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Terrorismo

Israele ha pianificato l’attacco con cercapersone per 15 anni

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I servizi segreti israeliani stanno valutando da almeno 15 anni un’operazione simile a quella delle esplosioni di massa di dispositivi elettronici di Hezbollah di questa settimana. Lo ha riferito Secondo una fonte dell’intelligence statunitense ad ABC News.

 

Migliaia di persone sono rimaste ferite in Libano da una serie di esplosioni martedì e mercoledì, quando cercapersone, walkie-talkie e altri dispositivi utilizzati dal gruppo militante sono esplosi simultaneamente. Israele non ha né confermato né negato la responsabilità dell’incidente, sebbene i resoconti dei media internazionali lo abbiano ampiamente descritto come un’operazione del Mossad.

 

Parlando con ABC News, una fonte statunitense l’ha definita una «interdizione della fornitura», aggiungendo che la CIA è da tempo riluttante a impiegare tattiche simili a causa del rischio di danni collaterali. In Libano, tra le decine di persone uccise nell’attacco, che ha lasciato anche molte vittime mutilate, c’erano anche dei bambini.

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Il New York Times aveva precedentemente riferito che la fornitura di dispositivi sabotati era iniziata nell’estate del 2023, citando numerosi funzionari a conoscenza dell’operazione.

 

Secondo quanto riportato da ABC News, la BAC Consulting, un’azienda con sede in Ungheria a cui il produttore taiwanese di elettronica Gold Apollo ha subappaltato la produzione di cercapersone per Hezbollah, sarebbe una facciata israeliana.

 

I dispositivi non sono mai stati in Ungheria e la BAC sarebbero stati «un intermediario commerciale, senza un sito produttivo o operativo» nel Paese, ha detto un portavoce del governo di Budapest al giornale.

 

Anche l’amministrazione taiwanese ha preso le distanze dall’ondata di violenza in Libano, isola cinese autonoma.

 

«I componenti sono circuiti integrati e batterie di fascia bassa», ha detto ai giornalisti venerdì il ministro dell’Economia Kuo Jyh-huei, riportato dall’agenzia Reuters. «Posso dire con certezza che non sono stati realizzati a Taiwan».

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Beirut e la leadership di Hezbollah hanno attribuito l’incidente a Israele e hanno dichiarato che il Libano si trova ora in stato di guerra con il suo vicino.

 

Le Forze di difesa israeliane hanno intensificato il fuoco transfrontaliero in Libano giovedì, in quello che gli osservatori temono possa essere un preludio per una grande invasione di terra. Il ministro della Difesa Yoav Gallant ha annunciato mercoledì una «nuova fase della guerra» con il movimento militante. Una divisione di commando israeliana precedentemente coinvolta in azioni militari a Gaza si è spostata a nord in mezzo alle crescenti tensioni.

 

Israele aveva lanciato un’operazione militare su larga scala in Libano nel 1982, che portò a un’occupazione parziale durata tre anni e all’ascesa di Hezbollah come forza militare e politica di primo piano, e di nuovo nel 2006, in quella che si rivelò un’incursione durata un mese.

 

Come riportato da Renovatio 21, vi sono ancora molti dubbi sulla tecnologia usata negli attacchi, e quindi anche sulle versioni circolanti sui giornali internazionali. Quella delle cariche esplosive nei dispositivi non sembra plausibile secondo logica, portando a pensare che tutte queste «fonti» di Intelligence che sbucano sulle maggiori testate mondiali in realtà facciano da schermatura alla tremenda realtà che il telefonino di chiunque, nel mondo, può essere utilizzato come arma contro la persona stessa.

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Terrorismo

Il Pentagono pubblica il video della «vendetta» sui terroristi siriani

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Il Pentagono ha reso pubblici video di combattimento che documentano le forze statunitensi e alleate impegnate in massicci attacchi contro presunti obiettivi terroristici dello Stato Islamico in Siria, nell’ambito della risposta di Washington all’uccisione recente di personale americano.   In un post pubblicato venerdì sera su X, il Comando Centrale degli Stati Uniti (CENTCOM) ha reso noto che le truppe americane e giordane hanno colpito oltre 70 bersagli nella Siria centrale, impiegando più di 100 munizioni a guida di precisione. Il Pentagono ha precisato che gli attacchi rientrano nell’Operazione Hawkeye Strike e hanno visto l’impiego di caccia statunitensi, elicotteri d’attacco, artiglieria e velivoli da combattimento giordani.   Le immagini diffuse mostrano raid aerei ed esplosioni che colpiscono presunte posizioni di militanti in varie località, con obiettivi identificati come infrastrutture terroristiche e depositi di armi.  

