non in Giappone, ma in un Paese limitrofo come l’Austria – sogna vedendo la quantità di parcheggi sotterranei creati attorno alle cittadine, senza tanti problemi per gli scavi al punto che, con recente politica, il rampollo Porsche si è fatto il suo tunnel che lo porta da casa al centro di Salisburgo in un batter d’occhio.
Il superamento del traffico attraverso la dimensione infera è stato compreso, con la solita mistura di genio e concretezza, da Elon Musk con la sua Boring Company: se vuoi migliorare la tragedia del traffico l’unico modo di farlo è andando verso il basso, anche se sembrerebbe che il prossimo misterioso modello di Tesla, la Roadster, potrebbe poter operare verso l’alto. Noi, tuttavia, non abbiamo Elone, abbiamo gli assessori al traffico.
E poi, i capolavori – sempre trainati da ideologia verde, interessi cinesi impliciti e tagli di nastro sul giornale – della «micromobilità», con i monopattini e le bici «free-floating» rovinate, abbandonate e utilizzate, in larghissima parte, dalle masse di eleganti africani, che magari con esse si spostano con più agilità per certe loro attività, come lo spaccio di droga: massì, vuoi non pagargli, oltre che vitto-alloggio-acqua-gas elettricità-internet-telefonino-avvocato-sanità-bei vestiti alla moda anche dei mezzi di trasporto con cui, appunto, possono evitare il traffico? Tipo: un inseguimento di una gazzella della Polizia nel traffico contro un criminale in monopattino, come finisce? L’eterogenesi dei fini qui non è nemmeno comica, è tragicomica, o tragica e basta.
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Potremmo continuare con la lista. Laddove c’era una rotonda che funzionava meglio di un semaforo (ogni tanto, qualcuna la devono azzeccare, ma non dura) ecco che te la cancellano e ci mettono cordoli, fiori, pianticelle, magari perfino un monumento orrendo o una fontana lercia.
Laddove c’era una strada larga, eccotela divorata da un nuovo mega-marciapiede che non usa nessuno, se non i ciclofascisti zeloti, i quali tuttavia divengono presto vittime della follia viabilitaria, con sensi unici e corsie di trenta centimentri anche per i velocipedi.
Laddove c’era una strada dritta che in 50-100 metri ti portava allo snodo, loro, per farti arrivare al medesimo punto, ti costruiscono una deviazione di mezzo chilometro che ti manda sotto un supermercato, un tribunale, una palestra, una pizzeria, appartamenti di lusso e uffici pubblici – insomma un bel progetto di complessone che qualcuno deve aver costruito e in qualche modo venduto, con tutti incuranti del fatto che se all’esame di urbanistica all’Università proponevi una cosa del genere venivi bocciato seduta stante.
Laddove devono costruire una tangenziale, magari con decenni di ritardo, ti rendi conto che si dimenticano di fare le uscite nei comuni che attraversa e ci fanno l’immissione con uno stop invece di una corsia di accelerazione, con il risultato che entri a 0 km/h in una strada dove da sinistra ti arriva uno che viaggia ufficialmente a 70-90 km/h, che poi divengono sempre 100-120 km/h se non, nel caso del tizio con l’Audi in leasing, cinque vaccini e chissà cos’altro in corpo, perfino di più.
E non parliamo dei casi di corruzione che saltano fuori in quegli uffici – dove ci sono appalti, ci sono mazzette, uno pensa. Ma non è nemmeno questo il punto: nel disastro, gli effetti della malizia possono essere indistinguibili da quelli dell’ebetudine conclamata dei soggetti e del sistema.
È difficile, davvero, trovare qualcosa di positivo in quello che fanno quanti sono politicamente preposti al miglioramento della mobilità – cioè dell’esistenza – dei cittadini. Il motivo, lo ripetiamo, è strutturale: gli assessorati sono macchine strutturate per modificare, cioè complicare, le cose. In pratica, sono l’essenza stessa della burocrazia, con effetti fisici però immediati e devastanti.
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La soluzione a tutto questo potrebbe essere davvero facile-facile: abolizione completa degli assessorati al traffico. Con essa, si perderebbe l’incentivo strutturale a cambiare sempre e comunque tutto, e a valutare con più responsabilità le innovazioni.
Immaginiamo che se la viabilità fosse fra le mansioni dirette del sindaco, cioè se la responsabilità fosse la sua, le decisioni sulla mobilità sarebbero più dosate e sensate, perché esposte al popolo con il quale il primo cittadino ha certo un rapporto più diretto, nonché mediato dal voto, passato e soprattutto futuro.
È una proposta che non sappiamo se sia già stata fatta. Certo si possono valutare cose anche più radicali: come la punizione per quanti complicano e distruggono la viabilità delle nostre città. Lo sappiamo, è la mancanza di castigo che crea aberrazioni ed orrori, con la devastazione di tanta parte d’Italia dovuta a questo principio di irresponsabilità della casta politico-burocratica.
La realtà è che, per ottenere qualcosa, il cittadino sincero-democratico automunito deve arrabbiarsi molto di più. Non basta ringhiare al bar, o imprecare dentro l’abitacolo, magari pure, a certe latitudini, suonando il clacsone. Non serve alimentare un sistema che, alla fine, continua a produrre assessori al traffico, e traffico.
No, serve davvero di più. Perché l’auto è davvero un mezzo di libertà, e aggiungiamo, di vita – l’auto è uno strumento della famiglia. Chi vuole togliervela – come quelli di Davos, le cui idee percolano poi giù giù fino al vostro assessorino – odia la vita, odia voi e i vostri figli.
Chiedere l’abolizione degli assessorati al traffico ci sembra il minimo che possiamo fare se vogliamo sul serio lottare per la Civiltà.
Roberto Dal Bosco
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