La Francia si rende conto un po’ in ritardo che gli jihadisti che hanno compiuto attentati sul suo territorio, nonché gli altri che ne stanno preparando di nuovi, hanno il sostegno di Stati stranieri, alleati militari all’interno della NATO. Il rifiuto di trarne le conseguenze in politica estera rende poco efficace il progetto di legge per contrastare l’islamismo.
Geopolitica
La Francia e il jihadismo dell’alleato turco
Renovatio 21 pubblica questo articolo di Réseau Voltaire. Le opinioni degli articoli pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21
Per contrastare la strumentalizzazione politica della fede mussulmana il presidente Emmanuel Macron e il governo di Jean Castex hanno redatto un disegno di legge, ora in discussione in parlamento.
La Francia si rende conto un po’ in ritardo che gli jihadisti che hanno compiuto attentati sul suo territorio, nonché gli altri che ne stanno preparando di nuovi, hanno il sostegno di Stati stranieri, alleati militari all’interno della NATO
Il testo si articola attorno a quattro idee forti, tra cui il divieto di finanziamento delle associazioni di culto da parte di Stati stranieri. Tutti sono consapevoli che ci si riferisce agli Stati a capo dell’islamismo, ma nessuno osa nominarli: Turchia e Qatar, telecomandati da Regno Unito e Stati Uniti. Combattere l’islamismo in Francia implica infatti molte e pesanti conseguenze in politica estera. Nessun partito osa affrontare il problema, vanificando così l’impegno profuso nella battaglia.
La Francia ha già affrontato con atteggiamento esitante l’islamismo della metà degli anni Novanta, quando Regno Unito e Stati Uniti sostenevano in Algeria gli jihadisti che si opponevano all’influenza francese. Londra offrì anche asilo politico a questi «democratici» che combattevano un regime militare. L’allora ministro dell’Interno, Charles Pasqua, si lanciò in una prova di forza che lo indusse a far abbattere i membri di un commando del Gruppo Islamico Armato (GIA), che avevano dirottato un aereo dell’Air France, nonché a espellere il capo della sede CIA di Parigi (peraltro coinvolto in una vicenda di spionaggio economico). La questione fu così regolata per i successivi vent’anni.
La Direzione Generale della Sicurezza Interna (DGSI) ha ispirato un dossier, pubblicato sul Journal du Dimanche del 7 febbraio 2021, su come «Erdoğan infiltra la Francia». Si noti che il giornale non chiama in causa la Turchia, ma soltanto il presidente Erdoğan. Lo stesso, almeno per ora, per Qatar, Regno Unito e Stati Uniti, che non vengono citati. In particolare, il settimanale accusa la Millî Görüş, senza dire che fu la milizia del presidente Necmettin Erbakan e che il presidente Erdoğan ne fu a capo. Infine, omette di affrontare il presunto ruolo avuto dai servizi segreti turchi negli attentati del 13 novembre 2015 (Bataclan).
Tutti sono consapevoli che ci si riferisce agli Stati a capo dell’islamismo, ma nessuno osa nominarli: Turchia e Qatar, telecomandati da Regno Unito e Stati Uniti. Combattere l’islamismo in Francia implica infatti molte e pesanti conseguenze in politica estera
È questo il tema che affronterò, rettificando parecchi pregiudizi.
Islam: fede e politica
Maometto fu un profeta, ma al tempo stesso un capo militare e un principe. L’islam da lui fondato era un particolare rito del cristianesimo (1), ma anche la formulazione della sua politica nei confronti delle tribù della penisola arabica, nonché l’insieme di norme giuridiche da lui promulgate. Alla sua morte nessuno fu capace di distinguere l’eredità spirituale dall’azione politica e militare. I suoi successori politici (in arabo «califfi») ne ereditarono anche l’autorità religiosa, sebbene non avessero preparazione teologica e, in alcuni casi, addirittura non credessero in Dio.
Oggi i mussulmani che vivono in Europa vorrebbero sceverare questo islam per conservarne solo il versante spirituale e abbandonare gli aspetti inattuali, in particolare la Sharia. Il presidente Erdoğan – che aspira a essere ufficialmente riconosciuto il 29 ottobre 2023 (centenario della Repubblica turca) Califfo dei mussulmani – cerca in tutti i modi di opporsi.