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  «Questa operazione è cruciale per impedire all’ISIS di ispirare complotti terroristici e attacchi contro il territorio statunitense», ha dichiarato il comandante del CENTCOM, ammiraglio Brad Cooper. «Continueremo a inseguire senza tregua i terroristi che intendono danneggiare gli americani e i nostri partner in tutta la regione».   Dall’attacco del 13 dicembre contro le forze statunitensi e alleate, le truppe americane e dei partner hanno effettuato dieci operazioni in Siria e Iraq, che hanno portato all’eliminazione o alla cattura di 23 presunti membri dell’ISIS, secondo il CENTCOM. Negli ultimi sei mesi, in Siria sono state condotte oltre 80 missioni antiterrorismo, ha aggiunto.   Il presidente Donald Trump ha affermato che il nuovo governo siriano era stato informato dell’operazione di rappresaglia e l’ha appoggiata, mentre il segretario alla Difesa Pete Hegseth ha sottolineato che si è trattato di una «dichiarazione di vendetta» e non di una guerra.   Gli Stati Uniti mantengono da anni una presenza militare in Siria, sostenendo le Forze Democratiche Siriane (SDF) – gruppo a guida curda e che controllano il Nord-Est – e gruppi ribelli minori nel Sud del Paese. Dopo il repentino collasso del regime di Bashar al-Assad alla fine dell’anno scorso e l’ascesa al potere degli islamisti guidati da al-Sharaa, il Pentagono ha ampliato la cooperazione militare anche con le nuove autorità.   Negli ultimi mesi, forze di sicurezza statunitensi e siriane hanno effettuato numerose operazioni congiunte, presumibilmente dirette contro le cellule dell’ISIS. Gli USA avevano schierato fino a 2.000 militari in Siria, ma l’amministrazione Trump ha annunciato all’inizio del 2025 l’intenzione di ridurre la presenza e il numero di basi gestite dal Pentagono nel Paese.  

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Terrorismo

Generale russo assassinato a Mosca

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Un generale russo è rimasto ucciso nell’esplosione di un’autobomba a Mosca, ha comunicato il Comitato investigativo. Lo riporta la stampa russa.

 

Le autorità hanno identificato la vittima nel tenente generale Fanil Sarvarov, responsabile dell’addestramento operativo presso lo Stato Maggiore. Secondo la nota ufficiale, un ordigno esplosivo era stato collocato sotto l’autoveicolo su cui viaggiava il militare ed è detonata lunedì mattina nella zona meridionale della capitale russa.

 

I media hanno riferito che l’esplosione ha provocato danni anche ad altri veicoli vicini e ha causato gravi ferite all’autista di Sarvarov.

 


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Le autorità russe hanno indicato che una delle piste principali è quella di un omicidio commissionato dai servizi segreti ucraini, ricordando che Kiev ha già fatto ricorso a ordigni esplosivi per eliminare in modo mirato funzionari e figure pubbliche.

 

Lo scorso dicembre, una bomba nascosta in un monopattino elettrico aveva ucciso il tenente generale Igor Kirillov, comandante delle truppe di difesa nucleare, chimica e biologica della Russia, insieme al suo aiutante, in un attentato che gli inquirenti hanno attribuito all’Ucraina.

 

Secondo il sito del Ministero della Difesa, Sarvarov era un ufficiale di carriera con esperienza di combattimento maturata durante le operazioni antiterrorismo nel sud della Russia tra la fine degli anni ’90 e l’inizio degli anni 2000. Il 56enne era stato nominato nel 2016 a capo del dipartimento incaricato della preparazione degli ufficiali superiori nelle esercitazioni di stato maggiore e in altri eventi. In precedenza aveva partecipato al dispiegamento russo in Siria.

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Terrorismo

Netanyahu colpirà l’Iran?

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Il massacro di ebrei a Sydney, in Australia, durante una celebrazione di Hanukkah potrebbe innescare una nuova escalation bellica nel Medio Oriente? Se lo chiede EIRN.   L’agenzia di notizie ricorda come politici israeliani, tra cui il primo ministro Benjamin Netanyahu e il presidente IsaccoHerzog, hanno reagito con veemenza, affermando che «il sangue delle vittime è sulle mani del governo» per non aver contrastato con maggiore decisione l’antisemitismo. Netanyahu ha richiamato in particolare una lettera inviata ad agosto al primo ministro australiano Anthony Albanese, in cui criticava la scelta del governo di appoggiare la creazione di uno Stato palestinese in sede ONU. Tale posizione, secondo Netanyahu, ha incoraggiato «l’odio per gli ebrei che ora infesta le vostre strade».   Lo Herzog ha aggiunto che il sostegno a uno Stato palestinese ha provocato «un’enorme ondata di antisemitismo» che sta «affliggendo la società australiana». Anche il ministro della Sicurezza Nazionale, l’ultrasionista kahaniano Itamar Ben-Gvir, si è unito alle critiche.   Queste accuse sono arrivate prima che le autorità completassero la raccolta di prove sui responsabili, uno dei quali è stato abbattuto dalla polizia e l’altro versa in condizioni critiche.   A Teheran si teme che Netanyahu possa sfruttare l’episodio come pretesto per un nuovo attacco contro l’Iran. Fonti nei media e nella sicurezza iraniana hanno confermato che il Paese è in massima allerta, dato che Netanyahu ha più volte minacciato di far pagare all’Iran un prezzo elevato per qualsiasi aggressione contro Israele. Ad esempio, il 19 ottobre ha dichiarato a Channel 14 israeliana che la minaccia iraniana è «ben lungi dall’essere finita… la nostra attenzione rimane sull’Iran».   Il governo iraniano ha emesso una condanna formale della strage, respinta dal ministero degli Esteri israeliano, che ha accusato l’Iran di «cercare costantemente di uccidere israeliani ed ebrei in tutto il mondo».   Alcune fonti israeliane hanno riferito che Netanyahu sarebbe frustrato per essere stato ostacolato dal presidente statunitense Donald Trump nel lanciare un nuovo attacco contro l’Iran. L’idea è che, con Trump impegnato nei negoziati con la Russia per chiudere il conflitto in Ucraina, l’attacco in Australia potrebbe servire a Netanyahu come motivazione per colpire l’Iran.  

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