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La Moldavia vieta l’ingresso a Goran Bregovic: ha posizioni filorusse
Al musicista e compositore serbo Goran Bregovic è stato vietato l’ingresso in Moldavia a causa delle sue opinioni filo-russe, ha annunciato il capo del Ministero degli affari interni del paese Adrian Efros.
Bregovic e la sua band avrebbero dovuto suonare domenica all’annuale Gustar Festival, ma la polizia di frontiera moldava all’aeroporto internazionale di Chisinau gli ha negato l’ingresso nel Paese.
Le autorità moldava hanno citato una «analisi del rischio» nonché «informazioni» ottenute dai servizi di Intelligence e sicurezza e «partner internazionali» – che a quanto pare si occupano anche di musicanti – come motivo della decisione.
La notizia ha suscitato indignazione da parte del Ministero degli Affari Esteri della Serbia, che ha chiesto spiegazioni per il divieto, affermando che «non corrisponde alle tradizionali relazioni amichevoli tra Serbia e Moldavia».
Lunedì il ministro Efros ha spiegato durante una riunione del governo che Bregovic era presente nell’elenco nazionale delle persone indesiderabili dal 2022 a causa del suo presunto sostegno alla Russia. Il musicista serbo è esibito in Crimea dopo che questa ha votato per l’adesione alla Russia, e a Mosca dopo lo scoppio delle ostilità tra Russia e Ucraina lo scorso anno.
«Dopo l’inizio della guerra in Ucraina, Bregovic ha dimostrato opinioni filo-russe», ha detto il ministro, aggiungendo che c’erano anche «altri motivi per il divieto di ingresso nel territorio della Moldavia», che sono stati presi in considerazione dalla sicurezza autorità.
Efros ha anche affermato che non era chiaro se Bregovic fosse a conoscenza del suo status indesiderabile in Moldavia, ma ha affermato che gli organizzatori del Gustar Festival, che avevano invitato il musicista a esibirsi, erano stati informati del suo divieto.
Lo stesso Bregovic ha risposto al bando affermando di essere deluso dalla decisione delle autorità moldave e ha sottolineato di aver fatto in precedenza «molti tour con molti musicisti in tutta Europa e non ha mai avuto difficoltà da nessuna parte».
Anche l’ex presidente moldavo e leader del Partito socialista di opposizione Igor Dodon ha reagito al divieto affermando che l’attuale leader pro-UE del paese Maia Sandu era personalmente responsabile del divieto.
Sotto la guida della Sandu, il governo moldavo è diventato sempre più critico nei confronti della Russia e ha represso i sentimenti filo-russi all’interno del paese, bandendo di recente il partito Sor, che le autorità hanno accusato di essere uno strumento degli «oligarchi».
Come riportato da Renovatio 21, la Sandu ha accusato Mosca di complottare per rovesciare il suo governo e destabilizzare la situazione in Moldavia. Mosca ha respinto con veemenza tali affermazioni.
Vari canali TV sono stati bloccati in Moldavia, russi o considerati «filorussi».
Bregovic, divenuto famoso in Italia a seguito di alcuni film del regista conterraneo Emir Kusturica, ha capeggiato alcune stagioni in cui la musica balcanica ha invaso festival e radio italiane, provocando i versi della canzone di denuncia «Concerto del Primo Maggio» di Elio e le storia Tese, dove si immagina un’edizione dell’evento musicale organizzato dai sindacati a cui «all’improvviso parte una canzone tipo Bregovic»: «La musica balcanica / ha rotto i coglioni / è bella e tutto quanto / ma alla lunga / rompe i coglioni / certo ne avrei tutt’altra opinione / se fossi un balcanico / se fossi un balcone / ma siccome non sono croato / né un balcone balcano / io non capisco perché tutti quanti continuano insistentemente a suonare questa musica di merda».
Potrebbe essere, invece che una trama geopolitica, vi sia il fatto che la musica balcanica ha stufato anche appena fuori dai Balcani?
Immagine di Вени Марковски via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 3.0 Unported (CC BY 3.0)
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Nuova serie gay sui militari americani: il Pentagono contro Netflix
Il Pentagono ha accusato Netflix di produrre «spazzatura woke» per una sua nuova serie incentrata su un marine gay. La serie ha debuttato durante la campagna del presidente Donald Trump e del Segretario alla Guerra Pete Hegseth per eliminare la «cultura woke» dall’esercito.
Kingsley Wilson, portavoce del dipartimento della Guerra, ha dichiarato a Entertainment Weekly che il Pentagono non appoggia «l’agenda ideologica» di Netflix. L’esercito americano «non scenderà a compromessi sui nostri standard, a differenza di Netflix, la cui leadership produce e fornisce costantemente spazzatura woke al proprio pubblico e ai bambini», ha detto Kingsley, sottolineando che il Pentagono si concentra sul «ripristino dell’etica del guerriero».
«I nostri standard generali sono elitari, uniformi e neutrali rispetto al sesso, perché al peso di uno zaino o di un essere umano non importa se sei un uomo, una donna, gay o eterosessuale», ha aggiunto la portavoce.
Lo Hegseth ha introdotto nuovi requisiti fisici «di livello maschile» per affrontare situazioni di «vita o morte» in battaglia, affermando: «Gli standard devono essere uniformi, neutri rispetto al genere ed elevati. Altrimenti, non sono standard» criticando approcci alternativi che «fanno uccidere i nostri figli e le nostre figlie». A febbraio, il Segretario alla Guerra ha definito il motto «la diversità è la nostra forza» come il «più stupido» nella storia militare.