Oggi i mussulmani che vivono in Europa vorrebbero sceverare questo islam per conservarne solo il versante spirituale e abbandonare gli aspetti inattuali, in particolare la Sharia. Il presidente Erdoğan – che aspira a essere ufficialmente riconosciuto il 29 ottobre 2023 (centenario della Repubblica turca) Califfo dei mussulmani – cerca in tutti i modi di opporsi
Si tratta di uno scontro fra due civiltà. Non tra la cultura europea e quella turca, ma tra la civiltà contemporanea e una civiltà scomparsa da oltre un secolo.
Erdoğan: un teppista diventato presidente
Il presidente Erdoğan non è un politico come gli altri. Ha iniziato la carriera come teppista che faceva a cazzotti nelle strade della capitale. È entrato in politica negli anni Settanta, aderendo a una milizia islamista, l’Akıncılar, per unirsi poi alla milizia creata nel 1997, alla caduta del primo ministro Necmettin Erbakan, la Millî Görüş. Quest’organizzazione di sicari era finanziata dall’Iraq del presidente Saddam Hussein e controllata dal Grande Maestro dell’Ordine sufi dei Naqshbandi, generale Ezzat Ibrahim al-Douri, futuro vicepresidente iracheno.
L’anglo-tunisino Rashid Ghannushi, una delle grandi figure della Fratellanza Mussulmana, ha dichiarato: «Nel mondo arabo della mia generazione, quando le persone parlavano del movimento islamico, parlavano di Erbakan. Quando parlavano di Erbakan lo facevano al modo in cui parlavano di Hasan al-Banna e di Sayyid Qutb». Così, benché il movimento islamista sia diviso organizzativamente tra Fratellanza Mussulmana da un lato e Naqshbandi dall’altro, questi movimenti formano senza alcun dubbio una sola e unica ideologia.
Erdogan oggi è il leader sia della Fratellanza Mussulmana (radicata in Medio Oriente Allargato e in Europa) sia dei Naqshbandi (radicati soprattutto in Bosnia Erzegovina, nel Daghestan russo, in Asia del Sud e nello Xinjiang cinese)
Ed è a nome della Millî Görüş che Erdoğan ha svolto un ruolo efficace nelle guerre in Afghanistan, a fianco di Gulbuddin Hekmatyar, e nelle guerre in Cecenia, a fianco di Chamil Nassaïev. Divenuto presidente, durante la guerra della NATO in Siria s’è imposto in quanto capo di questa corrente. Oggi è il leader sia della Fratellanza Mussulmana (radicata in Medio Oriente Allargato e in Europa) sia dei Naqshbandi (radicati soprattutto in Bosnia Erzegovina, nel Daghestan russo, in Asia del Sud e nello Xinjiang cinese).
Le reti islamiste
La trasformazione dell’Ordine dei Naqshbandi e la creazione della Fratellanza Mussulmana sul modello della Grande Loggia Unita d’Inghilterra sono state pilotate dal Regno Unito, nel contesto del «Grande Gioco», che opponeva l’Impero britannico all’Impero russo, e della conquista coloniale del Sudan. Ancora oggi l’MI6 controlla direttamente entrambe le organizzazioni. I finanziatori si avvicendano (dapprima Arabia Saudita, poi Qatar e Turchia) ma non chi impartisce gli ordini.
Anteriormente alla prima guerra mondiale i britannici utilizzarono l’università al-Azhar del Cairo per unificare il mondo mussulmano attorno a un’unica versione del Corano (all’epoca erano una quarantina). Bisognava eliminare i passaggi utilizzati dalla crudele setta sudanese del Mahdi contro l’Impero britannico. Il Grande imam di al-Ahzar fu mandato a convertire i mussulmani sudanesi al «vero» islam recentemente nato.
La Confraternita Mussulmana nella sua forma originaria fu fondata dall’egiziano Hasan al-Banna. Fu immaginata come prolungamento dell’investimento britannico nell’islam. La Fratellanza fu poi organizzata in altra forma direttamente dall’MI6, dopo la seconda guerra mondiale, e successivamente all’esecuzione di Hasan al-Banna, gli Stati Uniti v’introdussero prontamente un intellettuale massone, nonché ateo, Sayyid Qutb, che si convertì all’islam, da lui concepito come arma per conquistare il potere. Creò un’ideologia binaria (noi e loro, ciò che è vietato e ciò che è autorizzato) e predicò la jihad.
