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Gender

La federazione del nuoto crea la categoria «open» per i transessuali che non possono gareggiare contro le donne

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World Aquatics, l’ente sportivo internazionale per gli sport acquatici precedentemente noto come FINA, ha creato una «categoria aperta» per i nuotatori transessuali, continuando a consentire tuttavia agli uomini di competere contro le donne, sia pur con alcune restrizioni.

 

Il 16 agosto, World Aquatics ha annunciato di aver creato una «categoria aperta» per i nuotatori che dichiarano di essere «transgender» e non soddisfano le normative attuali per competere contro le donne.

 

«Questo progetto pilota pionieristico evidenzia l’impegno costante dell’organizzazione verso l’inclusività», si legge in un comunicato di World Aquatics.

 

La categoria di nuoto transessualista farà il suo debutto all’evento World Aquatics Swimming World Cup 2023 a Berlino, in programma dal 6 all’8 ottobre. Tuttavia, nonostante l’arrivo della categoria open, gli uomini transgender possono ancora competere contro le donne secondo i regolamenti dell’ente natatorio internazionale.

 

Secondo le linee guida pubblicate il 5 luglio, gli uomini possono competere contro nuotatrici se non hanno attraversato la pubertà maschile o se l’hanno “soppressa a partire dal 2° stadio di Tanner o prima dei 12 anni». La scala di Tanner (nota anche come stadi di Tanner o valutazione della maturità sessuale, SMR) è una scala di sviluppo fisico nel momento in cui i bambini passano all’adolescenza e poi all’età adulta.

 

I nuotatori maschi che desiderano competere contro donne devono quindi anche «mantenere costantemente i loro livelli di testosterone nel siero (o nel plasma) al di sotto di 2,5 nmol/L».

 

World Aquatics afferma inoltre di «respingere la presunzione che il sesso maschile conferisca un vantaggio atletico e scoraggia il continuo affidamento al testosterone come base esclusiva per l’ammissibilità per la categoria femminile».

 

«La classificazione degli atleti in base al sesso è necessaria per raggiungere gli obiettivi della FINA per le atlete di nuoto e per la categoria delle competizioni femminili», afferma l’ex FINA, che vuole chiarire che non desidera limitare «inutilmente la partecipazione di atleti di genere diverso».

 

Come ricorda Lifesitenews, che ha contattato l’ente senza ottenere risposta, negli ultimi mesi, molte atlete si sono espresse contro la possibilità che uomini biologici che affermino di essere donne competano contro donne e costringano le donne a condividere con loro lo spogliatoio.

 

A luglio, Paula Scanlan, una sopravvissuta ad una violenza sessuale e atleta che nuotava nella stessa squadra del maschio con confusione di genere William «Lia» Thomas, ha  testimoniato  davanti al Congresso degli Stati Uniti che lei e le altre nuotatrici erano state costrette a cambiarsi davanti all’atleta maschio 18 volte a settimana mentre l’università cercava di «rieducare» le donne nel tentativo di abbassare le inibizioni nel condividere lo spogliatoio con un uomo e nello spogliarsi di fronte a lui.

 

Thomas ha fatto notizia a livello nazionale quando l’anno scorso gli è stato permesso di competere nella squadra di nuoto femminile dell’Università della Pennsylvania, dopo aver rappresentato la squadra maschile nelle tre stagioni precedenti.

 

Com’era prevedibile, Thomas passò dall’essere uno dei nuotatori maschi con il punteggio più basso del Paese a un’atleta femminile superiore alla media, vincendo persino il campionato nazionale di 500 iarde nello stile libero.

 

Mentre la National Collegiate Athletics Association (NCAA) continua a difendere il permesso a Thomas di vincere premi femminili, molte delle donne costrette a nuotare con lui si sono fatte avanti per condannare l’istituzione.

 

La nuotatrice NCAA Riley Gaines, un’altra ex compagna di squadra del Thomas è stata la prima a parlare in difesa delle donne, rischiando in alcuni casi il linciaggio da parte di orde transessualiste scatenate.

 

Nel marzo 2022, il Thomas aveva nuotato contro la Gaines nell’evento dei 200 metri, pareggiando con lei per il quinto posto. Durante il successivo servizio fotografico dei vincitori, i funzionari hanno fatto posare Gaines con il trofeo del sesto posto mentre Thomas ha posato con il trofeo del quinto posto. La NCAA alla fine ha spedito un trofeo a Gaines.

