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Geopolitica

La Francia usa i «cavalli di Troia» per destabilizzare il Niger, dice il ministro degli interni

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La Francia sta utilizzando metodi subdoli per tentare di destabilizzare il Niger, ha affermato il ministro degli Interni, della Pubblica Sicurezza e dell’amministrazione territoriale del paese dell’Africa occidentale, generale Mohamed Toumba.

 

Il funzionario ha fatto queste affermazioni in un’intervista alla televisione nazionale sabato, ha riferito la Nigerien News Agency. Toumba ha accusato l’ex potenza coloniale di essersi alleata con i vicini del Niger per indebolire il paese, che è stato afflitto da anni da una mortale insurrezione jihadista.

 

«Dobbiamo essere doppiamente vigili per contenere la situazione», ha avvertito, sostenendo che la Francia usa «cavalli di Troia».

 

Le dichiarazioni del capo della sicurezza sono le ultime di una serie di accuse che Niamey ha rivolto a Parigi negli ultimi mesi. Il mese scorso, il leader di transizione nigerino, il generale Abdourahamane Tchiani, ha accusato la Francia di voler causare instabilità nel paese senza sbocco sul mare e nella regione del Sahel finanziando gruppi terroristici nella vicina Nigeria e Benin.

 

Le relazioni tra Niger e Francia si sono deteriorate dal colpo di stato di Niamey del luglio 2023, che ha scatenato proteste anti-francesi in tutto il paese. L’ex colonia francese ha seguito l’esempio dei suoi alleati, Burkina Faso e Mali, interrompendo i legami di difesa con Parigi. I tre paesi, tutti governati da militari, hanno citato l’ingerenza della Francia e il fallimento nel porre fine alla violenza militante decennale nel Sahel come ragioni per l’espulsione delle truppe francesi.

 

Niamey, Bamako e Ouagadougou hanno accolto la Russia come partner strategico e hanno firmato accordi di sicurezza con Mosca.

Martedì, il ministro della Difesa nigerino Salifou Mody ha annunciato che Bamako, Niamey e Ouagadougou si stavano preparando a schierare una «forza unita» di 5.000 truppe nelle zone di conflitto nella regione del Sahel. Intervenendo a una riunione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, il rappresentante russo ONU Vassilij Nebenzia ha espresso il sostegno di Mosca allo spiegamento.

 

Nebenzia ha criticato le ex potenze coloniali per aver mantenuto una posizione militare nella regione con il pretesto di combattere il terrorismo, nonostante la loro presenza «non sia più gradita».

All’inizio di questo mese, il presidente francese Emmanuel Macron ha criticato gli Stati del Sahel per non aver ringraziato la Francia per averli protetti da un assalto militante. Ha affermato che nessuna delle nazioni africane che la Francia avrebbe presumibilmente assistito durante la sua operazione militare del 2013 sarebbe stata in grado di resistere agli attacchi di gruppi estremisti senza supporto.

 

Sabato, il ministro della Sicurezza del Niger ha dichiarato che la cooperazione militare con la Francia «ha finito per creare desolazione» nel Paese africano.

 

«Queste forze non hanno dato garanzie di sicurezza. Questi attori si sono permessi tutto. Hanno usato sotterfugi per evitare di reagire», ha affermato il generale Toumba.

 

Come riportato da Renovatio 21, due anni fa il Mali aveva accusato i francesi di doppio gioco, cioè – disse il primo ministro Maiga, di addestrare e sostenere gli stessi terroristi che diceva di voler combattere nella regione.

 

Un’ONG russa all’epoca dichiarò che i media francesi stavano lavorando per coprire i crimini militari di Parigi nel Paese africano.

 

A fine 2023 il Mali erano riuscito a riconquistare la città settentrionale di Kidal, che era in gran parte sotto il controllo dei separatisti di etnia tuaregga, che i funzionari hanno accusato di aver destabilizzato la regione.

 

Come riportato da Renovatio 21, l’anno passato fa l’antica città maliana di Timbuctù, detta anche «la perla del Sahel» e sito designato come patrimonio dell’umanità UNESCO, sarebbe caduta nelle mani del Gruppo di sostegno dell’Islam e dei musulmani (JNIM), sigla terrorista legata ad Al Qaeda.

 

Immagine di pubblico dominio CC0 via Wikimedia

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Geopolitica

Charlie Kirk una volta si era chiesto se se l’Ucraina avrebbe cercato di ucciderlo

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L’attivista conservatore Charlie Kirk, ucciso in un attentato, aveva dichiarato di essere minacciato di morte ogni giorno per le sue posizioni critiche, in particolare contro il sostegno finanziario degli Stati Uniti al conflitto ucraino. Si dice che almeno una minaccia di omicidio, attribuita a un portavoce ucraino, potrebbe essere stata diretta personalmente a lui.

