Geopolitica
Israele conferma di aver ucciso un giornalista di Al Jazeera
Le Forze di Difesa Israeliane (IDF) hanno ammesso di aver ucciso un giornalista di Al Jazeera, sostenendo che Ismail al-Ghoul fosse un terrorista che aveva preso parte all’attacco di Hamas allo Stato ebraico dell’anno scorso.
Mercoledì, Al Jazeera ha dichiarato che due dei suoi reporter, al-Ghoul e il suo cameraman Rami al-Rifi, sono stati uccisi in un attacco israeliano a Gaza. La rete con sede in Qatar, che da tempo ha relazioni tese con il governo israeliano, ha affermato che il loro veicolo era stato preso di mira direttamente nel campo profughi di Shati.
Al Jazeera ha descritto l’incidente come un «assassinio mirato», promettendo di «intraprendere tutte le azioni legali per perseguire i responsabili di questi crimini». Ha anche affermato che i due stavano preparando un servizio vicino alla casa di Ismail Haniyeh, il leader politico di Hamas, ucciso in un attentato a Teheran all’inizio di questa settimana.
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L’Iran e Hamas hanno accusato Israele di aver orchestrato l’attacco; lo Stato degli ebrei non ha né confermato né negato il coinvolgimento.
Sebbene l’esercito israeliano inizialmente non abbia risposto alle accuse di Al Jazeera, ha rilasciato una dichiarazione giovedì affermando di aver «colpito ed eliminato al-Ghoul», descrivendolo come «un agente dell’ala militare di Hamas e terrorista di Nukhba che ha partecipato al massacro del 7 ottobre».
L’IDF ha aggiunto che al-Ghoul «istruiva altri agenti su come registrare le operazioni ed era attivamente coinvolto nella registrazione e nella pubblicizzazione degli attacchi contro le truppe dell’IDF», descrivendo le sue azioni come «parte vitale dell’attività militare di Hamas». La dichiarazione non faceva menzione della morte di Rami al-Rifi e non diceva se al-Ghoul fosse direttamente coinvolto nei combattimenti.
Al Jazeera ha negato con veemenza le accuse «infondate», affermando che l’incidente «mette in luce la lunga storia di invenzioni e false prove di Israele utilizzate per coprire i suoi crimini efferati». Ha anche affermato che gli israeliani hanno «rapito» al-Ghoul a marzo e «lo hanno trattenuto per un periodo di tempo prima del suo rilascio». Questo, secondo la rete, «smentisce e confuta la falsa affermazione» di Israele «sulla sua affiliazione a qualsiasi organizzazione».
Il dissidio tra lo Stato Giudaico e l’emittente del Qatar è risalente.
Come riportato da Renovatio 21, due anni fa la polizia israeliana attaccò il corteo funebre della giornalista cristiana di Al Jazeera Shireen Au Akleh. Le immagini fecero il giro del mondo.
Horrible scenes as Israeli security forces beat the funeral procession for slain journalist Shireen Abu Akleh and the crowd momentarily lose control of her casket pic.twitter.com/DEJF5Ty9tZ
— Emir Nader (@EmirNader) May 13, 2022
The closest video of the #Israeli police suppressing the funeral procession of Shireen Abu Aqleh as the coffin was leaving the French hospital towards the cemetery pic.twitter.com/TaOsvCUUCd
— Rushdi Abualouf (@Rushdibbc) May 13, 2022
هذه القدس .. وهذا شعبنا pic.twitter.com/09FNHYf915
— العقرباوي (@Hamza_aqrabawi) May 13, 2022
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Nel conflitto in corso scoppiato lo scorso 7 ottobre almeno 113 giornalisti e operatori dei media sono stati confermati uccisi al 1° agosto 2024, la maggior parte dei quali palestinesi, ha riferito il Committee to Protect Journalism.
Secondo inchieste giornalistiche, Israele avrebbe ucciso il 75% di tutti i giornalisti morti nel 2023 mentre coprivano zone di conflitto.
Secondo quanto riportato, molti dei giornalisti assassinati da Israele nel 2023 non avevano nulla a che fare con Hamas. Uno di loro, Hamza Dahdouh, figlio del capo dell’ufficio di Al Jazeera Wael Dahdouh, è stato bombardato a morte in un attacco aereo dell’IDF il 7 gennaio.
