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Israele in procinto di colpire gli impianti nucleari iraniani

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L’Intelligence statunitense crede che la possibilità che un attacco militare israeliano contro gli impianti nucleari iraniani «sia aumentato significativamente». Lo riporta la CNN, citando numerosi funzionari statunitensi a conoscenza delle nuove valutazioni dei servizi di informazione USA.

 

Sebbene la leadership israeliana non abbia ancora preso una decisione definitiva, alcune comunicazioni intercettate di recente suggeriscono che la pianificazione sia in corso, hanno riferito alla rete fonti anonime.

 

L’Intelligence statunitense ha anche rilevato attività militari israeliane, tra cui lo spostamento di munizioni aeree e il completamento di esercitazioni aeree, che potrebbero indicare i preparativi per un «attacco imminente».

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Diversi funzionari hanno riconosciuto che queste azioni potrebbero fungere da segnale strategico all’Iran, con l’obiettivo di spingere Teheran a fare concessioni durante i negoziati in corso con Washington. Tuttavia, una fonte citata dalla CNN ha avvertito che «la prospettiva di un accordo tra Stati Uniti e Iran negoziato da Trump che non rimuova tutto l’uranio iraniano rende più probabile un attacco».

 

Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha stracciato l’accordo del 2015, sostenuto dalle Nazioni Unite, sul programma nucleare iraniano durante il suo primo mandato, accusando Teheran di aver segretamente violato l’accordo e ha reintrodotto le sanzioni.

 

L’Iran ha risposto revocando il proprio rispetto dell’accordo e accelerando l’arricchimento dell’uranio. Da quando è tornato alla Casa Bianca, Trump ha fatto pressioni su Teheran affinché raggiungesse un nuovo accordo e ha persino minacciato di bombardare il Paese se non si fosse raggiunto un accordo.

 

 

L’Iran e Israele si sono scambiati attacchi aerei nell’aprile e nell’ottobre dell’anno scorso, segnando l’escalation più drammatica tra i rivali regionali.

 

All’inizio di quest’anno, Israele avrebbe proposto «una vasta campagna di bombardamenti» per distruggere gli impianti nucleari iraniani, secondo il New York Times, ma Trump si è rifiutato di sostenerla, optando invece per la diplomazia. Da allora, secondo Reuters, lo Stato Ebraico sta prendendo in considerazione un «attacco più limitato» che richiederebbe un supporto minimo da parte degli Stati Uniti.

 

Come riportato da Renovatio 21, secondo quanto riferito il presidente degli Stati Uniti Donald Trump aveva respinto la proposta israeliana di attacchi «estensivi», optando invece per la diplomazia.

 

Nonostante la retorica bellicosa, Stati Uniti e Iran hanno tenuto diversi round di colloqui in Oman negli ultimi mesi, descritti da entrambe le parti come costruttivi e produttivi. Tuttavia, l’inviato speciale di Trump in Medio Oriente, Steve Witkoff, ha dichiarato la scorsa settimana che, sebbene Washington voglia risolvere diplomaticamente la situazione di stallo con Teheran, ha «una linea rossa molto, molto chiara… Non possiamo permettere nemmeno l’1% di una capacità di arricchimento».

 

L’Iran attualmente arricchisce l’uranio al 60% di purezza, ben al di sopra del limite del 3,67% stabilito dall’accordo nucleare, ormai defunto, e vicino al 90% necessario per il materiale per uso militare. Mentre funzionari statunitensi e israeliani hanno avvertito per anni che Teheran è a poche settimane da una svolta nucleare, la Repubblica Islamica insiste sul fatto che il suo programma nucleare è pacifico e non mira alla produzione di una bomba.

 

Il ministro degli Esteri iraniano Abbas Araghchi ha liquidato la richiesta degli Stati Uniti di smantellare completamente i suoi impianti nucleari come «irrealistica», affermando che Teheran avrebbe continuato ad arricchire l’uranio con o senza un accordo. Ha anche suggerito che alcune dichiarazioni di funzionari statunitensi sono «completamente slegate dalla realtà dei negoziati».

 

Come riportato da Renovatio 21, a novembre funzionari dello Stato Giudaico avevano rivelato che un sito nucleare segreto sarebbe stato distrutto negli attacchi all’Iran due mesi fa.

 

Mesi fa alcuni funzionari militari al Times of Israel avevano dichiarato che l’aeronautica militare israeliana si sta preparando per «potenziali attacchi» alle strutture nucleari iraniane.