La Fratellanza Musulmana fu poi organizzata in altra forma direttamente dall’MI6, dopo la seconda guerra mondiale, e successivamente all’esecuzione di Hasan al-Banna, gli Stati Uniti v’introdussero prontamente un intellettuale massone, nonché ateo, Sayyid Qutb, che si convertì all’islam, da lui concepito come arma per conquistare il potere
Sotto il controllo dei britannici e con il finanziamento dell’Arabia Saudita (Lega Islamica Mondiale), la Fratellanza si estese progressivamente a tutta la regione che oggi chiamiamo il Medio Oriente Allargato. Conquistarono il potere in Pakistan, consentendo così alla CIA di fare guerra ai sovietici in Afghanistan. Si trasformarono poi in un vero e proprio esercito e combatterono in Bosnia-Erzegovina a fianco del Pentagono. Oggi sono presenti in molti conflitti, in particolare in Sahel, Siria, Iraq, Yemen e Afghanistan (2).
Anche l’Iran di Ruhollah Khomeini si fonda su una concezione politica dell’islam. L’ayatollah incontrò Hasan al-Banna al Cairo, non già per associarglisi, ma per spartirsi con lui il mondo mussulmano. L’attuale Guida della Rivoluzione, Ali Khamenei, ha tradotto due libri di Sayyid Qutb, che dice di ammirare; invita sistematicamente i Fratelli Mussulmani ai congressi sull’islam, ma, in privato, le due correnti non perdono occasione di sparlare l’una dell’altra. Tra loro si è stabilita una sorta di pace armata.
Gli europei in generale e i francesi in particolare cominciano solo ora a interessarsi all’islam politico, che non riescono a distinguere dalla spiritualità mussulmana, a dispetto dei lavori di Louis Massignon.
La Turchia e la NATO
Ritorniamo alla Turchia. Gli Stati Uniti l’hanno ammessa nella NATO perché confinante con l’Unione Sovietica. Durante la guerra di Corea, gli americani poterono apprezzare il valore dei soldati turchi, grazie ai quali evitarono una vergognosa sconfitta. Sono gli americani che hanno organizzato una migrazione in Germania Ovest di cittadini turchi, a scopo lavorativo, al fine di consolidare la popolazione in campo atlantista dei tedeschi. Inoltre, dato che i turchi kurdi avevano creato il PKK con l’aiuto dei sovietici, le autorità di occupazione USA in Germania avrebbero potuto sorvegliarli direttamente.
Sono gli americani che hanno organizzato una migrazione in Germania Ovest di cittadini turchi, a scopo lavorativo, al fine di consolidare la popolazione in campo atlantista dei tedeschi
Dopo la caduta dell’Unione Sovietica, la pressione degli Stati Uniti s’è allentata. I lavoratori turchi hanno cominciato a passare dalla Germania Ovest ad altri Paesi frontalieri, tra cui la Francia.
Durante la guerra fredda, gli Stati Uniti istallarono il quartier generale europeo della Fratellanza Mussulmana prima a Monaco di Baviera poi a Ginevra, attorno a Saïd Ramadan (marito della figlia di Hasan al-Banna e padre di Tariq e Hanni Ramadan). Dopo ogni colpo di Stato fallito in Medio Oriente, la NATO fa concedere dalla Germania o dalla Francia l’asilo politico ai Fratelli Mussulmani. Sicché questi due Paesi hanno storicamente nutrito i nemici al proprio seno. Charles Pasqua fu il primo a opporsi a quest’alleanza d’imbroglioni. I dossier a suo tempo accumulati dall’intelligence francese sono stati recentemente riordinati da Jean-Loup Izambert (3).
Con la svolta islamista imposta da Erdoğan alla Turchia, l’Agenzia per gli Affari Religiosi (Diyanet) ha considerevolmente aumentato l’influenza sulla diaspora. Ha moltiplicato il numero degli imam e si è appoggiata alla Millî Görüş, nonché, più recentemente, ai Lupi Grigi (altra milizia turca, anch’essa legata alla NATO, ora vietata in Francia). (4)
Dopo ogni colpo di Stato fallito in Medio Oriente, la NATO fa concedere dalla Germania o dalla Francia l’asilo politico ai Fratelli Mussulmani. Sicché questi due Paesi hanno storicamente nutrito i nemici al proprio seno
Erdoğan e gli attentati del 2015 e 2016 a Parigi e Bruxelles
Le inchieste sugli attentati di Parigi-Saint Denis e di Bruxelles-Zaventem del 2015 e 2016 hanno stabilito che non sono state azioni isolate. Secondo gl’inquirenti francesi e belgi, si è trattato di operazioni di tipo militare. La domanda è: quale esercito li ha organizzati?
