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Cina

La Cina contro un vescovo «sotterraneo»: multa e ordinanza di demolizione, le nuove armi contro mons. Shao

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Renovatio 21 pubblica questo articolo su gentile concessione di AsiaNews. Le opinioni degli articoli pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21.

 

Al vescovo cinese che nella provincia dello Zhejiang ha rifiutato l’adesione agli organismi ufficiali, le autorità hanno comminato una nuova ammenda da 200mila Yuan e minacciano di abbattere il suo «edificio abusivo». La colpa? Aver celebrato una Messa con 200 fedeli. A Natale aveva scritto ai fedeli della diocesi invitando a vivere il Giubileo della speranza in comunione con la Chiesa universale.

 

Una multa di 200mila yuan (l’equivalente di oltre 26mila eurom ndr) per aver celebrato una Messa in pubblico con 200 fedeli. Con in più anche un’ingiunzione di abbattimento dell’edificio dove tiene le sue «attività illegali», che sono poi la casa e la cappella dove vive. Sono le ultime misure prese dalle autorità della provincia orientale dello Zhejiang contro mons. Pietro Shao Zumin, il vescovo della diocesi di Wenzhou non riconosciuto da Pechino per il suo rifiuto di aderire agli organismi «ufficiali» controllati dal Partito comunista cinese.

 

Come AsiaNews ha più volte raccontato, mons. Shao Zumin, oggi 61enne, venne ordinato vescovo coadiutore con un mandato papale nel 2011 ed è dunque succeduto al suo predecessore mons. Vincent Zhu Wei-Fang, alla morte di quest’ultimo nel settembre 2016. Non ha però mai ottenuto il riconoscimento da parte delle autorità che considerano la sede «vacante» e sostengono come guida della locale comunità cattolica padre Ma Xianshi, un sacerdote «patriottico». Per questo motivo il vescovo «clandestino» mons. Shao negli ultimi anni è stato ripetutamente arrestato, di solito in concomitanza con le solennità, per evitare che i fedeli partecipino a riti da lui presieduti.

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Proprio una Messa da lui celebrata il 27 dicembre con la partecipazione di un folto gruppo di cattolici sarebbe all’origine dei nuovi provvedimenti.

 

Come mostrano due documenti condivisi da fonti locali con AsiaNews, le autorità del distretto di Longwan hanno comminato la pesante sanzione amministrativa sulla base di fotografie scattate sul posto e verbali di interrogatorio. Allegano il piano quinquennale della diocesi di Wenzhou (compilato dagli organismi «ufficiali» della diocesi) per dimostrare che la Messa presieduta da mons. Shao era un atto illegale. E ritenendo il fatto una violazione grave dell’articolo 71 del Regolamento sugli Affari religiosi viene stabilita la pena dell’ammenda da 200mila yuan.

 

Contemporaneamente, sempre per quella stessa Messa del 27 dicembre, un altro ufficio dell’amministrazione locale di Wenzhou ha emesso una seconda ordinanza che mette nel mirino l’edificio dove il rito si è svolto, che è poi la chiesa della residenza stessa dove mons. Shao vive. Il vescovo viene accusato di «costruzione non autorizzata» per una superficie di «circa 200 metri quadrati».

 

Si sostiene che questo comportamento viola l’articolo 40 della legge sulla pianificazione urbanistica, decretando una seconda sanzione da 200mila Yuan e la demolizione della struttura.

 

Dunque, dopo gli arresti, ora sono i bastoni tra le ruote posti per via amministrativa la strada adottata dalla provincia dello Zhejiang contro il vescovo «sotterraneo». Provvedimenti arrivati nelle stesse settimane in cui la stretta contro i vescovi e sacerdoti che non accettano di registrarsi aveva colpito anche mons. Guo Xijing a Mindong, nella provincia del Fujian.

 

Vale la pena di aggiungere che proprio in occasione del Natale il vescovo Shao a Wenzhou aveva diffuso una lettera in cui esortava i fedeli a vivere in comunione con la Chiesa universale il Giubileo 2025. Nel testo il presule esortava ogni parrocchia a riunirsi per studiare e riflettere sulla bolla di indizione di papa Francesco, a recitare ogni giorno al termine della Messa la preghiera dell’Anno Santo e designava ogni chiesa della diocesi come luogo in cui vivere il pellegrinaggio giubilare.

