Geopolitica
Kiev «mangiatoia» per la corruzione del clan Biden: parla un politico dell’opposizione ucraina
Viktor Medvedchuk, un politico ucraino e del partito Piattaforma di Opposizione – Per la Vita, ora in esilio in Russia dopo essere stato arrestato dal regime Zelens’kyj e scambiato con Mosca, ha accusato ieri in un post sul suo canale Telegram che le autorità statunitensi stanno sfruttando l’Ucraina per il bene dei propri interessi corrotti e Zelens’kyj sta sacrificando tutta l’Ucraina per il bene di questo schema.
«Dietro il conflitto in Ucraina c’è un enorme schema di corruzione, in cui gli Stati Uniti hanno trascinato la maggior parte della politica europea», ha scritto, ha riferito TASS. «E il presidente Zelens’kyj è uno showman e il perno di questo piano. … E l’Occidente è all’altezza di questo schema di corruzione, ma l’unica via d’uscita comporterà una massiccia crisi politica».
Medvedchuk ha descritto l’Ucraina come prima di tutto una «mangiatoia» familiare per il presidente degli Stati Uniti Joe Biden, che chiede sempre più aiuti militari a Kiev per «difendere la democrazia».
«Non si può non ricordare il piano di aiuti all’Ucraina sotto il presidente Obama e il vicepresidente Joe Biden che è stato scoperto dall’avvocato Rudolf Giuliani. Sotto di esso, l’80% degli aiuti è rimasto negli Stati Uniti. Tradotto nel linguaggio della corruzione, si tratta di una tangente dell’80%» continua il politico ucraino.
«Naturalmente, Biden dichiarerebbe chiunque “un democratico” e “un difensore dei valori europei” per quei soldi».
Medvechuk ha richiamato in particolare l’attenzione sul procuratore generale ucraino Viktor Shokin, che stava raccogliendo prove su Hunter Biden e sullo scandalo Burisma.
Come riportato da Renovatio 21, Shokin fu licenziato nel 2016 su insistenza dell’allora vicepresidente USA Joe Biden, una circostanza ricordata recentemente, nel corso delle sue deposizioni giudiziari e interviste, anche da Devon Archer, l’ex socio di Hunter Binder nella società finanziaria Rosemont-Seneca.
Biden rivendicò bizzarramente la cosa in pubblico, sia pur dicendo che non era per il figlio, ma per decisione della Casa Bianca, giustificandosi con il fatto che Shokin sarebbe stato troppo morbido con la corruzione. L’episodio, gravissimo, aveva fatto tuttavia sghignazzare le persone presenti alla conferenza del think tank rockefelleriano CFR.
«Biden ha ricattato l’allora presidente dell’Ucraina Poroshenko dicendo che gli Stati Uniti avrebbero negato un miliardo di dollari di aiuti» dice Medvechuk, aggiungendo l’incredibile accusa per cui circa il 20% di quel miliardo è comunque andato in Ucraina, con il restante 80% «rimasto negli Stati Uniti a disposizione di Biden».
Da allora Zelens’kyj avrebbe diffuso quel piano in tutto il paese. «Più a lungo si trascina la guerra, più denaro finisce nelle tasche dei democratici», ha scritto Medvedchuk.
«Tuttavia gli ucraini pagheranno questi profitti con il loro sangue e la distruzione del Paese» conclude amaramente.
Come riportato da Renovatio 21, sospetti di riciclaggio di immani quantità di danaro da parte dei democrati in Ucraina sono stati avanzati nel caso di FTX, il banco di criptovalute fallito, il cui CEO Sam Bankman-Fried, secondo donatore dei Democrats dopo Giorgio Soros, aveva posto in essere uno schema di donazioni internazionali in criptovalute lodato da Zelens’kyj.
Le illazioni riguardo a questo possibile processo di lavaggio di danaro globale via Kiev sono state smentite on sdegno da Alex Bornyakov, viceministro della trasformazione digitale dell’Ucraina, che su Twitter ha parlato teoria del complotto attorno al presunto sforzo di raccolta fondi di criptovalute del Paese.
Immagine screenshot da YouTube
Geopolitica
Gli europei sotto shock per la strategia di sicurezza nazionale degli Stati Uniti per il 2025
I leader europei e i media dell’establishment sono in preda al panico dopo la diffusione, sul portale ufficiale della Casa Bianca, della «Strategia per la sicurezza nazionale degli Stati Uniti d’America 2025» (NSS).