Il Pentagono lotta da anni con carenze di reclutamento, registrando nel 2023 un deficit di 15.000 unità, il peggiore dalla fine della leva obbligatoria nel 1973. I repubblicani attribuiscono il problema all’eccessiva enfasi sulla diversità a scapito della preparazione militare, come evidenziato da un rapporto del 2021 che criticava la Marina per aver prioritizzato la «consapevolezza» rispetto alla vittoria in guerra.
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Immagine di pubblico dominio CC0 via Wikimedia
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Da Nasser a Sting e i Police: il mistero di Miles Copeland, musicista e spia della CIA
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Amazon Prime Video rimuove tutte le armi e le Bond Girls dai poster dei film di 007. Poi ci ripensa
La piattaforma streaming di Amazon Prime Video ha recentemente rimosso tutte le armi e le Bond girl dalle locandine dei film di James Bond. Poi nelle ultime ore, sembra aver ripristinato la versione originale.
L’amata serie di pellicole di spionaggio 007, dove le pistole giuocavano un ruolo grafico sin dalle locandine, si trova ancora sotto il tallone della cultura woke, e quindi della censura e dell’orwelliana cancellazione della storia.
È ridicolo, e antistorico, vedere il comandante Bond a braccia conserte senza la sua arma (che è variata, dagli anni, da una Walther PPK a una Beretta forse di modello 418 o 950) impugnata disinvoltamente – un elemento che è parte fondamentale dello stesso personaggio, elegante e pericoloso, come il mondo in cui la spy-story promette di immergere lo spettatore.
Amazon had digitally removed all of the guns from James Bond movie art.
Next … they will probably eliminate any scenes from the movies with guns.
Ridiculous. pic.twitter.com/PdMgKIKY2e
— Wall Street Mav (@WallStreetMav) October 3, 2025
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In particolare, tutte le armi sembravano essere state rimosse da immagini già note, tra cui un ritratto di Sean Connery con una pistola Walther PPK tra le braccia incrociate, utilizzato come foto pubblicitaria per la pellicola Dr. No e ora esposto alla National Portrait Gallery di Londra. Un poster teaser ampiamente visto per il film Spectre con Daniel Craig è stato apparentemente modificato per eliminare la pistola che tiene al fianco (sebbene la fondina ascellare indossata da Craig sia ancora visibile).
Un ritocco simile sembrava essere stato effettuato su un’immagine pubblicitaria di Roger Moore in Agente 007 Vivi e lascia morire, in cui Moore impugna una .44 Magnum, un allontanamento dalla tradizione di Bond di pistole relativamente piccole.
Le immagini modificate digitalmente dei poster originali dei film sono un insulto agli artisti che le hanno create e ai fan che le hanno guardate negli ultimi 63 anni – oltre che all’idea stessa che sta alla base del racconto di James Bond.
Notice in these Amazon #JamesBond digital posters they’ve removed all the guns and given awkward poses?
Welcome to a world where promoting James Bond 007 needs to be done without his sidearm. pic.twitter.com/3NGkxXShcn
— Chris (@GelNerd) October 2, 2025
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L’establishment progressista cerca di cancellare le armi dall’immaginario cinematografico classico, mentre il transgenderismo e i temi satanici vengono promossi in film e cartoni pensati per bambini.
Notizia delle ultime ore, Amazon si averci ripensato: dopo il pubblico clamore, le pistole sono tornate sulle locandine.
La mossa era arrivata dopo che Amazon ha acquisito i diritti del film acquistando gli studi MGM per un miliardo di dollari all’inizio di quest’anno e si appresta a lanciare un nuovo film diretto da Denis Villeneuve (il regista di The Arrival, Blade Runner 2049, e del recente, noiosissimo, Dune), scritto e diretto da Steven Knight, il cui nuovo attore di Bond deve ancora essere annunciato.
In passato si è speculato sull’arrivo di un Bond negro (si è fatto il nome del divo anglo-nigeriano Idris Elba) o di una Bonda. In realtà, una potente anticipazione era nell’ultimo film No Time to Die con Daniel Craig – la cui scelta come protagonista della serie, una ventina di anni fa, fu contestata da un gruppo di fan: è biondo – dove saltava fuori una agente MI6 nera e statuaria (tipo Grace Jones, per intenderci), seduttiva e letale anche più del Bond stesso.
No Time to Die sconvolse gli aficionados perché mostrava un atto incomprensibile per chi conosce la saga: la morte di James Bond, un fatto narratologicamente, archetipicamente inconcepibile, in quanto il tema profondo della serie è, senza dubbio alcuno, il mito dell’eroe invincibile.
La castrazione del carattere di 007 era presente nei film dell’era Craig anche in precedenza: il filosofo ratzingeriano coreano Byung-chul Han nel suo saggio La società della stanchezza indicava la stranezza di vedere in Skyfall (2012) un James Bond affaticato e depresso, con traumi psicanalitici che riemergono.
Il codice «007» è in realtà un riferimento preciso che il romanziere (e vero agente segreto) britannico Ian Fleming faceva agli intrecci tra l’occultismo e la storia di Albione, in particolare nel momento in cui Londra si separò dalla Chiesa cattolica e cioè dall’Europa.
Il primo «oo7» fu infatti John Dee (1527-1608), matematico, geografo, alchimista, astrologo, astronomo ed occultista inglese che organizzo i servizi segreti britannici nella sua visione di un nuovo mondo fatto di colonie dell’«Impero britannico», un’espressione che alcuni dicono sia stata coniata proprio da lui stesso.
Nei messaggi cifrati riservati alla regina Elisabetta I Dee apponeva la sigla «007» in cui gli zeri erano due occhi, il sette un numero fortunato.
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