 

Nel 2023, il Centro per il contrasto alla disinformazione di Kiev ha accusato Kirk di promuovere la «propaganda russa». Nel 2024, un sito ucraino aveva incluso Kirk e la sua organizzazione, Turning Point USA, in una lista nera comprendente 386 individui e 76 gruppi americani contrari al finanziamento dell’Ucraina.

 

Il transessuale americano Sarah Ashton-Cirillo, già responsabile della comunicazione in lingua inglese per le Forze di Difesa Territoriali ucraine, aveva dichiarato di voler «dare la caccia» a quelli che aveva definito «propagandisti del Cremlino», annunciando un imminente attacco contro una figura vicina al presidente russo Vladimir Putin.

 

Aveva in seguito minacciato anche giornalisti americani, e dichiarato che «i russi non sono esseri umani».

 

 


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«Proveranno a uccidere Steve Bannon, Tucker Carlson o forse me?» si era chiesto Kirk, citando altre note figure conservatrici dei media americani.

 

«Noi non siamo burattini di Putin né propagandisti russi, eppure il New York Times ci etichetta così, Twitter ci etichetta così», aveva affermato Kirk nel suo programma. «E quella persona, finanziata dal Tesoro degli Stati Uniti, dichiara: vi troveremo e vi uccideremo».

 

La questione se il governo degli Stati Uniti stesse finanziando Ashton-Cirillo è diventata oggetto di dibattito pubblico dopo che la sua dichiarazione è diventata virale, interessando anche l’allora senatore dell’Ohio JD Vance, oggi vicepresidente USA. Il transessuale statunitense fu quindi prontamente rimosso dalle forze armate ucraine.

 

Kirk è stato un critico costante dello Zelens’kyj, descrivendolo come «un bambino ingrato e capriccioso», un «go-go dancer» che non merita nemmeno un dollaro delle tasse americane e «un burattino della CIA che ha guidato il suo popolo verso un massacro inutile».

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Immagine di Gage Skidmore via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 4.0 International 

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Geopolitica

Mosca critica Israele per l’attacco al Qatar

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La Russia ha condannato l’attacco israeliano alla capitale del Qatar, Doha, definendolo una palese violazione del diritto internazionale e della Carta delle Nazioni Unite, affermando che l’attacco mina gli sforzi per raggiungere un accordo pacifico tra Israele e Hamas, ha affermato mercoledì il Ministero degli Esteri di Mosca.   Martedì Israele ha colpito un edificio residenziale a Doha in un’operazione che ha coinvolto circa 15 aerei da guerra e almeno dieci missili. Il raid, che avrebbe causato la morte di diversi membri di Hamas, tra cui il figlio dell’alto funzionario Khalil al-Hayya, aveva come obiettivo quello di eliminare l’ala politica del gruppo, secondo le IDF.   Hamas ha affermato che i suoi vertici sono sopravvissuti a quello che ha definito un tentativo di assassinio dei negoziatori coinvolti nei colloqui per un accordo.   Il ministero degli Esteri russo ha affermato che l’attacco al Qatar, «un Paese che svolge un ruolo chiave di mediazione nei colloqui indiretti tra Hamas e Israele per porre fine alla guerra di Gaza, che dura da quasi due anni, e garantire il rilascio degli ostaggi», non può che essere visto come un tentativo di indebolire gli sforzi di pace internazionali. Mosca ha esortato tutte le parti ad agire responsabilmente e ad astenersi da azioni che potrebbero aggravare ulteriormente il conflitto.

