Economia
La guerra in Ucraina interrompe la fornitura di componenti per le case automobilistiche tedesche

Il settore automobilistico dell’industria tedesca è pesantemente colpito dal crollo legato alla guerra delle parti di fabbricazione ucraina.
L’industria automotive sta registrando una carenza di materiali su una scala senza precedenti – per esempio i cablaggi, forniti dall’Ucraina – e in parte anche una carenza di materie prime rare come il neon.
Sebbene quest’ultimo divario possa ancora sembrare in qualche modo colmabile, l’interruzione in corso nella fornitura di cablaggi sta portando a una minaccia unica per l’intera filiera automobilistica tedesca.
Le previsioni di crescita per l’intera economia sono già state drasticamente ridotte. I cablaggi dall’Ucraina sono attualmente indispensabili per la produzione automobilistica tedesca.
La situazione è molto più esplosiva rispetto all’anno precedente, quando l’aumento delle strozzature nell’approvvigionamento dall’Asia per i chip di memoria, anch’essi strategicamente importanti, ha portato a interruzioni temporanee della produzione e persino a chiusure temporanee di impianti e riduzione dell’orario di lavoro.
Tuttavia, in quei casi si trattava solo di strozzature nell’approvvigionamento, non di guasti totali dell’approvvigionamento, come sta diventando evidente nel caso dei cablaggi dall’Ucraina, scrive EIRN.
Questo fallimento totale imminente colpisce la sostanza del settore, perché i cablaggi non sono prodotti standard, ma specifici del produttore e del modello, realizzati su misura in base alle esigenze del cliente.
Inoltre, i cablaggi non possono essere adattati a posteriori: se non disponibili, le automobili non possono essere costruite e l’intera filiera si ferma.
Secondo i sondaggi, le fonti di approvvigionamento alternative non sono aperte a nessun produttore tedesco a breve termine. Anche se i cablaggi potessero essere fabbricati al di fuori dell’Ucraina, le capacità non sarebbero sufficienti.
Secondo i rapporti, l’industria automobilistica tedesca nel suo insieme si procura l’80% dei suoi cablaggi dall’Ucraina, con i singoli produttori che si riforniscono fino al 100%. Il motivo: negli ultimi anni, l’intera produzione di cablaggi è stata ritirata dal Nord Africa e trasferita in Ucraina a causa della bassa retribuzione oraria di circa 2 € in media.
Una ricollocazione regionale a breve termine è fuori questione.
L’industria delle auto tedesche ha risentito, negli anni pandemici, della carenza di chip. Auto e camion hanno qualcosa come 100 moduli elettronici distinti e ogni modulo ha più chip. Si sostiene quindi che una macchina moderna possa avere 3000 chip.
Come riportato da Renovatio 21, il grande produttore di microchip è Taiwan, di cui ogni giorno si valuta la possibilità di invasione da parte della Repubblica Popolare Cinese, forse incoraggiata o forse scoraggiata, dai fatti ucraini e dalla percepita debolezza americana.
I chip, come sanno i nostri lettori, necessitano di materie prime come il palladio e il neon, che provengono in gran parte da Russia e Ucraina.
Di conseguenza, la guerra diminuirà ulteriormente il volume dei chip, che diminuirà il mercato dell’auto, con i grandi marchi costretti, semmai, a vendere auto meno evolute di quelle degli anni precedenti.
Bel paradosso, la regressione tecnologica. Ringraziamo in coro la globalizzazione, e la miope demenza dei vertici occidentali attuali.
Economia
Il debito francese è un pericolo per tutta l’Eurozona

