Cina
La Cina lancia un missile balistico intercontinentale nel Pacifico
L’esercito cinese ha testato un missile balistico intercontinentale, sostenendo che si tratta di un’esercitazione regolare, sebbene sembri essere la prima del suo genere sull’Oceano Pacifico in più di 40 anni.
Secondo quanto dichiarato dalle autorità, il missile balistico intercontinentale, dotato di una testata fittizia, è stato lanciato da una località sconosciuta alle 8:44 (ora di Pechino) di mercoledì ed è ammarato in un’area designata in acque internazionali.
Il test faceva parte di un «programma di routine nel nostro piano di addestramento annuale», ha affermato il ministero della Difesa di Pechino.
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Gli analisti hanno affermato che il missile balistico intercontinentale era probabilmente un Dong Feng-41 con una gittata operativa di 15.000 chilometri, oppure il suo predecessore, il Dong Feng-31.
La Cina testa regolarmente razzi a corto e medio raggio nel suo territorio e sul Pacifico occidentale come parte del suo programma di missili balistici, ma un test in acque internazionali è insolito. Si ritiene che l’ultimo lancio simile sia avvenuto nel 1980, quando la Cina ha inviato il suo primo ICBM, il Dong Feng-5, nell’Oceano Pacifico.
«Quando non hanno fatto qualcosa per 44 anni e poi lo fanno, è significativo», ha detto James Acton, co-direttore del Nuclear Policy Program, all’Associated Press. «È il modo della Cina di dirci, “Come voi, non ci vergogniamo di avere armi nucleari e ci comporteremo come una grande potenza nucleare”».
Il test è stato monitorato da diversi paesi, tra cui Giappone e Filippine. Il portavoce del governo giapponese, Yoshimasa Hayashi, si è lamentato del fatto che Tokyo non sia stata informata prima del lancio.
Il ministero della Difesa cinese ha dichiarato che il test non era diretto a nessun paese o obiettivo specifico, ed è stato condotto in conformità con il diritto internazionale.
Pechino aveva anche notificato in anticipo diversi Paesi «interessati», ha riferito l’agenzia Xinhua, senza specificare quali.
Come riportato da Renovatio 21, in una lettera al Congresso del gennaio 2023 il generale Anthony Cotton, comandante del Comando Strategico degli Stati Uniti, ha scritto che «il numero di lanciatori di missili balistici intercontinentali fissi e mobili in Cina supera il numero di lanciatori di missili balistici intercontinentali negli Stati Uniti».
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Tre anni fa emerse che la Repubblica Popolare stava costruendo 119 silos missilistici nel deserto vicino alla città di Yumen, nel nord-ovest della Cina. Tale pletora di armi sarebbe anche ospitata, è emerso grottescamente, in silo ecosostenibili.
In precedenza l’ammiraglio Charles Richard, il comandante uscente del Comando Strategico degli Stati Uniti, ha lasciato trasparire la sua preoccupazione riguardo il fatto che l’attuale costrutto di deterrenza nucleare degli Stati Uniti possa non funzionare sia contro la Russia che contro la Cina, che descrive come potenze nucleari «quasi pari» con cui gli Stati Uniti sono in concorrenza.
Come riportato da Renovatio 21, secondo un rapporto del Pentagono consegnato al Congresso lo scorso ottobre, l’arsenale nucleare cinese sta crescendo più rapidamente di quanto previsto dagli Stati Uniti.
Come noto, la Cina disporrebbe di tecnologia ipersonica, realizzata peraltro con l’aiuto di imprese e scienziati statunitensi, mentre gli USA non sono ancora arrivati al punto di poter schierare armi ipersoniche, che sarebbero però già disponibili ad una schiera di Paesi tradizionalmente ostili a Washington come Russia, Nord Corea, Iran.
Come riportato da Renovatio 21, due anni fa fu segnalato che Stati Uniti e Giappone stavano accumulando missili nelle isole meridionali contro la Cina.
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Immagine di IceUnshattered via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 4.0 International
Cina
Prima vendita di armi a Taiwan sotto Trump
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Cina
Apple elimina le app di incontri gay dal mercato cinese
Le principali app di incontri gay in Cina, Blued e Finka, sono state eliminate dall’Apple Store locale su ordine dell’autorità di regolamentazione internet di Pechino. Lo riporta Wired. Nel contesto è tuttavia utile ricordare che sino a qualche anno fa la Cina controllava l’app di incontri gay più diffusa al mondo.
Lanciata nel 2012, Blued è la più grande app di incontri gay in Cina, che in passato contava oltre 60 milioni di utenti nel mondo, prima che i controlli statali più rigidi ne riducessero la portata globale. Finka, concorrente più recente e popolare tra i giovani, è diventata una delle piattaforme LGBT in più rapida crescita in Cina grazie alle funzioni di social networking e all’interfaccia in stile gaming.
Secondo Wired, Apple ha rimosso entrambe le app dal suo App Store cinese su disposizione della Cyberspace Administration of China (CAC), che supervisiona i contenuti online e la sicurezza dei dati.
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L’articolo della rivista statunitense non specifica quando o perché sia stato emesso l’ordine, ma utenti dei social cinesi hanno notato la scomparsa delle app dagli store online durante il fine settimana. Le app, secondo quanto riferito, restano funzionanti per gli utenti esistenti, ma non sono più scaricabili per nuovi utenti.
Apple ha confermato la rimozione in una dichiarazione rilasciata lunedì.
«Rispettiamo le leggi dei Paesi in cui operiamo. In base a un ordine del CAC, abbiamo rimosso queste due app solo dallo store cinese», ha dichiarato un portavoce di Apple in un’e-mail alla testata. L’azienda ha aggiunto che entrambe le app erano già state ritirate da altri mercati. Né Blued né Finka hanno risposto alle richieste di commento.