 

Come riportato da Renovatio 21, a fine 2024 il direttore dell’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica AIEA), Rafael Grossi, aveva messo in guardia Israele dal prendere di mira gli impianti nucleari iraniani, poiché ciò è proibito dal diritto internazionale e potrebbe avere conseguenze disastrose per l’intera regione. Le tensioni atomiche tra iraniani e israeliani erano sensibili ancora due anni fa quando il Grossi aveva visitato Israele.

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Ancora nel 2022, Netanyahu rivendicava il diritto di attaccare le strutture nucleari dell’Iran. Lo scorso mese esperti militari americani hanno offerto un’analisi per cui Israele non avrebbe la capacità militare di distruggere il programma nucleare iraniano – un lavoro che dovrebbe fare, quindi, l’aviazione USA.

 

Come riportato da Renovatio 21, l’Iran aveva provocato lo Stato Ebraico, avvertendo di sapere dove sono nascoste le sue armi nucleari.

 

Scosse sismiche in territorio persiano mesi fa avevano fatto pensare a possibili esperimenti nucleari segreti da parte della Repubblica Islamica.

 

Secondo analisti militari, Israele non avrebbe le capacità tecniche di portare avanti da solo una campagna contro Teheran per la distruzione del programma nucleare iraniano.

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Paura e disgusto al ristorante che fa scrivere il menu all’AI

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L’intelligenza artificiale si è infiltrata nel mondo della ristorazione, provocando alcuni fallimenti a volte anche disgustosi.   Come segnalato su Bluesky, un ristorante di Sikar, la capitale dello stato indiano del Rajasthan, ha una descrizione grottesca per un antipasto altrimenti normale sul sito di consegna Zomato.   «Piccole protuberanze pruriginose, simili a vesciche, causate dal virus varicella-zoster comuni durante l’infanzia», si legge nella descrizione del piatto del ristorante Royal Roll Express di Sikar.    Un’interpretazione errata del nome del piatto in questione, «Chicken Pops», potrebbe spiegare perché un’Intelligenza Artificiale potrebbe aver sputato fuori una descrizione che suona molto simile alla varicella, un virus infantile comune che provoca esattamente lo stesso tipo di «brutte vesciche» descritte nel menu.   Sebbene ciò non giustifichi il motivo per cui la descrizione del menu sia ancora presente su Zomato, alcuni utenti di Reddit più equilibrati hanno proposto delle teorie tra sciocche battute sul «fuoco di Sant’Antonio».   Come osservato da un utente, il servizio di consegna statunitense DoorDash utilizza spesso l’Intelligenza Artificiale per aggiungere automaticamente i dettagli del piatto e talvolta lo fa anche se il ristorante ha fornito i propri riepiloghi.   «Ho scoperto che se i ristoranti locali non forniscono descrizioni piuttosto lunghe sui loro piatti (se dicono qualcosa come “Pollo con verdure”), DoorDash sostituisce automaticamente la descrizione fornita dal negozio con una descrizione generata dall’Intelligenza Artificiale», ha scritto l’utente. «È fastidioso perché mi è capitato più volte di ordinare qualcosa e il prodotto non corrispondeva alla descrizione».   Nonostante si tratti di un servizio completamente diverso da DoorDash, ci sarebbero prove che Zomato – che avrebbe recentemente licenziato 600 addetti all’assistenza clienti dopo aver annunciato un nuovo chatbot basato sull’intelligenza artificiale per i consumatori – potrebbe utilizzare l’Intelligenza artificiale per generare voci di menu, scrive Futurism. Nel 2020, l’ azienda con sede in India, ha annunciato che avrebbe digitalizzato i menu cartacei con l’aiuto dell’apprendimento automatico, e che lo avrebbe fatto «senza alcun intervento umano».   Sebbene Zomato abbia successivamente imposto un divieto sulle immagini generate dall’Intelligenza Artificiale nel 2024, tale divieto non è stato ancora introdotto per le descrizioni dei menu generate dall’AI, il che significa che sul sito potrebbero ancora essere presenti riassunti dei piatti digitalizzati in modo errato.   Questo è un esempio alquanto esilarante dei tanti modi in cui l’integrazione dell’intelligenza artificiale può andare in dissonanza con la realtà.    Va considerato, è già capitato che una Intelligenza Artificiale abbia suggerito ricette velenose agli utenti umani. Infatti un chatbot a sfondo culinario di una catena di alimentari neozelandese qualche mese fa aveva fatto scalpore per alcune ricette incredibili e potenzialmente letali, come la «miscela di acqua aromatica», un mix letale composto da candeggina, ammoniaca e acqua, altrimenti noto come gas di cloro mortale.   Esperti a fine 2023 hanno lanciato un avvertimento riguardo i libri generati dall’Intelligenza Artificiale riguardo la raccolta dei funghi, dicendo che tali libri scritti dalle macchine potrebbero causare la morte di qualcuno.  