 

A luglio, la Gaines ha accusato la NCAA per aver nominato Thomas come donna dell’anno NCAA: «è una presa in giro. Questo è ciò in cui si è trasformata tutta questa faccenda, qualcosa a cui noi atlete abbiamo dedicato tutta la nostra vita. È qualcosa di cui la gente ride. È un insulto. È incredibilmente scoraggiante. E francamente è sbagliato».

 

Altre nuotatrici e atlete si sono lamentate della partecipazione di Thomas all’evento. La nuotatrice della Virginia Tech Réka György ha dichiarato  alla NCAA in una lettera che ogni «evento in cui hanno gareggiato gli atleti transgender era un posto sottratto alle donne biologiche».

 

Una lettera  inviata da ex olimpionici e allenatori dell’Università dell’Arizona dopo che Thomas vinse le 500 iarde stile libero chiedeva anche alla NCAA di proteggere gli sport femminili.

 

Ad agosto, la British Rowing, ente per il canottaggio, ha annunciato che proibirà ai maschi biologici che dichiarano di essere donne di competere contro donne e potenzialmente di vincere i loro premi.

 

Di recente la federazione mondiale del nuoto (FINA) così come la Federazione Mondiale di Atletica leggera (IAFF) hanno stabilito che non possono accedere alle gare femminili individui che hanno passato la pubertà come maschi.

 

Come scritto da Renovatio 21, la regola non farà altro che aumentare il numeri di ragazzini che assumono i bloccanti della crescita sessuale, che di fatto coincidono con i farmaci che si danno agli stupratori per praticare la castrazione chimica.

 

Come riportato da Renovatio 21, la settimana scorsa il record nazionale e mondiale di sollevamento pesi nella categoria femminile è stato assegnato ad un maschio biologico ad una competizione nel Canada occidentale.

 

 

 

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Religioso canadese arrestato per essersi rifiutato di scrivere delle scuse al bibliotecario della «Drag Queen Story Hour»

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Un pastore protestante canadese è stato arrestato per essersi rifiutato di scusarsi con una bibliotecaria che aveva organizzato un’ora di racconti drag queen per bambini. Lo riporta LifeSite.

 

Nel pomeriggio del 3 dicembre, la polizia di Calgary ha arrestato il pastore cristiano Derek Reimer per essersi rifiutato di ottemperare a un’ordinanza del tribunale che gli imponeva di scrivere delle scuse formali al direttore della biblioteca pubblica di Calgary, da lui criticato per aver promosso un’ora di racconti drag queen per bambini nel 2023.

 

«Sapete perché lo state arrestando? Non si pentirà delle sue convinzioni», ha chiesto alla polizia un giornalista canadese indipendente con lo pseudonimo di Dacey Media durante l’arresto.

 

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All’arresto erano presenti il ​​pastore Artur Pawlowski – già noto per le sue azioni di disobbedienza in pandemia – e il figlio di Reimer. I video dell’arresto sono rapidamente circolati sui social media, con molti attivisti canadesi che lo hanno condannato, in quanto considerato un attacco ai valori cristiani e pro-famiglia.

 

Al momento dell’arresto, Reimer stava scontando un anno di arresti domiciliari, contro i quali aveva già presentato ricorso e si è presentato in tribunale per discutere le condizioni della sua condanna. Nel 2023, l’avvocato di Reimer, Andrew MacKenzie, della Mission 7 Ministries, ha presentato ricorso contro la condanna a un anno di arresti domiciliari e due anni di libertà vigilata inflitta al pastore prima di Natale per aver protestato contro un evento «drag queen story hour» rivolto ai bambini presso la Saddletown Library di Calgary nella primavera del 2023. Gli avvocati del governo avevano cercato di condannare Reimer al carcere per la sua protesta contro il piano di indottrinamento omotransessualista.

 

Reimer aveva chiesto a Shannon Slater, la direttrice della biblioteca, perché la biblioteca stesse organizzando un evento del genere. Non avendo ricevuto risposta, Slater disse a Reimer di andarsene.

 

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Tuttavia, Reimer aveva pubblicato la sua interazione con Slater sui social media. Gli era stato ordinato di scrivere una lettera di scuse a Slater, che doveva essere consegnata entro la fine della settimana scorsa. Reimer ha dichiarato ai media locali che non avrebbe consegnato la lettera, poiché per «dispiacere» bisogna «ammettere la colpa», ovvero «aver sbagliato», sottolineando come questo equivalga ad ammettere di aver commesso un «errore» e che questo è ciò che significa «chiedere scusa».

