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Geopolitica

Israele dice a Zelens’kyj di non volere la sua visita

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Il presidente ucraino Volodymyr Zelens’kyj avrebbe voluto visitare Israele, nel tentativo di collegare la causa del suo Paese a quella dello Stato ebraico, ma gli è stato chiesto di starne lontano. Lo riporta il sito di informazione israeliano Ynet.

 

Allo Zelens’kyj sarebbe stato detto che «non è il momento giusto» per fare un viaggio del genere. Il presidente ucraino avrebbe voluto recarsi nel Paese insieme al segretario di Stato americano Antony Blinken.

 

La sua intenzione di visitare Israele per mostrare «solidarietà» è stata segnalata per la prima volta da Axios mercoledì scorso. Il viaggio avrebbe rafforzato «il sostegno internazionale alla controffensiva di Israele contro Hamas a Gaza», suggerisce la testata israeliana.

 

Zelens’kyj, assieme ad uno stuolo di altri personaggi del regime di Kiev, ha proclamato il pieno sostegno dell’Ucraina a Israele poco dopo l’attacco a sorpresa lanciato da Hamas all’inizio del 7 ottobre. Il presidente-attore si è mobilitato per un più ampio sostegno internazionale allo Stato ebraico, insistendo che fosse necessario date le circostanze attuali.

 

«Ecco perché esorto tutti i leader a visitare Israele e a mostrare il loro sostegno al popolo. Non sto parlando di istituzioni, ma di sostegno alle persone che hanno subito attacchi terroristici e che muoiono oggi», aveva detto il presidente ucraino la settimana scorsa.

 

Allo stesso tempo, Zelens’kyj apparentemente si è lamentato del fatto che la nuova escalation in Medio Oriente abbia rubato l’attenzione a Kiev, con il conflitto ucraino che è scomparso dalla copertura dei media occidentali e ha lasciato il posto a Israele.

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«Se l’attenzione internazionale si spostasse dall’Ucraina, in un modo o nell’altro, ciò avrebbe delle conseguenze. Il destino dell’Ucraina dipende dall’unità del resto del mondo», ha dichiarato Zelens’kyj in un’intervista a France 2 martedì scorso.

 

Come riportato da Renovatio 21, il mese scorso Zelens’kyj non è stato incluso nella lista dei 50 «ebrei più influenti» del 2023 compilata ogni anno dal quotidiano israeliano Jerusalem Post. Lo Zelens’kyj era in cima alla lista nel 2022 nel conflitto in corso tra Mosca e Kiev, quest’anno invece ne è stato escluso, ed è stata data menzione invece a Evgenij Prigozhin, che era anch’egli di origine ebraiche.

 

Nello Stato Ebraico l’attuale presidente ucraino avrebbe comprato una casa per i genitori. Come noto, possiede anche una lussuosa villa a Forte dei Marmi. Secondo Seymour Hersh, funzionari polacchi e ungheresi, con i funzionari USA (che sono fonti del giornalista Pulitzer) in piena coscienza della cosa, avrebbero prospettato a Zelens’kyj la possibilità di essere esiliato proprio in Italia. All’epoca i giornali italiani cercarono di capire la rete di varie società coinvolte nella proprietà della villa, tra cui alcune registrate a Cipro, dove operava anche, pure con cittadinanza del Paese, Igor Kolomojskij, l’oligarca considerato l’inventore e il primo fiancheggiatore del fenomeno Zelens’kyj, portandolo dalle sue TV alla presidenza dell’ex repubblica sovietica.

 

Secondo un vecchio servizio di VOA, testata pubblica statunitense orientata decisamente sugli interessi degli Stati Uniti, Zelens’kyj sarebbe andato a trovare Kolomojskij un gran numero di volte sia a Ginevra sia in Israele.