A terrorizzare Bruxelles e dintorni è l’impegno esplicito del governo USA a privilegiare «Coltivare la resistenza all’attuale traiettoria dell’Europa all’interno delle nazioni europee», descritta in termini aspri ma realistici. Il report si scaglia in particolare contro l’approccio dell’UE alla Russia.
L’NSS ammonisce che il Vecchio Continente rischia la «cancellazione della civiltà» se non invertirà la rotta imposta dall’Unione Europea e da altre entità sovranazionali. La «mancanza di fiducia in se stessa» del Continente emerge con evidenza nelle interazioni con Mosca. Gli alleati europei detengono un netto primato in termini di hard power rispetto alla Russia in quasi tutti i campi, salvo l’arsenale nucleare.
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Dopo l’invasione russa in Ucraina, i rapporti europei con Mosca sono drasticamente deteriorati e numerosi europei vedono nella Federazione Russa una minaccia esistenziale. Gestire le relazioni transatlantiche con la Russia esigerà un impegno diplomatico massiccio da Washington, sia per reinstaurare un equilibrio strategico in Eurasia sia per scongiurare frizioni tra Mosca e gli Stati europei.
«È un interesse fondamentale degli Stati Uniti negoziare una rapida cessazione delle ostilità in Ucraina, al fine di stabilizzare le economie europee, prevenire un’escalation o un’espansione indesiderata della guerra e ristabilire la stabilità strategica con la Russia, nonché per consentire la ricostruzione post-ostilità dell’Ucraina, consentendole di sopravvivere come Stato vitale».
Il conflitto ucraino ha paradossalmente accresciuto la vulnerabilità esterna dell’Europa, specie della Germania. Oggi, le multinazionali chimiche tedesche stanno erigendo in Cina alcuni dei più imponenti complessi di raffinazione globale, sfruttando gas russo che non possono più procurarsi sul suolo patrio.
L’esecutivo Trump si scontra con i burocrati europei che coltivano illusioni irrealistiche sul prosieguo della guerra, appollaiati su coalizioni parlamentari fragili, molte delle quali calpestano i pilastri della democrazia per imbavagliare i dissidenti. Una vasta maggioranza di europei anela alla pace, ma tale aspirazione non si riflette nelle scelte politiche, in gran parte ostacolate dal sabotaggio dei meccanismi democratici perpetrato da quegli stessi governi. Per quanto allarmati siano i continentali, l’establishment britannico lo è ancor di più.
Ruth Deyermond, docente al dipartimento di Studi della Guerra del King’s College London e specialista in dinamiche USA-Russia, ha commentato su X che il testo segna «l’enorme cambiamento nella politica statunitense nei confronti della Russia, visibile nella nuova Strategia per la Sicurezza Nazionale – il più grande cambiamento dal crollo dell’URSS». Mosca appare citata appena dieci volte nel corposo documento, nota Deyermond, e prevalentemente per evidenziare le fragilità europee.
In un passaggio esemplare, il report afferma che «questa mancanza di fiducia in se stessa è più evidente nelle relazioni dell’Europa con la Russia». «L’assenza della Russia dalla Strategia di Sicurezza Nazionale 2025 appare davvero strana, sia perché la Russia è ovviamente uno degli stati che hanno l’impatto più significativo sulla stabilità globale al momento, sia perché l’amministrazione è così chiaramente interessata alla Russia (…) Non è solo la mancanza di riferimenti alla Russia a essere sorprendente, è il fatto che la Russia non venga mai menzionata come avversario o minaccia» scrive l’accademica.«La mancanza di discussione sulla Russia, nonostante la sua importanza per la sicurezza e l’ordine internazionale e la sua… importanza per l’amministrazione Trump, fa sembrare che stiano semplicemente aspettando di poter parlare in modo più positivo delle relazioni in futuro».
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La parte dedicata al dossier ucraino – che allude al fatto che «l’amministrazione Trump si trova in contrasto con i politici europei che nutrono aspettative irrealistiche per la guerra» – pare quasi redatta dal Cremlino. L’incipit della Deyermond è lapidario: «Se qualcuno in Europa si aggrappa ancora all’idea che l’amministrazione Trump non sia inamovibile filo-russa e ostile alle istituzioni e ai valori occidentali, dovrebbe leggere la Strategia per la Sicurezza Nazionale del 2025 e ripensarci».
Il NSS dedica scarsa attenzione alla NATO, se non per insistere sulla cessazione della sua espansione indefinita, ma stando ad un articolo Reuters del 5 dicembre, Washington intende che l’Europa rilevi entro il 2027 la gran parte delle competenze di difesa convenzionale dell’Alleanza, dall’intelligence ai missili. Questa scadenza «irrealistica» è stata illustrata questa settimana a diplomatici europei a Washington dal team del Pentagono incaricato della politica atlantica, secondo cinque fonti «a conoscenza della discussione».
