Eutanasia
La Corte Suprema estone stabilisce che il suicidio assistito è un «diritto» costituzionale

Il 7 maggio, la Corte suprema dell’Estonia ha stabilito che il suicidio assistito è un diritto fondamentale di qualsiasi persona capace di intendere e di volere che desideri porre fine alla propria vita volontariamente e per qualsiasi motivo e che assistere qualcuno in tale atto non è un servizio sanitario. Lo riporta LifeSite.
La sentenza arriva in risposta a un procedimento penale contro un cittadino, trasmesso in tribunale dalla Procura del Distretto Meridionale l’11 ottobre 2023. L’uomo aveva creato un dispositivo per il suicidio artigianale che includeva una bombola di gas collegata tramite tubi a una maschera.
L’inventore noleggiava il dispositivo completamente funzionante agli utenti, che erano responsabili dell’avvio del suicidio. Il dispositivo è stato utilizzato almeno tre volte, con due morti e una sopravvivenza per esaurimento del gas.
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I tribunali hanno dichiarato l’uomo colpevole di «svolgimento di attività economica senza licenza in un settore correlato ai servizi sanitari», mentre la Corte Suprema, in modo alquanto confuso, ha stabilito che, poiché il suicidio non rientra nell’assistenza sanitaria, l’accusato non poteva essere ritenuto colpevole di aver svolto attività economica senza licenza e lo ha assolto.
L’uomo, ha osservato la corte, non era stato coinvolto in diagnosi, esami o trattamenti, e non aveva personalmente facilitato i suicidi. Tuttavia la Corte ha stabilito ulteriormente che il suicidio volontario è un diritto fondamentale, che aiutare qualcuno al suicidio è un reato solo se la persona «non è in grado di agire in modo indipendente o non ha piena comprensione delle proprie azioni», e ha invitato il Parlamento estone a «creare norme per la facilitazione del suicidio non medico al fine di prevenirne gli abusi, citando la necessità di un quadro giuridico chiaro, come sostenuto dalla Corte europea dei diritti dell’uomo».
Secondo la sentenza «la preoccupazione espressa dal pubblico ministero durante l’udienza è comprensibile: se l’assistenza al suicidio venisse offerta come servizio, sarebbero necessari principi chiari, tenendo conto dell’entità dell’intervento sulla salute di una persona e della necessità di prevenire potenziali abusi. Ciò includerebbe stabilire quando tale assistenza possa essere fornita, da chi, su quali basi verrebbe determinata la necessità del servizio e come verrebbe eseguita la procedura. La mancanza di principi chiari potrebbe portare a conseguenze indesiderate ed esporre lo Stato a responsabilità».
La Corte ha inoltre osservato che «se lo Stato consente un facile accesso ai servizi di suicidio assistito, è particolarmente importante stabilire il quadro giuridico necessario per prevenire potenziali abusi nella fornitura di tali servizi». Il governo estone non ha ancora risposto alla sentenza né ha confermato la sua intenzione di avviare i lavori sulla legislazione in materia di suicidio assistito, e l’opinione pubblica sulla questione rimane fortemente divisa.
Come ha osservato la testata local ERR News, la sentenza della Corte Suprema estone sembra seguire una tendenza europea. «Cinque anni fa, la Corte Suprema tedesca ha dichiarato che commettere suicidio è un diritto fondamentale – per tutti e per qualsiasi motivo – e che essere assistiti o assistere altri nell’atto sono diritti accessori associati a tale libertà», ha scritto bioeticista americano Wesley J. Smith su National Review. «In altre parole, morte su richiesta. Ora la Corte Suprema dell’Estonia sembra aver seguito la stessa linea».
Il suicidio assistito è un diritto legale, almeno in alcune circostanze, in Svizzera (dal 1942), Germania (2020), Austria (2022), Belgio (2002), Paesi Bassi (2001), Lussemburgo (2009), Spagna (2021), e Portogallo (2023, sebbene non sia ancora entrato in vigore). Il suicidio assistito e l’eutanasia rimangono illegali in 41 paesi europei.
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La Gran Bretagna sta attualmente discutendo sulla legalizzazione del suicidio assistito, e recenti resoconti indicano che la maggioranza dei parlamentari potrebbe essere pronta a votare contro entro la fine del mese.
Notiamo la consonanza anche dell’assetto fenerale sul tema: in Estonia, come in Italia, i giudici toccano la materia suicidio assistito lamentando il vuoto da parte del legislatore.
La magistratura supplisce quindi la politica, e pure si lamenta. Uno schema che si ripete in continuazione, non solo da noi.
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Immagine di pubblico dominio CC0 via Wikimedia
Eutanasia
Medici del Quebecco sostengono che l’eutanasia è un «trattamento appropriato» per i neonati gravemente malati

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Eutanasia
Ozzy eutanatizzato? Utilitarismo rock-boomer in azione