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Geopolitica
Gli Stati Uniti sequestrano una petroliera al largo delle coste del Venezuela
Il procuratore generale statunitense Pam Bondi ha annunciato il sequestro di una petroliera sospettata di trasportare greggio proveniente dal Venezuela e dall’Iran.
L’operazione, condotta al largo delle coste venezuelane, si inserisce in un’escalation delle attività militari americane nella regione, unitamente a raid contro quelle che Washington qualifica come imbarcazioni legate ai cartelli della droga.
«Oggi, l’FBI, la Homeland Security Investigations e la Guardia costiera degli Stati Uniti, con il supporto del Dipartimento della Difesa, hanno eseguito un mandato di sequestro per una petroliera utilizzata per trasportare petrolio greggio proveniente dal Venezuela e dall’Iran», ha scritto Bondi su X mercoledì.
Ha precisato che la nave era stata sanzionata «a causa del suo coinvolgimento in una rete di trasporto illecito di petrolio a sostegno di organizzazioni terroristiche straniere».
Nel video diffuso da Bondi si vedono agenti delle forze dell’ordine, pesantemente armati, calarsi dall’elicottero sulla tolda della nave. Secondo il portale di tracciamento MarineTraffic e vari media, l’imbarcazione è stata identificata come «The Skipper», che batteva bandiera della Guyana. Fonti come ABC News riportano che la petroliera, con una capacità fino a 2 milioni di barili di greggio, era diretta a Cuba.
Today, the Federal Bureau of Investigation, Homeland Security Investigations, and the United States Coast Guard, with support from the Department of War, executed a seizure warrant for a crude oil tanker used to transport sanctioned oil from Venezuela and Iran. For multiple… pic.twitter.com/dNr0oAGl5x
— Attorney General Pamela Bondi (@AGPamBondi) December 10, 2025
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Gli Stati Uniti avevano sanzionato la The Skipper già nel 2022, accusandola di aver contrabbandato petrolio a beneficio del Corpo delle Guardie della Rivoluzione Islamica iraniana e del gruppo militante libanese Hezbollah.
Un gruppo di parlamentari statunitensi ha di recente sollecitato un’inchiesta sugli attacchi condotti su oltre 20 imbarcazioni da settembre, ipotizzando che possano configurare crimini di guerra.
Il senatore democratico Chris Coons, intervistato martedì su MSNBC, ha accusato Trump di «trascinarci come sonnambuli verso una guerra con il Venezuela». Ha argomentato che l’obiettivo reale del presidente sia l’accesso alle risorse petrolifere e minerarie del paese sudamericano.
Il presidente venezuelano Nicolas Maduro ha rigettato le affermazioni di Trump sul presunto ruolo del suo governo nel narcotraffico, ammonendo Washington contro l’avvio di «una guerra folle».
Il Venezuela ha denunciato gli Stati Uniti per pirateria di Stato dopo che la Guardia costiera americana, coadiuvata da altre forze federali, ha abbordato e sequestrato una petroliera sanzionata nel Mar dei Caraibi.
Caracas ha reagito con durezza, definendo l’intervento «un furto manifesto e un atto di pirateria internazionale» finalizzato a sottrarre le risorse energetiche del Paese.
«L’obiettivo di Washington è sempre stato quello di mettere le mani sul nostro petrolio, nell’ambito di un piano deliberato di saccheggio delle nostre ricchezze», ha dichiarato il ministro degli Esteri Yvan Gil.
Il governo venezuelano ha condannato gli «arroganti abusi imperiali» degli Stati Uniti e ha giurato di difendere «con assoluta determinazione la sovranità, le risorse naturali e la dignità nazionale».
Da anni Caracas considera le sanzioni americane illegittime e contrarie al diritto internazionale. Il presidente Nicolas Maduro le ha definite parte del tentativo di Donald Trump di rovesciarlo e ha respinto come infondate le accuse di legami con i narcos, avvertendo che qualsiasi escalation militare condurrebbe a «una guerra folle».
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