Il crescente debito sovrano della Francia, unito alle lotte politiche interne, potrebbe minacciare la stabilità fiscale dell’Eurozona. Lo riporta l’emittente pubblica tedesca Deutsche Welle, citando un esperto.
La Francia ha uno dei debiti nazionali più elevati dell’UE, attualmente pari a 3,35 trilioni di euro (3,9 trilioni di dollari), pari a circa il 113% del PIL. Si prevede che il rapporto salirà al 125% entro il 2030. Il deficit di bilancio è previsto al 5,4-5,8% quest’anno, ben al di sopra del limite del 3% previsto dall’Unione.
Friedrich Heinemann del Centro Leibniz per la Ricerca Economica Europea ZEW di Mannheim, in Germania, ha dichiarato alla testata in un articolo pubblicato sabato: «dovremmo essere preoccupati. L’eurozona non è stabile in questo momento».
Un drastico piano di austerità proposto dal primo ministro francese François Bayrou, membro del governo di minoranza, ha innescato un voto di sfiducia, che ha perso lunedì sera, portando al collasso il governo francese.
Il piano del Bayrou prevedeva tagli ai posti di lavoro nel settore pubblico, una riduzione della spesa sociale e la soppressione di due festività. Il Rassemblement National di Marina Le Pen, i Socialisti e il partito di sinistra La France Insoumise si sono opposti con veemenza alla proposta.
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Anche un sondaggio Elabe condotto prima del voto ha mostrato che la maggior parte degli intervistati era contraria alle misure.
Lo Heinemann ha dichiarato a DW di dubitare che la Francia troverà presto una via d’uscita, visti gli aspri scontri politici.
A luglio, Bloomberg, citando gli esperti di ING Groep NV, ha affermato in modo analogo che il crescente debito della Francia potrebbe rappresentare una «bomba a orologeria» per la stabilità finanziaria dell’UE.
Nonostante il considerevole deficit di bilancio, la Francia prevede di aumentare la spesa militare a 64 miliardi di euro nel 2027, il doppio di quanto speso nel 2017.
Il presidente Emmanuel Macron ha ripetutamente citato una presunta minaccia russa. Il Cremlino ha costantemente liquidato le accuse come «assurdità», accusando l’UE di una rapida militarizzazione.
A maggio, gli Stati membri hanno approvato un programma di debito da 150 miliardi di euro per l’approvvigionamento di armi.
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Immagine di Philippe Druesne via Flickr pubblicata su licenza CC BY-NC-ND 2.0
Economia
Trump porge il ramoscello d’ulivo a Musk. Cui Tesla prepara un possibile pagamento da un trilione

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Economia
La Turchia interrompe totalmente gli scambi commerciali con Israele

La Turchia ha interrotto tutti i legami commerciali ed economici con Israele, chiudendo il suo spazio aereo ad alcuni voli israeliani, ha annunciato il Ministro degli Esteri Hakan Fidan. I due Paesi sono in conflitto da mesi a causa della campagna militare israeliana a Gaza, con la Turchia che accusa il Paese di aver commesso un genocidio.
In un discorso al parlamento nazionale di venerdì, il Fidan ha affermato che la Turchia ha «completamente interrotto i nostri scambi commerciali con Israele» e «chiuso i nostri porti alle navi israeliane».
«Non permettiamo alle navi portacontainers che trasportano armi e munizioni verso Israele di entrare nei nostri porti e agli aerei di entrare nel nostro spazio aereo», ha aggiunto il ministro di Ankara, affermando che alle navi battenti bandiera turca è vietato fare scalo nei porti israeliani e che alle imbarcazioni israeliane è vietato entrare nei porti turchi.
Come riportato da Renovatio 21, la guerra commerciale con Israele era partita un anno fa con la sospensione degli scambi.
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Una fonte diplomatica turca ha dichiarato all’agenzia Reuters che le restrizioni ai voli riguardano solo i voli ufficiali israeliani e gli aerei con armi o munizioni, non il transito di routine dei vettori commerciali.
L’agenzia ha inoltre riferito che le autorità portuali turche stanno ora richiedendo informalmente agli agenti marittimi di attestare che le navi non sono collegate a Israele e non trasportano carichi militari o pericolosi diretti nel Paese.
Tuttavia, un funzionario israeliano ha dichiarato al Jerusalem Post che la Turchia aveva «già annunciato in passato la rottura delle relazioni economiche con Israele, e che tali relazioni sono continuate», riferendosi apparentemente alla sospensione delle importazioni ed esportazioni da parte di Ankara a maggio.
I commenti del ministro sono l’ultimo segnale del deterioramento delle relazioni tra Turchia e Israele, rese ancora più tese dalla guerra a Gaza. La Turchia, unendosi agli altri Paesi che hanno portato il caso al tribunale dell’Aia, ha accusato Israele di aver commesso un genocidio a Gaza. Il presidente Recep Tayyip Erdogan in precedenza aveva definito il primo ministro Benjamin Netanyahu «il macellaio di Gaza», suggerendo a un certo punto – in una reductio ad Hitlerum che è andata in crescendo, con contagio internazionale – che la portata dei suoi crimini di guerra superasse quelli commessi dal cancelliere della Germania nazionalsocialista Adolfo Hitlerro.
Nel 2023 la Turchia ha richiamato il suo ambasciatore da Israele e nel 2024 ha interrotto tutti i rapporti diplomatici. Mesi fa Ankara aveva dichiarato che Israele costituisce una «minaccia per la pace in Siria». Erdogan ha più volte chiesto un’alleanza dei Paesi islamici contro Israele.
Come riportato da Renovatio 21, in settimana i turchi hanno guidato gli sforzi per far sospendere Israele all’Assemblea generale ONU. L’anno scorso il presidente turco aveva dichiarato che le Nazioni Unite dovrebbero consentire l’uso della forza contro lo Stato degli ebrei.
Un anno fa Erdogan aveva ventilato l’ipotesi che la Turchia potesse invadere Israele.
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Immagine di Rob Schleiffert via Flickr pubblicata su licenza CC BY-NC 4.0
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