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Harvey contro Philby, storie di spie e lotte intestine agli albori della CIA

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L’FBI non riuscì ad aggiudicarsi il controllo dell’Intelligence americana nel dopoguerra ma non per questo John Edgar Hoover (1895-1972) si ritirò dalla competizione. Lo sforzo profuso da William Harvey (1915-1976) nell’estrarre delle prove soddisfacenti dalla spia sovietica Elizabeth Bentley (1908-1963) non diede i suoi frutti ma i successivi approfondimenti degli interrogatori misero in luce la reale penetrazione sovietica negli apparati statunitensi. 

 

Harvey lasciò l’FBI e poco dopo entrò nella CIA, secondo la versione formale ebbe a ridire con Hoover in seguito al fiasco del caso Bentley. La versione di Joseph J. Trento nel suo The Secret History of the CIA invece racconta come Harvey divenne la talpa di Hoover all’interno della CIA. Sia Hoover che Harvey erano convinti che i vecchi membri dell’OSS passati alla CIA avevano un passato che li rendeva vulnerabili all’essere reclutati come spie sovietiche. 

 

Kim Philby (1912-1988), britannico, uno dei più famosi agenti doppiogiochisti nella storia dello spionaggio, nella sua autobiografia descriveva le differenze tra gli uomini dell’FBI e della CIA: «gli uomini dell’FBI sono orgogliosi della loro ignoranza, di essere cresciuti nell’ordinarietà, bevono whiskey dissetandosi con la birra. Al contrario, gli uomini della CIA hanno un atteggiamento cosmopolita. Discutono sull’assenzio e servono un Borgogna appena sopra la temperatura ambiente. Non è solo una questione di frivolezza è una fondamentale spaccatura sociale tra le due organizzazioni».

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Harvey possedeva una tenacia che nessun altro aveva. Il vantaggio sui suoi colleghi era che lui stava combattendo contro un nemico al contrario degli altri. Per Harvey i servizi segreti sovietici dell’NKVD e in seguito il KGB i servizi segreti sovietici, erano criminali. Lui era un poliziotto e la sua visione del controspionaggio rimaneva quella del poliziotto. 

 

Bill Harvey era l’uomo giusto al momento giusto, proprio in quel momento la United States Army Security Agency, il precursore della NSA, National Security Agency, stava cominciando a decriptare un codice sovietico chiamato VENONA. Molti dei messaggi stavano confermando le dichiarazioni rilasciate dalla Bentley proprio ad Harvey. Il quadro che ne stava uscendo era che i Sovietici avevano spiato America e Inghilterra durante tutto il periodo bellico. 

 

Harvey era stato commissionato a seguire il nuovo ufficio dell’OSO, Office of Special Operation, chiamato «Staff C» e dedito al controspionaggio. Il suo nuovo ufficio si trovava non lontano dal Lincoln Memorial e il suo nuovo collega era l’ex agente dell’OSS, reclutato dall’ufficio di Roma, James Jesus Angleton (1917-1987). Nonostante le differenze tra classi sociali e interessi i due legarono immediatamente. 

 

Harvey era estremamente colpito dal lavoro di controspionaggio portato avanti da Angleton negli anni da agente dell’OSS ma la cosa che più affascinava e disturbava l’ex FBI era la sua strettissima relazione con la superspia Kim Philby. I loro incontri erano talmente abituali che si sentivano praticamente ogni giorno e i pranzi assieme avvenivano più volte a settimana. Philby a sua volta aveva stretti contatti anche con Allen Dulles e con il suo braccio destro, Frank Wisner, responsabile dei Clandestine Services

 

Nel 1949 quando il codice VENONA venne decriptato per la prima volta, Philby venne mandato dall’MI6 nella capitale americana per lavorare con la CIA sull’individuazione dei doppiogiochisti. In particolare il britannico avrebbe dovuto lavorare su HOMER, identificato come colpevole di aver sottratto informazioni dal progetto Manhattan a favore dei sovietici. Sia gli americani che gli inglesi erano convinti che fosse impiegato nell’ambasciata britannica a Washington. 