Kolomojskijm che ha cittadinanza israeliana, è stato presidente della Comunità Ebraica Unita dell’Ucraina, e nel 2010 è stato nominato – con quello che poi sarà definito «un putsch» – presidente del Consiglio Europeo delle Comunità Ebraiche (ECJC). Tuttavia, dopo le veementi proteste degli altri membri del consiglio, dovette lasciare e fondarsi una lega ebraica tutta sua, la European Jewish Union.

 

Come riportato da Renovatio 21, Kolomojskij non è più nelle grazie del suo pupazzo: ora subisce raid in casa da parte dei servizi di sicurezza interna SBU e accuse di riciclaggio internazionale. Su Kolomojskij pendono accuse anche negli USA.

 

Nelle scorse settimane Putin ha accusato l’Occidente di usare le origini ebraiche di Zelens’kyj per distrarre dal ritorno del nazismo in Ucraina. Tre mesi fa una timida critica, superficiale e con paraocchi, era stata tentata anche dall’ambasciatore israeliano a Kiev. Nel frattempo, una delegazione del battaglione Azov, un tempo denunciato da vari quotidiani internazionali come neonazista, è andata in visita in Israele.

 

Zelens’kyj lo scorso mese ha dichiarato di voler perseguire un «modello israeliano», facendo dell’Ucraina un alleato finanziato e armato pesantemente dagli USA.

 

Israele in questi mesi aveva dichiarato di non voler fornire il sistema di difesa antiaerea «Iron Dome» agli ucraini per timore che potesse cadere poi in mano iraniana. A inizio anno Tel Aviv aveva rifiutato la pressione USA per fornire batteria di difesa aerea all’Ucraina.

 

Come riportato da Renovatio 21circa la metà dei 300.000 ebrei ucraini sarebbe ora fuggita all’estero, ha rivelato un rabbino di Kiev al Washington Post a inizio mese.

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 Immagine di Israel Government Press Office via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 4.0 International

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Geopolitica

Orban promette di combattere i «burocrati guerrafondai» di Bruxelles

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L’Unione Europea si è trasformata in un «progetto di guerra» che minaccia le economie dei suoi Stati membri, ha dichiarato il primo ministro ungherese Viktor Orban, promettendo di opporsi alle politiche bellicose di Bruxelles.   L’Orban, noto per le sue critiche aspre alle politiche dell’UE, in particolare sul conflitto in Ucraina, ha accusato in passato Bruxelles di aver reso l’Unione un simbolo di debolezza e disordine. L’Ungheria e la Slovacchia, altro membro dell’UE, affrontano sfide comuni, come «immigrazione clandestina, ideologia woke e burocrati guerrafondai a Bruxelles», ha affermato Orban domenica durante un evento congiunto con le autorità slovacche.   «Continueremo a difendere la nostra sovranità, i nostri valori e il nostro futuro!», ha proclamato Orban in un post su X per celebrare l’occasione. Zoltan Kovacs, portavoce internazionale del primo ministro, ha condiviso un estratto del discorso di Orban.   «Come gli imperi del passato che ci hanno paralizzato, l’Unione Europea è ora diventata un progetto di guerra», si sente dire nel video il leader ungherese. Orbán ha avvertito che Bruxelles si è posta l’obiettivo di sconfiggere la Russia entro il prossimo decennio, richiedendo a ogni Stato membro e cittadino di «servire» questo scopo.  

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A differenza della maggior parte dei Paesi dell’UE, l’Ungheria si è costantemente opposta alla linea di Bruxelles verso la Russia, promuovendo un approccio più diplomatico. Budapest si è rifiutata di fornire armi all’Ucraina, ha osteggiato la candidatura di Kiev all’UE e ha criticato ripetutamente le sanzioni dell’Unione contro Mosca.   L’Ungheria ha sottolineato l’importanza delle importazioni di petrolio e gas russi per la sua economia, respingendo le pressioni di Stati Uniti e UE per interrompere i legami energetici con Mosca e definendo i funzionari dell’Europa occidentale «fanatici» incapaci di un dialogo razionale.   La settimana scorsa, l’emittente pubblico tedesco DW ha riportato che Bruxelles conta sulla possibile perdita di potere di Orban e del suo partito Fidesz nelle elezioni parlamentari del prossimo anno, dato che il loro veto sta bloccando i negoziati di adesione dell’Ucraina all’UE.   Come riportato da Renovatio 21, il mese scorso, il ministro degli Esteri ungherese Peter Szijjarto ha accusato i funzionari dell’UE di complottare per rovesciare i «governi patriottici» di Ungheria, Slovacchia e Serbia, sostituendoli con regimi fantoccio.  