Ozzy Osbourne è deceduto dopo una lunga battaglia contro il Parkinson: così l’annuncio della famiglia dell’ex frontman dei Black Sabbath, dato la scorsa settimana. Tuttavia, le circostanze della sua morte rimangono poco chiare, tanto da spingere qualcuno a ipotizzare un caso di eutanasia.
Due anni fa, in un’intervista a Rolling Stone, Osbourne aveva espresso il suo supporto per l’eutanasia in caso di malattia terminale, citando il desiderio di evitare sofferenze come quelle viste nel padre malato di cancro. Sebbene il suo Parkinson non fosse allo stadio terminale, il libro Ozzy. La storia di Ken Paisli, uscito proprio questo agosto, potrebbe far luce sugli ultimi momenti della rockstar.
Secondo i resoconti apparsi sulla stampa, poche ore prima della morte, lunedì, sui social di Osbourne è apparsa una foto enigmatica scattata il 5 luglio fuori dal suo camerino a Birmingham, durante quello che è stato definito «The final show», cioè letteralmente l’ultimo spettacolo. Paisli, nel suo libro, considera questa immagine «altamente simbolica».
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Da notare come il comunicato della famiglia non specifica né il luogo né le cause del decesso, limitandosi a dire che Ozzy è morto «circondato dall’amore».
Il biografo scrive anche che «ipocondriaco com’era, Ozzy temeva più la sofferenza che la morte, memore delle agonie di suo padre in ospedale. Credo che questo non sia accaduto». Lo Osbourne, come scritto da Renovatio 21, aveva incarnato involontariamente l’intero arco tragico della narrativa di Wuhano, dapprima divorando un pipistrello vivo durante un concerto, poi facendo sapere al mondo in pandemia che si era vaccinato.
Nel caso Ozzy fosse stato eutanatizzato, non si tratterebbe della prima storia di artisti del XX secolo che concludono la carriera con la dolce morte.
Speculazioni finite sui giornali su una «morte volontaria» furono fatte anche nei riguardi di David Bowie, morto il 10 gennaio 2016 dopo una lotta con il cancro al fegato. Era risaputo che il cantante avesse pianificato la sua morte, come ad esempio la dispersione delle sue ceneri a Bali in Indonesia, non in Puglia. Tali voci non hanno, ad ogni modo, non sembrano aver trovato riscontro certo.
Si avrebbe certezza invece della «morte assistita» scelta dal sulfureo cineasta della Nouvelle Vague Jean-Luc Godard. Il Godardo, ad una certa più noto per le sue sgarbate apparizioni alla TV francese che per i suoi film manieristi, proveniva da una famiglia protestante con ramificazioni nella grande finanza: il nonno Julien Monod fu il fondatore della banca Paribas, cosa che il metteur en scène goscista e persino maoista non teneva più di tanto di ricordare al pubblico dei suoi noiosi film sedicenti rivoluzionari.
Alla morte di Jean-Luc (che il documentario Godard à la télé storpiava scherzosamente in «gens-Cul», che suona tipo «Gianculo») nel settembre 2022, sulla stampa apparve una di una « persona vicina alla famiglia» che diceva che «il n’était pas malade, il était simplement épuisé» («Non era malato, era solo esausto»). «Così ha preso la decisione di porre fine a tutto» ha detto la fonte al giornale di sinistra Libération. «Era una sua decisione ed era importante per lui che fosse nota». Qualcuno poteva ipotizzare il titolo di un film d’essai: Gianculo decide di morire.
Restando in Francia, si ha il caso più recente della cantante e modella francese Françoise Hardy, deceduta l’11 giugno 2024 a 80 anni, che aveva pubblicamente richiesto l’eutanasia a causa di un cancro terminale alla faringe diagnosticato nel 2018. La Hardy espresso il suo desiderio in interviste alla rivista Femme Actuelle e in lettere al presidente francese Emmanuel Macron, descrivendo la sua vita come insostenibile a causa delle sofferenze causate da radioterapia e immunoterapia. Sebbene non ci sia una conferma definitiva che sia morta per eutanasia, le sue dichiarazioni pubbliche indicano una chiara intenzione.
La lista delle celebrità che scelgono la morte potrebbe continuare, ma in molti casi vi sono solo speculazioni, o suicidi veri e propri (suicidi «non assistiti»), che tuttavia vanno considerati in fondo come forme di eutanasia. Il fenomeno non è ancora slatentizzato, anche se la Finestra di Overton si muove sensibilmente: nel futuro prossimo vedremo con probabilità tante grandi glorie del passato fare campagne mediatiche per chiedere la loro morte di Stato. Il tutto sfruttando la celebrità acquisita, assieme al tanto denaro, grazie ad una popolazione istupidita che li ha visti per decenni come eroi.
Si tratta di una conseguenza automatica della filosofia utilitarista, che dai suoi inizi nell’Inghilterra coloniale di Jeremy Bentham è ora penetrata nei gangli della società occidentale tutta, divenendo di fatto parte integrante del sistema operativo dello Stato moderno: il fine delle strutture umane è massimizzare il piacere, minimizzare il dolore, e ciò a discapito di qualsiasi cosa, della vita delle minoranza, della vita degli innocenti, della propria stessa viva.
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L’utilitarismo produce la giustificazione dell’edonismo che fu diffuso alle masse con il rock (sesso, droga, rock and roll: non vi è motto utilitarista più chiaro) e con tutta la cultura delle celebrità che ne conseguì.
Esaurita la fase del piacere, i corpi vecchi di rockstar e attori divengono disfunzionali rispetto all’utilitarismo, filosofia atea e disperata, che ne ha generato la celebrità, il successo, il potere. Quindi, in un’amara, depressiva vendetta della realtà, voglio suicidarsi.
È la sterile, triste parabola di morte che finisce per divenire paradigma per l’intera generazione dei boomer, nati e cresciuti con il vento in poppa della super-crescita economica post-bellica, finiti per rifiutare la religione e la metafisica del sacrificio per abbracciare la rivoluzione sessuale e il consumismo nulliparo (a discapito dei più deboli: le generazioni future, le generazioni non nate), autori materiali e morali della catastrofe biologica e spirituale in cui ci troviamo.
Gli eroi dei boomer, i pupazzi di sistema a cui hanno i fortunati figli del dopoguerra abboccato, ora vogliono morire: non c’è immagine più chiara del fallimento di una generazione, e della filosofia infame dietro ad essa.
Roberto Dal Bosco
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Immagine di Morten Skovgaard via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 2.0 Generic
Eutanasia
517 persone sono morte per eutanasia senza richiesta nel 2021

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