 

«Spero che questo Giubileo possa rafforzare la nostra fede, stimolare la nostra speranza e farci crescere nella carità. Perché la speranza nasce dall’amore e “la speranza non delude” (Romani 5,5)», scriveva mons. Shao a conclusione del suo messaggio natalizio. Parole inaccettabili per le autorità di Pechino, se pronunciate senza prima sottomettersi al rigido controllo del Partito.

 

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Immagine da AsiaNews

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Cina

Pechino: il presidente di Taiwan si «prostituisce»

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Il presidente taiwanese Lai Ching-te starebbe cercando il sostegno di potenze straniere per promuovere il separatismo nell’isola autonoma. Lo sostengono i funzionari di Pechino per gli affari con Formosa.   In un’intervista rilasciata lunedì al programma radiofonico conservatore statunitense «The Clay Travis and Buck Sexton Show», Lai ha riaffermato che considera Taiwano un Paese indipendente e non parte della Cina, sottolineando che Pechino non ha il diritto di invadere l’isola, dichiarando inoltre che il presidente degli Stati Uniti Donald Trump meriterebbe il Premio Nobel per la Pace se riuscisse a persuadere il presidente cinese Xi Jinping a rinunciare definitivamente all’uso della forza contro Taiwan.   In risposta, l’ufficio cinese per gli affari di Taiwan ha definito le affermazioni di Lai «sciocchezze» e lo ha accusato di «diffondere le fallacie separatiste dell’”indipendenza di Taiwan”».   «Si è impegnato in una condotta senza scrupoli nei confronti dell’estero e in una svendita senza limiti di Taiwan, sperperando la carne e il sangue del popolo, prostituendosi e schierandosi dalla parte delle forze straniere», si legge nella dichiarazione.   Negli ultimi mesi, diversi politici stranieri hanno proposto Trump per il Premio Nobel per la Pace, citando i suoi sforzi nella mediazione dei conflitti. Tuttavia, alcune di queste iniziative sono considerate gesti simbolici o tentativi di guadagnarsi il favore del presidente statunitense.   Taiwano acquista armi dagli Stati Uniti da anni per contrastare l’esercito cinese, e i media suggeriscono che Washington intenda approvare vendite di armi a Taipei a livelli superiori rispetto al primo mandato di Trump. La cooperazione tra Stati Uniti e Taiwan rappresenta un punto di attrito significativo per la Cina, che conduce regolarmente esercitazioni militari vicino all’isola.   La Cina considera Taiwano parte integrante del suo territorio sovrano. Xi Jinping ha dichiarato che la riunificazione con Taiwan è «inevitabile», aggiungendo che Pechino non esclude l’uso della forza per riportarla sotto il suo controllo.   Come riportato da Renovatio 21, durante il suo discorso per la celebrazione del centenario del Partito Comunista Cinese nel 2021 lo Xi, mostrandosi in un’inconfondibile camicia à la Mao, parlò della riunificazione con Taipei come fase di un «rinnovamento nazionale» e della prontezza della Cina a «schiacciare la testa» di chi proverà ad intimidirla.

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Immagine di Mass Rapid Transit Bureau, Kaohsiung City Government via Wikimedia pubblicata su indicazioni.
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Cina

L’Intelligence ucraina afferma che la Cina sta aiutando la Russia a prendere di mira le strutture finanziate dall’Occidente

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Oleg Alexandrov, funzionario dell’Agenzia di Intelligence estera ucraina (SZRU), ha dichiarato all’agenzia di stampa statale Ukrinform che la Cina sta supportando direttamente la Russia fornendo informazioni di intelligence utilizzabili sul campo di battaglia in Ucraina.

 

In particolare, ha sostenuto che la Cina fornisce dati di Intelligence stranieri per colpire siti in Ucraina che beneficiano di investimenti esteri, probabilmente strutture finanziate dall’Occidente, come i siti di produzione di armi.