 

Reimer ha anche sottolineato di aver detto alla corte di aver «fatto leva sulla mia libertà di coscienza, su uno studio approfondito e sulla mia comprensione di essa, unita alla libertà di espressione e di religione», e che «ciò ha spiegato e stabilito che devi esprimere alla corte le tue profonde opinioni religiose sul perché questa è una violazione della tua coscienza e perché non puoi farlo».

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Le femministe britanniche espungono i membri transgender (nel senso, agli affiliati transessuali)

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Due tra le più importanti organizzazioni britanniche riservate a donne e ragazze, il Girlguiding (l’equivalente delle Girl Scout) e il Women’s Institute, hanno deciso di chiudere le porte ai membri transgender, nel senso degli affiliati transessuali.   Martedì il Girlguiding ha reso noto che «le ragazze e le giovani donne trans non potranno più iscriversi» come nuove socie. Il giorno successivo, mercoledì, il Women’s Institute, fondato oltre 110 anni fa, ha annunciato che «l’iscrizione sarà riservata esclusivamente alle persone di sesso femminile alla nascita».   Entrambe le associazioni hanno sottolineato che la scelta non era quella auspicata, ma è diventata inevitabile per evitare possibili contenziosi legali dopo la sentenza emessa ad aprile dalla Corte Suprema del Regno Unito. I giudici hanno stabilito che, ai sensi dell’Equality Act 2010, i termini «donna» e «sesso» si riferiscono esclusivamente al sesso biologico e non all’identità di genere.

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La pronuncia era arrivata al termine di un ricorso presentato da For Women Scotland contro una norma del governo scozzese che includeva i transgenderri (munite di certificato di riconoscimento del genere) nel calcolo delle quote femminili nei consigli di amministrazione pubblici.   Un sondaggio realizzato subito dopo la sentenza ha mostrato che il 59% dei britannici concorda sul fatto che una persona transgender non sia legalmente una donna (dati Electoral Calculus). Tra chi ha accolto favorevolmente la decisione c’è anche J.K. Rowling, da tempo sostenitrice di For Women Scotland.   Sempre quest’anno, la Federazione calcistica inglese (FA) e British Rowing (l’ente per il canottaggio) hanno adottato politiche analoghe: dal 1º giugno 2025 i transgender non potranno più competere nelle categorie femminili del calcio in Inghilterra, mentre nel canottaggio britannico l’accesso alla gara femminile è limitato a chi è «assegnato di sesso femminile alla nascita»; per tutti gli altri resta aperta la categoria Open.   Secondo le ultime indiscrezioni, anche il Comitato Olimpico Internazionale starebbe valutando di escludere i transessuali dalle competizioni femminili olimpiche.

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La battaglia tra femministe e transessuali va avanti oramai da un pezzo, al punto che il mondo transessualista ha trovato un acronimo per definire le femministe che non accettano il dogma transgenderro imposto ora all’intera società occidentale: le chiamano TERF, trans-exclusionary radical feminists ossia femministe radicalo trans-escludenti.   Il caso più celebre di persona definita TERF per aver espresso dubbi sul fatto che maschi biologici possano essere definiti «donne» è stata la scrittrice di Harry Potter JK Rowling, che è peraltro la donna più ricca del Regno Unito.   In Europa si era avuto il caso della norvegese Christina Ellingsen, dell’organizzazione femminista globale Women’s Declaration International (WDI), è sotto indagine della polizia per aver fatto la denuncia in un tweet in cui ha criticato il gruppo di attivismo trans FRI. «Perché insegna ai giovani che i maschi possono essere lesbiche? Non è una terapia di conversione?» avrebbe twittato la Ellingsen.   Il caso si replicò in Norvegia con l’attrice e cineasta Tonje Gjevjon, una lesbica nota nella cultura popolare del Paese, che osò scrivere su Facebook che «è semplicemente impossibile per gli uomini diventare lesbiche quanto lo è per gli uomini rimanere incinti. Gli uomini sono uomini indipendentemente dai loro feticci sessuali». L’attrice fu quindi informata di essere sotto indagine e di rischiare tre anni di carcere per l’espressione delle sue opinioni.   Come riportato da Renovatio 21, a fine 2020 la Norvegia ha adottato una nuova legge penale che punisce le persone per aver detto qualcosa di considerabile come incitamento all’odio nei confronti di persone transgender anche nel contesto della propria casa o conversazioni private.   Più recente il caso dell’attivista brasiliana per i diritti delle donne Isabella Cepa, la quale ha ottenuto lo status di rifugiata in un Paese europeo non specificato, dopo essere stata accusata di reati penali in Brasile per aver definito un politico transgender da uomo a donna come un uomo.  