 

Harvey iniziò a sviluppare crescenti sospetti su Philby e sul suo compagno di università a Cambridge, Donald Maclean (1913-1983), di cui era fermamente convinto fosse HOMER. Cercò il supporto di Angleton e di chiunque altro avesse volontà ad ascoltare nella CIA ma senza incontrare alcun appoggio. Improvvisamente Maclean venne promosso all’ambasciata inglese del Cairo e sostituito con Guy Burgess (1911-1963), anche lui compagno d’università di Philby a Cambridge. 

 

I sospetti di Harvey crebbero sempre più, rendendosi conto che Philby aveva accesso al progetto VENONA e che contemporaneamente diverse operazioni clandestine non avevano portato i frutti sperati come in Albania, Lettonia, Lituania ed Estonia.

 

Philby nel frattempo aveva sposato una ragazza ebrea austriaca, comunista dichiarata, al suo matrimonio era presente anche Teddy Koellek futuro sindaco di Gerusalemme, che ammonì Angleton di rimuovere immediatamente Philby dalla sede della CIA. Ma Angleton, anche per non portare alla luce i suoi contatti con il Mossad, mantenne il riserbo sul loro scambio. 

 

Una sera durante una cena a casa di Philby, complice l’elevato tasso alcolico di Burgess, i rapporti con Harvey si ruppero definitivamente. Successivamente alla cena, precisamente dal venticinque maggio 1951, Guy Burgess e Donald Maclean scomparvero. Era l’inizio della loro personale odissea verso l’Unione Sovietica e non sarebbero riapparsi in superficie per almeno altri cinque anni. 

 

Il generale Smith, direttore della CIA in quel momento, pretese un documento scritto da chiunque avesse avuto rapporti personali con le talpe sovietiche. Bill Harvey dopo aver letto il resoconto di Angleton ci scrisse sopra: «qual’è il resto della storia?». I due ruppero i loro rapporto da quel momento in avanti, Harvey non riuscì a capire la posizione di Angleton, chiedendosi quale potesse essere il movente che avesse spinto il suo collega.

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La conclusione della storia scosse alle fondamenta le basi dell’intero sistema dell’intelligence inglese e americano. Il generale Smith ottenne che Philby venisse rimosso da Washington e contemporaneamente il controspionaggio inglese aprì un indagine su di lui. 

 

Per Harvey però non si poteva parlare di vittoria, come con il caso Bentley non c’erano abbastanza prove per un accusa definitiva. Sarebbe dovuto diventare un eroe a Langley ma invece venne sempre trattato con sospetto per aver accusato un membro del club. Il futuro della CIA non sarebbe stato lui ma Allen Dulles e Richard Helms che impersonificavano appieno lo spirito dell’agenzia.

 

«La gerarchia della CIA rimaneva immutata nel suo sistema inglese», disse William Corson, autore e colonnello della CIA in pensione, «amicizia, OSS e la rete dei vecchi commilitoni. Questo era esattamente il modo in cui Dulles misurava le persone». Philby rimaneva un membro del club, mentre Harvey non lo sarebbe mai potuto diventare. Nessuno lo voleva più nella sede centrale e proprio per questo Harvey accettò il trasferimento a Berlino, dove il generale Smith gli accordò il controllo totale dell’ufficio. 

 

La BBC pubblicò nel 2016 un video in cui Philby raccontava nel 1981 la sua esperienza a membri della Stasi. La spia descriveva la sua carriera come doppiogiochista di successo debitrice verso alcune variabili che gli vennero in aiuto.

 

La mitologica efficienza dell’MI6 era, durante la guerra, semplice propaganda, infatti potè ogni notte tornare a casa con i documenti segreti, fotografarli e consegnarli a corrieri sovietici senza mai incorrere in alcun ostacolo, sino a divenire a capo del dipartimento di controspionaggio con il compito di scovare spie sovietiche, libero dal rischio di accuse grazie all’appartenenza all’alta classe sociale inglese. Nessuno si sarebbe mai permesso di accusarlo con il rischio di venire distrutto da un terribile scandalo.