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Mosca ha ribadito la sua posizione, chiedendo un «cessate il fuoco immediato a Gaza» e sollecitando una risoluzione globale della questione palestinese. Il Ministero degli Esteri russo ha affermato che «tali metodi di lotta contro coloro che Israele considera suoi nemici e oppositori meritano la più ferma condanna».   Il Qatar, che ospita funzionari di Hamas nell’ambito dei suoi sforzi di mediazione, ha affermato che tra le sei persone uccise nell’attacco c’era anche un agente di sicurezza locale.   Il primo ministro del Qatar, lo sceicco Mohammed bin Abdulrahman al-Thani, ha condannato l’attacco definendolo un atto di «terrorismo di Stato» e ha avvertito che il suo Paese si riserva il diritto di rispondere. Ha accusato il suo omologo israeliano Benjamin Netanyahu di minare la stabilità regionale e ha affermato che l’incidente ha vanificato gli sforzi di mediazione promossi dagli Stati Uniti.   Israele, che incolpa Hamas per il mortale attacco dell’ottobre 2023 nel sud di Israele, ha promesso di dare la caccia ai leader del gruppo «ovunque si trovino».   Le autorità di Gaza affermano che gli attacchi sferrati da Israele dal 7 ottobre 2023 hanno causato la morte di almeno 64.000 persone. Gli osservatori per i diritti umani hanno accusato Israele di aver commesso un genocidio rendendo l’enclave inabitabile e peggiorando le condizioni di carestia attraverso restrizioni agli aiuti.   Il rapporto tra Russia e Qatar, nato negli anni ’90 da interessi energetici condivisi, è un’alleanza pragmatica tra giganti del gas, con Mosca che vede Doha come partner contro la dominanza USA nel mercato globale. Collaborano in forum come OPEC+ e BRICS+, con scambi per miliardi in LNG e armamenti.  
Il 29 novembre 2011, l’ambasciatore russo in Qatar, Vladimir Titorenko, sarebbe stato aggredito dagli ufficiali di sicurezza e doganali dell’aeroporto del Qatar quando si è rifiutato di sottoporsi alla scansione della sua valigia in aeroporto.
  Le relazioni si inasprirono il 7 febbraio 2012, quando, secondo quanto riferito, dopo che un diplomatico del Qatar aveva avvertito la Russia di perdere il sostegno della Lega Araba in merito all’imminente risoluzione sulla rivolta siriana, a cui Russia e Cina avevano poi posto il veto, la risposta arrivò dura dall’ambasciatore russo all’ONU Vitaly Churkin, che affermò: “Se mi parli in questo modo, oggi non ci sarà nessun Qatar” e si vantò della superiorità militare russa sul Qatar. In seguito, la Russia negò tutte queste accuse.     Il culmine si era avuto nel 2004: l’autobomba che uccise Zelimkhan Yandarbiyev, ex presidente ceceno in esilio a Doha. La Russia negò coinvolgimento, ma due agenti FSB furono arrestati; uno morì in custodia, l’altro estradato. Il Qatar condannò l’attentato come «terrorismo di Stato», sospendendo legami per mesi, ma pragmatismo prevalse: accordi energetici ripresero presto.   Oggi, nonostante frizioni, il sodalizio resiste, bilanciato da interessi economici.

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Geopolitica

«Li prenderemo la prossima volta» Israele non esclude un altro attacco al Qatar

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Israele è determinato a uccidere i leader di Hamas ovunque risiedano e continuerà i suoi sforzi finché non saranno tutti morti, ha dichiarato martedì a Fox News l’ambasciatore israeliano negli Stati Uniti Yechiel Leiter.

 

In precedenza, attacchi aerei israeliani hanno colpito un edificio residenziale a Doha, in Qatar, prendendo di mira alti esponenti dell’ala politica di Hamas. Il gruppo ha affermato che i suoi funzionari sono sopravvissuti, mentre l’attacco è stato criticato dalla Casa Bianca e condannato dal Qatar.

 

«Se non li abbiamo presi questa volta, li prenderemo la prossima volta», ha detto il Leiter.

 

L’ambasciatore ha descritto Hamas come «nemico della civiltà occidentale» e ha sostenuto che le azioni di Israele stavano rimodellando il Medio Oriente in modi che gli Stati «moderati» comprendevano e apprezzavano. «In questo momento, potremmo essere oggetto di qualche critica. Se ne faranno una ragione», ha detto riferendosi ai Paesi arabi.

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Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha affermato che, sebbene smantellare Hamas sia un obiettivo legittimo, colpire un alleato degli Stati Uniti mina gli interessi sia americani che israeliani.

 

Leiter ha osservato che Israele «non ha mai avuto un amico migliore alla Casa Bianca» e che Washington e lo Stato Ebraico sono rimaste unite nel perseguire la distruzione del gruppo militante.

 

Il Qatar, che ospita funzionari di Hamas nell’ambito del suo ruolo di mediatore, ha dichiarato che tra le sei persone uccise nell’attacco israeliano c’era anche un agente di sicurezza del Qatar.

 

L’emiro del Qatar, lo sceicco Tamim bin Hamad al-Thani, ha denunciato l’attacco come un «crimine atroce» e un «atto di aggressione», mentre il ministero degli Esteri di Doha ha accusato Israele di «terrorismo di Stato».

 

Israele ha promesso di dare la caccia ai leader di Hamas, ritenuti responsabili del mortale attacco dell’ottobre 2023, lanciato da Gaza verso il sud di Israele. L’ambasciatore ha giurato che i responsabili «non sopravviveranno», ovunque si trovino.

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