La Cina ha depenalizzato l’omosessualità negli anni ’90, ma continua a vietare il matrimonio tra persone dello stesso sesso. Sotto la presidenza di Xi Jinping, le autorità hanno intensificato gli sforzi per promuovere i valori familiari tradizionali e contrastare quella che definiscono «influenza occidentale». La campagna mira ad aumentare i tassi di natalità, rafforzare i ruoli di genere e scoraggiare stili di vita ritenuti incompatibili con i valori tradizionali. Gli attivisti LGBTQ+ cinesi affermano che la campagna ha alimentato censura e sorveglianza, con la chiusura di molti gruppi gay, il divieto di eventi Pride, la rimozione di contenuti omosessuali dai media e lo scioglimento di associazioni universitarie.
La maggior parte delle app di incontri LGBT è già bloccata in Cina. Grindr, con sede negli Stati Uniti, è stata rimossa dall’App Store cinese di Apple nel 2022 dopo l’inasprimento delle norme sulla sicurezza informatica e sulla privacy dei dati, che impongono l’archiviazione locale dei dati degli utenti. ZANK, un tempo tra le principali app di incontri gay in Cina, è stata chiusa nel 2017 per «diffusione di contenuti pornografici».
Renovatio 21 ha spesse volte parlato di Grindr, l’applicazione usata dalla comunità omosessuale. La possibilità che i suoi dati fossero usati per fini di ricatto verso migliaia (milioni…) di persone con lavori sensibili per il governo spinse Trump, allora presidente, a chiedere ai cinesi, che l’avevano comprata, di averla indietro. I cinesi, incredibilmente, obbedirono, ma non è chiaro se possano essersi sbarazzati dei dati.
Grindr, che ad un certo punto pareva potesse essere comperata dall’apparentemente inarrestabile azienda italiana Bending Spoons, già coinvolta nell’app governativa di tracciamento COVID «Immuni» e partecipata da grandi famiglie del capitalismo nazionale, sarebbe subentrata anche in alcuni scandali che riguardavano la politica e pure il mondo religioso.
Renovatio 21 ha ipotizzato che parte del rapporto tra Santa Sede e Repubblica Popolare Cinese, sbocciata negli accordi sino-vaticani, potrebbe essere dovuta al kompromat da Grindr che i comunisti cinesi detengono su tanti consacrati segretamente omosessuali.
Su Grindr infatti si dice che siano presenti quantità massive di sacerdoti. Il fatto è tornato alla ribalta di recente con il caso di un sacerdote USA, noto per le posizioni intransigenti verso lo sdoganamento cattolico di Sodoma, beccato sulla piattaforma. Ma anche in Italia sarebbero stati trovati consacrati di un certo spessore. Di uno in particolare, scriveva il Giornale, che raccoglieva il sussurro di Dagospia: «nella sua seconda vita si dava alle droghe (ecstasy, ma anche crack, Ghb e chetamina) e alla conquista di amanti (rigorosamente di sesso maschile) su Grindr». Una storia con parole che sembrano riemergere anche ora.
L’uso intensivo della app di incontri gay da parte perfino dei seminaristi è raccontato da un recente libro del sociologo Marco Marzano, La casta dei casti.
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Nata a Los Angeles nel 2009, Grindr per un periodo finì nelle mani dei cinesi, che acquistarono la società. Nel 2016 la società aveva venduto una quota del 60% nella società per 93 di dollari milioni a un gruppo di sviluppo di videogiochi cinese, Kunlun Tech Co.
L’acquisizione di una tale massa di dati sensibili non passò inosservata. Nel 2019 governo Trump chiese alla Cina di farla tornare in mano americana, perché i servizi USA paventavano che le informazioni contenute in quella app mettessero a rischio la sicurezza nazionale: quante persone, nell’esercito e nella pubblica amministrazione, nel governo e nelle grandi aziende, potevano essere ricattate? Quanti funzionari, generali, ministri, soldati, uomini delle pulizie hanno una doppia vita e quindi possono essere manipolati?
I cinesi, piuttosto incredibilmente, accettarono l’ordine di Trump. Il gruppo Kunlun cercò un compratore per liberarsi dell’applicazione. Nel marzo 2020, Kunlun annunciò che avrebbe venduto la sua quota del 98,59% in Grindr alla San Vicente Acquisition LLC con sede negli Stati Uniti per 608,5 milioni di dollari. Il lead investor, Raymond Zage, viene dall’Illinois ma ha base ora a Singapore – un luogo dove gli interessi della Cina Popolare non sono sconosciuti.
All’altezza del 2018, Grindr indicava perfino se l’utente fosse sieropositivo o meno: la feature venne ritirata, perché i giornali sinceri e democratici rabbrividirono per mancanza di privacy sanitaria (cosa che adesso fa ridere…), senza capire che probabilmente dietro a questa nuova spunta poteva schiudersi il mondo dei bugchasers e dei giftgivers, coloro che volontariamente contagiano o si fanno contagiare con l’HIV.
Da Grindr deriva Tinder, la app di incontri usata dagli eterosessuali: anche quella è sicuramente stata causa di migliaia di disastri famigliari, perché può esporre la doppia vita di «cacciatore» di appuntamenti di un coniuge. Tuttavia Tinder, nonostante la disperazione che produce la promiscuità della hook-up culture («cultura del rimorchio») che ha generato, non è stato in grado di impensierire i servizi di Intelligence USA. Grindr, invece, sì.
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Cina
Test dimostrano che i veicoli elettrici possono essere manipolati a distanza da un produttore cinese
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