 

Marco Dolcetta Capuzzo

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Conflitti nell’Intelligence americana: la storia dell’OSS contro l’FBI e la creazione della CIA

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Con la fine della guerra e il profilarsi della futura suddivisione del pianeta in due mondi, la questione di chi avrebbe dovuto prendersi in carico la gestione dell’Intelligence nel dopoguerra prese il sopravvento negli alti piani dirigenziali americani. Nell’estate del 1947 la cosiddetta Red Scare, paura dei rossi comunisti, aveva preso piede negli States   Secondo Joseph J. Trento nel suo The Secret History of the CIA l’America si stava chiedendo quale fosse la direzione intrapresa dal governo a stelle e strisce. In Cina i Nazionalisti di Chiang Kai-shek, sostenuti dall’intelligence americana, stavano perdendo terreno a favore dei comunisti di Mao, i sovietici non dimostravano nessuna intenzione a lasciare la Germania ed era di pubblico dominio come Mosca fosse riuscita a sottrarre documenti segreti del Progetto Manhattan. Voci di corridoio dicevano che Hoover, direttore dell’FBI, non fosse contento.   J. Edgar Hoover fu uno degli uomini più potenti d’America per un lungo periodo di tempo. A ventiquattro anni nel 1919 gli venne assegnata la carica di capo della nuova General Intelligence Division del BOI (Bureau of Investigation), la cosiddetta Radical Division perché aveva come obiettivo principale quello di ricercare e distruggere le cellule di radicali presenti nell’intera repubblica federale nord-americana. Era entrato a far parte del BOI già nel 1921, nel 1924 ne era diventato il direttore.