Gl’inquirenti hanno dimostrato che i due gruppi erano fra loro strettamente collegati. Gli ordini sono stati perciò impartiti da un’unica fonte.
Quattro giorni prima degli attentati di Bruxelles-Zaventem, il presidente Erdoğan ha esplicitamente minacciato l’Unione Europea in generale e il Belgio in particolare, preannunciando un attentato (5). E all’indomani di questo bagno di sangue, la stampa turca favorevole al presidente non ha nascosto il proprio entusiasmo. (6)
Quattro giorni prima degli attentati di Bruxelles-Zaventem, il presidente Erdoğan ha esplicitamente minacciato l’Unione Europea in generale e il Belgio in particolare, preannunciando un attentato. E all’indomani di questo bagno di sangue, la stampa turca favorevole al presidente non ha nascosto il proprio entusiasmo
Non ci sono quindi dubbi che il presidente turco abbia auspicato anche gli attentati di Parigi-Saint Denis, poiché riteneva che la Francia avesse tradito gl’impegni presi a favore della Turchia in Siria (7).
Come sempre, l’unico jihadista riconosciuto come componente del commando di Parigi e di Bruxelles (Mohammed Abrini, «l’uomo dal cappello») è stato identificato come informatore dei servizi segreti britannici (8).
Direste «finanziamento di jihadisti che operano sul territorio francese»?
Thierry Meyssan
Come sempre, l’unico jihadista riconosciuto come componente del commando di Parigi e di Bruxelles (Mohammed Abrini, «l’uomo dal cappello») è stato identificato come informatore dei servizi segreti britannici
NOTE
(1) Fu presentato così quando gli Omayyadi arrivarono a Damasco, prima che il Corano fosse messo in forma scritta.
(2) Si veda la storia mondiale dei Fratelli Mussulmani in sei parti, di Thierry Meyssan, Rete Voltaire, 21 giugno 2019.
(3) 56— tome I : L’État français complice de groupes criminels, 56 — tome II : Mensonges et crimes d’État, IS édition (2015 et 2017).
(4) «In Francia i Lupi Grigi cercano di organizzare pogrom anti-armeni», «La Francia sta per mettere fuorilegge i Lupi Grigi», Rete Voltaire, 2 e 3 novembre 2020.
(5) «Erdoğan minaccia l’Unione Europea», di Recep Tayyip Erdoğan, Traduzione Matzu Yagi, Rete Voltaire, 18 marzo 2016.
(6) «La Turquie revendique le bain de sang de Bruxelles», par Savvas Kalèndéridès, Traduction Christian Haccuria, Réseau Voltaire, 24 mars 2016.
(7) «Il movente degli attentati di Parigi e di Bruxelles», di Thierry Meyssan, Traduzione Matzu Yagi, Megachip-Globalist (Italia) , Rete Voltaire, 28 marzo 2016.
(8) «First Isis supergrass helps UK terror police», Tom Harper, The Times, June 26th, 2016. « Terror suspect dubbed “the man in the hat” after Paris and Brussels attacks becomes British police’s first ISIS Supergrass», Anthony Joseph, Daily Mail, June 26th, 2016.
Articolo ripubblicato su licenza Creative Commons CC BY-NC-ND
Fonte: «La Francia e lo jihadismo dell’alleato turco», di Thierry Meyssan, Réseau Voltaire, 9 febbraio 2021
Renovatio 21 offre questa traduzione per dare una informazione a 360º. Ricordiamo che non tutto ciò che viene pubblicato sul sito di Renovatio 21 corrisponde alle nostre posizioni.
Geopolitica
Gli europei sotto shock per la strategia di sicurezza nazionale degli Stati Uniti per il 2025
I leader europei e i media dell’establishment sono in preda al panico dopo la diffusione, sul portale ufficiale della Casa Bianca, della «Strategia per la sicurezza nazionale degli Stati Uniti d’America 2025» (NSS).
A terrorizzare Bruxelles e dintorni è l’impegno esplicito del governo USA a privilegiare «Coltivare la resistenza all’attuale traiettoria dell’Europa all’interno delle nazioni europee», descritta in termini aspri ma realistici. Il report si scaglia in particolare contro l’approccio dell’UE alla Russia.