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  Immagine di © European Union, 1998 – 2025 via Wikimedia ripubblicata secondo indicazioni  
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Geopolitica

Trump: «Hamas pagherà all’inferno»

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Il gruppo militante islamista Hamas ha quattro giorni per accettare il piano di pace per Gaza in 20 punti proposto dal presidente degli Stati Uniti Donald Trump.

 

Presentato durante l’incontro di Trump con il premier israeliano Benjamin Netanyahu lunedì, il piano prevede un cessate il fuoco immediato, uno scambio di ostaggi con prigionieri, un ritiro graduale di Israele e un’amministrazione internazionale di transizione. Inoltre, stabilisce che Gaza diventi una «zona deradicalizzata e libera dal terrorismo», escludendo Hamas dal governo.

 

Rispondendo a un giornalista sul tempo concesso a Hamas per rispondere, Trump ha dichiarato: «Ci vorranno circa tre o quattro giorni», sottolineando che il gruppo ha «poco» margine per negoziare. «Hamas o lo farà o non lo farà, e se non lo farà, sarà una triste fine», ha aggiunto.

 

In un discorso successivo al Dipartimento della Guerra, presso la base dei Marines di Quantico, ha ribadito: «Abbiamo una firma di cui abbiamo bisogno, e quella firma pagherà all’inferno se non la firmeranno».

 

Se Hamas rifiuterà il piano o lo violerà, Israele avrà il suo «pieno appoggio», ha affermato.

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Netanyahu, che ha sostenuto la proposta, ha avvertito che Israele «finirà il lavoro» di eliminare Hamas se il gruppo dovesse rifiutare.

 

Hamas non ha partecipato ai negoziati per la stesura del piano, che richiede il disarmo del gruppo, una condizione che Hamas ha sempre respinto, insieme a qualsiasi proposta che escluda l’autodeterminazione palestinese.

 

I mediatori di Qatar ed Egitto hanno trasmesso il piano di Trump al gruppo lunedì sera, e fonti vicine ai colloqui hanno riferito ai media che Hamas si è impegnato a valutarlo «in buona fede». Si attende ancora una risposta ufficiale.

 

Quasi una dozzina di nazioni arabe e a maggioranza musulmana, tra cui Arabia Saudita, Giordania, Emirati Arabi Uniti ed Egitto, hanno appoggiato l’iniziativa di pace di Trump. L’Autorità Nazionale Palestinese (ANP), che governa la Cisgiordania, ha accolto favorevolmente il piano, definendolo uno «sforzo sincero e determinato» per la pace a Gaza.

 

Secondo il piano, l’ANP assumerebbe il controllo di Gaza al termine del conflitto, dopo l’attuazione delle riforme previste dall’accordo.

 

Come riportato da Renovatio 21, negli scorsi mesi Trump aveva dichiarato di voler andare in paradiso.