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Nel 1935 il BOI divenne FBI e fino all’inizio della guerra rappresentò il più importante servizio di intelligence nel suolo americano. Famoso il suo lavoro sulla banca dati di impronte digitali e l’implementazione di laboratori per studiare le prove dei diversi casi. Notissimi anche i suoi rapporti con la malavita americana e i metodi affini alle sue frequentazioni sotterranee.   Con l’inizio della guerra, il capo della sezione dei servizi inglesi negli Stati Uniti, BSC (British Security Coordination), William Stephenson, aveva ricevuto l’ordine da Stewart Menzies, direttore del MI6, di connettersi al più alto livello possibile dei servizi americani, in quel momento rappresentati dall’FBI di Hoover.   La ricercatrice Whitney Webb raconta nel suo One Nation Under Blackmail come la BSC avesse consegnato a Hoover oltre centomila rapporti confidenziali in cambio di resoconti sui movimenti marittimi tedeschi. I rapporti tra i due però si ruppero definitivamente nel 1941 all’alba dell’entrata in guerra, da quel momento in avanti Stephenson cominciò a coltivare William «Wild Bill» Donovan.   Donovan era un famoso avvocato della grande mela, veterano della Grande guerra, il classico e consumato membro della «Eastern Establishment», la classe dirigenziale della costa levantina americana che comprendeva soggetti come Thomas E. Dewey o i fratelli Allen e John Foster Dulles. Venne nominato da Roosevelt a capo della COI (Office of the Coordinator of the Information) l’embrione da cui scaturì in seguito l’OSS, Office of Strategic Service, che Donovan diresse fino alla fine del conflitto.    Sempre secondo varie fonti citate nel testo della Webb, quando «Wild Bill» venne nominato a capo della COI, nacque una forte tensione con l’altra faccia della medaglia del controllo americano, Hoover e i suoi alleati. Questa lotta intestina portò Donovan a utilizzare i suoi contatti con la malavita, come Meyer Lansky, per colpire Hoover. Donovan lo ricattò grazie a delle foto recuperate da Lansky mentre si trovava in atteggiamenti intimi con l’FBI deputy director Clyde Tolson.    La Webb descrive l’OSS come un associazione vista spesso e volentieri come un club. Nonostante nelle sue fila operassero un elevato numero di ufficiali militari provenienti da varie agenzie governative, il comando era saldamente in mano ai figli delle più facoltose famiglie americane. I migliori ruoli degli uffici di Londra, Madrid, Parigi o Ginevra erano tenuti dai rampolli dei Mellon, dei Morgan, dei Du Pont o dei Vanderbilt.    Una volta terminata la guerra, negli Stati Uniti, una rete di spie comuniste sembrava operare indisturbata. Hoover, nel pieno di questa fobia rossa, cercava un colpo sensazionale per guadagnarsi il merito nei confronti del presidente Truman e depennare l’OSS dalla lista dei suoi nemici. L’agente William King Harvey, considerato il migliore da Hoover, aveva raccolto ventisette nomi dalle interrogazioni con Elizabeth Bentley, che aveva confessato di essere un corriere sovietico. Secondo la Bentley, tutti loro lavoravano per il governo e ben 5 facevano parte dell’OSS.    Hoover, intravedendo il colpo gobbo contro Dulles e Donovan inviò un messaggio segreto e personale al presidente Truman. Nonostante appena un anno prima avesse assolutamente negato ogni possibilità che vi potesse essere una rete comunista nel suolo americano, non resistette e si giocò tutto sulla questione dei rossi.   Harvey lavorò incessantemente sul caso per i successivi due anni senza riuscire a cavarne fuori una singola prova che potesse convincere un giudice a formulare un arresto.    La fiducia di Truman versò Hoover terminò in quel momento assieme a qualsiasi possibilità di diventare il nuovo gestore dei futuri servizi segreti americani. A quel punto Truman prese tempo e decise di lasciare la futura nascita dell’apparato nelle mani del dipartimento di stato e dei militari. Fu in questo momento che la figura di Allen Dulles fece capolino nella storia.   Come racconta Douglas Waller in Disciples, Allen Dulles coltivava il sogno di diventare segretario di Stato proprio come suo nonno e suo zio. Entrò a far parte del Council on Foreign Relations (CFR), scrivendo pezzi per il suo giornale Foreign Affairs. Frequentava il circolo chiamato amichevolmente dai suoi habitué «The Room», un appartamento dove si incontravano per una chiacchiera informale i finanzieri di New York di ritorno dai loro viaggi in giro per il mondo. Venne assunto dal Dipartimento di Stato nel 1927 come consulente legale, situazione che sarebbe impossibile oggi per via del palese conflitto di interessi con il suo lavoro.    Dulles non voleva lasciare il futuro dei servizi in mano al Congresso o al presidente e decise di crearne uno privato. Voleva creare la struttura e al momento opportuno presentarla al presidente che a quel punto l’avrebbe riconosciuta come fatto compiuto e assorbita all’interno degli apparati statali. Utilizzando il CFR come sua base aveva organizzato un strategia in tre parti, formare un agenzia privata e nascosta, piazzare nel governo suoi uomini fedeli alla causa, plasmare l’opinione pubblica attraverso il potere che esercitava sui media. Non soddisfatto concorse a esasperare il terrore dell’avanzamento dei sovietici in Europa e in Cina.    Truman soverchiato dalla situazione non vide altra soluzione che agire in fretta e furia e si adagiò comodamente nel solco creato da Dulles. Secondo Trento nel suo The Secret History of the CIA, la combinazione tra la spinta della propaganda organizzata da Dulles e la reale situazione mondiale accelerò l’approvazione della struttura da parte del presidente.

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Nel gennaio 1946 Truman creò temporaneamente la CIG Central Intelligence Group, che non avendo il permesso di portare avanti operazioni coperte però non aveva ancora ereditato il grosso dell’OSS. Fu Dulles che con la sua organizzazione ereditò il controllo del segmento nascosto.    Nel 1947 Truman con il National Security Act diede vita alla CIA (Central Intelligence Agency) e al NSC (National Security Council). Micheal H. Hunt nella sua opera The American Ascendancy descrive l’obiettivo della nascita del NSC come corpo centrale di coordinamento sotto il controllo del presidente dedito alla formulazione della politica nazionale e al supporto delle decisioni presidenziali.    Il presidente non volendo partecipare pubblicamente alle operazioni clandestine, adottò in toto lo schema proposto da Dulles, dando la possibilità di operare con istituzioni private di carità e fondazioni. Dulles divenne inizialmente l’uomo ombra dei servizi americani per poi assurgere a direttore della CIA nel 1953 sotto Eisenhower.   Di fatto fu l’uomo che gestì i servizi segreti americani dal dopoguerra in avanti fino all’arrivo di JFK e del disastro della Baia dei Porci nel 1961 dove venne costretto a rassegnare le dimissioni.   Marco Dolcetta Capuzzo

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Immagine: Il capo dell’FBI Edgar J. Hoover consegna i diplomi ai diplomati della National Police Academy. Washington, 2 aprile 1938. Immagine di pubblico dominio CC0 via Wikimedia
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