L’NSS ammonisce che il Vecchio Continente rischia la «cancellazione della civiltà» se non invertirà la rotta imposta dall’Unione Europea e da altre entità sovranazionali. La «mancanza di fiducia in se stessa» del Continente emerge con evidenza nelle interazioni con Mosca. Gli alleati europei detengono un netto primato in termini di hard power rispetto alla Russia in quasi tutti i campi, salvo l’arsenale nucleare.
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Dopo l’invasione russa in Ucraina, i rapporti europei con Mosca sono drasticamente deteriorati e numerosi europei vedono nella Federazione Russa una minaccia esistenziale. Gestire le relazioni transatlantiche con la Russia esigerà un impegno diplomatico massiccio da Washington, sia per reinstaurare un equilibrio strategico in Eurasia sia per scongiurare frizioni tra Mosca e gli Stati europei.
«È un interesse fondamentale degli Stati Uniti negoziare una rapida cessazione delle ostilità in Ucraina, al fine di stabilizzare le economie europee, prevenire un’escalation o un’espansione indesiderata della guerra e ristabilire la stabilità strategica con la Russia, nonché per consentire la ricostruzione post-ostilità dell’Ucraina, consentendole di sopravvivere come Stato vitale».
Il conflitto ucraino ha paradossalmente accresciuto la vulnerabilità esterna dell’Europa, specie della Germania. Oggi, le multinazionali chimiche tedesche stanno erigendo in Cina alcuni dei più imponenti complessi di raffinazione globale, sfruttando gas russo che non possono più procurarsi sul suolo patrio.
L’esecutivo Trump si scontra con i burocrati europei che coltivano illusioni irrealistiche sul prosieguo della guerra, appollaiati su coalizioni parlamentari fragili, molte delle quali calpestano i pilastri della democrazia per imbavagliare i dissidenti. Una vasta maggioranza di europei anela alla pace, ma tale aspirazione non si riflette nelle scelte politiche, in gran parte ostacolate dal sabotaggio dei meccanismi democratici perpetrato da quegli stessi governi. Per quanto allarmati siano i continentali, l’establishment britannico lo è ancor di più.
Ruth Deyermond, docente al dipartimento di Studi della Guerra del King’s College London e specialista in dinamiche USA-Russia, ha commentato su X che il testo segna «l’enorme cambiamento nella politica statunitense nei confronti della Russia, visibile nella nuova Strategia per la Sicurezza Nazionale – il più grande cambiamento dal crollo dell’URSS». Mosca appare citata appena dieci volte nel corposo documento, nota Deyermond, e prevalentemente per evidenziare le fragilità europee.
In un passaggio esemplare, il report afferma che «questa mancanza di fiducia in se stessa è più evidente nelle relazioni dell’Europa con la Russia». «L’assenza della Russia dalla Strategia di Sicurezza Nazionale 2025 appare davvero strana, sia perché la Russia è ovviamente uno degli stati che hanno l’impatto più significativo sulla stabilità globale al momento, sia perché l’amministrazione è così chiaramente interessata alla Russia (…) Non è solo la mancanza di riferimenti alla Russia a essere sorprendente, è il fatto che la Russia non venga mai menzionata come avversario o minaccia» scrive l’accademica.«La mancanza di discussione sulla Russia, nonostante la sua importanza per la sicurezza e l’ordine internazionale e la sua… importanza per l’amministrazione Trump, fa sembrare che stiano semplicemente aspettando di poter parlare in modo più positivo delle relazioni in futuro».
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La parte dedicata al dossier ucraino – che allude al fatto che «l’amministrazione Trump si trova in contrasto con i politici europei che nutrono aspettative irrealistiche per la guerra» – pare quasi redatta dal Cremlino. L’incipit della Deyermond è lapidario: «Se qualcuno in Europa si aggrappa ancora all’idea che l’amministrazione Trump non sia inamovibile filo-russa e ostile alle istituzioni e ai valori occidentali, dovrebbe leggere la Strategia per la Sicurezza Nazionale del 2025 e ripensarci».
Il NSS dedica scarsa attenzione alla NATO, se non per insistere sulla cessazione della sua espansione indefinita, ma stando ad un articolo Reuters del 5 dicembre, Washington intende che l’Europa rilevi entro il 2027 la gran parte delle competenze di difesa convenzionale dell’Alleanza, dall’intelligence ai missili. Questa scadenza «irrealistica» è stata illustrata questa settimana a diplomatici europei a Washington dal team del Pentagono incaricato della politica atlantica, secondo cinque fonti «a conoscenza della discussione».