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Immagine di pubblico dominio CC0 via Flickr

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Geopolitica

«Momento Francesco Ferdinando»: alti funzionari di Brusselle temono lo scoppio della guerra in Europa

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L’Unione Europea è sempre più preoccupata che le tensioni con la Russia possano degenerare in un conflitto su larga scala, in uno scenario che alcuni funzionari paragonano in privato alla reazione a catena seguita all’assassinio dell’arciduca Francesco Ferdinando, che scatenò la Prima Guerra Mondiale. Lo riporta il sito Politico.   Oggi i leader dell’UE si riuniranno a Copenaghen per discutere strategie di contenimento della Russia, in risposta a una serie di incidenti con droni in Europa.   Secondo Politico, la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen sta spingendo per una discussione «senza precedenti» sulla postura militare dell’UE, andando oltre le competenze tradizionali del blocco e includendo progetti come un «muro di droni» per neutralizzare droni considerati ostili.   L’agenzia di stampa riferisce che i partecipanti al summit concorderanno sul fatto che la Russia rappresenta una «minaccia» per l’UE e sosterranno l’accordo, convinti che «non fare nulla renderebbe più probabile una guerra totale».

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Tuttavia, diplomatici anonimi hanno rivelato a Politico che le possibili azioni per scoraggiare la Russia sono «pieni di rischi», con alcuni funzionari che avvertono privatamente di un possibile «momento Francesco Ferdinando», ovvero un’escalation improvvisa che potrebbe trascinare il continente in un conflitto. Il termine richiama l’assassinio dell’arciduca Francesco Ferdinando a Sarajevo nel 1914, che innescò una rapida sequenza di alleanze e ultimatum, portando alla Prima Guerra Mondiale.   I vertici militari dell’UE ritengono che il blocco sia già coinvolto in una «forma di guerra a bassa intensità con la Russia», sottolineando che storicamente le guerre sono state finanziate con debito pubblico. Tuttavia, Politico nota che convincere tutti i membri dell’UE, alcuni già alle prese con difficoltà economiche, ad aumentare il bilancio per la difesa potrebbe essere molto complesso.   L’allerta è cresciuta dopo un recente episodio in cui Varsavia ha denunciato la violazione dello spazio aereo polacco da parte di droni russi durante attacchi contro l’Ucraina, alimentando un dibattito nella NATO sull’eventualità di abbattere velivoli intrusi. Mosca ha smentito le accuse, sostenendo che Varsavia non ha fornito prove, e ha definito «irresponsabili» le discussioni sull’abbattimento di aerei russi.   Mosca ha ripetutamente dichiarato che «la Russia non ha alcuna intenzione» di attaccare la NATO, esprimendo però preoccupazione per il fatto che i funzionari occidentali «stiano iniziando a parlare seriamente di una Terza Guerra Mondiale come possibile scenario».   Come riportato da Renovatio 21, il politologo russo Dmitrij Trenin ha scritto in un saggio ampiamente circolato in Russia che la Terza Guerra Mondiale è già iniziata e che l’opzione atomica è sul tavolo. Due anni fa un altro politologo russo, Fedor Lukjanov, aveva dichiarato che il conflitto mondiale era già iniziato. Stesso pensiero espresso a settembre 2023 al Forum di sicurezza di Kiev dal capo del Consiglio di sicurezza e difesa nazionale dell’Ucraina Oleksyj Danilov.   In questi anni moniti in questo senso sono venuti anche da figure apicali del Cremlino come Sergej Lavrov e Dmitrij Medvedev.

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Il premier magiaro Vittorio Orban ha più volte significato che la situazione Ucraina, e l’entrata di Kiev nella NATO, significherebbe la Terza Guerra Mondiale. Medesimi pensieri sono giunti dal candidato presidente romeno Georgescu e dal premier slovacco Robert Fico.   Alla fine del 2024 il generale tedesco in pensione Harald Kujat ha parlato di una «catastrofe centrale del XXI secolo» dicendo che mai l’umanità è stata così prossima alla Terza Guerra. Analisi sulla pericolosità del momento presente erano state condivise anche dal cardinale Gerardo Mueller.   In un discorso pre-elettorale dello scorso anni, Donald Trump aveva invocato la necessità di salvare gli USA da un conflitto globale, destinazione delle politiche dell’amministrazione Biden. Tre anni fa Trump aveva accusato direttamente i neocon e il Deep State dicendo che «la Terza Guerra Mondiale non è mai stata così vicina».

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