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Immagine: The Girl Guides Association in Britain 1914-1918; un gruppo di Guide posa per una fotografia nel Regno Unito durante la Prima Guerra Mondiale. Immagine di pubblico dominio CC0 via Wikimedia
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La donna più forte del mondo in realtà era un uomo

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Jammie Booker, vincitrice del torneo «La donna più forte del mondo» 2025, è stata privata del titolo dopo che gli organizzatori hanno accertato che l’atleta di Philadelphia era nata maschio. La squalifica, l’ultima di una serie crescente di polemiche sui maschi biologici che gareggiano nelle categorie femminili, è arrivata a pochi giorni dalla competizione.

 

Il caso è esploso durante i Cerberus Strength Official Strongman Games in Texas lo scorso fine settimana, dove Booker ha dominato la categoria Women’s Open. Gli organizzatori hanno precisato di non essere stati informati in anticipo del background biologico dell’atleta e, a seguito di un’indagine urgente, l’hanno esclusa dalla classifica. «Abbiamo la responsabilità di garantire equità, assegnando gli atleti alle divisioni maschile o femminile in base al sesso alla nascita», si legge in un comunicato diffuso sui social da Official Strongman, che ha aggiornato i punteggi e incoronato la britannica Andrea Thompson come nuova campionessa.

 

La partecipazione di atlete transgender a competizioni sportive continua a generare dibattiti accesi. A luglio, il Comitato Olimpico e Paralimpico degli Stati Uniti (USOPC) ha vietato alle donne transgender di gareggiare nelle categorie femminili alle Olimpiadi, in linea con un ordine esecutivo del presidente Donald Trump che esclude le trans dalle squadre femminili e minaccia di tagliare i fondi alle istituzioni che lo violano.

 

Casi emblematici come quello della nuotatrice statunitense Lia Thomas e della sollevatrice neozelandese Laurel Hubbard hanno riacceso il confronto su eventuali vantaggi fisici persistenti per le atlete transgender rispetto alle donne biologiche, nonostante il Comitato Olimpico Internazionale (CIO) abbia affermato nel 2021 che non si debba presumere un «vantaggio automatico» e abbia demandato le regole di idoneità alle singole federazioni sportive.

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La questione è tornata d’attualità alle Olimpiadi di Parigi 2024, quando la pugile algerina Imane Khelif – squalificata l’anno prima ai Mondiali per presunti motivi di genere – ha conquistato l’oro, spingendo l’ex presidente del CIO Thomas Bach a negare l’esistenza di un «sistema scientificamente solido» per distinguere uomini e donne nello sport.

 

Ora il CIO è orientato a escludere le donne transgender dalle categorie femminili alle prossime Olimpiadi, sulla base di una nuova politica di ammissibilità prevista per il 2026, come riportato dal Times all’inizio di novembre citando fonti interne. La revisione si fonda su una valutazione scientifica che conferma come i vantaggi acquisiti durante la pubertà maschile possano perdurare anche dopo trattamenti farmacologici per ridurre i livelli di testosterone.

 

Come riportato da Renovatio 21, l’ex presidente del CIO Thomas Bach sosteneva all’epoca che non esisteva «un sistema scientificamente solido» per distinguere tra uomini e donne nello sport.

 

Come riportato da Renovatio 21, il sollevamento pesi, come ogni altra disciplina (il nuoto, la maratona, il ciclismo, la BMX, l’hockey, il sollevamento pesi, il basket, il ju jitsu, etc.), era già stato colpito dal transessualismo sportivo. Lo è stato persino il biliardo in un’episodio noto, Alexandra Cunha, 49 anni, capitano della squadra nazionale femminile portoghese, si è ritirata dal torneo International Rules Pool Tour, incolpando i recenti cambiamenti alle regole da parte dell’autorità governativa dello sport, la World Eightball Pool Federation.

 

Come riportato da Renovatio 21, alle Olimpiadi di Tokyo vi fu il caso del sollevatore di pesi supermassimi transessuale Laurel Hubbard, 43 anni, che rappresentò la Nuova Zelanda a Giochi e riuscì, incredibilmente, a non vincere.

 

Due anni fa il pesista transessuale «Anne» Andres aveva stabilito il record nazionale durante un campionato durante il Campionato del Canada Occidentale 2023.

 

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