Nel corso dell’incontro, i vertici del Dipartimento della Difesa avrebbero espresso insoddisfazione per i passi avanti europei nel potenziare le proprie dotazioni difensive dopo l’«invasione estesa» russa in Ucraina del 2022. Gli esponenti USA hanno avvisato i loro omologhi che, in caso di mancato rispetto del termine del 2027, gli Stati Uniti potrebbero sospendere la propria adesione a certi meccanismi di coordinamento difensivo NATO, hanno riferito le fonti. Le capacità convenzionali comprendono asset non nucleari, da truppe ad armamenti, e i funzionari non hanno chiarito come misurare i progressi europei nell’assunzione della quota preponderante del carico, precisa Reuters.
Non è dato sapere se il limite temporale del 2027 rifletta la linea ufficiale dell’amministrazione Trump o meri orientamenti di singoli addetti del Pentagono. Diversi rappresentanti europei hanno replicato che un tale orizzonte non è fattibile, a prescindere dai criteri di valutazione di Washington, dal momento che il Vecchio Continente necessita di risorse finanziarie aggiuntive e di una volontà politica più marcata per rimpiazzare alcune dotazioni americane nel breve periodo.
Tra le difficoltà, i partner NATO affrontano slittamenti nella fabbricazione degli equipaggiamenti che intendono acquisire. Sebbene i funzionari USA abbiano sollecitato l’Europa a procacciarsi più hardware di produzione statunitense, taluni dei sistemi difensivi e armi made in USA più cruciali imporrebbero anni per la consegna, anche se commissionati oggi.
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Geopolitica
Orban: l’UE pianifica la guerra con la Russia entro il 2030
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Geopolitica
Scontri lungo il confine tra Thailandia e Cambogia
Lunedì la Thailandia ha condotto raid aerei in Cambogia, mentre i due vicini del Sud-est asiatico si attribuivano reciprocamente la responsabilità di aver infranto la tregua negoziata dagli Stati Uniti.
A luglio, una controversia confinaria protrattasi per oltre cinquant’anni è sfociata in scontri armati tra i due Stati. Il presidente USA Donald Trump, tuttavia, era riuscito a imporre un cessate il fuoco dopo cinque giorni di ostilità.
L’esercito thailandese ha riferito che i nuovi episodi di violenza sono emersi domenica, accusando le unità cambogiane di aver sparato contro i soldati di Bangkok nella provincia orientale di Ubon Ratchathani. Un militare thailandese è caduto, mentre altri quattro hanno riportato ferite; in seguito, ulteriori truppe thailandesi sono state bersagliate da artiglieria e droni presso la base di Anupong, ha precisato lo Stato Maggiore.
Massive explosion on the Cambodian side of the Cambodia Thailand border from an F-16 airstrike from Thailand
🇹🇭🇰🇭‼️‼️‼️‼️‼️‼️‼️‼️‼️‼️‼️‼️‼️ pic.twitter.com/R8W7KtQtjv
— WW3 Monitor (@WW3_Monitor) December 8, 2025
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Il portavoce della Royal Thai Air Force, il maresciallo dell’aria Jackkrit Thammavichai, ha comunicato in tarda mattinata di lunedì che i jet F-16 sono stati impiegati per «ridurre le capacità militari della Cambogia al livello minimo necessario per salvaguardare la sicurezza nazionale e proteggere i civili». Il portavoce del ministero della Difesa cambogiano, il tenente generale Maly Socheata, ha replicato domenica sera sostenendo che le truppe thailandesi hanno sferrato vari assalti contro le postazioni di Phnom Penh, utilizzando armi leggere, mortai e carri armati.
«Anche la parte thailandese ha accusato falsamente la Cambogia senza alcun fondamento, nonostante le forze cambogiane non abbiano reagito», ha dichiarato. Il dicastero ha altresì smentito le denunce thailandesi su un potenziamento delle truppe lungo il confine.
La contesa territoriale affonda le radici nell’epoca coloniale, quando la Francia – che dominò la Cambogia fino al 1953 – delimitò i confini tra i due paesi. Gli scontri di luglio provocarono decine di vittime e oltre 200.000 sfollati da ambo le parti.
Come riportato da Renovatio 21, la Thailandia aveva sospeso la «pace di Trump» quattro settimane fa.
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