 

«Esistono prove di un elevato livello di cooperazione tra Russia e Cina nella conduzione di ricognizioni satellitari del territorio ucraino al fine di identificare e approfondire l’esplorazione di obiettivi strategici da colpire», ha affermato Alexandrov. «Come abbiamo visto negli ultimi mesi, questi siti potrebbero appartenere a investitori stranieri».

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Lunedì il Cremlino ha replicato smentendo le accuse, dichiarando di possedere tutte le capacità necessarie senza dover dipendere da Paesi o alleati esterni.

 

Il portavoce del Cremlino Dmitrij Peskov, interpellato sulle nuove accuse dell’Agenzia di Intelligence estera ucraina, ha dichiarato: «abbiamo le nostre capacità, comprese quelle spaziali, per portare a termine tutti i compiti che l’operazione militare speciale ci pone», ha detto ai giornalisti.

 

Nell’ultimo anno di guerra, tuttavia, Mosca ha intensificato la collaborazione con gli eserciti cinese e nordcoreano.

 

La presenza di truppe nordcoreane tra le forze russe è nota, ma Kiev ha recentemente affermato che anche militari cinesi combattono a fianco delle truppe di Mosca.

 

Si parla inoltre di programmi di addestramento congiunti tra gli eserciti russo e cinese. Ad esempio, la Direzione dell’intelligence della Difesa ucraina ha riferito al Kyiv Post che «il Cremlino ha deciso di consentire al personale militare cinese di studiare e adottare l’esperienza di combattimento che la Russia ha acquisito nella sua guerra contro l’Ucraina».

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Anche l’Iran ha un ruolo, avendo istituito un impianto di produzione di droni nella Russia meridionale.

 

Pechino, in passato, ha criticato la NATO per la sua espansione continua, le sue recenti attività nella regione del Pacifico e i crescenti legami con il Giappone.

 

Come riportato da Renovatio 21, due mesi il presidente ucraino Volodymyr Zelens’kyj aveva dichiarato che l’Ucraina «non ha bisogno» di garanzie di sicurezza dalla Cina.

 

Come riportato da Renovatio 21, cinque mesi fa Pechino aveva respinto fermamente le affermazioni di Zelens’kyj sui soldati cinesi catturati nel teatro di guerra ucraino.

 

A settembre 2023 il consigliere di Zelens’kyj Mikhailo Podolyak aveva fatto commenti controversi su Cina e India e il loro «basso potenziale intellettuale».

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Immagine di President of Russia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 4.0 International (CC BY 4.0)

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Cina

Parlava all’estero del Tibet: studentessa cinese sparita durante le vacanze in patria

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Renovatio 21 pubblica questo articolo su gentile concessione di AsiaNews. Le opinioni degli articoli pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21.   Le denuncia degli amici: dal 30 luglio non abbiamo più notizie di Zhang Yadi, 22 anni, che avrebbe dovuto iniziare a Londra un master di antropologia alla School of Oriental and African Studies. All’estero aveva dato vita al gruppo «Chinese Youths Stand for Tibet». A Changsha fermato anche l’avvocato Jiang Tianyong che si stava interessando del suo caso. Sempre più duro il pugno di Pechino per mettere a tacere le critiche anche nelle comunità cinesi all’estero   Ventidue anni, brillante studentessa cinese in Francia, proprio in questi giorni avrebbe dovuto spostarsi a Londra per iniziare un master in antropologia presso la prestigiosa School of Oriental and African Studies (SOAS) della University of London. Ma dalla visita estiva alla famiglia a Changsha in Cina Zhang Yadi non è tornata.