Nel corso dell’incontro, i vertici del Dipartimento della Difesa avrebbero espresso insoddisfazione per i passi avanti europei nel potenziare le proprie dotazioni difensive dopo l’«invasione estesa» russa in Ucraina del 2022. Gli esponenti USA hanno avvisato i loro omologhi che, in caso di mancato rispetto del termine del 2027, gli Stati Uniti potrebbero sospendere la propria adesione a certi meccanismi di coordinamento difensivo NATO, hanno riferito le fonti. Le capacità convenzionali comprendono asset non nucleari, da truppe ad armamenti, e i funzionari non hanno chiarito come misurare i progressi europei nell’assunzione della quota preponderante del carico, precisa Reuters.
Non è dato sapere se il limite temporale del 2027 rifletta la linea ufficiale dell’amministrazione Trump o meri orientamenti di singoli addetti del Pentagono. Diversi rappresentanti europei hanno replicato che un tale orizzonte non è fattibile, a prescindere dai criteri di valutazione di Washington, dal momento che il Vecchio Continente necessita di risorse finanziarie aggiuntive e di una volontà politica più marcata per rimpiazzare alcune dotazioni americane nel breve periodo.
Tra le difficoltà, i partner NATO affrontano slittamenti nella fabbricazione degli equipaggiamenti che intendono acquisire. Sebbene i funzionari USA abbiano sollecitato l’Europa a procacciarsi più hardware di produzione statunitense, taluni dei sistemi difensivi e armi made in USA più cruciali imporrebbero anni per la consegna, anche se commissionati oggi.
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Immagine di pubblico dominio CC0 via Wikimedia
Geopolitica
Orban: l’UE pianifica la guerra con la Russia entro il 2030
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Geopolitica
Scontri lungo il confine tra Thailandia e Cambogia
Lunedì la Thailandia ha condotto raid aerei in Cambogia, mentre i due vicini del Sud-est asiatico si attribuivano reciprocamente la responsabilità di aver infranto la tregua negoziata dagli Stati Uniti.
A luglio, una controversia confinaria protrattasi per oltre cinquant’anni è sfociata in scontri armati tra i due Stati. Il presidente USA Donald Trump, tuttavia, era riuscito a imporre un cessate il fuoco dopo cinque giorni di ostilità.
L’esercito thailandese ha riferito che i nuovi episodi di violenza sono emersi domenica, accusando le unità cambogiane di aver sparato contro i soldati di Bangkok nella provincia orientale di Ubon Ratchathani. Un militare thailandese è caduto, mentre altri quattro hanno riportato ferite; in seguito, ulteriori truppe thailandesi sono state bersagliate da artiglieria e droni presso la base di Anupong, ha precisato lo Stato Maggiore.
Massive explosion on the Cambodian side of the Cambodia Thailand border from an F-16 airstrike from Thailand
🇹🇭🇰🇭‼️‼️‼️‼️‼️‼️‼️‼️‼️‼️‼️‼️‼️ pic.twitter.com/R8W7KtQtjv
— WW3 Monitor (@WW3_Monitor) December 8, 2025
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Il portavoce della Royal Thai Air Force, il maresciallo dell’aria Jackkrit Thammavichai, ha comunicato in tarda mattinata di lunedì che i jet F-16 sono stati impiegati per «ridurre le capacità militari della Cambogia al livello minimo necessario per salvaguardare la sicurezza nazionale e proteggere i civili». Il portavoce del ministero della Difesa cambogiano, il tenente generale Maly Socheata, ha replicato domenica sera sostenendo che le truppe thailandesi hanno sferrato vari assalti contro le postazioni di Phnom Penh, utilizzando armi leggere, mortai e carri armati.
«Anche la parte thailandese ha accusato falsamente la Cambogia senza alcun fondamento, nonostante le forze cambogiane non abbiano reagito», ha dichiarato. Il dicastero ha altresì smentito le denunce thailandesi su un potenziamento delle truppe lungo il confine.
La contesa territoriale affonda le radici nell’epoca coloniale, quando la Francia – che dominò la Cambogia fino al 1953 – delimitò i confini tra i due paesi. Gli scontri di luglio provocarono decine di vittime e oltre 200.000 sfollati da ambo le parti.
Come riportato da Renovatio 21, la Thailandia aveva sospeso la «pace di Trump» quattro settimane fa.
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Immagine di pubblico dominio CC0 via Wikimedia
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