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Dal 30 luglio è sparita mentre si trovava a Shangri-La, nello Yunnan; e diverse fonti riferiscono che a portarla via siano stati gli agenti della polizia con l’accusa di «aver messo in pericolo la sicurezza nazionale». Perché avrebbero scoperto che online Zhang era @TaraFreesoul, una delle promotrici di CYS4T – Chinese Youths Stand for Tibet – un gruppo di studenti che dal maggio 2024 all’estero hanno fatto propria la causa del Tibet e ne raccontano la «verità nascosta» nelle comunità cinesi della diaspora.   Quello della giovane Zhang è un volto nuovo della dissidenza cinese, figlio della «generazione dei fogli bianchi», le proteste venute allo scoperto con il malcontento per la rigidissima politica Zero COVID imposta durante la pandemia. Ma è anche una triste conferma di quanto il controllo imposto da Xi Jinping in nome del «grande rinnovamento della nazione cinese» sia capillare anche fuori dalla Cina, tra i giovani che studiano e lavorano in Occidente.   Chi la conosce racconta che in Francia Zhang Yadi era attivamente impegnata su temi accademici e sociali, dedicandosi a promuovere il dialogo tra gruppi etnici diversi. Con coraggio si è attivamente adoperata per promuovere la comprensione reciproca tra Han e tibetani attraverso la ricerca e la scrittura.   Appena pochi giorni fa sul profilo X @Tarafreesoul scriveva: «la storia dei gruppi etnici della Cina sud-occidentale è una storia sanguinosa di colonizzazione, lavaggio del cervello, schiavitù, matrimoni misti e assimilazione della popolazione indigena da parte del popolo Han. Dietro lo slogan “costruire una forte comunità nazionale cinese” si celano il sangue e le lacrime di vari gruppi etnici. La loro cultura è stata repressa e scomparsa, la loro lingua madre è stata messa a tacere e scomparsa, e la loro storia non può essere scritta dal loro stesso popolo. Tutto è mascherato dai quattro caratteri di ‘nazione cinese’, come se nulla fosse accaduto, come se questa terra facesse parte dell’Impero cinese fin dall’antichità».   Il 5 luglio Zhang è tornata a Changsha per far visita alla famiglia. Prima della sua scomparsa il 30 luglio era in stretto contatto con amici e familiari, ma ogni comunicazione si è poi interrotta bruscamente. E alcuni dichiarazioni contrastanti pubblicate dalla madre sul suo account WeChat hanno sollevato preoccupazioni sulla libertà personale di Zhang e sulla sicurezza della sua famiglia.   Per questo motivo alcuni amici hanno coinvolto l’avvocato per i diritti umani Jiang Tianyong, uno dei legali già finiti nel mirino delle autorità dieci anni fa, nella repressione del 9 luglio 2015, il primo grave giro di vite sulle libertà in Cina dell’era Xi Jinping. Nel pomeriggio del 16 settembre l’avvocato Jiang Tianyong si è recato a Changsha per incontrare la signora Zhou, la madre di Zhang. Alle 16:45, proprio mentre incontrava la donna al caffè Guangdian Time City, è stato portato via con la forza da tre uomini non identificati. Si ritiene che sia stato condotto alla stazione di polizia di Yuehu, del distretto di Kaifu (Changsha), ma la sua posizione attuale rimane sconosciuta.

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Di qui l’appello degli amici che stanno chiedendo alle organizzazioni per i diritti umani fuori dalla Cina di attivarsi per chiedere il rilascio immediato e incondizionato di Zhang Yadi e la possibilità per l’avvocato Jiang Tianyong di offrire assistenza legale alla madre della ragazza.   Amnesty International ha definito la vicenda «profondamente inquietante» e ha lanciato un appello affinché a Zhang sia garantito immediatamente l’accesso a un avvocato di sua scelta. L’ONG ricorda anche come proprio pochi mesi fa – in un suo rapporto – avesse evidenziato come l’azione del governo cinese per mettere a tacere le critiche all’estero sia una delle principali tendenze oggi della repressione delle libertà. «Invitiamo tutti gli Stati – conclude Amnesty Iternational – ad adottare misure per monitorare le denunce e fornire supporto alle vittime».   Invitiamo i lettori di Renovatio 21 a sostenere con una donazione AsiaNews e le sue campagne. Renovatio 21 offre questo articolo per dare una informazione a 360º. Ricordiamo che non tutto ciò che viene pubblicato sul sito di Renovatio 21 corrisponde alle nostre posizioni.

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Immagine di Laika ac via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 2.0 Generic 
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